Sulle divergenze tra Antonio Scacco e noi alieni di Roberto Paura

 


Ora, fatta maggior chiarezza in merito a queste nozioni politiche, risulterà evidente come una catalogazione bipolare degli scrittori di fantascienza e di fantasy risulta impossibile sulla base dei criteri proposti da Scacco. Scrollandoci di dosso i pesanti retaggi della contrapposizione sessantottina - incoraggiata spesso ancora oggi da una certa critica di fantascienza provinciale, faziosa e obsoleta - scopriamo che non tutto è bianco o nero, di destra o di sinistra.

Heinlein poteva essere militarista in Fanteria dello spazio e anti-statalista e pacifista in La via della gloria o in La luna è una severa maestra (con i mille distinguo), poteva essere un hippy in Straniero in terra straniera e uno spaventoso razzista in Sesta colonna. Allo stesso modo nella fantascienza possiamo avere un Asimov o una Le Guin dichiaratamente progressisti, riformisti, democratici ma anche anti-comunisti, e una parte estrema della corrente cyberpunk smaccatamente anarchica. Philip Dick e James Ballard nelle loro opere riflettono un pensiero che potremmo definire di sinistra, ma non certo in base alla definizione manichea di Scacco: Dick era paranoicamente anti-comunista, Ballard si è recentemente detto contrario sia alla Thatcher che a Tony Blair[5].

Da uno schieramento che definiremmo ‘opposto’, John W. Campbell propugnava tesi vagamente razziste sulle supremazia dell’America bianca sulle altre nazioni del mondo, Poul Anderson in varie sue opere su un’eventuale Terza Guerra Mondiale è chiaramente anti-sovietico ma non è nemmeno filo-americano, ed è anzi molto preoccupato da una supremazia americana nel mondo e favorevole ad esempio ad un governo mondiale sotto l’egida ONU basato sui principi democratici e liberali dell’America prima maniera. C’è poi da chiedersi cosa ne pensino i teocon americani delle idee di L. Ron Hubbard (Scientology, per intenderci) che pure nelle sue opere propugna l’inevitabile trionfo dell’America nell’universo.

Ancora più complessa la situazione nell’ambito della fantasy. Non è certamente questa la sede per riproporre la vexata quaestio dell’ideologia di Tolkien e della mistificazione che del suo pensiero e delle sue opere è stato fatto dalla destra italiana[6], tuttavia quello del Signore degli Anelli è un caso esemplare per notare come un’opera può aprirsi a mille interpretazioni: Tolkien era un conservatore, in parte anti-americano, ecologista ante-litteram, e oggi diremmo addirittura no-global. Questa confusione ideologica, che ha visto Tolkien idolo della destra neo-fascista italiana e del movimento hippy americano, dimostra come le idee politiche di un autore non possano sempre sottoporsi a etichettature arbitrarie. E se C.S. Lewis era cattolico e conservatore, Terry Brooks si è in alcune recenti interviste velatamente confermato progressista e anti-Bush a dispetto di tante opere in cui sembra aborrire, in chiave anti-modernista, la tecnologia e le sue conseguenze. Gli autori fantasy, ancor più di quelli di fantascienza, sono mossi da una forte componente critica verso il mondo contemporaneo che li porta a rigettare in toto anche le differenti visioni politiche del nostro tempo (così anche H.P. Lovecraft fino a Terry Pratchett).

In conclusione si vuole proporre un tentativo di uscire da questa dicotomia “destra-sinistra” che rischia di svilire i veri temi della letteratura fantascientifica e fantasy in favore di una riduttiva lettura politica. Il critico e scrittore Vittorio Catani, in un suo articolo sull’argomento, ha suggerito di sfuggita la chiave da usare: è noto che la contrapposizione tra Jules Verne e H.G. Wells si è riflessa in tutta la fantascienza moderna, perché “da un lato l’ottimismo scientista verniano; dall’altro le visioni wellsiane (critiche nei confronti del mondo a esse contemporaneo e della sua ipotetica evoluzione futura)... [sono] componenti che ritroveremo, rivisitate e rimescolate in vari modo, nella science ficiton del XX secolo”[7].

Ebbene, se una classificazione dicotomica va fatta nella fantascienza – nell’epoca della supremazia del codice – questa non può che essere improntata sui due poli “ottimismo/pessimismo” nei confronti del futuro dell’umanità. Ciò ci permette di rompere le barriere dell’ideologia politica e inserire nel filone degli ottimisti sia Heinlein e Campbell che Asimov, Le Guin e Clarke; nel filone dei pessimisti troviamo Philip Dick e tutta la corrente cyberpunk ad esso ispirata, Ballard, ma anche Tolkien e C.S. Lewis (anche se la fantasy difficilmente si pronuncia sul futuro e propone invece un universo alternativo; in contrapposizione a questa tendenza troviamo Brooks e la sua saga del Verbo e del Vuoto, nonché l’ultimo romanzo I figli di Armageddon in cui non mancano alcuni riferimenti alla situazione politica attuale).

Questa bipartizione è migliore della precedente? Forse sì, se teniamo in considerazione che la letteratura fantastica moderna è – come hanno osservato molti critici – diretta discendente delle utopie e delle distopie della letteratura anche filosofica pre-moderna. E che il grande quesito su cui tutti gli autori si sono confrontati riguarda il destino futuro dell’umanità, e non la validità delle idee politiche di oggi che domani saranno già superate.

 


[5] Cfr. intervista di Valerio Evangelisti sul numero del novembre 2006 di Repubblica XL consultabile anche su http://xl.repubblica.it/dettaglio/31401.

[6] In proposito si consigliano: L’anello che non tiene. Tolkien fra letteratura e mistificazione, di Del Corso e Pecere, Minimum fax 2003; La verità su Tolkien. Perché non era fascista e neanche ambientalista, di Mingardi e Stagnaro, Liberal Libri 2004; Il caso Tolkien e La cattiva conoscenza della cultura italiana di fronte a Tolkien e alla sua opera di De Turris in Aa.Vv. La Compagnia, l’anello, il potere, Il Cerchio 2002 (opera ovviamente di parte).

[7] Vittorio Catani, Fantascienza e politica: il binomio negato, su Delos 71 consultabile su http://www.delos.fantascienza.com/delos71/politica1.html.

 

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