MAPPE | NAPOLEONE, UN SOVRANO DELLA FICTION | QDAT 61 | 2016
 

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Il 18 aprile scorso un evento eccezionale ha scosso la placida routine della remota isola di Sant’Elena: un Boeing 737-800 della British Airways ha effettuato un atterraggio di prova, diventando il primo aereo di linea a raggiungere uno dei posti più isolati al mondo. Da qualche anno l’amministrazione di Sant’Elena, territorio britannico d’oltremare, si è impegnata in un’impresa ai limiti dell’impossibile, ossia dotare l’isola di un proprio aeroporto. A tutt’oggi l’unico modo per raggiungerla è con una nave che parte da Città del Capo e impiega cinque giorni di navigazione; in alternativa si può raggiungere con qualche bastimento privato la vicina isola di Ascension (distante circa 1.300 chilometri), dove si trova un aeroporto che effettua settimanalmente un volo per Londra. Non ci sarebbe nessuna necessità di costruire un aeroporto in quest’isola di poco più di 4.000 abitanti se non fosse che sull’altipiano di Longwood, al centro dell’isola, si erge l’edificio che per sei anni, dal 1815 al 1821, ospitò Napoleone Bonaparte, lì esiliato per volontà del governo inglese dopo la sconfitta a Waterloo. 
Meta turistica già all’epoca del suo esilio – numerosi viaggiatori inglesi si fermavano appositamente a Sant’Elena per incontrarlo, finché Napoleone non si stufò di riceverli – oggi Longwood House intende aprirsi finalmente all’era del turismo di massa. Per l’occasione, oltre al costoso e complesso progetto per la costruzione dell’aeroporto, che aprirà i battenti entro l’anno, una campagna di crowdfunding diretta dall’Institut Napoléon di Parigi ha permesso il restauro della residenza, da tempo in pessimo stato di conservazione, e del mobilio d’epoca. Prima di tornare a Sant’Elena, proprio il mobilio di Longwood House è esposto in questi mesi a Parigi, al Museo dell’Armée, in una grande mostra intitolata Napoléon à Sainte-Hélène: la conquête de la mémoire. È solo una delle tantissime iniziative che stanno scandendo i lunghi anni del bicentenario napoleonico, iniziato nel 1969 e destinato a concludersi nel 2021, quando – il 5 maggio – si celebreranno i duecento anni dalla morte “dell’uom fatale”, per dirla con Alessandro Manzoni. Lui, Napoleone, non si meraviglierebbe affatto di una tale longevità del suo mito: proprio a Sant’Elena, commentando la sua sconfitta a Waterloo, aveva predetto: “La memoria del vinto sopravvivrà alla sua distruzione; quella del vincitore resterà forse seppellita nel suo stesso trionfo” (Las Cases, 2004).

Lo avranno pensato anche i circa 60mila spettatori che il 18 giugno 2015, in occasione del bicentenario della battaglia par excellence, hanno acquistato il loro biglietto per assistere, sul campo di Waterloo, alla ricostruzione degli scontri avvenuti duecento anni prima. Le battaglie napoleoniche da sempre sono le preferite degli esperti di rievocazioni di battaglie storiche, così come dei giocatori di board wargames, i giochi da tavolo a tema bellico, soprattutto per la bellezza delle uniformi, sia da indossare, nel caso di ricostruzioni dal vivo, sia da dipingere sulle miniature da tavolo. Le rievocazioni storiche degli eventi napoleonici sono una moda da lungo tempo consolidata in Italia, dove tutti i piccoli centri che hanno avuto il “privilegio” di legare, anche solo per un giorno, la loro storia con quello che Georg W. F. Hegel definì, vedendolo entrare a Jena, “lo spirito del mondo a cavallo”, non si fanno sfuggire l’occasione di ricordare annualmente lo storico evento: Porcia, Camolli, Loano, Bard, Porto Nuovo, Cairo Montenotte, Cherasco, Cosseria, ma anche la più celebre Marengo, più o meno ogni anno attirano folle di turisti in occasione delle rievocazioni delle battaglie napoleoniche. 
Portoferraio, sull’isola d’Elba, non manca mai di mettere annualmente in scena la sfilata in costume d’epoca per rievocare l’arrivo dell’Imperatore in quell’esilio breve ma destinato a cambiare per sempre la storia dell’isola. A Waterloo, sede ogni anno di una grandissima rievocazione, nel 2015 si è andati oltre, coinvolgendo la bellezza di 6.200 figuranti, 330 cavalli e 120 cannoni, per rendere quanto più possibile fedele all’originale la rievocazione del bicentenario, trasformata in un evento quasi hollywoodiano, con tanto di trailer e casting per la scelta dei ruoli dei protagonisti (Blücher, Wellington, e naturalmente “Lui”).

