Richard Pinhas

Metatron

Cuneiform

 

 





 

Metatron di Richard Pinhas

 

Una carriera trentennale alle spalle, passioni eterogenee, la fantascienza, la filosofia, un’ammirazione sconfinata per Robert Fripp, un occhio di riguardo per le avventure cosmiche di certi musicisti tedeschi: ecco Richard Pinhas. Chitarrista in azione prima con il gruppo denominato Heldon, formazione in cui hanno militato tra gli altri gli ex Magma Patrick Gauthier e Klaus Blasquiz, ma anche il leader dei Lard Free e degli Urban Sax, Gilbert Artmann, insomma la crema del progressive francese.

L’esperienza Heldon dura un lustro – dal 1974 al 1979 – il tempo di realizzare sette album (ma di recente in Giappone sono uscite due album live del 1976 e del 1979), poi Pinhas inizia a firmare in proprio. Pubblica dischi con omaggi a Philip K. Dick e a Frank Herbert, ma anche a Baruch Spinoza e ospita Norman Spinrad per la riedizione di Heldon nel 1998. L’anno successivo vara un’altra sigla, Schizotrope, progetto che si avvale del contributo dello scrittore cyberpunk Maurice Dantec.

Venendo a questa nuova uscita, Metatron è l’undicesimo album a suo nome e lo pubblica la Cuneiform, l’etichetta americana che si è anche fatta carico di ristamparne i vecchi dischi. Un brano di 24 minuti con lo stesso titolo chiudeva il precedente disco di Pinhas, Tranzition, quasi un preludio a questo doppio concepito come una lunga suite di quelle dei tempi che furono. Qui Pinhas risolve in modo convincente il suo rapporto con Robert Fripp, proponendo una personale rielaborazione della lezione impartita a tutti dal re cremisi. Un effluvio sonoro scandito, trattenuto e rilanciato, martellato dalla batteria di Antoine Paganotti, autore di una prova esemplare.

Impressionante la cavalcata cosmica di The Fabulous Stosy of Tigroo and Leloo, undici minuti marziali e sanguigni al tempo stesso. Dove Paganotti è assente, come in Tikkun (part 2), le tastiere si librano leggere e acide e chi ricorda i primi Cluster si ritroverà a proprio agio tra queste nuvole sonore, ma di krautrock se ne dispensa una bella dose anche in Shaddai Blues. Da citare poi, almeno l’ariosa Moumoune and Mietz in the Sky with Diamonds, titolo con esplicita citazione della Lucy beatlesiana.  Piace poi quel disinvolto sconfinare di Pinhas dal maestro Fripp a un altra chitarra non terrestre, quella di Jimi Hendrix. A tratti compaiono voci aliene come quella di William Burroughs, Maurice Dantec e, udite udite, un certo P.K.D. Nel gruppo troviamo al synth Chuck Oken jr. dei Djam Karet, gruppo statunitense innamorato non poco dei King Crimson e del suo re.

Molti, dunque, i rimandi, ma il risultato finale è assolutamente originale, questa musica di Pinhas in fondo somiglia solo alla musica di Pinhas e l’opera appare compatta e sanza cadute di tono. Alle 12 dodici tracce audio si aggiunge anche una traccia video -Tikkun (part 4), le altre tre parti sono in formato audio componendo una sorta di concept album ripartito due dischetti – che riprende l’artista on the road durante la tournee nordamericana del 2004.

Peccato che come sempre accade nei nuovi dischi della Cuneiform, le note siano ridotte all’osso, in contrasto con gli accuratissimi libretti allegati nelle edizioni di nastri ritrovati, di inediti o di ristampe, che l’etichetta con regolarità propone, dai Soft Machine (vedi recensione in questo numero, ai Nucleus, ecc.).


 

     Recensione di g.f.