VISIONI / DEXTER: KILLER COLLECTION


di James Manos, Jr / Paramount Pictures, 2014


 

Il passeggero oscuro della tarda serialità

 

di Ciro D'Agostino

 

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“Mi chiamo Dexter, e non sono certo di ciò che sono. So solamente che c’è qualcosa di oscuro, in me… e lo nascondo. Certamente non ne parlo, ma c’è. Sempre. Questo Passeggero Oscuro. E quando è lui, a guidare, mi sento vivo. Dominato da questo fremito di totale empietà. Non lo combatto. Non voglio farlo. È tutto ciò che ho. Nient’altro potrebbe volermi bene, neppure… specialmente, me stesso. O questa è solamente una bugia che mi racconta il Passeggero Oscuro? Perché di recente, ci sono questi momenti in cui mi sento legato a qualcosa, a qualcuno. È come se la maschera stesse scivolando via e quelle cose, quelle persone, di cui non mi era mai importato nulla, all’improvviso avessero importanza. Mi fa una paura del diavolo”.

Nel 2006 così si presenta sulle reti Showtime al pubblico televisivo un nuovo personaggio seriale, Dexter Morgan. Ad un anno dal suo epilogo, Dexter ritorna prepotentemente alla ribalta in una versione per veri collezionisti e, almeno per il momento, accolta con grande entusiasmo dai fan del famigerato serial killer (cfr. "Quaderni d'Altri Tempi" n. 21).

I crimini, le azioni e l’evoluzione del personaggio Dexter, tutte le sue “stagioni”, sono infatti ora raccolte in una serie di trentasei blu-ray (o dvd) prodotto in tiratura limitata e in esclusiva da Amazon. Quello di Dexter, il serial killer seducente e ammaliante, non è il classico insieme di episodi raccolti su supporto digitali bensì un vero e proprio pezzo da collezione. Da novembre è acquistabile l’intera raccolta in un formato tutt’altro che comune, con le custodie dei dischetti della stessa forma di un vetrino per microscopio, e con il cofanetto che li contiene riproducente esattamente quello custodito da Dexter per tutta la durata della serie con la massima cura. Un colpo d’occhio che avvicina in un certo qual modo la distanza, già sottilissima, tra uno dei personaggi televisivi più amati degli ultimi anni e i propri fan, con i quali l’agente killer aveva instaurato un rapporto di complicità.

La scelta di introdurre in questo modo il personaggio, o meglio di lasciare a lui stesso il compito di presentarsi, ci proietta in una dimensione seriale che lo spettatore conosce già. Quelli che il pubblico non conosce ancora sono alcuni elementi di novità che introducono gli spettatori stessi in una dimensione nuova: quella del serial killer come protagonista in prima persona della storia. Probabilmente nessuno avrebbe immaginato di schierarsi dalla parte di Dexter prima di vederlo all’opera, ed è proprio questo che lo rende un personaggio a metà strada tra etica e anti-etica. Una volta stabilita la condotta morale del killer, lo spettatore gli conferisce una sorta di moralità che potremmo definire speciale o suprema.

Il serial killer/ematologo forense Dexter è il paradigma di una nuova cifra narrativa che si introduce nella logica delle tv series e che esemplifica perfettamente il passaggio dalla serialità alla post-serialità, come sviluppo storico della narrativa seriale.

I processi di produzione culturale si evolvono moltiplicando i formati, adattandosi di volta in volta ai canali della comunicazione.

La produzione serializzata di merci culturali ha mantenuto il passo con lo sviluppo delle nuove tecnologie ed ha integrato tutti i suoi settori con queste ultime. Già negli anni a cavallo tra gli Ottanta e Novanta del XX secolo, in piena post-serialità, vediamo come tutta la produzione di fiction prenda come punto di riferimento costante la fiction prodotta per la televisione.

Nell’ultimo decennio le produzioni seriali offerte dai grandi canali televisivi hanno accompagnato il mutamento nel modo di pensare e di percepire il mondo dei telespettatori, hanno abbattuto tabù, hanno cambiato il modo di intendere la famiglia.

Hanno creato un nuovo modo di realizzare il prodotto seriale stesso, capace di affrontare nuovi temi, di arrivare ad un livello più alto di complessità e di superare la serialità classica grazie allo sviluppo inarrestabile delle forme di produzione e consumo stesso, che hanno spianato le porte ad un’epoca che diventa inesorabilmente post-seriale.

Diventa post-seriale perché cambiano i protagonisti, i ruoli sociale si invertono o vengono sostituiti, diminuisce la presenza degli eroi ma aumenta quella degli antieroi.

