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di Roberto Pacifico

 

Dante è stato preso spesso di mira dalla parodia e dal cabaret. Anzi, sul piccolo schermo si son viste sovente più caricature di Dante che ritratti seri, come quello di Giorgio Albertazzi nello sceneggiato Rai del 1965, un unicum nella storia televisiva italiana. Persino Roberto Benigni, prima di diventare il lettore della Divina Commedia che impazza in tivù, ha impersonato più volte Dante in gag comiche e un po' strampalate. Su youtube è disponibile un suo video che lo vede nei panni di un Dante imbarazzato e smemorato che, evocato e sollecitato da Renzo Arbore ("Ci recita l'inizio della sua opera?") attacca esitante con: "Quel ramo del lago di Como" correggendosi (si fa per dire) declamando: "La cavallina storna"...Infine si ricorda ed esclama: "Nel mezzo del cammin di nostra vita... E chi non conosce la Divina Commedia!". 
Un’altra famosa caricatura di Dante nella televisione italiana è stata quella di Pippo Franco che, a differenza di Benigni, non ha bisogno di naso posticcio, essendo il suo non meno vistoso di quello del nostro. 
Un trattamento analogo, a metà tra parodia e deformazione ironico-dissacratoria, subiscono spesso e volentieri anche i suoi versi. Nel film Gallo Cedrone (1998) Carlo Verdone, per bocca del suo personaggio Armando Feroci, commenta la sua idea di cementare il Tevere per farci un'autostrada, riadattando a bella posta due versi della Divina Commedia: "Con me si va nella città ridente / con me si va nell'eterno splendore", che riecheggiano i versi della più celebre epigrafe di tutti i tempi: "Per me si va nella città dolente/ Per me si va nell'eterno dolore/ Per me si va tra la perduta gente" (Inferno III, 1-2) che Dante stesso legge sulla Porta dell'Inferno. Questo episodio cinematografico, di per sé banale, dimostra ancora una volta l’attualità e la duttilità espressiva e comunicativa della Divina Commedia. Non c'è una situazione della vita quotidiana che non possa essere commentata prendendo a prestito i versi dell'esule fiorentino. Sempre Verdone, in uno dei suoi sketch televisivi, anche riproposto dal programma Techetechetè di Rai Uno, ironizzava sulla bisessualità del nostro: "Dante e Virgilio sempre insieme, mano nella mano, insomma questa intimità genera il sospetto di latente omosessualità". Questa gag ha alle spalle una certa letteratura comica o semiseria su Dante: per esempio, il sottotitolo di un saggio degli anni Settanta recita: omosessualità, antifemminismo e sadomasochismo nel poeta (Aprile, 1977). Questa storia è frutto di una banalizzante lettura psicoanalitica di certi episodi della Divina Commedia, in primis l'incontro con Brunetto Latini, il suo maestro, collocato nel girone dei sodomiti. Massimiliano Chiamenti, dantista purtroppo prematuramente scomparso, ha chiarito con solido argomentare la faccenda (cfr. www.nuovorinascimento.org/n-rinasc/saggi/pdf/chiament/sodoma.pdf).

 

Dante era anche un gossipparo ante litteram: basta solo ricordare che senza di lui la tragica storia di Paolo e Francesca non sarebbe mai emersa agli onori delle cronache. Essere una star vuol dire anche questo: pagar pegno alle libere variazioni della cultura di massa. 
Dante era già un marchio nella comunicazione d’impresa: le prime pubblicità che lo coinvolgono risalgono agli inizi del Novecento, secondo un'iconografia che si rifà alla tradizione filtrata dalle nuove tendenze artistiche, come il liberty o il razionalismo. Nel 1912 appare su un manifesto pubblicitario disegnato da Theodoro Wolf Ferrari per l'Olivetti. Nel 1921 ne segue un altro con la didascalia: "Se i nostri vecchi potessero vedere le macchine per scrivere Olivetti, griderebbero al miracolo!" con Dante che solleva le braccia nell'atto di manifestare la sua meraviglia per i portenti della tecnologia. Una pubblicità un po' ingenua forse, ma che batte per eleganza e buon gusto gli odierni spot televisivi che vedono lui e la sua Divina Commedia come protagonisti. Nel 2009 un Dante giovanissimo è ripreso a vergare i suoi versi immortali su un candido rotolo di carta igienica: spot che si commenta da solo. Le cose vanno meglio con la pubblicità di una marca di surgelati, uscita qualche anno prima, nel 2003, uno spot nel quale un Dante bambino recita alla nonna il primo verso della Divina Commedia ("Nel mezzo del cammin di nostra vita") e la vecchina risponde con perfetto accento toscano e ingenuo candore nonostante il doppio senso: "Bellino, Dante, te tu ci sa' fare con la penna"...

