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Federico Fellini, Anita
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locandina boccacioAntonio Mazzuolo è il protagonista de Le tentazioni del dottor Antonio, episodio diretto da Federico Fellini del film a più autori Boccaccio ’70. Si tratta di un rigoroso moralista, incapace di tollerare qualsiasi comportamento licenzioso o anche semplicemente poco castigato. Portavoce di un senso del pudore intransigente, di chiara derivazione religiosa, non esita a denunciare alla polizia le coppie che si appartano nei parchi, magari all’interno delle autovetture, o ad apostrofare con pubblica durezza le donne che si vestono in modo più succinto.

Ma la sua nemesi è in agguato, e prende le forme di un provocante cartellone pubblicitario, di grosse dimensioni, che viene sistemato nel parco che ha sotto casa. Ogni volta che il dottor Antonio vorrà affacciarsi dovrà ammirare una giunonica ed invitante Anita Ekberg, che esorta a bere il latte con l’allusiva irruenza del suo seno prosperoso. Il tutto mentre il parco si trasforma in un luogo tipico dell’atmosfera felliniana, goliardico, circense, fatto di suonatori festosi e allegri visitatori. L’energia maniacale con cui il dottor Antonio si prodiga per la rimozione o la copertura dell’immagine pubblicitaria si trasforma presto in una ben più orribile ossessione. In una notte di allucinazioni oniriche emerge in superficie una passione viscerale, un vero e proprio tormento amoroso nei confronti della donna. Una mania d’amore ed erotismo esasperante che il protagonista aveva evidentemente imprigionato nell’inconscio e che ora prorompe portandolo al delirio e al ricovero. Non si può non pensare ad un’analogia con il professor Unrat, il personaggio di un celebre romanzo di Heinrich Mann del primo Novecento: un professore saccente, odioso, tirannico, che vuole imporre la disciplina perché in essa risiede il proprio dominio sugli altri – sugli studenti in particolar misura – ma che perde la propria dignità per l’amore passionale nei confronti di una suadente canzonettista (Mann, 1995). Il matrimonio, l’abbandono delle aule scolastiche, le costanti umiliazioni saranno il viatico per la sua rovina disonorevole e grottesca, che metterà a nudo il lato inglorioso che si cela nell’apparente candore delle virtù borghesi.  Così, la storpiatura del suo cognome con cui alunni e concittadini amavano canzonarlo (da Unrat a Raat, ovvero spazzatura) acquista la sua più completa dotazione di senso.

 

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Gli epiloghi del professor Unrat e del dottor Antonio testimoniano in fin dei conti un’irriducibile decadenza borghese. Il rigore, la disciplina, il dominio, le certezze logiche tipiche della forma mentis della borghesia si smarriscono nella disgregazione dell’idea dell’uomo razionale. Perché nel concetto di autenticità dell’individuo, che emerge in modo sempre più forte nelle stesse viscere borghesi, si scopre un lato oscuro e tremendo: la preponderanza dell’inconscio e la sua assoluta ingovernabilità (Bifulco, 2011).

Il che vuol dire, in ultima istanza, anche la messa in discussione del senso dell’autorità, di una supremazia morale esterna e intransigente. Il ridicolo, il grottesco che forgiano un simile esito segnano infatti il crollo delle qualità autoritarie che, come ci ricorderebbe Richard Sennett, si fondano su “padronanza, superiorità di giudizio, abilità nell’imporre la disciplina, capacità di incutere paura” (2006). Una vera e propria implosione dell’autorità stessa, insomma, causata dalla legittimazione sociale delle pulsioni inconsce e della loro dimensione incontrollabile. Allo stesso tempo, uno smacco mortale anche per la sovranità assegnata all’etica religiosa. Ciò che affiora sono, in pratica, i sintomi di trasformazioni sociali di ampia portata, che condurranno al mondo individualizzato contemporaneo.

 

In ogni caso è l’Es che reclama la ribalta, tanto da mettere in crisi le consolidate strutture dell’Io e del Super-io. E chiama a raccolta, specie nel caso del dottor Antonio, i fantasmi erotici. La loro funzione è in genere quella di compensare eventuali deficit della vita reale, ma, soprattutto, potendo giovarsi dell’irrealtà che li contraddistingue, di farsi portavoce delle necessità dei più remoti impulsi libidici (Pasini, Crépault e Galimberti, 1987).

In diversi casi del genere la libido, l’energia erotica regolata dal principio del piacere, viene incanalata in forme sociali accettabili. Vale a dire, le pulsioni sessuali, abitualmente represse, vengono invece lasciate per così dire libere in un territorio immaginario e innocuo. Ciò in modo da ricevere alcune gratificazioni surrogate che consentono di dare uno sfogo fittizio ai desideri erotici impossibili da realizzare. Tale appagamento sostitutivo può a volte offrire addirittura benefici alla vita ordinaria, integrandosi e completando – nella sua forma irreale e inoffensiva – le esigenze dell’esistenza quotidiana.

È come quando, tanto per capirci, mentre fate l’amore con vostra moglie dopo venti anni di matrimonio vi scappa di pensare a Monica Bellucci – laddove la consorte, non ci si illuda, magari sta pensando a Mario Balotelli. Siamo in buona sostanza di fronte al meccanismo della compensazione, con cui si aiuta con una soddisfazione immaginaria il pieno sviluppo dell’erotismo reale. Uno sfogo dell’Es esteso, ma pur sempre sotto controllo, che alimenta un’attività psichica cosiddetta “egosintonica”, ovvero in sintonia con le priorità dell’Io. