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di Lara Fremder

 

 

Forse è andata così, è andata che un uomo apparentemente senza storia cerchi di scriversene una e che per farlo scelga un muro, un grande muro, una superficie di 180 metri, l’intera facciata di un ospedale psichiatrico.

E che cominci così a scrivere e a disegnare e a ordinare tutto dentro pagine graffiate con forza sulla parete.

C’è fatica in quella scrittura, fatica fisica.

Bisogna aggredirlo il muro, graffiarlo appunto, per scriverci sopra, per disegnarci dentro.

Le fibbie dei panciotti e delle cinture non scorrono come penne a sfera, ma tagliano, portano via, graffiano appunto.
E fanno male alle mani.
E poi bisogna procurarsele le fibbie e non tutti i pazienti del Ferri sono disponibili a cedere la loro per la storia di un altro.

Quando lo spazio manca, poi, bisogna salire in alto, e per fare questo c’è una panchina, ma non basta e allora bisogna chiedere a qualcuno di potergli salire sulle spalle, magari facendolo a sua volta salire su una sedia e non tutti ne hanno voglia, qualcuno ne ha paura.
È sempre un lavoro lungo e faticoso quello della scrittura, della comunicazione, ma per NOF 4, Astronautico Ingegnere Minerario, all’anagrafe Nannetti Oreste Ferdinando, lo dev’essere stato ancora di più.

Sono disegni meravigliosi, i suoi: vascelli, marziani, simboli alchemici, automobili, astronauti, corriere, volti; sono parole formate da lettere che si avvicinano nel loro segno - in maniera impressionante per i luoghi che abitano - alla scrittura etrusca e che paiono racchiudere nel loro significato antiche conoscenze, ma anche sentimenti di antica memoria e di dolorosa esperienza quotidiana, fra reclusione, solitudine e sofferenza.  

Mi sono sempre chiesta quale fosse stata, nel profondo, la necessità di quel segno così faticoso, così ermetico.
Non era quella l’unica possibilità che NOF 4 aveva di comunicare: scriveva lettere, cartoline postali, parlava, forse poco, ma parlava.
A chi, dunque, era dedicata quella tensione così forte e faticosa che ha spinto NOF 4 a scrivere sull’intera facciata dell’Ospedale Psichiatrico di Volterra?

Io non ho mai avuto la sensazione che le pagine di quel diario murale fossero rivolte agli altri, all’umanità che lì viveva, a quella che di lì passava più o meno distrattamente, a chi lì esercitava la sua professione di medico o di infermiere e nemmeno a chi un giorno quei segni li avrebbe riconosciuti o interpretati o filmati. Quindi non erano rivolte nemmeno a me. Purtroppo.

Quello che penso, che amo pensare, è che NOF 4 avesse altri interlocutori con i quali dialogare, ai quali mostrare i propri disegni e passare le chiavi del proprio sistema minerario.

Amo immaginare che quegli interlocutori lo avessero capito bene quel pazzo e che con lui avessero disposto piani e progetti per altre dimensioni, di certo non per questa, avviata a quella lenta agonia di significati e bellezza a cui assistiamo giorno dopo giorno.

NOF 4 è morto già da molti anni.

O almeno così fa credere.

Il suo diario, come in accordo con Volontà Altre, si sta sgretolando, affinché rimanga il segreto. 


 

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