Sulle tracce di Verne: 
il viaggio sulla Luna di Georges Méliès

 

di Carmine Treanni



Se l’invenzione del cinema come dispositivo tecnico si deve ai fratelli Lumiére, Auguste e soprattutto Luois, il cinema inteso come spettacolo è opera di un altro francese: Georges Méliès.

È a lui che si deve il passaggio del cinema da pura curiosità e rappresentazione del reale ad una nuova concezione che vuole la settima arte come intrattenimento per le masse, come spettacolo in senso ampio[1]. È a Méliès, inoltre, che va il merito di aver mostrato al mondo intero le potenzialità, artistiche ed economiche, di quella che fino ad allora era considerata solo una stravaganza da fiera e ad aver – seppur artigianalmente – intuito la “grammatica visiva” sottesa ad ogni film.

 

1. La scoperta del cinematografo
Nato a Parigi nel 1865, da una ricca famiglia di fabbricanti di scarpe, Méliès fin da bambino è attratto dal mondo dello spettacolo. Una volta terminati gli studi, è intenzione del giovane regista di iscriversi ad una scuola di teatro, ma l’opposizione del padre lo porterà nel 1884 a Londra, a lavorare come commesso in un negozio di busti. Qui conosce David Devant, prestigiatore dell’Egiptian Hall, grazie al quale apprende tutti i segreti per diventare un illusionista.

Tornato a Parigi, nel 1885, mette a frutto l’insegnamento ricevuto e inizia ad esibirsi come illusionista nei teatri parigini. Negli stessi anni lavora anche come attore e come caricaturista sul giornale satirico La Griffe, pubblicando vignette e articoli sotto lo pseudonimo di Geo Smile.

Nel 1888 acquista il teatro Robert-Houdin. Sotto la sua direzione, il repertorio del teatro si riempie di nuove “fantasmagorie” e – grazie ad innovative scenografie e macchine di scena -  introduce proiezioni con la lanterna magica, nuovi effetti luminosi e cartoni per ombre cinesi. La piccola sala in pochi anni diviene una delle maggiori attrazioni parigine.

È in questo periodo che Méliès acquista quel bagaglio artistico che riverserà successivamente nei film da lui realizzati.

La svolta avviene nel 1895, quando l’illusionista francese assistette alla prima rappresentazione di una nuova invenzione dei fratelli Lumière: il cinematographe. Al Grand Cafè, Méliès - rimasto entusiasta del breve filmato proiettato e della nuova macchina presentata – avvicina i Lumiere per chiedere di poterla acquistare. I Lumiere lo indirizzano al loro padre che possedeva un’azienda di prodotti fotografici. Antoine Lumiere ritiene che quella del cinematografo sarà solo una moda passeggera e proprio per questo da sfruttare in esclusiva, a scopo puramente pubblicitario per la propria ditta. Rifiuta così di vendere a Méliès sia una macchia da ripresa sia un proiettore, anche perché l’offerta economica del futuro regista è ritenuta bassa rispetto al valore economico delle attrezzature[2].

Per nulla scoraggiato, l’illusionista francese si rivolse ad un ingegnere inglese, Robert W. Paul che aveva rielaborato il Vitascope, inventato dall’americano Thomas Alva Edison, brevettandola in Inghilterra a suo nome. Per pochi soldi, Méliès riuscì così a realizzare il suo sogno di realizzare film.

In questa prima fase, la produzione del regista francese è pressoché identica a quella dei Lumiere. Luois, in particolare, concepiva il cinema come “specchio” della realtà[3]. Celebri in tal senso le prime opere, come Uscita dalle fabbriche Lumière a Lione (1895) o L’arrivo di un treno nella stazione di La Ciotat (1898).

“Il cinema delle origini fu dibattuto tra la coscienza del carattere di autenticità di riproduzione del reale che il nuovo mezzo assicurava e la straordinaria facilità con cui esso permetteva di produrre simulazioni perfettamente accettabili, soprattutto dal pubblico ingenuo e credulone che affollava i primi cinematografi” [4].


[1] Cfr. Luigi Cozzi, Il cinema di fantascienza – Volume primo (1894 – 1919), Fanucci Editore, Roma 1989

[2] Ibidem

[3] René Prédal, Cinema: cent’anni di storia, Baldini & Castaldi, Milano 2001 (1994)

[4] Antonio Costa, Saper vedere il cinema, Bompiani, Milano 1985


 

    (1)  [2] [3] [4]