 

Ma la disinvoltura della comunicazione pubblicitaria non è vizio che data a tempi recentissimi: si era già rivelata agli inizi del Novecento, quando l'immagine di Beatrice fu usata come testimonial dell'acqua depurativa San Pellegrino: lo slogan era: "I' son Beatrice che ti faccio andare" (verso 70 del canto II dell'Inferno), le celebri parole con cui la donna del cielo si rivolge a Virgilio per inviarlo a salvare il poeta smarritosi poco fuori della selva selvaggia. 

Come scrive Annamaria Testa: "Non solo Dante è Dante, ma lo si riconosce al primo sguardo e non lo si può confondere con nessun altro. Per questo è così facile evocarlo nei contesti più diversi, a proposito, e qualche volta, a sproposito. Dante è un fumetto già a metà del secolo scorso (L'inferno di Topolino, numeri 7-12, tra ottobre 1949 e marzo 1950). Dal 2010 è perfino un video gioco horror-gotico per Playstation 3 e Xbox, ispirato assai alla lontana alla Commedia e lanciato con un video trailer e una complessa operazione di guerrilla marketing. Da oltre cent'anni Dante è un olio, anzi (come recita il sito dell'azienda) è l'olio che parla italiano" (Testa, 2014). Si tratta non a caso dell’olio extravergine di oliva più famoso d'Italia. Dante come brand non è da meno, per riconoscibilità, della Coca-Cola. Stupisce ancora oggi che all’Alighieri non sia mai stato concesso di figurare sulle banconote della vecchia lira pur comparendo il suo profilo sulle monete da 500 lire. Stranezze della Zecca di Stato.
Tornando alla pubblicità, sono da segnalare gli spot di pochi anni fa della Tim che vedono Dante e Virgilio in una bolgia infernale trasformata in rumorosissima discoteca, o viceversa: Beatrice telefona, Virgilio manda sms tranquillizzanti e Dante, interpretato da Neri Marcorè, rassicura la sua Musa sul fatto che non sta viaggiando all'Inferno in cerca di ragazze.
La radio e la televisione, però, realizzavano un tempo cose di altro/alto livello anche nel campo della satira e del cabaret. L'ironia corrosiva e dissacrante della comicità si ritrovano, per quanto in termini assai più colti ed eleganti, anche nelle interviste a Francesca da Rimini e a Beatrice condotte rispettivamente da Edoardo Sanguineti e Umberto Eco, due delle ottantadue Interviste impossibili a fantasmi redivivi andate in onda sul secondo canale radiofonico della Rai tra il 1973 e il 1975. Anche qui come per la zecca, c’è da chiedersi come mai non si è pensato di fare un'intervista impossibile allo stesso Dante...

 