A differenza degli eroi e dei personaggi classici della letteratura del Novecento, i modelli proposti dal cinema e dalla televisione tardomoderni non appaiono giovani, belli e lucenti, ma al contrario sono spesso personaggi oscuri e ambigui. Nel nuovo ambiente produttivo e di consumo culturale l'eroe muta tranquillamente in un antieroe anomico, eccentrico e disturbante, come Dexter.

In queste produzioni gli elementi ancora appartenenti alla modernità si rivestono di sensibilità postmoderna, saturando i campi della comunicazione di elementi innovativi. La cultura audiovisuale fa suoi elementi come l’antieroe, l’eroe psicopatico, figure del confine fra vita e morte come il vampiro e lo zombie, ma anche figure del cyberspazio o della cultura Nerd.

Nella serie tv Dexter, episodio dopo episodio, ritroviamo il maggior numero di elementi in grado di marcare la differenza tra un prodotto seriale e un prodotto post-seriale. La storia iniziale si basa sul romanzo La mano sinistra di Dio di Jeff Lindsay (2004), almeno per quanto concerne la prima serie.

Dexter Morgan è un brillante ematologo della polizia di Miami che di notte diventa un serial killer spietato. È figlio adottivo dell’agente di polizia Harry Morgan che lo ritrova abbandonato in un container, in un mare di sangue e con il cadavere sventrato della madre accanto.

Il padre adottivo di Dexter tuttavia si rende conto fin da subito che il passato del figlio lo ha traumatizzato a tal punto da renderlo sociopatico. Infatti, Dexter è un ragazzo molto particolare, seppur sia molto giovane è aggressivo e soffre di continui attacchi di rabbia. Harry dopo aver scoperto che Dexter uccide gli animali, cerca di capire fin dove il figlio sia disposto ad arrivare per soddisfare questa sua entità malvagia. Resosi conto della malvagità del ragazzo stila un codice, “Il codice di Harry”, un codice etico che Dexter deve seguire per incanalare i suoi impulsi negativi verso coloro che sono sfuggiti alla legge. Dexter diventa così un serial killer di criminali, assassini, pedofili, tutti coloro che in un modo o nell’altro riescono a sfuggire alla giustizia. Il serial killer però non riesce ad integrarsi pienamente con la società, è un sociopatico, vive in una realtà completamente diversa, faticando a rapportarsi e a vivere con gli altri. L’unica cosa che gli fa provare emozioni, che lo fa sentire vivo, è uccidere.

Per tutta la durata della serie, Dexter offre ciambelle ai suoi colleghi in ufficio, fa battute e partecipa alle uscite con i suoi compagni di reparto ma è tutta apparenza, tutto costruito ad hoc. Quelle azioni, quei comportamenti e quelle ore trascorse insieme per Dexter servono solo a riempire spazi vuoti della sua vita, costruendosi una finta vita sociale. La sua sociopatia non gli fa desiderare nulla se non quella di mietere altre vittime. Non riesce a rapportarsi in maniera intima con le donne. È fidanzato, ma solo “platonicamente”: con Rita, una ragazza divorziata con due figli. Dexter sfrutta la situazione psicologica di Rita per non spingersi oltre, per non affrontare la vita di coppia e per non avviare una vita sessuale.

La serie televisiva descrive qualcosa di non molto distante dalla realtà della gente comune, dello stesso telespettatore: in fondo Dexter sembra una persona normale, è fidanzato con Rita, esce con gli amici, pranza con la sorella, svolge bene il suo lavoro. Nessun sospetto sulla sua vita notturna. Nessuno che possa immaginare che la vita privata dell’ematologo sia periodicamente – serialmente – occupata da un qualche criminale legato ad un tavolo, con un pugnale conficcato nel petto, successivamente fatto a pezzi e gettato nel fiume. Nessun sospetto su una scatola nascosta nel condizionatore con dentro vetrini contenenti gocce di sangue delle sue vittime.

Due vite, due persone, due entità, due identità. Il Dexter di giorno rappresenta il bene, quello di notte il male. Quello che lo spinge ad uccidere è la sua voce interiore definita come il passeggero oscuro. Durante la giornata l’agente di polizia cerca di ignorare quella voce ma quando quest’ultima non può essere più ignorata, il Dexter “buono” lascia che il “passeggero oscuro” prenda il posto di guida, trasformandolo così nel Dexter serial killer. In ogni episodio l’assassino cerca di nascondere la sua vera identità, tra mille intoppi e peripezie.

