Corpo e anticorpo nell'arte

 

di Paolo Rosa

 

































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Non è certo mancato l’interesse verso la tematica del corpo nelle esperienze delle avanguardie del secolo scorso. Anzi, a dispetto di tutte le tendenze informali e astratte, proprio ad esso è stata posta molta attenzione: alle tradizionali tematiche rappresentative si sono man mano sovrapposte quelle interpretative: happening, performances, gestualità, body art, arte comportamentale, fotografia più o meno narcisistica, post-human, sino alle degeneration body delle ultime espressioni dove fisiologico, pornografico, intimo fisico e psichico, genetico si rincorrono. Un interesse che sempre più spinge il soggetto corpo a sovrapporsi all’immagine stessa dell’artista. Consapevole del libero arbitrio che gli permette qualsiasi gesto verso il mondo, inebriato della teologica certezza di un arte per l’arte e di un arte pura, l’artista, attraverso l’onnipotenza del suo linguaggio, converge su se stesso.

E mentre compie il rituale, si libera e si sviscera, si autocelebra e si compiace, il pubblico deve assistere e, con un movimento solo di pensiero, deve cercare di inseguire le elucubrazioni, i significati reconditi, le labirintiche simbologie che si esibiscono davanti. Ma contrariamente a ciò che si può pensare questa progressiva centralità non esalta ma sempre più impoverisce proprio l’aspetto rituale, la dimensione fisica e anche spirituale.

A guardare le sue opere, specie  in recenti manifestazioni,  opere-corpo, opere-gesto spesso, si avverte proprio una plateale mancanza. Non ci parlano più oltre la loro forma. Non si ritrova, al di là di qualche straordinaria eccezione, la sofferenza e la gioia di un percorso conquistato, l’emozione della scoperta. Non si rivela il procedere umile, la sapienza sedimentata nell’assidua  frequentazione della materia. Sembra scomparso questo sottotesto che sta nel processo dell’arte prima ancora che nel risultato dell’opera. Diceva Vittorio Storaro: una pellicola cinematografica si imprime due volte, la prima con la luce che da forma all’immagine, la seconda con l’energia che in quel momento, sul set, si esprime dalla partecipazione emotiva e fisica delle persone. Questa scrittura così importante non c’è più. Questa partecipazione, questo attraversamento, questa intensità è quasi del tutto sparita.

Rimane il corpo-idea. L’opera brain-storming. Il lampo comunicativo che si trasforma in rombo pubblicitario. Che nell’esigenza di un mercato dell’arte, non ha tempo di distendersi o di conseguire ad un percorso troppo lungo, troppo dispersivo e dunque troppo costoso. Tutto e subito. È la filosofia dell’attuale merce del contemporaneo, del corrente pensiero decorativo della società.

 

 

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