Bisogna dire che oggi, a giudicare dall'offerta radio-televisiva corrente, l'approccio al nostro è decisamente di buon livello: l'evoluzione di Roberto Benigni, che ieri lo imitava un po' ingenuamente e oggi è un serio, anche se mai serioso, ambasciatore di Dante persino in sedi istituzionali (è il caso della sua conferenza dantesca in Senato nel maggio 2015), ne è un esempio lampante. È segno che il format prevalente con cui si tratta Dante e le sue opere in radio e in televisione, e sul web, sia la "lectura dantis" (Benigni) e la lectio (per esempio, Franco Nembrini, Luca Serianni). Dove però vita e opere di Dante si dimostrano materiali ideali per una rilettura a vari livelli è il cinema.
In particolare, se c'è un'opera della letteratura italiana (e mondiale) che offre in abbondanza spunti e stimoli alla fantasia del cinema e della computer graphic, è proprio la Divina Commedia, che possiede tutti gli ingredienti per una storia a cui non mancano certo le visioni (da quelle più mostruose e raccapriccianti dell'Inferno alle atmosfere luminosissime e serene dei cieli), né i colpi di scena, né le storie: anzi, uno dei vantaggi che offre è la possibilità di isolare e sviluppare singoli episodi, miti o vicende (ad esempio, Paolo e Francesca, Pier delle Vigne, Piramo e Tisbe, Oreste e Pilade), come le migliori narrazioni seriali. 
Scrive Chiamenti: "Opera aperta, teatrale, pluringuistica, sperimentale, visionaria, realistica, dialogica, narrativa e multisemica, sembra richiedere, «tra-smutabile» come il suo autore, attivi sviluppi intermediali in un continuum potenzialmente illimitato. E difatti, il fecondo poema dantesco (Inferno in primis) sollecitò fino dalla sua apparizione metamorfosi in tutte le arti: il 1907 segna l’avvento del primo cortometraggio (10 min.) a soggetto dantesco, Francesca di Rimini (o The Two Brothers), di William V. Ranous, prodotto negli Usa dalla Vitagraph Company... tra il 1907 e il 1926 si collocano svariati adattamenti diretti della storia di Paolo e Francesca (a quello di Ranous seguirono quelli di Mario Marais [1908], Ugo Folena [1909] con la grande Francesca Bertini, Stuart Blackton [1910], Eduardo D’Accurso [1917], Ubaldo Maria Del Colle [1919], Mario Volpe [1922], Aldo De Benedetti [1926] e vari anonimi); del Conte Ugolino (Giuseppe De Liguoro [1908], Giovanni Pastrone [1909]), di Pia de’ Tolomei (Mario Caserini [1908], Gerolamo Lo Savio [1910], Giovanni Zannini [1921]), o di Dante stesso (Guelfi e Ghibellini, di Mario Caserini [1910], Guido Cavalcanti, prod. Cines [1911], Dante e Beatrice, di Mario Caserini [1913]).

E a distanza di quasi cento anni, Ridley Scott nel suo Hannibal [2001], ambientato a Firenze sull’onda del torbido caso giudiziario del «mostro», ripropone alcuni episodi «forti» o granguignoleschi della Commedia, come il mangiamento del cuore nel primo sonetto della Vita nova, il suicidio di Pier delle Vigne accusato di tradimento, e la tecnofagia di Ugolino)" (Chiamenti, www.nuovorinascimento.org/n-rinasc/saggi/pdf/chiament/dantecinema.pdf).

 