Dexter è forse il più controverso tra i personaggi delle serial fiction degli ultimi anni. Controverso per lo stile di vita, per l’atteggiamento con il quale mantiene salva la sua identità, un’aura di malvagità che non perde quasi mai. Chiunque mette a repentaglio la sua vita notturna, chiunque scopre il Dexter assassino, viene messo a tacere. In sette stagioni questo personaggio si è evoluto fino a raggiungere un equilibrio che potremmo definire perfetto, anche se spesso tutto quello che costruisce è apparenza. Riesce a costruirsi una vita reale, normale, sposandosi con Rita, dalla quale avrà un figlio. Riesce così a far convivere le due entità contrastanti. L’equilibrio svanisce quando troverà la sua amata morta nel bagno di casa, uccisa dallo stesso killer, Trinity, che qualche ora prima era morto per mano di Dexter. Potremmo dire che questo è il punto di rottura nella convivenza tra il Dottor Jekyll e il Mr. Hyde che convivono in lui, tra Dexter e il suo dark passenger. Da quel momento la vita di Dexter andrà sempre peggio fino a perdere il rapporto con sua sorella che scopre la sua identità di assassino seriale. Nell’ultima serie, l’ottava, Dexter viene a capo a questa situazione, mettendo fine alle sofferenze causate dai suoi impulsi, non solo alle sue vittime ma soprattutto alle persone che gli sono vicine. La serie televisiva Dexter si concluderà con l’isolamento volontario, sotto nuova identità, del protagonista. Dexter impone al suo passeggero oscuro di isolarsi per non provocare altro male. La parte buona, il Jekyll in lui, non deve soccombere per porre fine alle angherie di Hyde, il Male, che non riuscirà a sopraffare con la sua violenza Jekyll.

Ma cosa marca la serie e il personaggio di Dexter come un prodotto post-seriale?

Dexter è stata una serie innovativa perché ha declinato la struttura del genere crime secondo un punto di vista diverso da quello tradizionale. Solitamente, nei romanzi gialli o investigativi, nei film o nelle fiction del genere poliziesco, la prospettiva utilizzata è quella dei poliziotti che indagano sui crimini. Il loro punto di vista guida la narrazione, e l’investigazione, gli interrogatori e le indagini sono alla base di un genere che ha sposato perfettamente tutte le caratteristiche della serialità. In questo caso invece la narrazione è guidata dallo stesso Dexter che ne diventa il protagonista assoluto. È sua la voce fuori campo che detta i tempi narrativi, quella stessa voce che permette al fruitore televisivo di immaginare le scene successive – e di immedesimarsi con lui.

Un personaggio particolare, più che difficile da capire. Il serial killer stravolge continuamente l’ordine delle cose e degli eventi. Un personaggio molto complesso che in un’altra epoca o in produzioni seriali passate avremmo odiato, ma che in questa narrazione ha la nostra continua complicità. Il suo codice comportamentale gli permette di condurre una vita apparentemente normale ma che in fondo gli dà tutto ciò che vuole, anche il sangue delle sue vittime. L’opera omicida di Dexter è quasi un piacere, lo spettatore è ammaliato, intrigato dal suo modus operandi. Il pubblico televisivo non riesce a giudicare il killer per quello che commette realmente e quotidianamente bensì aspetta con ansia la sua prossima mossa. Aspetta di capire a ogni azione se riuscirà a spuntarla ancora una volta e continuare la sua vita “normale”, ovvero quella conosciuta dagli altri protagonisti della serie. Difatti, solo Dexter e i suoi telespettatori conoscono la verità, tutti gli altri sono completamente ignari della doppia vita del protagonista. Un punto, questo, che rafforza quegli elementi di innovazione non ancora visti in altri prodotti televisivi.

Anche quando la serie sta prendendo una piega ben diversa da quella che tutti si aspettano, le caratteristiche post-seriali escono prepotentemente a segnare un punto di rottura con il passato. Ma c’è dell’altro: questa è una delle prime serie, o forse l’unica, a intrecciare insieme due modelli della serialità audiovisiva.

È evidente nella quarta stagione, che è considerata dalla maggior parte del pubblico e della critica un momento chiave, un punto di rottura nella personalità e nella vita apparente costruita dal protagonista. Qui lo spettatore viene travolto da una serialità (quella dell’assassino Dexter) che affronta la serialità dell’assassino Trinity. Lo scontro tra due modelli seriali differenti, con modi di agire simili, ma per motivazioni totalmente diseguali forse si inserisce nel quadro di una terza serialità, inaugurata proprio da Dexter, fondata quindi dalla genialità dei suoi autori.

Potremmo definire il nostro serial killer sicuramente un mostro, una sorta di essere superiore e straordinario. Ad ogni episodio irrompe il “doppio” ipotizzato da Sigmund Freud, che nella vita quotidiana ci terrorizzerebbe ma nella costruzione seriale ci affascina. Il passeggero oscuro di Dexter ci pone continuamente degli interrogativi perché capovolge ogni nostra certezza, svelandoci una realtà continuamente contraddittoria. Dice bene lo stesso Dexter: “So solamente che c’è qualcosa di oscuro, in me… Mi fa una paura del diavolo”.

 


 

LETTURE

  Jeff Lindsay, La mano sinistra di Dio, Sonzogno, Milano, 2004.