Alan Skidmore - Mike Osborne - John Surman

SOS

Ogun

 

 





 
SOS di Alan Skidmore - Mike Osborne - John Surman

 

Hazel Miller continua con parsimonia a riproporre pezzi pregiati del catalogo Ogun, rinverdendo i fasti dell’etichetta che fondò nel 1974 con il marito, il contrabbassista sudafricano Harry Miller scomparso nel 1983. Una label storica, bandiera del jazz sudafricano esule nel Regno Unito nel corso degli anni Sessanta.

Ora è il turno dell’unica incisione di un trio di sassofonisti – Alan Skidmore, John Surman e Mike Osborne – che guardò ben oltre il suo tempo. La ristampa di SOS segue quella di due album riuniti in un solo cd a nome proprio di Mike Osborne (Bordercrossing in trio proprio con Harry Miller e Louis Moholo e Marcel’s Muse in quintetto, sempre in compagnia di Miller) e del doppio a nome del Moholo Octet, riproposta di uno spettacolare  concerto del 1978  intitolato Spirit Rejoice! con l’aggiunta del successivo Bra-Louis Bra-Tebs, del 1995. Il programma delle ristampe della signora Miller prevede in futuro la riproposta delle incisioni dei Blue Notes, la storica formazione sudafricana che si rifugiò a Londra dopo aver pellegrinato in giro per l’Europa.

Tornando a SOS, il progetto era stato seminato anni prima. I tre avevano alle spalle una lunga frequentazione e si erano già cimentati nella formula del sax trio diversi anni prima, come documentato dalla Bouquet Garni contenuta in Jazz In Britain 1968-69 (ristampato dalla Vocalion). In trio diedero alcuni concerti – anche in Italia – e tennero in vita la formazione dal 1973 al 1975, anno in cui pubblicarono l’album. Nel complesso il disco dipana una bella trama, ancora integra, scandita ritmicamente dal clarinetto basso di Surman, o dalle parti elettroniche da questi pre-incise, oppure dalle percussioni discrete di Skidmore. Un lavoro ispirato, capace di proporre soluzioni complesse, anche concettuali, senza mai perdere d’immediatezza. Segno evidente, ennesimo, dello stato di grazia dell’intera scena inglese nei Settanta.

Riascoltato oggi, l’album chiarisce anche il passaggio che condusse Surman dalla prima investigazione in solitudine, Westering Home, dove iniziò a rielaborare il patrimonio folk nord europeo e ad utilizzare l’elettronica, fino al capolavoro Edge Of Illusion (l’esordio con l’etichetta Ecm), dove il gallese raggiunse una sublime sintesi delle precedenti esperienze. Un percorso evidente soprattutto nell’iniziale Country Dance dallo spettacolare intreccio e in Where’s Junior (la quarta traccia), entrambe con un impianto ritmico e melodico prelevato di sana pianta dal folk inglese. Quasi altrettanto avviene in Ist (la traccia sei), dove però Skidmore e Osborne si esprimono in una lingua più confinante con il jazz in senso stretto.

Si chiude all’ombra di Terry Riley con l’ottava traccia, la lunga Calypso: loops elettronici in primo piano e improvvisazioni trattate con echi in un’altalena di sussurri e grida. Dopo questo album, i tre seguiranno percorsi decisamente diversi: Surman inizierà tra alti e bassi una autorevole carriera, diventando un nome di spicco nel catalogo Ecm. Skidmore avrà una lunga stagione di semi silenzio, seguita dal breve lampo africano con gli Amampondo sul finire dei Novanta. Il povero Osborne sarà invece tormentato e logorato dagli spettri della propria mente fino ai nostri giorni.


 

     Recensione di g.f.