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di Rosarita Crisafi

 

Barbie è sempre stata molto più di una semplice bambola. Fin dal primo arrivo sugli scaffali dei negozi di giocattoli americani, nel 1959, dopo il lancio in grande stile che ne fece la Mattel, aveva l'aria di una fuoriclasse. Tuttavia la strana proporzione delle sue forme, la fissità del suo volto all'epoca imbronciato (solo in seguito acquisterà il sorriso) e lo sguardo perfido la rendevano sexy e fatale al pari di Ava Gardner o Marilyn Monroe, ma comunicavano un messaggio inquietante, perturbante, “quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare” (Freud, 1991). Non era certo una presenza rassicurante, come le bambole che l'avevano preceduta. La sua immagine algida, affascinante e desiderabile per gran parte dei consumatori, faceva appello a un istinto aggressivo e iconoclasta di un'altra parte dei suoi fan, i quali non desideravano altro che distruggerla, modificarla, deviarla da quell'apparente perfezione. 

Le cronache riportano che l'idea di creare una fashion doll sia venuta a Ruth Handler, la moglie del fondatore della Mattel, mentre osservava la figlia Barbara, che amava giocare con la sua bambola di cartone che vestiva con abiti da lei ritagliati. La signora Handler pensò che fosse “carino avere una bambola a tre dimensioni con il fisico di una modella”, secondo quanto riportato da Newsweek. Così nacque Barbie, frutto di un'intuizione geniale e della creatività di designer, uomini che diedero forma a un'idea perfetta, un giocattolo per bambine con le fattezze di un'adolescente modella e allo stesso tempo una bambola di plastica corrispondente all'immaginario maschile che la vedeva come una Lolita sexy e sottomessa. 

 

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Ruth Handler e il marito Elliott © Mattel Inc.

 

Di pari passo con le mode e con l'evoluzione del costume Barbie ha subito importanti trasformazioni estetiche a opera della casa madre, come ben testimonia la retrospettiva a cura di Massimiliano Capella Barbie, the Icon (fino al 13 marzo 2016 al Museo delle Culture di Milano). Nel catalogo della mostra, infatti, si precisa che:

“Il suo grande successo è da subito legato alla possibilità di comprare separatamente i diversi outfit cuciti ogni anno per il suo guardaroba, lasciando alle bambine la libertà di creare nuovi abbinamenti e stili infiniti. Fin dal 1959 alcune creazioni sfoggiate da Barbie risultano talmente in linea con le nuove tendenze estetiche internazionali da rappresentare un vero campionario in miniatura dell’evoluzione della moda e dello stile negli anni che hanno registrato il predominio dell’haute couture francese, l’affermazione internazionale dell’Italian look e la nascita del ready-to-wear americano e inglese”. (Capella, 2015)

Attorno a lei la Mattel ha costruito un mondo da sogno, caratterizzato però da forti legami con l'attualità; proprio la capacità di stare al passo con i tempi è stato il segreto del suo successo. Nel corso degli anni i creatori di Barbie hanno stretto una solida alleanza con il mondo della moda, molti stilisti hanno creato abiti per lei, da Oscar de la Renta, il primo che nel 1985 disegnò per Barbie una collezione speciale, a Moschino, che ha firmato una special edition nel 2015. 

Il marketing ha trasformato Barbie nella bambola dalle mille possibilità. È stata abbigliata e acconciata a immagine e somiglianza di star del cinema, come è accaduto con la Barbie Audrey Hepburn che riproduce l'aspetto dell'attrice in Sabrina o Colazione da Tiffany o la Barbie/Olivia Newton John in versione good e bad girl in Grease. Ha assunto centocinquantasei ruoli lavorativi, tutti importanti e non proprio femminili; tra gli altri è stata medico, ingegnere, astronauta, marine. Ha riprodotto lo stile dei personaggi protagonisti delle cronache del momento, non solo pop star come Cher, Madonna o Lady Gaga, ma ha assunto anche le sembianze della cancelliera tedesca Angela Merkel. Quasi che risuonasse in lei l’origine mitteleuropea, sembrano cucite proprio per Barbie le parole di Robert Musil in L’uomo senza qualità:

“Ma se il senso della realtà esiste, e nessuno può mettere in dubbio che la sua esistenza sia giustificata, allora ci dev'essere anche qualcosa che chiameremo senso della possibilità. Chi lo possiede non dice, ad esempio: qui è accaduto questo o quello, accadrà, deve accadere; ma immagina: qui potrebbe, o dovrebbe accadere la tale o tal altra cosa; e se gli si dichiara che una cosa è com'è, egli pensa: beh, probabilmente potrebbe anche esser diverso. Cosicché il senso della possibilità si potrebbe anche definire come la capacità di pensare tutto quello che potrebbe essere, e di non dar maggior importanza a quello che è, che a quello che non è”. (Musil, 2014)

Eccola Barbie, la donna senza qualità, per la quale si scrivono infinite sceneggiature.