 

Waterloo 2015, la rievocazione dal vivo della battaglia di Waterloo realizzata l'anno scorso per il bicentenario.

 

Insomma, per dirla con il principe Carlo Napoleone, attuale capo della “famiglia imperiale” dei Bonaparte, “Napoleone è un prodotto che vende” (cit. in Schofield, 2012). Talmente bene che c’è chi ne ha tratto le dovute conclusioni: dato il successo delle rievocazioni storiche, perché non compiere il passo successivo e trasformare Napoleone in attrazione turistica di un vero e proprio parco a tema? L’idea non è così folle come potrebbe apparire a prima vista. Certo, “Napoleonland” suona un po’ troppo simile a “Disneyland”, e mettere Napoleone a paragone con Mickey Mouse può sembrare un tantino esagerato. Ma in Francia esiste già un parco a tema dedicato ad Asterix, eroe crossmediale e nazionale per eccellenza, e un altro di taglio più storico, Le Puy du Fou, che ricostruisce la vita della popolazione della Vandea e il terribile conflitto che insanguinò la Francia rivoluzionaria, in grado di attirare annualmente un milione e mezzo di visitatori. Pochi, fuori dai confini francesi, possono essere interessati ad approfondire il caso vandeano; ma Napoleone è tutta un’altra storia. Alla sua epopea sono già dedicati centinaia di musei in tutto il mondo: 64 in Francia, 33 in Italia (dalle residenze dell’isola d’Elba al Museo napoleonico di Roma, passando per Arcole, Marengo, Millesimo), 18 in Germania e Polonia, 15 in Belgio. Ce n’è uno frequentatissimo anche a Cuba, l’ultimo posto sul pianeta dove si potrebbe immaginare di imbattersi in cimeli napoleonici. Insomma, il richiamo turistico c’è, ed è noto che ormai i musei non bastano più: l’esperienza hands-on applicata nei musei scientifici, trasformati in “science centre” a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, comincia ad appassionare anche i più tradizionali esperti di museografia storica. La “disneylandizzazione” imperante è destinata quindi a colpire anche Napoleone? 
Il progetto è stato avanzato nel 2012 dal sindaco di Montereau, cittadina 90 chilometri a sud-est di Parigi, che ogni anno ospita una nota rievocazione storica della battaglia combattuta dall’Imperatore nel 1814 durante la disperata campagna di Francia. I piani prevedono, come per Disneyland, la creazione di aree tematiche che simulano diversi scenari dell’epopea napoleonica: quello rivoluzionario, con la ricostruzione della Bastiglia e del palazzo delle Tuileries (distrutto dai comunardi nel 1871) e la rievocazione dell’esecuzione di Luigi XVI; lo scenario continentale, ricostruendo i paesaggi delle Alpi e le alture di Pratzen, dove si consuma la grande battaglia Austerlitz; un’enorme piscina per simulare la battaglia di Trafalgar, un finto deserto con tanto di Piramidi per ricostruire la campagna d’Egitto, un gelido paesaggio innevato per la disastrosa ritirata di Russia. Non può mancare, naturalmente, anche Waterloo. Un progetto del genere, assicurano i suoi ideatori, dovrebbe attirare circa tre milioni di visitatori l’anno, e dare lavoro a 1.000-2.000 persone. Ma al momento i cantieri non sono ancora partiti. Semmai “Napoleonland” aprirà i battenti al suo pubblico, certamente, come in ogni parco a tema che si rispetti, non gli mancherà il merchandising da offrire all’interno dei suoi store. 
Fin da quando era ancora vivo, Napoleone è entrato nel mondo variegato dell’oggettistica, prestando il suo volto o le sue gesta a servizi di piatti, tazze, fodere, tabacchiere, posacenere, abat-jour, fermalibri e chi più ne ha più ne metta. Tantissime ne possiede, per esempio, Patrizia Boldoni, bon vivant dell’alta borghesia napoletana e animatrice di salotti culturali, la cui passione sfrenata per il collezionismo di oggettistica napoleonica l’ha portata, anni fa, a realizzarne anche una mostra con tanto di catalogo (Storia di una raccolta. Napoleone e una napoletana): sfogliandolo, si resta sbalorditi da quante variazioni sul tema napoleonico sono state elaborate nel corso dei decenni, per consentire, lo capisce acutamente il filosofo Biagio de Giovanni, che “lo spirito del mondo a cavallo entri in una casa borghese” (De Giovanni, 2010).

