Out of Cold Storage

di This Heat

This Is

 

 





 

Out of Cold Storage
di This Heat

 

Sei cd e un libretto a colori di 44 pagine che ripercorre con dovizia di particolari la storia di un gruppo che, per una volta, giustifica il ricorso all’aggettivo fondamentale. Le registrazioni contenute in questo box datano 1976/1982, tanto quanto durò l’avventura This Heat. Tenerlo a mente non è puro nozionismo.

Ascoltati oggi i This Heat possono sembrare un gruppo di domani, dunque 1976/1982, marziani autentici. Chi erano i This Heat? Charles Hayward, (batteria, tastiere, voce, nastri, ecc.) Charles Bullen (chitarra, clarinetto, voce, nastri, ecc.) e il non musicista Gareth Williams (basso, tastiere, nastri, ma quando prese parte alla formazione della band non sapeva suonare alcun strumento). Williams (scomparso nel 2001) lasciò il gruppo un anno prima dello scioglimento definitivo della formazione.

Un trio che nella seconda metà dei Settanta riprese la lezione dei Faust in materia di uso creativo dello studio di registrazione, con l’impiego dei nastri come materiali su cui ri-comporre. Infatti il Cold Storage era un’ex cella frigorifera nel quartiere londinese di Brixton, isolata acusticamente dalle pareti di metallo, che venne adibita a studio dai tre, il quarto uomo con cui produrre suoni per imprevedibili strumentali e canzoni impossibili, che oggi vengono, appunto, ritirate fuori dal frigo per ri/scaldare i nostri sensi.

Il box contiene i due album ufficiali, l’omonimo (noto anche come Blue & Yellow), Deceit, Made Available, ovvero le Peel Session registrate negli studi della BBC, il maxisingle Health and Efficiency, il postumo Repeat e, infine, un Live (ma che cosa era live e cosa era studio per This Heat?) con registrazioni inedite dai concerti tenuti in Europa tra il 1980 e il 1981.

This Heat significa Questo calore e forse stava ad indicare livelli differenti d’intensità, ma anche calore vero, le performance del gruppo erano esperienze fisiche che sfinivano il pubblico. Ecco una testimonianza, fornita da Gill Smith di Melody Maker del concerto tenuto da This Heat nel luglio del 1980 al Clarendon Hotel di Londra: “Il suono che ne scaturiva avrebbe potuto distruggere qualunque cosa gli si parasse davanti,e a un certo punto dovetti uscire un minuto perché non riuscivo più a reggere l’intensità e il calore sprigionati, ma neppure così l’assalto accennò a diminuire. Altro che orchestra del Titanic, questa era la colonna sonora di Hiroshima! Semplicemente stupendi”. (Musiche n.13, traduzione di Alessandro Achilli e Andrea Landini).

Dal vivo, inoltre, era difficile distinguere tra i suoni prodotti in tempo reale e quelli preregistrati, la capacità di usare i nastri era magistrale. La regola del metodo venne così riassunta da Chris Cutler (uno dei membri dei rivoluzionari Henry Cow e fondatore della ReR) nella recensione del primo album:“I This Heat compongono collettivamente e lavorano regolarmente sul nastro. Arrivano anzi a usare nastri preregistrati anche durante i concerti, facendoli entrare a pieno titolo nella loro musica.

Per loro il materiale registrato è materiale compositivo concreto, e quindi, necessariamente, fa parte del pezzo, come una specie di capitale musicale… un’improvvisazione del passato, ad esempio, può entrare a far parte di una composizione nel presente”(idem). Trent’anni dopo, la temperatura non si è abbassata di un grado.


 

Recensione di g. f.