BUSSOLE | QDAT 61 | 2016

 


VISIONI / THE NIGHT MANAGER


di Susanne Bier / Sky Atlantic, 2016


 

Il mio nome è Pine, Jonathan Pine


di Adolfo Fattori

 

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Jonathan Pine (Tom Hiddleston), il protagonista della mini serie The Night Manager, prodotta dalla BBC e dalla Demarest Films, è un uomo formale, inappuntabile. Inglese, lavora come direttore di notte, quindi non un semplice concierge, in un albergo del Cairo nel periodo della “Primavera araba”. Riservato e discreto, conduce una vita regolare, priva di guizzi o intemperanze.

Solo che gli capita di mettere le mani su un fascio di documenti che riguardano il traffico internazionale di armi, che riesce a trasmettere a un amico che opera nei servizi a Londra. Le conseguenze sono tragiche: viene brutalmente uccisa una donna a cui si era legato, Samira (Aure Atika), la custode delle carte che ha spedito. E deve fuggire, per evitare di essere ucciso a sua volta. Jonathan sa chi è il colpevole, un grosso trafficante di armi britannico, Richard Roper (un Hugh Laurie monumentale, come in Dr. House), ma non sa come vendicare la donna, di cui cominciava a innamorarsi.

Pine è una spia? Piazzato al Cairo dall’MI6 per sorvegliare quest’area del mondo cruciale negli equilibri geopolitici e sempre pericolosa? No. È solo uno che vuole stare per conto suo: ha fatto la Guerra del golfo, e poi ha scelto un basso, bassissimo profilo: un lavoro senza emozioni, senza storia. Ha agito d’impulso, e ora la paga.

Lo ritroviamo due anni dopo, sotto un altro nome, a fare sempre lo stesso lavoro in un albergo a Zermatt, in Svizzera: un posto extralusso, esclusivo, isolato, l’ideale per mantenersi invisibile. L’ideale per concertare affari loschi. Sì, perché lì, nel suo albergo, capita proprio con tutta la sua corte Richard Roper, il trafficante d’armi, il mandante dell’omicidio di Samira. E questo evento innesca il seguito della storia. 

Jonathan è stato un uomo dei servizi, ed è un ex soldato: ha fatto la Guerra del golfo, e quindi se vuole sa essere prudente, coraggioso, letale. Risalendo a lui attraverso l’amico cui ha mandato i documenti, un ufficio laterale, trascurato dei servizi di intelligence lo contatta e lo coinvolge: deve conquistarsi la fiducia di Roper e incastrarlo. Di mezzo ci sono anche alcuni alti papaveri corrotti del Servizio segreto britannico. A Pine viene fatta cambiare pelle: riceve una nuova identità, fittizia, di piccolo criminale violento e spietato, e viene spedito a incontrare “per caso” il trafficante.

Lasciamo ai lettori-telespettatori godersi il resto della storia.

La serie è, seppur attualizzata ai nostri anni, tratta dal romanzo di John Le Carré Il direttore di notte, pubblicato nel 1993. Altri tempi, si potrebbe dire, meno feroci e violenti. Comunque successivi alla caduta del Muro di Berlino, la data spartiacque nella riarticolazione dei rapporti politici globali e nella riorganizzazione del sistema economico e biopolitico mondiale. Ma non meno selvaggi dei nostri, dal punto di vista dei traffici illeciti internazionali e delle complicità e coinvolgimenti degli apparati governativi, autorizzati o meno. Come appare molto bene ad esempio in Lord of War di Andrew Niccol, uscito nelle sale nel 2005. 

E anche Le Carré si adegua ai tempi: al posto dei grigi, insignificanti ometti, in apparenza inoffensivi impiegati di apparato che hanno popolato i suoi romanzi precedenti privi del tutto del fascino della spia più famosa del mondo, James Bond, con la collaborazione di Susanne Bier e dello sceneggiatore David Farr dà vita a un uomo d’azione, violento, anche brutale, molto più simile all’avversario letterario e cinematografico delle sue spie precedenti.

Jonathan Pine sa essere subdolo, invisibile, discreto, ma anche deciso e feroce, marcando così una trasformazione, creando una specie di ibrido fra il modello Ian Fleming e il modello Le Carré.

Come è del tutto trasformato rispetto alla tradizione lecarreiana lo scenario in cui si svolge la vicenda: niente più luoghi grigi, dimenticati, depressi, piccoli uffici bui e polverosi, vicoli laterali delle capitali del mondo. Qui siamo nei luoghi del jet-set, del grande turismo internazionale, dell’esotismo e del lusso, del sole, dei night club e delle belle donne. Palma di Majorca, Istanbul, Zermatt: luoghi del desiderio, prima che luoghi reali. Molto più vicini al mondo di Bond, che a quello delle “spie che vennero dal freddo”, delle “talpe”, dei “molto onorevoli Mister X”.

E anche l’andamento della narrazione cambia, rispetto ai tempi compassati e lenti dei romanzi classici di John Le Carré, grazie anche alla traduzione per il mezzo televisivo. 

Il romanzo, dicevamo, risale al 1993, e la trasposizione lo trasporta all’oggi, alla “Primavera araba”, al mondo post-11 settembre e post-Al Qaeda, al mondo dell’Isis e del macello infinito e interminabile in Medio Oriente. E agli intrecci fra traffici illegali e corruzione.

Uno scenario descritto in modo cinico, disincantato, ma referenziale, realistico, in cui la spinta dell’etica sopravvive solo in alcuni, pochi, di coloro che sono coinvolti. Che si ritrovano a dover fare il lavoro di chi pretende di svuotare il mare con un secchiello bucato.