 

Immagini tratte dal catalogo della mostra Storia di una raccolta. Napoleone e una napoletana, 9-19 settembre 2010, Castel dell'Ovo, Napoli.
© arte'm 2010. Collezione privata di Patrizia Boldoni.

 

Il collezionismo napoleonico non sarebbe possibile, d’altronde, se non ci fossero legioni di persone, anche del tutto a digiuno di storia francese, desiderosi di portare a casa, dopo una visita turistica agli Invalides, alla Malmaison, al Louvre o ai musei dell’Elba, un piccolo pezzo di Lui. È un modo per riviverne in piccolo, nel micromondo quotidiano delle nostre vite, in scala rispetto all’epopea del gigante, le gesta, come nota Luigi Mascilli Migliorini: “La scala, forse, delle avventure vissute e di quelle progettate non è la stessa. Tra le battaglie che portano i nomi gloriosi di Rivoli o di Wagram e quelle, anonime, che scandiscono le ore quotidiane del collezionista (come in fondo di ciascuno di noi) la distanza è grande. Ma si tratta pur sempre di combattimenti autenticamente vissuti e, soprattutto, confusi – come ancora Stendhal ci racconta con gli occhi di Fabrizio Del Dongo che guarda Waterloo – in cerca di un senso che provvisoriamente proviamo a dare alle nostre esistenze, che lo storico stabilisce con l’autorità dubbiosa di chi viene dopo, che il collezionista sperimenta ammucchiando e distribuendo gli oggetti preziosi del suo desiderio” (Mascilli Migliorini, 2010).

Nella collezione di Patrizia Boldoni c’è spazio anche per una miniatura della maschera mortuaria di Napoleone, realizzata dal suo ultimo medico, Francesco Antonmarchi, a Sant’Elena. Un pezzo che ha goduto, e gode ancora, di una sua vita proprio nel mondo del collezionismo, al punto da poter essere individuato come antesignano di tutto il merchandising napoleonico. 
Quando lo scaltro medico italiano realizzò infatti il calco del volto dell’Imperatore appena deceduto – usanza, questa, tipica dell’epoca – intuì immediatamente la possibilità di ottenerci dei soldi: realizzò una serie di copie dall’originale, che vendette alla madre di Napoleone, Letizia Ramolino, in esilio a Roma, e tentò senza successo di vendere anche alla seconda moglie, Luisa, divenuta duchessa di Parma, la quale però aveva già dimenticato il suo vecchio marito, per cui non se ne fece niente. Poi, dopo la rivoluzione di Luglio e la fine del regime borbonico, nel 1830, lanciò una campagna di sottoscrizione rivolta a tutti i nostalgici dell’Impero, per acquistare a caro prezzo una copia in bronzo o in gesso della maschera mortuaria; su tutte le copie fece anche imprimere un sigillo di garanzia, per scoraggiare il mercato del falso. 
Oggi queste maschere sono esposte in numerosi musei (molti dei quali affermano, senza fondamento, di ospitare la “vera” maschera funebre di Napoleone) o in collezioni private, e spuntano ancora fuori di tanto in tanto: l’ultima a Napoli, nel 2014, è finita esposta il 5 maggio 2015 all’Institut Français cittadino, anch’essa spacciata come probabile calco originale.  

È questo, dopo tutto, il modo in cui la società postmoderna può reinterpretare il mito napoleonico, già riletto e rivissuto da numerose generazioni precedenti, a scopo politico, storico o letterario. Oggi Napoleone, trasformato in icona, rivive all’interno di una narrazione inevitabilmente transmediale, che testimonia tuttavia la sua ottima salute, nonostante il passare dei secoli. Dopo aver invaso l’arte pittorica, la letteratura, la musica e successivamente la cinematografia, irrompe nel XXI secolo dimostrandosi in grado di adeguarsi ai codici dell’epoca contemporanea: la sua epopea può trasformarsi in parco a tema, in videogame, in graphic novel. Già a Sant’Elena, Napoleone tornò continuamente sulle sue battaglie, in particolare su Waterloo, cercando di ricostruirne le dinamiche attraverso la simulazione sulle sue grandi e dettagliatissime carte topografiche, per immaginarne un esito diverso. Oggi questo sogno si realizza all’interno dei mondi virtuali dei videogame. Evoluzione naturale: dopo aver ispirato sterminate collezioni di miniature e poi giochi da tavolo militari, le guerre napoleoniche non potevano non trovare spazio nel vasto settore di videogiochi strategici.

