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    Universi alternativi, il west di Marco Ferreri di Andrea Sanseverino
    westwest westwest
     

    Come sempre paffuto, ma meno impacciato di un Fantozzi o Fracchia, l’attore genovese nella vicenda si presenta come un professore di antropologia con il nome di Pinkerton, forse omaggio al fondatore dell’omonima agenzia investigativa, la prima mai creata, e passato alla storia per aver salvato da un complotto Lincoln, al tempo candidato alle presidenziali. Il personaggio di Villaggio ostenta con orgoglio le proprie credenziali mostrando le foto di due vittime illustri della Cia, il “Che” e Lumumba, per poi abbandonare la scena poco prima della battaglia, annunciando un’inquietante sua prossima presenza in Cile.
    Non manca, tra gli attori, lo stesso regista nei panni di un fotoreporter al servizio dei potenti, esaltando il grande ruolo che la fotografia, madre della settima arte, ebbe nella stessa storia statunitense a partire dalla guerra di secessione. 
    Quanto ai temi caldi del film, uno di essi è senz’altro la rappresentazione della violenza, qui perpetrata nei confronti di un intero un popolo. Sotto un piano formale, ecco che a tal riguardo spicca l’originalità di Ferreri e del co-sceneggiatore Rafael Azcona (con la collaborazione di Darryl Cowl, nel film anche attore): se Fernaldo di Giammatteo e Roberto Campari avevano sottolineato che la violenza nel genere western non si risolveva mai in un gesto irresponsabile, se non addirittura folle, del singolo (tipica del gangster movie), oppure in un’azione collettiva (come nei film di guerra; cfr. Campari, Di Giammatteo, vol. II, pag. 189). 
    Ferreri, giocando sul piano della follia pianificata, ossimoro di tutte le guerre, sovverte la regola presentando l’omicidio in tutte le salse. Il regista non risparmia al pubblico neanche l’assassinio barbaro, fine a se stesso, perpetrato contro donne e bambini per diletto dai soldati, e reso attraverso una sequenza che rimanda alla carneficina del Sand Creek, così come al genocidio di Auschwitz.
    Nel finale la panoramica del quartiere ormai sventrato di Les Halles restituisce alla memoria dello spettatore dei nostri giorni un’immagine di Ground Zero, concedendo un ennesimo gioco anacronistico, non certo voluto.

       [1] [2] [3] (4)

    l v a
    — Campari R., Di Giammatteo F.,
    Western, in Di Giammatteo F.
    (a cura di), Dizionario universale
    del cinema
    , Roma,
    Editori Riuniti, 1990.
    — Ferreri M.,
    Non toccate la donna bianca
    (Touche pas à la famme blanche),
    Italia-Francia, 1974, Medusa
    Home Entertainment, 2006.
    — De Gregori F., Bufalo Bill,
    RCA Italiana, 1976.
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