I maneggi e i traffici che si svolgono nell’opacità dei conti correnti coperti e dei trasporti marittimi clandestini diventano la cifra di un mondo in cui i veri motori degli eventi politici sono oscurati, indecifrabili se non per pochi, eletti osservatori e analisti.

In questo senso, le cose non sono cambiate molto negli ultimi decenni. Ne è cambiata la narrativa, l’immaginario: smessa definitivamente la dimensione romantica, tardo ottocentesca che è sopravvissuta fino ai romanzi di un altro autore britannico, Eric Ambler, con romanzi come La maschera di Dimitrios (1939) o Il levantino (1972), la spy story inglese, vera punta di lancia del genere, segue come anticipavamo due strade principali: quella alla Fleming, scintillante, exotica, ironica, con periodiche incursioni nell’immaginario della science fiction, e quella alla Le Carré, discreta, realistica, riflessiva, disincantata.

Con la fine della guerra fredda l’approccio cambia: il “Grande gioco”, il “Torneo delle ombre”, come fu chiamato da un ufficiale inglese il conflitto sotteraneo fra inglesi e russi in Medio Oriente e in Asia centrale lungo l’intero Ottocento, e che passò a indicare il confronto fra diplomazie e spie in tutto il mondo, nel romanzo di John Le Carré e nella serie di Susanne Blier si allarga al mondo dei trafficanti d’armi indipendenti, delle organizzazioni criminali internazionali, che seppure qui non appaiono esplicitamente, sono sicuramente alle spalle dei commerci dei vari Roper e sodali. A cui, è plausibile, non sono estranei gli stati (anche l’Italia, con la Oto Melara, la Beretta…), i governi, le diplomazie. 

Le cose sono spiegate in maniera magistrale da Andrew Niccol nel citato Lord of War  in cui si narra di Yuri Orlov (un magnifico Nicholas Cage), un ex cameriere di ristorante di origine russa emigrato in America che si è trasformato in mercante d'armi e che ha tra i suoi clienti alcuni dei più potenti dittatori della Terra. 

Catturato finalmente dall’agente dell’Interpol Jack Valentine (Ethan Hawke), Orlov apre gli occhi a lui e a noi spettatori: 

 

“Lascia che ti dica cosa succederà adesso. Presto ci sarà un colpo alla porta e tu verrai chiamato fuori. Nella hall ci sarà un uomo che ti chiamerà. Prima, si complimenterà con te per il bel lavoro che hai fatto e che stai facendo per rendere il mondo più sicuro. Ti dirà che avrai una menzione e una promozione, e poi ti dirà che io devo essere rilasciato. Tu protesterai… Ma, alla fine, io verrò rilasciato.

La ragione per cui verrò rilasciato è la stessa per cui tu pensi che debba essere imprigionato. Io copro le spalle ad alcuni degli uomini più vili e sadici... Ma alcuni di questi uomini sono nemici dei vostri nemici. Mentre il più grande mercante d’armi è il tuo boss. Il Presidente degli Stati Uniti… Qualche volta per lui è imbarazzante avere le dita sul grilletto. Qualche volta ha bisogno di un freelancer come me… Sono un male necessario. 

Ti direi di andare all’inferno. Ma credo che tu ci sia già. Tu sai chi erediterà la Terra. I mercanti d’armi. Perché tutti gli altri sono troppo impegnati ad ammazzarsi fra loro. 

Quello è il segreto per sopravvivere. Non andare mai in guerra. Specialmente con se stessi”.

 

Ma Niccol fa di più. Chiude il film con queste frasi, che scorrono prima dei titoli di coda:

 

“Questo film è basato su eventi reali mentre i trafficanti d’armi continuano a prosperare i più grandi fornitori di armi sono il Regno Unito, gli Stati Uniti, la Russia, la Francia e la Cina. Essi sono anche i cinque membri permanenti del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. 

(traduzione nostra dalla sceneggiatura originale)

 

Non c’è più niente da dire: Le Carré e la Blier scaricano pietosamente su un paio di pezzi grossi dei servizi inglesi corrotti le complicità con i trafficanti d’armi e le responsabilità per i massacri e le sofferenze che producono, glissando sulle politiche commerciali coperte del loro e di altri governi, ma la realtà è ben diversa.

Rimane il fatto che per noi occidentali, la preoccupazione e le paure di cui le fiction sono un riflesso riguardano i rischi cui percepiamo essere esposti, a partire dalla New York dell’11 settembre per arrivare a Bruxelles. Meno attenzione facciamo alle migliaia di vittime che si accumulano nella contabilità dei massacri nel “mondo di fuori”, il Medio Oriente, l’Africa, l’Asia centrale…

A richiamare l’attenzione su questo macello è una delle protagoniste di The Night Manager, Angela Burr (Olivia Colman), la referente nei servizi segreti di Pine a Londra. Se Jonathan è animato dal desiderio di vendetta per la morte di Samira e dalla fedeltà del vecchio soldato al suo paese, per Olivia è diverso: ha assistito a un massacro di bambini in Medio Oriente, perpetrato con le armi chimiche vendute da Trevor Roper, osservando lì, davanti a lei, il trafficante guardare, indifferente, i risultati del suo “esperimento”. Lo racconta piangendo a una collega.

La sua missione è distruggerlo.

 


 

LETTURE

Eric Ambler, La maschera di Dimitrios, Adelphi, Milano, 2000.
Eric Ambler, Il levantino, Adelphi, Milano, 2008.
John Le Carré, Il direttore di notte, 1996, Mondadori, Milano.

 


 

VISIONI

Andrew Niccol, Lord of War, Rai Cinema - 01 Distribution, 2006 (home video).