I primi titoli degli albori, come Austerlitz e Waterloo, entrambi rilasciati nel 1989 per le consolle Atari e Amiga, erano accompagnati da ponderosi manuali utente che, oltre a spiegare la farraginosa dinamica di gioco, ricostruivano minuziosamente le vicende belliche e permettevano al giocatore a digiuno di storia militare napoleonica di familiarizzare con reggimenti, brigate, cavalleria, fanteria, artiglieria. I comandi di manovra venivano scambiati tra il computer e l’utente attraverso box di testo, come se fosse Napoleone in persona a dettare gli ordini. 
Negli anni successivi, la grafica 3D e lo straordinario aumento di complessità dei motori di gioco ha trasformato queste simulazioni videoludiche in esperienze di straordinario realismo: per vincere la guerra bisogna tenere conto di fattori come l’esaurimento delle scorte di viveri, la diffusione di epidemie, il morale, il clima, il terreno e molto altro ancora. 
In Cossacks II: Napoleonic Wars (2005), secondo titolo di una trilogia di videogiochi ambientati nell’Europa dell’età moderna, il giocatore può arrivare a controllare fino a 64.000 soldati alla volta. In titoli come Imperial Glory (2006) o nella serie Europa Universalis (2000-2013), alle vicende militari si affiancano quelle diplomatiche: la conquista dell’Europa richiede complessi negoziati per stringere alleanze militari, sottomettere nazioni al rango di vassalli o annetterle direttamente, ottenere vantaggi commerciali nelle borse europee e amministrare le colonie d’oltremare. 

Paradox Entertainment, produttore della fortunata serie di Europa Universalis, ha poi rilasciato nel 2013 un titolo dedicato esclusivamente al periodo napoleonico (laddove i titoli precedenti permettevano al giocatore di assumere il controllo di una nazione dal 1492 fino al 1815): March of the Eagles, che già dal titolo recepisce una delle componenti più iconiche del mito napoleonico, quella delle aquile imperiali (perdere una delle aquile dorate che ciascun reggimento portava con sé in battaglia era considerato un enorme disonore, e moltissimi soldati preferivano dare la vita pur di “difendere le aquile”), ricostruisce non solo le tattiche militari, ma anche le abitudini diplomatiche dell’Impero napoleonico, dalla possibilità di imporre tributi alle nazioni occupate alla singolare scelta dei programmatori di non rendere obbligatorio, come nella serie Europa Universalis, l’esistenza di un casus belli per dichiarare guerra a un’altra nazione: è noto infatti che Napoleone non ne avesse poi molto bisogno. 
Il gioco probabilmente più strettamente legato al mito napoleonico resta Napoleon: Total War (2010), anch’esso parte di una serie (Total War): una serie di campagne permettono di seguire la carriera di Napoleone dalla campagna d’Italia fino a Waterloo, gestendo fino a 80.000 unità contemporaneamente, ma mettendo in scena anche una grafica dettagliatissima fin nei particolari delle uniformi dei soldati o dei vascelli da guerra. Il giocatore può inoltre scegliere di combattere una specifica battaglia tra quelle più famose, ricostruite minuziosamente nei particolari topografici. Non mancano video-animazioni tra un livello e l’altro, in cui il protagonista ovviamente è lo stesso Napoleone, e una colonna sonora realizzata appositamente.

 

Videogiochi napoleonici

 

