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    Sun Ra, il signore degli anelli di Saturno
    di Beatrice Ferrara
    sunra


    Track 01.
    The Ship Landed Long Ago
    . Un’immagine, ricorrente in tanta fantascienza: accompagnata da suoni e luci rutilanti, la navicella aliena discende fin quasi a toccare terra; dal portellone dell’astronave, un fascio luminoso è proiettato sugli sprovveduti terrestri; i loro corpi sono smaterializzati e catturati dal fascio di luce; sospesi, fluttuanti, sulla soglia fra due mondi…

    So this spotlight – it seemed like a spotlight, but now I call it the energy car – it shined down on me, and my body changed into beams of light.
    Now you see, when a spotlight shines, you can see little specks of dust. 
    It gave that appearance, it [sic] could see through myself, and I went up at terrific speed to another dimension, another planet
    1 .

    sunraTutto ciò non è però l’incipit né di un film né di un fumetto, né di un romanzo di fantascienza. Si tratta piuttosto della storia con cui Herman Poole Blount, un giovane musicista nero dell’Alabama, nel 1936 dichiarò di essere un alieno, e divenne Le Sony’r Sun Ra… l’afronauta Sun Ra, tra i primi sperimentatori della “musica spaziale”, obliquo esponente del free jazz e afrofuturista ante litteram (cfr. anche Quaderni d’Altri Tempi n. 02 dell’autunno 2005 e 10 dell’autunno 2007). 
    La sua storia è la storia di un mistero: my story è così vicino a mystery. Sun Ra lo affermava spesso: “I think of myself as a complete mystery. To myself”2 .  Un mistero, quello dell’alieno venuto da Saturno per parlare al mondo attraverso la musica, al quale invitiamo a credere. Leggere questo rapimento alieno non come un’allegoria, ma lasciandosi scivolare nel mistero di questa impossibilità, può rivelare un infinito numero di possibilità, di linee di fuga per interrogare i concetti complessi di ‘cultura’, ‘identità’, ‘umano’, ‘spazio-tempo’ e ‘radici’. Sono linee di fuga che interessano così tanto lo spazio esterno a noi, quanto quello interno. La divisione stessa tra lo spazio interno e quello esterno anzi esplode: non allegoria, ma allucinazione. Un’allucinazione, un disorientamento fisico e mentale nello spazio-tempo... un time warp, un tempo piegato e ripiegato, non disteso in maniera lineare. 
    Basato sull’equazione fra la slave ship e l’astronave, l’Afrofuturismo, o fantascienza afrodiasporica, segue proprio questa linea di (dis)orientamento nello spazio, piegando il concetto del tempo finché le divisioni rigide tra passato, presente e futuro collassano verso un assetto mobile, sempre in continua ri-definizione. La fiction di questo movimento creativo prova ad immaginare l’impossibile: snodando e riannodando frasi diasporiche di passato nel presente, attualizza le potenzialità della cultura tecnologica pop, generando nuovi territori emotivi futuribili. 


    Track 02. I’m Not Human. Nel 1984, Semiotext(e) pubblica un’intervista di Rick Theis a Sun Ra, intitolata “Fallen Angel”. A settant’anni dal suo ‘arrivo’ sulla terra, Sun Ra ribadisce di non essere umano: né lui, né nessun nero ‘diasporico’ lo sono.

    I’m not human. I never called anybody mother. […] 
    I never call nobody father. I never felt that way. […] 
    [T]his planet is not only inhabited by humans, it’s inhabited by aliens too. […] 
    The danger spot is the United States. […] 
    Never in the history of the world has there been a case where you take a whole people and bring ‘em in the country in the Commerce Department. […] 
    It happened here. […] 
    They didn’t need no passport. So they’d come as displaced people. […] 
    They just brought some people in…and said Oh you they is nothing, they beastly3 .

    print  | versione per la stampa | (1) [2] [3]

    1. “E così [apparve] questo riflettore. Somigliava
    ad un riflettore, ma adesso
    lo definirei più una macchina
    di energia, e mi illuminò.
    Il mio corpo si trasformò
    in un fascio luminoso.
    Come sai, quando un riflettore fa luce su qualcosa, si vedono
    anche dei piccoli granelli
    di polvere. Era proprio così
    che sembrava: io riuscivo
    a vedere attraverso
    il mio corpo ed iniziai
    a salire, ad una velocità impressionante, verso un'altra dimensione, un altro pianeta
    ”. Sun Ra, citato in Mark Sinker, “Loving the Alien.
    Black Science Fiction”,
    The Wire
    , Issue #96
    (February 1992),  http://www.thewire.co.uk/
    articles/218/print
    (20/03/2008). 

    Le traduzione dei testi
    di Sun Ra in questa articolo
    sono di Beatrice Ferrara.
    2. “Io penso a me stesso come
    ad un completo mistero.
    Per me stesso
    ”. Sun Ra, citato
    in Tongues of Fire,
    “‘Lost in the Stars’:
    Hitching a Lift Down Sun Ra’s
    ‘Strange Celestial Road’”, http://www.tongues-of-fire.co.uk/
    pdf/lost_in_the_stars.pdf
    , (21/03/2008).
    3. “Io non sono umano.
    Non ho mai chiamato
    nessuno “madre”. […]
    Non ho mai chiamato nessuno
    “padre”. Non mi è mai venuto
    in mente di farlo. […]
    [Q]uesto pianeta non è abitato soltanto da umani: è abitato anche da alieni. […]
    Il punto caldo di questa scena sono gli Stati Uniti. […]
    Non è mai successo, nell’intera storia del mondo, che un popolo intero sia stato preso e portato in un altro posto attraverso la Sezione Commerciale, se non qui. […] Qui è successo. […]
    A quella gente non serviva
    il passaporto. Sono entrati
    come gente fuori posto. […] Semplicemente, quelli lì hanno preso della gente e l’hanno
    fatta entrare dicendo:
    “Non prestar loro attenzione, non sono nulla…sono quasi bestie
    ”. Sun Ra, “‘Fallen Angel’.
    Excerpt from an Interview
    with Rick Theis”, Semiotext(e) 12, Oasis, Vol. 4 No. 3 (1983),  http://www.semiotexte.com/
    documentPage/fallenAngel.html
    , consultato il 17/03/2008 (corsivo nel testo;
    nota dell’autrice).

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