Cronache del tempo veloce (III)

 

di Adolfo Fattori



Il mondo che verrà

Che mondo sarebbe senza Nutella?
Fulvio Nardi,
 claim della campagna
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Ferrero

Se avesse potuto comunicare così,
oggi che mondo sarebbe?

Spike Lee,
claim della campagna
pubblicitaria
Telecom

 "Allora dimmi, ragazzo del futuro, chi è il Presidente degli Stati Uniti nel 1985?". "Ronald Reagan". "Ronald Reagan??? L'attore ?? Hah!! E il vicepresidente chi è Jerry Lewis? Suppongo che Marilyn Monroe sia la First Lady e John Wayne il Ministro della Guerra!".
Robert Zemeckis,
Ritorno al futuro

… la vera avventura è poi quella interiore

… insomma, il proprio romanzo di formazione.

… D’altronde, che l’avventura richiami l’ordine

della conoscenza, dell’indagine e della scoperta,

della sperimentazione e della chiarificazione

intellettiva non può far dimenticare come in essa

siano specialmente in gioco le emozioni,

 i sentimenti e gli affetti profondi che presiedono

 alla formazione umana in generale.

Riccardo Massa, Linee di fuga

 La sorpresa del forum di Davos: aumenta anziché
diminuire la resistenza al cambiamento… Fare
ciò che serve per far decollare l’economia della
conoscenza diventa più difficile.

Marco Panara, Chi prende parte all’economia della conoscenza

 

Uno dei film più significativi della fine del secolo scorso per i temi che mette in scena è The Truman Show di Peter Weir.[1] La trama è nota, ma vale la pena di richiamarla rapidamente per focalizzare meglio alcune delle sue implicazioni.

Truman è un giovanotto tranquillo e realizzato, che vive in una città da sogno, dove tutti gli vogliono bene, la vita scorre regolare, sempre uguale a se stessa.

Ma in questo ordine si inserisce qualcosa che lo smuove: Truman, seppure (felicemente?) sposato, è ancora innamorato di una ragazza conosciuta da giovane, e che è stata portata via, e Truman segretamente fa piani e progetti per ritrovarla.

Mentre cerca di trovare il modo per lasciare la città, cominciano ad accadere dei fatti che gli fanno sospettare sempre più fortemente che qualcosa non vada per il verso giusto, fin quando scopre di essere – a sua insaputa – fin dalla nascita il protagonista di una soap opera vista in televisione da tutto il pianeta, e che dura da trent’anni.

Alla fine, riuscirà a fuggire dalla sua prigione dorata, e, presumiamo, a riunirsi alla sua bella.

Il film ha dato vita a molte riflessioni. La prima lettura – direi la più banale – lo avvicina ai reality show come Il grande fratello che proprio in quegli anni cominciavano a essere trasmessi, e dai più colti alle antiutopie come 1984 di George Orwell, che paventavano il controllo totale sui cittadini da parte di un dittatore invisibile e onnipresente.

Ma, visto che nel caso della pellicola di Weir il protagonista è unico – e inconsapevole del suo ruolo e del suo destino – penso sinceramente che il punto importante sia un altro.

Truman è, prima di tutto, una metafora dell’uomo della tarda modernità: vive letteralmente “sotto una campana di vetro”, lontano dai conflitti e dai disagi, deresponsabilizzato e innocente. Ed è sinceramente convinto che quello in cui vive sia il mondo reale. Ed è in pratica il catalizzatore dei desideri di sicurezza e tranquillità di tutti i suoi spettatori – che naturalmente si identificano in lui. Truman non è controllato, Truman è esibito, come un’icona sacra.

Truman è quindi una rappresentazione dell’uomo della contemporaneità, deprivato – lui in un senso, noi e i suoi fans televisivi in un altro – della possibilità di spostarsi e cambiare vita.

Perché, come lui è chiuso dentro una città simulata, e conduce una vita, ha relazioni sociali e affettive, svolge un lavoro che sono frutti di una simulazione, così noi tendiamo sempre più ad avere solo i media come strumenti e canali di spostamento – virtuale – e di comunicazione – mediata. 


[1] P. Weir, The Truman Show, USA, Australia,1998.

 

    (1)  [2] [3]