LETTURE / REVIVAL


di Stephen King / Sperling & Kupfer, Milano, 2015 / pp. 480, € 19,90


 

Orrore e ritorno, l'eterna condanna


di Francesca Fichera

 

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Era il 1995 quando Stephen King, in apertura del suo romanzo Insomnia, prendeva in prestito le parole di Juan Montalvo per definire la vecchiaia “un’isola circondata dalla morte”. In seguito – quattro anni più tardi, per l’esattezza – un incontro ravvicinato con il Tristo Mietitore, nella vivida realtà del Maine nel quale tuttora vive, lo spinse a rivedere il concetto entro una prospettiva non più sociale, ma estremamente soggettiva. I fatti precipitosi del 19 giugno 1999 gettarono una lunga ombra sullo sguardo immaginifico di King, rompendo il patto stipulato fra la sua coscienza e il luogo del rimosso, dove il pensiero della morte sonnecchiava per riemergere in forma d’incubo e di finzione letteraria. Sebbene a fatica, l’incidente e i suoi postumi furono comunque superati e, tuttavia, non troppo tempo dopo, il crollo delle Twin Towers andò ad assestare un altro durissimo colpo alla psiche dello scrittore – come, d’altronde, di milioni di persone, in America e nel resto del mondo – diventando presenza costante, vero e proprio fantasma di gran parte delle sue opere, sia brevi che lunghe.

Quello che scrive Revival è perciò uno Stephen King radicalmente cambiato, tanto dallo scorrere del proprio “tempo interiore” quanto dall’avvicendarsi dei mutamenti storici sullo sfondo, che si rapporta sempre più alla dimensione del ricordo e al sentimento della nostalgia, e all’idea di fine che accomuna ambedue le cose. Lo si nota già in Joyland (2013) e Doctor Sleep (2014), e nell’ultimo romanzo diventa addirittura elemento portante, motore dell’intreccio, scintilla che accende in Jamie Morton, protagonista e io narrante, la voglia di ripercorrere all’indietro, partendo dall’infanzia, le tappe più importanti della sua vita, e del modo in cui l’incontro con il pastore metodista Charles Jacobs è riuscito a stravolgerla. Ma a ripetersi è anche e prima di tutto l’espediente usato dieci anni prima per introdurre Insomnia, e con una ragione in più: dopo le peregrinazioni fantastoriche di 22/11/’63 (2011) e le incursioni nel giallo di Joyland, Revival segna e compie il ritorno nella terra del gotico, dove incombe il retaggio degli antichi, dei e maestri, e la familiarità dei miti e delle atmosfere cresce sulla spinta di legami molteplici e profondi, che una rete di riferimenti inter- e intra-mediali si occupa di esporre, sottolineare e ravvivare. Così avviene che la storia di Jamie Morton e Charles Jacobs sia preceduta da un frammento di Howard Philip Lovecraft, tratto da La città senza nome, che recitando “Non è morto ciò che può attendere in eterno, e col volgere di strani eoni anche la morte può morire” (Lovecraft, 1989), già ne propone una possibile chiave di lettura, gettando indizi sul perché il libro è nato, sul modus narrandi con cui è stato sviluppato e sul luogo figurato cui approderà in conclusione.

