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    Identità liquide e mosche, tutto in una bottiglia di Gianfranco Brevetto


    mosche06mosche07


    Geppetto desidera un bambino normale, la famiglia Samsa non accetta un figlio/fratello scarafaggio. Una diversa concezione dell’aspetto normativo dell’esistenza conduce a due diversi finali, quello lieto nella favola di Pinocchio e la tragedia dell’indifferenza in Kafka. Ciò che appare particolarmente interessante e rilevante per il nostro ragionamento è la natura della metamorfosi letteraria, cioè il fatto che ci troviamo di fronte a metamorfosi ibride. Esse appaiono descritte non secondo natura. Infatti, quando un bruco diventa crisalide e poi farfalla, ci troviamo di fronte ad un processo affascinante ma prevedibile. Cosa diversa è per un uomo che si ritrova scarafaggio o per un pezzo di legno, che, divenuto burattino semovente, diviene bambino vero. Ci troviamo evidentemente di fronte ad un meccanismo, non solo letterario in senso stretto, che lascia perplessi, in primo luogo i lettori. L’ibridazione della metamorfosi mette in moto meccanismi metatestuali e metaletterari, proponendo al lettore una visione altra, oserei dire assurda e scarsamente prevedibile dei fatti narrati. Pinocchio non esaudirebbe mai il volere della Fata Turchina, e magari la fiaba andrebbe avanti all’infinito, se non sottomettendosi alle regole. Sembrerebbe poter commentare che, comunque si dia corso alla metamorfosi, è la società ad essere, in ultima analisi, il destinatario ed il giudice di queste mutazioni, destinatario e destino insieme. 
    Quella della metamorfosi appare, in questi esempi, sempre più la metafora del lungo percorso  dell’individuo nella costruzione della sua identità. La metamorfosi appare così, e Pinocchio in primis sembra confermarlo in quanto letteratura destinata tradizionalmente all’infanzia, la testimonianza che è sempre il contesto sociale a giudicare il risultato prodotto di qualsiasi affermazione dell’essere sociale. In questo senso la metamorfosi è anche la metamorfosi di una modernità in cui 

    “le condizioni in cui opera [l’individuo] e le strategie formulate
    in risposta a tali condizioni invecchiano rapidamente
    e diventano obsolete prima che gli attori abbiano avuto
    una qualche possibilità di apprenderle correttamente”3.

    Il problema identitario e della sua mutabilità, reversibilità, centralità nel dibattito contemporaneo appare, non solo in letteratura, un tema centrale e di difficile soluzione. Sempre seguendo la tesi sviluppata da Bauman

    “L’idea di ‘identità’ è nata dalla crisi dell’appartenenza
    e dallo sforzo che essa ha innescato per colmare il divario
    tra ‘ciò che dovrebbe essere’ e ‘ciò che è’, ed elevare la realtà
    ai parametri fissati dall’idea, per rifare la realtà a somiglianza dell’idea”4.

    mosche09Nella modernità fluida – per seguire in breve il ragionamento del sociologo polacco – i riferimenti per la costruzione della nostra identità non sono stabili e noi li inseguiamo, per raggiungerli anche solo per un momento. Ma, una volta raggiunta, non essendo conveniente e utile una sua fissità, ce ne sbarazziamo il prima possibile. L’individuo appare, così, impegnato in una continua metamorfosi, necessaria questa volta per non restare indietro in questa corsa incessante. La storia del secolo scorso, con le sue grandi tragedie, ha avuto bisogno di essere elaborata velocemente per poter essere superata, rimossa.
    Il tempo ed il divenire allora assumono le fattezze dell’insetto vorace, che “divora meccanicamente e inesorabilmente ogni vita, compiendo la sua opera di decomposizione”5. La mosca, in questo senso, potrebbe configurarsi come metafora della decomposizione di un presente o di un passato difficile da sostenere, una sorta di rimozione naturale, biologica. Metafora del tempo, ma anche dell’identità. Una sorta di spettatore, apparentemente passivo ed invasivo, che ha il compito di trasmutare, traghettare, favorire una lunga e concatenata metamorfosi degli eventi delle quotidianità. Nella sua apparente fragilità, l’onnipresente mosca è simbolo  quindi di cambiamento e continuità allo stesso tempo.
    La mosca stessa potrebbe essere anche emblema del tempo che tragicamente appare, inspiegabilmente e definitivamente, come non più reversibile. Questo insetto garantirebbe, così, una continuità e assurgerebbe a volano filogenetico di una società non più pienamente intelligibile dai contemporanei.
    D’altronde, con il tramonto delle norme che regolavano l’individuo dall’esterno, si assiste ad un mutamento di fronte per il quale, ora, è egli stesso a dover faticosamente e continuamente ritrovare propri equilibri.

      [1] [2] (3)
     

    3. Zygmunt Bauman,
    Vita Liquida
    , Laterza,
    Roma-Bari, 2008, pag. VII
    4. Zygmunt Bauman, Intervista sull’identità
    (a cura di Benedetto Vecchi),
    Laterza,  2003, pag. 19.
    5. Joël Candau,
     La memoria e l’identità,
    Ipermedium libri,
    Napoli, 2002, pag. 15.

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