Una così sterminata produzione di modelli (che sono anche dispositivi narrativi) ha scatenato nel tempo l'interesse dei collezionisti; alcuni appassionati possiedono fino a undicimila diverse Barbie, che a mala pena riescono a rappresentare l'intera produzione! La Mattel ne ha fiutato come sempre il mercato iniziando a partire dagli anni Ottanta la produzione delle bambole da collezione, rivolta al target adulti.

“I pretesti che casa Mattel individua per offrire nuovi pezzi agli avidi collezionisti sono innumerevoli: dopo aver celebrato le feste natalizie e indossato i costumi tradizionali delle più lontane provincie del pianeta, Barbie con la serie Great eras si tuffa nel passato, vestendo con la medesima disinvoltura i panni di signora di un maniero medioevale o i sontuosi vestiti à la page nella Francia napoleonica o addirittura le auguste vesti della regina  Elisabetta I d’Inghilterra”. (Bazzano, 2008)

E via di questo passo.

In queste come in tutte le versioni ufficiali, la bambola è sempre impeccabile, rappresentata come una principessa d'altri tempi, o una celebrity, veste abiti sfarzosi, vive una vita da star, possiede aerei, case da favola, cavalli, macchine sportive, ha un guardaroba sterminato, partecipa a feste principesche, è accompagnata da cavalieri serventi sempre pronti a corteggiarla. Tuttavia il rapporto con il suo pubblico è controverso. Oggetto di critiche per il modello di donna che rappresenta, biondissima, magrissima, dalla condotta di vita frivola e superficiale, è stata condannata in ugual misura da femministe e associazioni di genitori conservatori. Di recente le è stata contrapposta Lammily, una bambola dalla fisicità più realistica, con molto meno sex appeal e forme più simili a quelle delle ragazzine normali, che tuttavia non sembra aver riscontrato molto successo. Ben più interessanti di Lammily sono le modifiche non ufficiali che trasformano Barbie in una bad girl o la rappresentano in situazioni ben lontane dal glamour a cui siamo abituati. L'operazione è molto diffusa. In fondo ogni bambina ci ha provato, in molti casi dopo qualche mese di gioco la bambola finisce smembrata, rasata a zero, nuda, spettinata, abbandonata in qualche scatolone. Ma c'è molto di più.

 


 
www.etsy.com/it/shop/MILKANDSURREAL                                                        www.etsy.com/shop/margauxlange  |  trashdiseases.tumblr.com
 

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LaVonne Sallee  |  Tom Forsythe  |  www.thephotographymarielclayton.com
 

 

Chi scrive conduce da qualche anno una ricerca in rete, ottenendo risultati sorprendenti: con la funzione ricerca immagini di Google, associando alla parola Barbie un’altra qualsiasi, meglio se distante dal suo mondo, si entra in una serie di mondi paralleli. Ad esempio provando a digitare “Barbie Killer” al primo posto compaiono le immagini di una barbie assassina, in particolare quelle realizzate da Mariel Clayton, un'artista canadese che immagina la bambola come una serial killer e la pone al centro di scene di violenze domestiche, fiera di essere circondata da corpi squartati, sangue e teste mozzate in cui la vittima è quasi sempre il povero Ken, il suo inossidabile compagno. 

Se associate a Barbie il termine Inappropriate, il repertorio si amplia e la biondissima icona di plastica appare sempre più distante dalla perfezione. Ci si imbatte in una Barbie cocainomane, intenta a sniffare strisce di polvere bianca, una Barbie anoressica, malinconica davanti a un piatto vuoto, una Barbie obesa, circondata da cibo spazzatura. C'è una Barbie anziana, con capelli grigi e busto contenitivo, una Barbie incinta e tabagista, o quella in piena depressione post partum, con bigodini in testa, accappatoio stretto in vita e sguardo perso nel vuoto, mentre si lascia alle spalle un'auto che sta affondando nel fiume nella quale si intravedono alcuni bambini all'interno. 

