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[ conversazioni ]
Zygmunt Bauman:
questa società liquida… l’uomo
essere descritta, ma con un minimo di semplificazione, come un’autentica esperienza di morte, anche se “rimossa” successivamente (e mi si lasci ripetere: questa è l’unica modalità in cui l’esperienza della morte è accessibile ai viventi). Ma una simile fine del mondo condiviso “Io-Tu” può essere causata da qualcosa di diverso dalla morte fisica di un caro compagno. Sebbene innescata da motivi diversi, anche la rottura di una relazione causata dallo spezzarsi di legami inter-umani ha un’impronta di “finalità” (pure se, diversamente dalla vera morte, questa impronta può ancora essere eliminata; una relazione può essere, teoricamente parlando, ripristinata e resuscitata, anche se la presunta eventualità che ciò accada tende ad essere fortemente ridimensionata dal fatto che la possibilità di riconciliazione può essere ostinatamente rifiutata e dichiarata inconcepibile nella separazione dei due partner); questa potrebbe quindi essere considerata, per così dire, come l’esperienza di una morte rimossa due volte.
La morte stessa è “banalizzata” per procura quando questo sostituto di “secondo ordine”, l’esperienza della morte “rimossa due volte”, spesso si trasforma in un’occorrenza ripetuta ed infinitamente ripetibile. Questo in realtà accade quando i legami umani diventano fragili, tenuti assieme solo provvisoriamente, con poco, se qualsiasi prospettiva di lunga durata può essere messa in discussione con spaventosa facilità, con poco o nessun preavviso. Come i legami umani dell’era liquido-moderna diventano evidentemente fragili e “fino ad ulteriore notifica”, la vita quotidiana si trasforma in una prova generale della morte e della “vita dopo la morte”, di resurrezione o reincarnazione – tutto effettuato per procura, ma come un reality show non meno “reale” per questo motivo. La “assoluta alterità” che rende l’esperienza della morte separata da tutte le altre esperienze di vita, diventa adesso una caratteristica familiare della quotidianità; così spogliata del suo mistero, resa familiare ed addomesticata, la belva feroce si tramuta in un cucciolo.

Il tema della conflittualità nel rapporto con gli Altri, specialmente in tempi di globalizzazione e di “grandi migrazioni” è al centro della sua riflessione già in Pensare sociologicamente (Thinking Sociologically), in cui dedica l’intero III capitolo al tema. Vi torna poi in seguito, in maniera più sistematica, in Vite di scarto (Wasted lives. Modernity and its Outcasts). In realtà le “vite di scarto” non sono solo quelle di coloro che vivono nel cosiddetto “terzo mondo” geografico, ma sempre di più anche quelle di coloro che sono respinti ai margini (economici, culturali) delle società avanzate – e che sono sempre di più. È d’accordo con questa affermazione?
Come puntualizza Peter Townsend, è la logica di una società consumistica quella di considerare i propri poveri come dei consumatori incompiuti, o “imperfetti”: gli stili di vita dei consumatori stanno diventando sempre più inaccessibili a coloro che hanno redditi bassi definiti storicamente in termini di acquisto di un determinato valore di sussistenza, o dei bisogni basilari. Tuttavia, è proprio quella inaccessibilità allo stile di vita dei consumatori che la società consumistica mostra ai propri membri come la più dolorosa delle privazioni.
Ogni tipo di ordine sociale produce un certo tipo di visione dei pericoli che minacciano la propria identità. Ma ogni società genera anche alcune visioni fatte a misura propria – la misura del tipo di ordine sociale per il cui raggiungimento essa lotta. Nel complesso, queste visioni tendono ad essere delle immagini speculari della società che le genera, mentre le immagini della minaccia tendono ad essere un autoritratto della società con il segno “meno”, negativo. Oppure, per dirla in termini psicoanalitici,  le minacce sono proiezioni dell’ambivalenza interiore di una società circa le proprie modalità e i propri strumenti; per il modo in cui essa vive e il modo in cui si perpetua la sua vita. Una società incerta sulla sopravvivenza del proprio modo di essere sviluppa la mentalità di una fortezza assediata. I nemici che preparano l’assedio alle sue mura sono i suoi veri e propri “demoni interiori”, le paure soppresse che permeano la sua vita di ogni giorno, la sua “normalità”, che ancora, al fine di rendere tollerabile la realtà quotidiana, devono essere schiacciate e spremute fuori del vissuto quotidiano e plasmate in un corpo estraneo: in un nemico tangibile contro
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cui si può lottare, e lottare ancora, e con la speranza di vincere. In linea con questa legge universale, il pericolo che perseguitava lo stato moderno classico, costruito nell’ordine e ossessivamente ordinato era quello della rivoluzione. I rivoluzionari erano i nemici, o, piuttosto, le teste-calde, i matti, i riformisti troppo radicali, le forze sovversive che cercavano di sostituire l’ordine esistente dello stato con un ordine alternativo, con una controproposta volta ad invertire ogni, e qualsiasi, principio in base al quale l’ordine attuale viveva o aspirava a vivere.
L’imgletture che lo stato sociale ha di se stesso era già cambiata a quei tempi e allo stesso modo l’imgletture della minaccia – l’imgletture dell’ordine col segno “meno” – aveva acquisito una nuova forma. Tutto ciò che è stato registrato in questi ultimi anni, come l’aumento della criminalità (un processo, si noti, parallelo alla caduta dell’adesione al regime comunista o ad altri partiti radicali di “ordine alternativo”), non è il prodotto di disfunzioni o negligenza, ma un prodotto proprio della società consumistica, logicamente (anche se non legalmente) legittimato. E per di più, è anche un suo ineludibile prodotto. Più alta è la domanda dei consumatori (che è l’aspetto più efficace della “seduzione del mercato”) più sicura e prospera è la società dei consumi. Ma, contemporaneamente, questo processo più ampio e profondo fa crescere il divario tra coloro che hanno un desiderio e la possibilità di soddisfarlo (ovvero quelli che sono stati sedotti e continuano ad agire nel modo in cui lo stato di “seduzione” li spinge ad agire), e coloro che sono stati sedotti e ancora non sono in grado di agire nel modo in cui i “sedotti” sono tenuti ad agire.
La seduzione del mercato è, al tempo stesso, il grande equalizzatore e il grande separatore. Per essere efficace, la tentazione a consumare, e a consumare sempre più, deve essere trasmessa in tutte le direzioni e rivolta in maniera indistinta a tutti coloro che la recepiscono. Ma le persone che ricevono questo messaggio sono molte di più di quelle che ad esso rispondono e per le quali il messaggio seduttivo è stato pensato. Coloro che non possono agire sui desideri così indotti sono costretti a vedere quotidianamente lo spettacolo sfolgorante di coloro che “possono”.
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