Un altro modo di raccontare le gesta napoleoniche alle nuove generazioni è attraverso il fumetto, la nona arte che oggi preferisce usare, per descrivere i suoi prodotti, il termine graphic novel. D’altronde, quando si rivolgono al racconto di vicende storiche, questi “romanzi grafici” diventano spesso autentici capolavori, in grado di rivaleggiare persino con il cinema. 
La trilogia Napoléon pubblicata in Francia dall’editore Fayard (e che a breve sarà portata in Italia da Mondadori nella sua pregevole collana Historica), si avvale della consulenza storica di Jean Tulard, il più eminente storico francese dell’Imperatore, e dei superbi disegni dell’italiano Fabrizio Fiorentino, dal tratto elegante e pulito. Non è certamente un caso che proprio a lui, già disegnatore di numerosi supereroi Marvel, sia toccato il compito di raccontare “a matita” la vita leggendaria di Napoleone, supereroe ante litteram. E la scelta di dividere il racconto in tre grandi volumi rispecchia la moda cinematografica delle trilogie. Nulla è più “cinematografico” da disegnare delle battaglie napoleoniche: l’illustratore può sbizzarrirsi in “riprese” a volo d’uccello o approfondire un duello corpo a corpo, tratteggiare nel dettaglio le uniformi d’epoca e il movimento concitato della cavalleria. Così avviene, tra le altre, in due splendide operazioni pubblicate in Italia nella collana Historica della Mondadori: la prima riguarda la serie di quattro episodi Memorie della Grande Armata, sceneggiata dal belga Michel Dufranne e disegnata dal serbo Alexis Alexander, in cui, per esplicita scelta degli autori, Napoleone non compare mai, ma viene solo accennato di tanto in tanto nei discorsi dei soldati, veri protagonisti della storia. 

La graphic novel si concentra infatti sulla violenza e sulla brutalità della guerra, dove i concetti di onore e gloria cari alla retorica napoleonica lasciano spazio al più bestiale istinto di sopravvivenza. 
La seconda è la trasposizione in fumetto del romanzo di Patrick Rambaud La battaglia, ricostruzione del violentissimo scontro di Essling durante la campagna del 1809 conclusasi a Wagram, disegnata dal tratto concitato ma dettagliatissimo dello spagnolo Iván Gil e dai sontuosi colori di Albertine Ralenti, “un mondo grafico che richiama consapevolmente gli stili compositivi e il gusto visivo della pittura romantica ottocentesca, da Delacroix a Gericault, sia pure rivisitata e tradotta nella moderna sensibilità dei comics, ad esempio nelle formidabili splash-pages delle panoramiche aeree sul campo di battaglia” (Brancato, 2014). Qui il personaggio di Napoleone giganteggia ma si fonde perfettamente con i suoi soldati, enfatizzando il rapporto quasi magico tra l’Imperatore e i suoi uomini, ma anche gli eccessi cinici del potere, che spingono Napoleone a decisioni capaci di costare la vita a migliaia di soldati.

 

Tavole originali del fumetto Napoléon del disegnatore napoletano Fabrizio Fiorentino dalla mostra Napoléon a Palazzo svoltasi al Palazzo Reale di Napoli.
La mostra è stata allestita dalla Scuola Internazionale di Comics di Napoli, nell'ambito di ComiconOff, lo spin off del Salone del Fumetto Napoli Comicon.
Il fumetto, edito dall'editore francese Glenat, è composto da 250 tavole a colori, suddiviso in tre volumi.

 

Sono toni ben diversi da quelli con cui il fumetto d’intrattenimento più popolare e destinato ai giovani lettori immagina il personaggio Napoleone. 
Nelle storie Disney si insiste, come ovvio, nei tratti caricaturali: quando Topolino e Pippo vengono mandati indietro nel tempo dalla macchina del tempo dei professori Marlin e Zapotec in Topolino e il segreto di Napoleone (1985), l’obiettivo è scoprire perché l’Imperatore tenesse sempre una mano sotto la sua divisa; nel successivo Topolino e il pollo alla Marengo (1989) la missione ha lo scopo di capire in che modo la nota ricetta abbia avuto un ruolo nella battaglia con cui Napoleone riprese, nel 1800, il controllo dell’Italia. In entrambi i casi i disegnatori (rispettivamente Massimo De Vita e Giampiero Ubezio) ritraggono un Napoleone molto basso, frutto di una leggenda metropolitana da tempo smentita, costantemente impegnato a discutere di manovre militari con i generali del suo stato maggiore, ma non esente da piccoli peccati veniali, come la passione per la buona cucina o l’ossessione di pettinare di nascosto i suoi radi capelli.
La breve apparizione di Napoleone nella parodia Guerra e pace (1986) di Giovan Battista Carpi vede l’Imperatore confrontarsi con lo zar Alessandro a colpi di cannone in miniatura, mentre i due sovrani si scambiano vicendevoli accuse con gli stessi toni con cui, negli anni in cui appare la storia, Reagan e Gorbacev duellavano a distanza sui missili balistici. Essendo storie italiane, Napoleone vi appare come un personaggio sostanzialmente positivo, fatte salve le sue idiosincrasie; nel cartoon della serie della Warner Bros. Merry Melodies che ha per protagonista Bugs Bunny, Napoleone Bunny-Parte (1956), l’Imperatore, basso e iracondo, assomiglia invece molto più a un dittatore sanguinario sempre pronto a giustiziare i suoi nemici con la ghigliottina, e probabilmente risente dell’anglofobia nei confronti di Napoleone ampiamente ereditata dagli americani.
Fin da bambini, insomma, e per tutta la vita, continuiamo a imbatterci, volenti o nolenti, nelle migliaia di immagini riflesse dell’uomo e del suo mito. 