Le rappresentazioni scorrette della fashion doll sono infinite. 

C'è il filone sessuale in cui si ritrovano rappresentazioni di scene che descrivono le varie categorie dell'erotismo e della pornografia, dalla Barbie lapdancer e spogliarellista alle situazioni sadomaso, in cui la bellissima veste spesso i panni della mistress. Tra le migliaia di immagini spinte si trovano anche quelle di un sexy shop di Ottawa che ha allestito una vetrina ispirata alle avventure di Anastasia e Mr Grey, i protagonisti del film 50 sfumature di grigio. Tra le varie foto c'è anche una Barbie in costume da bagno in una scatola all'apparenza normale ma un bollino malizioso avverte“Barbie really squirts” (!).


 
www.marcdolls.ch  |  regretfulmorning.com  |  www.etsy.com/it/shop/nancyfarmer  |  www.flickr.com/photos/63559873@N06
 

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www.instagram.com/jaxxthenaughtyelf  |  www.rebekkagudleifs.com/dolls.php  |  www.thephotographymarielclayton.com
 

 

Un altro filone interessante è quello che rappresenta Barbie come una party girl. Non tanto come la vorrebbe il mainstream, ingioiellata, impellicciata e a bordo di auto sportive, ma discinta e sgraziata in preda ai postumi di una sbornia. Associando a Barbie la parola drunk, sempre ricorrendo alla consueta funzione di ricerca immagini, compaiono centinaia di foto della bambola ubriaca, in stato confusionale, china su un water in pieno coma etilico. Si scopre che Barbie è protagonista di molte torte di compleanno nello stesso stile, nei paesi anglosassoni il passaggio alla maggior età si festeggia con una Drunk Barbie Cake.

L’associazione Barbie/Religious apre un diverso scenario. Le immagini che vedono la bambola in abiti da prete, suora, cardinale o papa non si contano. Per non far torto a nessuno gli artisti argentini Pool Paolini e Marianela Perelli hanno pensato di creare delle versioni religiose di Barbie e Ken che abbracciano diverse fedi: ci sono Barbie Madonna, Ken Gesù, la Vergine di Luján, Nostra Signora di Itatí, Maria Maddalena, la Vergine di Aparecida e la Vergine di Lourdes e quella di Fatima. Ken si trova nelle versioni di Budda, San Cayetano, San Sebastiano, San Roque, il Sacro Cuore di Gesù e, naturalmente, Gesù Cristo in croce.

C'è meno ironia, ma molto trash effettuando la ricerca in base all’associazione Barbie e Crochet, il lavoro a uncinetto. Si scoprirà che il centrino della zia ha fatto più danni al glamour di Barbie di qualsiasi altra deviazione immaginabile. In rete si trovano centinaia di tutorial serissimi che vi insegnano a creare abiti e accessori per costruire attorno alla bambola un intero mondo all'uncinetto. Tra i più sorprendenti c'è una serie di Toilet Paper Roll Cover in cui un rotolo di carta igienica rivestito di maglia diventa la seduta perfetta per Barbie che finalmente si può liberare della sua perfezione di burattino e diventare umana.

 

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degiorgi.math.hr/~vsego/phun/barbies/nunbarbie.html  |  Barbie, The Plastic Religion, Pool Paolini e Marianela Perelli
Barbie viene sempre crocefissa, Barbie e Tarzan, LaVonne Sallee, © OOAKBarbies

 


 

LETTURE

  Nicoletta Bazzano, La donna perfetta. Storia di Barbie, Laterza, Bari, 2008.
  Massimiliano Capella (a cura di), Barbie – The Icon, 24 Ore Cultura, Milano, 2015.
  Sigmund Freud, Saggi sull'arte, la letteratura e il linguaggio, Bollati Boringhieri, Torino, 1991.
  Robert Musil, L’uomo senza qualità, Einaudi, Torino, 2014.
  Newsweek, Barbie at 24: A Curse or a Blessing?, numero del 12 settembre, 1983.

 


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Barbie Twist. Rielaborazione animata da Barbie Magazine.
2015 © quadernidaltritempi.eu