Fin dal suo esordio Revival si configura perciò come omaggio ai maestri del genere horror, un ritorno di King alle origini del proprio mondo creativo che è anche un ritorno all’immaginario da cui quello stesso mondo ha tratto la linfa necessaria per nascere e formarsi. Non è un caso, infatti, che Lovecraft non sia la sola “presenza autoriale” percepibile fra le pagine dell’ultimo romanzo di King: sarebbe del resto sufficiente, per una volta, un rapido sguardo alla sovraccoperta dell’edizione italiana (uguale a quella americana), per poter cogliere il nesso fondamentale stabilito da King con un altro mito fondante della cultura gotica. In superficie e, com’è ovvio, ancor di più fra le pagine, viaggia un fulmine, simbolo di quell’energia elettrica che sostituì il fuoco nel capolavoro moderno concepito dalla mente di Mary Shelley: Frankenstein, Prometeo dell’era tecnologica, qui di ritorno nelle invisibili vesti della mania di controllo con cui l’uomo – in tal caso il reverendo Jacobs – risponde all’imprevedibile e all’imperscrutabile (cfr. "Quaderni d'Altri Tempi" n. 47). Su un continuum immaginario, queste due ultime categorie dell’essere riscontrano la loro massima ampiezza proprio in corrispondenza di quel destino, tanto tragico quanto inevitabile, che è la morte. Soprattutto quando esso (essa) va a compiersi abbassando la falce prima del tempo, senza preavviso alcuno. Ne consegue pertanto un “delirio razionale”: quello di un uomo di fede, qual è il Charles Jacobs del romanzo, che trova nella facoltà raziocinante, e nel progresso scientifico che nei secoli ne ha rappresentato l’effetto più importante ed evidente, il sostituto di Dio. Jacobs crede nell’energia elettrica come crede nella divinità di cui predica la parola e, dopo che la vita si impone nel modo più crudele e doloroso che ha d’imporsi, lascia man mano che la prima delle sue due fedi fagociti l’altra, finendo col rinnegare lo stesso pulpito che gli ha concesso di comunicare il suo cambiamento al prossimo. E superando le “colonne d’Ercole” della conoscenza allo stesso modo in cui lo ha fatto il Victor Frankenstein plasmato dalla fantasia di Mary Shelley. Il King di Revival ci tiene a riproporre anche questo: il motivo dell’eccesso di conoscenza che si ripercuote faustianamente su chi lo ha desiderato, l’effetto boomerang della presunzione umana erede dell’antica hýbris. E il cerchio ancora una volta si chiude, a ennesima riprova dell’interdipendenza dei miti dell’immaginario, e da Shelley si torna ancora a Lovecraft, alla sua ossessione per l’invalicabilità dei confini dell’umano che attraversa e riempie la quasi totalità delle sue opere. Similmente a Colui che sussurrava nelle tenebre (in Lovecraft, 1991), anche il personaggio del pastore kinghiano è destinato a subire su di sé le conseguenze della sua sete di sapere folle e ostinata; tuttavia non è il solo, perché Jamie, che del potere sperimentato dal pastore ha esperienza diretta quanto indiretta, entra in contatto con lo stesso tipo di grandezza e, anche se in misura differente, e di sicuro minore, ne rimane segnato. È lui in realtà il tramite principale della visione di fondo di Revival, una fra le più disperate che King abbia mai donato alle stampe, in rotta di collisione e di contraddizione – perlomeno apparente – con la sua stessa fede religiosa. L’uomo che ha dichiarato alle telecamere del Today Show di aver scelto di credere in Dio “perché è meglio credere che non credere” mostra, al contempo, una fiducia completa nel suo contrario: un Male endemico, la cui mostruosità appare come la versione drammatica e realistica di un b-movie di fantascienza degli anni Cinquanta, e che resta in attesa dall’altra parte per uccidere indistintamente vita e morte. Anche il nulla sarebbe preferibile a questo tipo di orrore, che è lovecraftiano per quanto King gli doni un corpo e un aspetto precisi – onde rimanere fedele, almeno, al suo consueto metodo di rappresentazione, sempre a favore del mostrare anziché del suggerire. Ma forse, ed è ciò che un libro come Revival lascia intendere, il prezzo del fare di un dato punto fermo il costante riferimento della propria esistenza consiste nell’effettuare un confronto, altrettanto continuo, con la sua controparte. Come – per restare in tema con la metafora energetica qui proposta – oscillare fra due poli riuscendo a ottenere una carica soltanto quando questi sono di segno opposto. Definire il positivo solo in quanto contrapposto al negativo, e non in sé, perché “sottrarsi alla scelta prescritta”, come suggeriva Theodor Adorno, richiede una forza che non tutti gli uomini hanno la fortuna di possedere.

 


 

LETTURE

Theodor Adorno, Minima moralia. Meditazioni della vita offesa, Einaudi, Torino, 2005.
Stephen King, 22/11/’63, Sperling & Kupfer, Milano, 2011.
Stephen King, Doctor Sleep, Sperling & Kupfer, Milano, 2014.
Stephen King, Insomnia, Sperling & Kupfer, Milano, 1995.
Stephen King, Joyland, Sperling & Kupfer, Milano, 2013.
Stephen King, On Writing, Sperling & Kupfer, Milano, 2001.
Howard Philip Lovecraft, Giuseppe Lippi (a cura di), Tutti i racconti. 1897-1922, Mondadori, Milano, 1989.
Howard Philip Lovecraft, Giuseppe Lippi (a cura di), Tutti i racconti. 1927-1930, Mondadori,  Milano, 1991.
Mary Wollstonecraft Shelley, Frankenstein, o il Prometeo moderno, Mondadori, Milano, 1982.

 

VISIONI

 Gordon Douglas (1954), Them! Assalto alla terra, Terminal Video, 2012.