Qualcuno ha cercato di trarne lezioni di vita: è il caso delle Lezioni napoleoniche di Guglielmo Ferrero (“sulla natura degli uomini, le tecniche del buon governo e l’arte di gestire le sconfitte”), o di Napoleone il comunicatore di Roberto Race, brillante rilettura dell’epopea napoleonica dal punto di vista del marketing e della comunicazione, da cui recentemente sono stati tratti incontri con manager e imprenditori che aspirano a impadronirsi del segreto dell’uomo di successo per eccellenza. E d’altronde ne hanno bisogno. Nel 2008 un rampollo confindustriale, Luca Luciani, pagatissimo manager di Telecom Italia, cercò di infondere grinta e leadership ai tanti commerciali riuniti per un mega-meeting motivazionale. Per farlo, spiegò loro in che modo Napoleone fece della “vittoria” di Waterloo “il suo capolavoro”. Gaffe mondiale. Lo trasferirono in Brasile, ma pare che nemmeno lì riuscì a mettere a frutto le lezioni napoleoniche, evidentemente studiate male, tanto da essere costretto a dimettersi. Però un successo l’ha ottenuto: associare inesorabilmente il suo nome a quello di Napoleone nelle ricerche su Google, e quindi garantendosi un piccolo spicchio di immortalità.

 

Napoleone tra fumetto, illustrazione e cinema d'animazione.

 


 

LETTURE

 

  Sergio Brancato, La disperata commedia umana della guerra, in Iván Gil, Frédéric Richaud e Patrick Rambaud, La battaglia.
  Napoleone a Essling, Mondadori, Milano, 2014.
  Biagio de Giovanni, Per Patrizia, in Storia di una raccolta. Napoleone e una napoletana, catalogo a cura di Mario Forestiero, arte’m, Napoli, 2010.
  Ernesto Ferrero, Lezioni napoleoniche, Mondadori, Milano, 2014.
  Emmanuel de Las Cases, Il Memoriale di Sant’Elena, BUR, Milano, 2004.
  Luigi Mascilli Migliorini, La vita come collezione, in Storia di una raccolta, cit.
  Roberto Paura, La maschera funeraria di Napoleone trovata a Napoli? No, è una copia, Query, 9 giugno 2015, http://www.queryonline.it
  Roberto Race, Napoleone il comunicatore, Egea, Milano, 2012.
  Hugh Schofield, Napoleon… the theme park, BBC News, 27 marzo 2012, http://www.bbc.com/news/magazine

 


 

VISIONI

 

  Giovan Battista Carpi, Guerra e pace, in Autori Vari, Guerra e pace. I classici della letteratura Disney, RCS, Milano, 2013.
  Bruno Concina e Massimo De Vita, Topolino e il segreto di Napoleone, in Autori Vari, Paperibaldi e altre storie, Rizzoli, Milano, 2011.
  Michel Dufranne, Alexis Alexander, Jean-Paul Fernandez, Memorie della Grande Armata. L’esercito di Napoleone, Mondadori, Milano, 2013.
  Iván Gil, Frédéric Richaud e Patrick Rambaud, La battaglia. Napoleone a Essling, Mondadori, Milano, 2014.
  GSC Game World, Cossacks II: Napoleonic Wars, CDV Software, 2005.
  Napoleone Bunny-Parte, in Looney Tunes Il meglio di Bugs Bunny, Warner Home Video, 2012.
  Noël Simsolo, Jean Tulard, Fabrizio Fiorentino, Napoléon, 3 voll., Glenat – Fayard, Parigi, Francia, 2014-2015.
  Paradox Development Studio, March of the Eagles, Paradox Interactive, 2013.
  Pyro Studios, Imperial Glory, Eidos Interactive, 2006.
  The Creative Assembly, Napoleon: Total War, SEGA, 2010.
  Giampiero Ubezio, Topolino e il pollo alla Marengo, in Autori Vari, Paperibaldi e altre storie, Rizzoli, Milano, 2011.

 


 

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