Insomma, c’è un Dante ripreso dal cinema e un Dante che ispira il cinema e prima ancora la letteratura. Ad esempio, ridotta alla sua elementare struttura narrativa di base la Commedia descrive un viaggio che parte (Inferno) da una discesa al centro della terra, risale alla superficie (Purgatorio) e si conclude (Paradiso) con l'ascensione del poeta verso Dio attraverso i cieli concentrici. La prima e la seconda tappa di questo viaggio trovano una simmetria narratologica in Viaggio al centro della Terra (Journey to the Center of the Earth, 1959), di Henry Levin, musiche di Bernard Herrmann, il compositore che scrisse le colonne sonore dei più celebri film di Alfred Hitchcock. Il professor Lindenbrook (Lidenbrock nel libro di Jules Verne) di Edinburgo (Amburgo nel romanzo di Verne), e l'allievo alla facoltà di geologia, Axel (che nel romanzo è il nipote di Lidenbrock) sembrano un contraltare moderno della coppia Virgilio-Dante. Entrambe le coppie protagoniste (Dante-Virgilio, Lidenbrock-Axel) compiono un viaggio straordinario verso il centro della Terra. Entrambe le coppie percorrono un itinerario ovviamente in forte pendenza tra vie tortuose, scavate tra le rocce, ponti di pietra sospesi sul vuoto, smarrimenti, cadute, arrampicate su cigli di burroni, attraversamenti di laghi e fiumi sotterranei, proprio come accade nell'Inferno e nel Purgatorio. 
Se Dante e Virgilio incontreranno parecchie figure mostruose, umane, animali e miste, dal traghettatore Caronte ai Diavoli di Malebolge fino ai Giganti e a Lucifero conficcato nel centro della terra, anche Lindenbrook, molto più modestamente, avrà nel film la sua piccola parte di visioni teratoformi e spaventose (per lo più dinosauri superstiti e grandi rettili marini). E si noti la ripetizione del modulo narratologico tipico di un racconto di formazione, con la coppia costituita da un uomo maturo con funzioni di guida tecnica e umana (Virgilio nella Divina Commedia, Lidenbrook nel film tratto dal romanzo di Verne), e da un uomo più giovane, inesperto, nel ruolo di discente (Dante nella Divina Commedia, Axel nel romanzo di Verne), che ritroviamo anche ne Il nome della Rosa di Umberto Eco (1983) e nella sua versione cinematografica (1986), diretta da Jean Jacques Annaud, con la coppia Guglielmo di Baskerville, il frate francescano allievo di Ubertino da Casale, che diventa investigatore suo malgrado (Sean Connery), e il giovane Adso de Melk, il discente, inesperto e bisognoso di guida  e formazione. La storia si svolge in un monastero, sette anni dopo la morte di Dante (1321). 
Il Paradiso dantesco è la cantica più complessa dal punto di vista di un'eventuale riproduzione cinematografica, anche se con il 3D, la computer graphic e le attuali tecniche di animazione rendono possibile rievocare la struttura concentrica dei cerchi celesti, l'Empireo, la candida rosa, e tutta l'intensissima luce che domina la terza cantica. Non sono mancati nel cinema tentativi, di successo (ad esempio, in Al di là dei sogni di Vincent Ward) di reinterpretare, seppur in termini molto liberi, un'idea più moderna di Paradiso. 

 

Per fare ordine, le produzioni su Dante si possono ricondurre ai seguenti generi: 

- film/sceneggiati televisivi tradizionali o d'animazione, su Dante e la Divina Commedia (ad esempio, Inferno, 1911 di Francesco Bertolini, Giuseppe de Liguoro e Adolfo Padovan; La vita di Dante, Rai 1965; Dante's Inferno animated, 2010, di Boris Acosta; Dante di Luca Lussoso, 2014);

 

- film non incentrati su Dante, ma basati sul tema dell'al di là con scene che ricordano la Divina Commedia (47 morto che parla di Carlo Ludovico Bragaglia, 1950; Al di là dei sogni di Ward, 1988);

 

- film non su Dante, di ambientazione contemporanea, con evidenti rimandi, ad esempio: Skärseld (Purgatorio) di Michael Meschke, 1975; La Divina Commedia di Manoel de Oliveira, 1991; 

- docufilm. Per citarne alcuni: Dante de l'Enfer au Paradis, 2007 di Thierry Thomas e il Mistero di Dante di Louis Nero, 2014;

 

- documentari, come Il Divin Segreto, di Michele Rossi, 2009, articolato in quattro capitoli: La vita di Durante, detto Dante - La cosmologia della Divina Commedia - Dante e i Fedeli d’Amore - Il mistero delle Reliquie del Poeta.

 

Il sito Dante e il cinema, uno dei più completi sul tema ( www.danteeilcinema.com) classifica la filmografia dantesca in tre grandi periodi: dal 1900 al 1949, dal 1949 al 2000 e dal 2000 fino ai nostri giorni. Si va dai corti citati da Chiamenti al primo lungometraggio, L'Inferno (1911) di Bertolini, Padovan e De Liguoro, un film recentemente restaurato e ripubblicato dalla Cineteca di Bologna in una pregevole edizione in cofanetto con dvd e libro curato da Michele Canosa, a Il mistero di Dante di Nero, uscito nel 2013. Nel 1911 cadeva il 50° dall'Unità d'Italia e il film di Bertolini-Padovan-De Liguoro non era estraneo alla valenza emblematica di un Dante precursore degli ideali risorgimentali, secondo una lettura ancora oggi invalsa nelle scuole e nelle istituzioni. È il film più costoso nella storia del cinema italiano: a vederlo oggi appare ingenuo, ma rimane l'unico tentativo del cinema italiano di fornire una versione articolata e completa di almeno una cantica della Divina Commedia. L'impianto iconografico di base deve molto alle illustrazioni di Gustave Dorè, ancora oggi ritenute fra le migliori e certamente le più popolari della Divina Commedia. L'ambizione di riprodurre o rievocare una parte del viaggio dantesco non mancherà certo negli anni successivi e le moderne tecniche di animazione danno risultati spesso originali: un esempio è in Dante's Inferno Animated, di Boris Acosta, 2010, Usa, animation basata su cinquanta illustrazioni a colori derivate da un libro illustrato e un giornalino di Awik Balaian e Dino di Durante.

 

Particolarmente adatto all'Alighieri è anche il genere della docu-fiction, non di rado ibridato a una parvenza di narrazione filmica della quale Il mistero di Dante di Nero è un esempio recente, che abbina il taglio documentaristico a quello narrativo, con esiti spesso discutibili e mancanza di "strutture coesive": l'inizio è fra i più claustrofobici e ansiogeni nella storia del cinema con una decina di minuti occupati da una discesa attraverso uno stretto cunicolo sotterraneo dell'operatore che avanza faticosamente con la sua ragazza in questo percorso buio e angusto per giungere a un appuntamento con un personaggio misterioso (interpretato da Murray Abraham) che dovrebbe risolvere il mistero dantesco. Nella narrazione si inseriscono le testimonianze di registi (Franco Zeffirelli), giornalisti (Roberto Giacobbo, Gabriele la Porta), scrittori e saggisti (in primis, Valerio Massimo Manfredi). 
Il film di Nero si concentra soprattutto sul Dante esoterico (un filone molto complesso con tante diramazioni, ma che trova in Gabriele Rossetti e René Guénon due fra i più importanti e citati rappresentanti) con particolare riferimento alle tematiche dei Fedeli d'Amore (cfr. Valli, 2008). Di tutt'altro genere e tono il film di Francesco Mandelli, nei panni di un novello Dante, e di Fabrizio Biggio (Virgilio), La solita commedia, Inferno, pellicola uscita nel 2015. Minosse, il giudice infernale che nella Divina Commedia Dante e Virgilio trovano in principio del 2° cerchio, quello dei lussuriosi (il cerchio di Francesca da Rimini, per intenderci), è in forte imbarazzo perché non riesce a collocare nei cerchi e nei gironi infernali i nuovi peccatori come gli stalker, gli hacker, i maniaci di whatsapp, i mariti bambinoni e i bamboccioni, i maleducati e gli strafottenti, quelli che saltano la fila al supermercato o che si piazzano con il carrello pieno nella fila dei max 10 pezzi (scene di quotidiana e snervante imbecillità metropolitana...) e via dicendo. Così Lucifero decide di rimandare Dante Alighieri sulla terra per aiutare Minosse in quest'opera di aggiornamento della strutturale morale dell'Inferno. 
La figura di Dante non è stata ignorata nemmeno da Totò, protagonista di evocazioni dantesche in due film di discreto successo: 47 morto che parla (1950) e Totò all'Inferno (1955). Con la regia di Bragaglia, sceneggiatura di Age e Scarpelli che si rifanno a una commedia di Petrolini e D'Arborio del 1918, 47 morto che parla è un'originale via di mezzo tra l'Avaro di Molière e la Divina Commedia: al barone Peletti (Totò), un avaro stile Scrooge, fanno credere di essere morto; e così si immagina di trovarsi all'inferno,  rievocato dalla lunare atmosfera della solfatara di Pozzuoli, con tanto di fumi che salgono dalla terra.

