LETTURE / IL TEMPO CONTINUO DELLA STORIA


di Jacques Le Goff / Laterza, Roma-Bari, 2014 / pp. 156, € 15,00


 

Vita intellettuale in compendio

 

di Maria D'Ambrosio

 

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L’editore Laterza ci consegna l’ultima e definitiva opera di Jacques Le Goff, in un bel formato e con una copertina che, a lettura conclusa e a volume richiuso, sembra diventare corpo unico col testo e svelarsi come suo possibile viatico per la lettura. L’immagine scelta per la copertina è un’opera di Jenny Barron – Geometry, 2004 – con cui si torna alle nature morte, barocche e iperrealiste, di Juan Sànchez Cotan, per “principiare” l’opera di Le Goff.

L’opera di Barron in copertina, infatti, non ne è semplice decorazione, ma sapiente insieme di forme che rinvia alla spazialità (del tempo) e alla sua rappresentazione, alla multidimensionalità dello spazio che va oltre la concezione lineare e include una profondità che lascia intendere la possibilità di attraversamenti differenti e di differenti percorsi, e geometrie, che ne possono emergere. La Storia “inquadra” il tempo, gli dà una cornice, uno spazio finito e definito, divenendo il corpo del tempo: quello spazio da abitare, attraversare, vivere e dove inverare la Storia per dar forma al tempo e al suo inesorabile fluire (come sembrano drammaticamente dirci le quattro stagioni da Daniele e Sant’Agostino in poi...).

Nell’edizione italiana del testo di Le Goff, dunque, al lettore viene consegnata, giusto sulla soglia, insieme al titolo – che non corrisponde alla traduzione da quello dell’edizione francese che suonerebbe: “Si può veramente tagliare la storia in pezzi?” ma che è stato reso con Il tempo continuo della storia – un’indicazione metatestuale, quell’opera visiva di Barron, che coincide con l’idea dello storico, più che della Storia, proposta da Le Goff nel suo testo e che gli fa dire che “lo storico insieme elabora una concezione del tempo e propone un’immagine continua e globale del passato che si è finito per chiamare «storia»”. La storia viene mostrata dunque come “artificio”, mutevole artificio, ad opera di un’umanità che ha prodotto diverse immagini di Antico e di Moderno e che, proprio attraverso le differenti concezioni di Antichità e Modernità, prova ad emanciparsi dal Tempo e a farsi protagonista della Storia. In questa chiave, diremmo, il tema della Modernità attraversa tutto il testo e ne è il fondamento, svelando di Jacques Le Goff un intento quasi didascalico e chiarificatore rispetto al suo interesse per il Medioevo-Feudalesimo che traspare in filigrana come matrice di un (forse) non ancora compiuto Rinascimento o “lungo Medioevo”. La tesi dello studioso francese, infatti, coincide con la sua necessità di mostrare, attraverso l’azione dei diversi storici e la concezione del tempo di cui si sono fatti portatori, l’artificio della Storia, ovvero la sua “fragilità”: la “fragilità della storia”, come la caducità degli eventi e il loro rovinoso oblio. L’attività dello storico, infatti, viene fatta coincidere con quella dell’Umanità che sottrae gli eventi al loro naturale oblio e, attraverso il proprio sguardo, li consegna e li risolve ne “la memoria della storia”, conferendo a posteriori un senso compiuto ad accadimenti ed eventi il cui significato diviene globale e muta il senso locale e particolare che li aveva mossi. Un caso fra tutti, la scoperta dell’America e il significato che assumerà solo secoli dopo.

Ampia e varia, quindi, la fenomenologia dello storico che Le Goff ricostruisce attraverso opere di tutti i tempi: dalle Sacre Scritture agli scritti di Erodoto fino a Petrarca, Voltaire, o agli esempi di Dante e di Wolfgang A. Mozart. Ma tornare al Medioevo ha per Le Goff un senso preciso, che si situa lungo la traiettoria tracciata dalla Scuola de Les Annales: recuperare, cioè, l’immagine del Medioevo come di un’epoca creatrice. Il Medioevo come spazio del creare: quello spazio dentro il quale l’Uomo si riprende la propria Umanità e sente di doverla realizzare, rompendo di volta in volta geografie, come geometrie e cosmogonie precostituite e riconoscendosi nel valore della “Historia magistra vitae”. Uno scritto, quindi, che attraversa Francia, Germania, Inghilterra, Italia, la cultura classica e quella ebraico-cristiana, pensieri e pensatori, autori e loro scuole, per emergere con delle specifiche antropologie: quelle che sembrano concorrere alla nascita della ricerca storica e dell’insegnamento della storia.

Una ricerca e un insegnamento che non sono “risolte” né compendiabili ma che rimettono continuamente in gioco il rapporto dell’Uomo con il Tempo, chiamando l’Uomo a riconoscersi come storico e a muoversi agilmente e “artificiosamente” tra passato presente e futuro. In questo senso per Le Goff l’attività dello storico viene fatta coincidere con la periodizzazione. “La periodizzazione della storia non è mai un atto neutro o innocente: lo testimonia l’evoluzione dell’immagine del Medioevo in epoca moderna o contemporanea […] D’altronde, l’immagine di un periodo storico può modificarsi col tempo. Ogni periodizzazione, opera dell’uomo, è insieme artificiale e provvisoria, e si evolve assieme alla storia stessa”. Una descrizione della periodizzazione – in quanto “azione umana sul tempo” – che suona come un invito e come una necessità, offrendosi con Le Goff come il focus per far emergere una prospettiva antropocentrica dal discorso sul tempo e riconoscere all’uomo e alla sua umanità la capacità di agire sul tempo. L’azione umana è proposta da Le Goff in termini di periodizzazione perché si recupera del periodos – che etimologicamente è percorso circolare – la ricorsività e la circolarità che aprono alla possibilità di sempre nuove ed altre ricostruzioni e rendono il tempo declinato al congiuntivo. Ecco perché il testo di Le Goff, ultimo per ordine temporale rispetto all’anno di pubblicazione e ultimo anche perché pubblicato a conclusione di una vita, può essere considerato la sintesi di un pensiero che nulla vuole affermare né definire del Tempo e della Storia, se non la loro costitutiva necessità di trovare sempre qualcuno che vi ci metta mano.