 

Totò all'Inferno è il primo film del principe della risata con Camillo Mastrocinque: l'attore sogna di trovarsi all'inferno, corteggia Cleopatra, ingelosisce Satana, scappa sulla terra, è processato e condannato per dongiovannismo. L'idea è dello stesso Totò e ci hanno lavorato sei sceneggiatori. Il surrealismo di Totò tocca in questo film "uno dei suoi vertici" (Morandini 2011).
Il volto così caratteristico e inconfondibile di Totò, con il naso pronunciatissimo e un po' aquilino, il viso oblungo e scavato che l'attore poteva modellare, alla bisogna, con un leggero prognatismo, gli conferivano una naturale attitudine a rappresentare in termini semi-seri un convincente busto dantesco. Pochi attori riuscirebbero a interpretare il personaggio di Dante secondo l'iconografia corrente e predominante che possiamo verificare ricordando i volti danteschi più famosi come quelli di Botticelli, Signorelli, e di Raffaello, che lo ritraggono di profilo con la famosa canappia e il mento sporgente, labbra chiuse dalla cerniera dello sdegno e del malcontento.        
Un altro omaggio dantesco (anche se indiretto) si trova nel citato Al di là dei sogni (1998, titolo originale What Dreams May Come) di Ward con sceneggiatura di Richard Matheson (un tempo giovane autore di Ai confini della realtà) e fotografia di Eduardo Serra: il riferimento dantesco è evidente soprattutto nella discesa agli inferi del protagonista, un medico (Chris) interpretato da Robin Williams, che nell'after life, soccorso e  aiutato da uno spirito guida (che si rivelerà essere quello di suo figlio) cerca di salvare l'anima della moglie, suicidatasi per fuggire alla depressione. E qui la discesa agli inferi è qualcosa di veramente impressionante, molto dantesca in alcuni specifici riferimenti iconografici (Caronte, il Flegetonte, lo scheletro della nave arenata e in fiamme, le teste che spuntano dal suolo calpestate da Chris, Aracne), a partire dalla guida, il Virgilio interpretato da Max Von Sidow che si rivelerà l'amico psichiatra di Robin Williams-Chris. 
La rappresentazione del Paradiso parte dall'idea che l'anima nell'afterlife viva in un mondo-proiezione delle principali passioni coltivate nella vita terrena: non c'è quindi un Paradiso, ma tanti Paradisi.

Così Robin Williams in questo suo Eden personale incontra la figlia, ma all'inizio non la riconosce perché è una bellissima hostess orientale: ha voluto presentarsi con l'aspetto di una orientale per ricordargli il più possibile la bellezza di una hostess con gli occhi a mandorla che aveva particolarmente colpito il padre. 

 

La divina commedia (1991) di Manoel de Oliveira, il regista portoghese scomparso proprio di recente, è inclusa nella filmografia del sito, anche se non è esplicitamente dedicato al poema dantesco o a Dante stesso. Il film di De Oliveira è un esempio di come la Divina Commedia e la vicenda esistenziale del suo autore vengono reinterpretate in chiave moderna: un altro esempio è il film svedese Skärseld (Purgatorio), del 1975, di Michael Meschke e Ohran Oguz, dove il personaggio di Dante rivive nell'antagonismo del protagonista verso una società totalitaria, conformista, e oppressiva. Nel campo della sperimentazione audiovisiva almeno due sono le opere che lasciano intuire il potenziale espressivo ancora non del tutto sviscerato dell’opera dantesca: A TV Dante: the Inferno (1985-89), una miniserie che Peter Greenaway ha diretto in collaborazione con l’artista e letterato Tom Phillips per il canale televisivo Channel Four. Trasmessa in Inghilterra nel 1990 è ancora inedita in Italia, un mistero che si aggiunge a quello della zecca e dell’intervista impossibile mancata, fosse solo perché la visionarietà del regista inglese è quella più adeguata alle immagini potenti presenti in abbondanza nella Divina Commedia, nell’Inferno in particolare, che Greenaway ha ri-esplorato fino al Canto VIII. La serie ha anche avuto un seguito nel 1995 (Canti IX-XIV) affidato al regista cileno Raul Ruiz (che ha spostato la scena a Santiago), ma con minori risultati, pur vantando autorevoli credenziali surrealiste. L’altro esempio di sperimentalismo cinematografico è il cortometraggio The Dante Quartet di Stan Brakhage, uno dei massimi esponenti del cinema indipendente americano (underground) che realizzò nel 1987 questo cortometraggio (sei minuti) consistente in una pellicola disegnata a mano fotogramma per fotogramma (sei anni di lavoro) che fissano in sequenza le suggestioni scaturite dalla lettura e dallo studio delle tre Cantiche.
Resta da dire dell’uso strumentale che si è fatto e si continua fare di Dante e della Divina Commedia. Nella storia del cinema, soprattutto nel dopoguerra, compaiono infatti spesso come “nomi-civetta” per suscitare interesse intorno a film che con l'Alighieri e il suo viaggio ultraterreno hanno poco o niente a che fare. Come annota Chiamenti: “è il caso dei disaster-movies a effetto A Towering Inferno (di Irwin Allen [1974] dove l’inferno del grattacielo in fiamme sembra presagire l’11 Settembre) e Dante’s Peak (di Roger Donaldson [1995] dove il «Picco di Dante» è in effetti un vulcano realmente esistente sul territorio americano)” (Chiamenti, www.nuovorinascimento.org/chiament/dantecinema.pdf). 
Il nostro cerchio si chiude. Il prodotto cinematografico si è affermato nel tempo come quello più consono alla griffe del fiorentino e  la vera pubblicità vincente è sempre quella che veicola messaggi aderenti a marche di prestigio, radicate nell’immaginario, familiari, note al grande pubblico. 

Dante, appunto.

 


 

LETTURE

 

  Giuseppe Aprile, Dante inferni dentro e fuori: omosessualità, antifemminismo
  e sadomasochismo nel poeta, Editrice de Il Vespro, Palermo, 1977.
  Dante Alighieri, la Divina Commedia (testo critico della Società Dantesca Italiana,
  con commento scartazziniano riveduto da Giuseppe Vandelli), Hoepli, Milano, 1993.
  Delio De Martino, Dante e la pubblicità, Levante Editori, Bari, 2013.
  Annamaria Testa, Dante, brand plurisecolare in Agenda Letteraria Dante Alighieri 2014,
  Società Dante Alighieri – Metamorfosi, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2013.
  Luigi Valli, Il linguaggio segreto di Dante e dei «fedeli d'amore», Firenze libri, Firenze, 1988.

 


 

VISIONI

 

  Boris Acosta, Dante's Inferno animated, Gotimna Productions 2013 (home video)
  Jean Jacques Annaud, Il nome della rosa, Warner Home Video, 2009 (home video).
  Francesco Bertolini, Giuseppe de Liguoro, Adolfo Padovan, Cento anni fa. Inferno,
  Cineteca di Bologna, 2011 (home video).
  Fabrizio Biggio, La solita commedia - Inferno, Warner Bros, 2015 (home video).
  Carlo Ludovico Bragaglia, Quarantasette morto che parla,Ripley's Home Video, 2011 (home video). 
  Stan Brakhage, Dante Quartet in By Brakhage: An Anthology, Volume One,
  The Criterion Collection, 2011 (home video).
  Manoel de Oliveira, La Divina Commedia, Madragoa Filmes, 1991.
  Peter Greenaway, A TV Dante: the Inferno, Digital Classics, 2011 (home video).
  Henry Levin, Viaggio al centro della terra, MGM, 2008 (home video).
  Luca Lussuoso, Dante, 130 Elektra Films, 2014.
  Camillo Mastrocinque, Totò all'Inferno, Lux Film, 1955.
  Michael Meschke, Skärseld, Svenska Filminstitutet, 1975.
  Louis Nero, Il mistero di Dante, Eagle Pictures, 2014 (home video).
  Michele Rossi, Il Divin Segreto, Mediaframe 2010 (home video).
  Thierry Thomas, Dante de l'Enfer au Paradis, Ina, Mikros Images, Arte France, Yle teema, 2007
  Carlo Verdone, Gallo cedrone, Cecchi Gori, 2002 (home video).
  Vincent Ward, Al di là dei sogni, Universal Pictures, 2015 (home video).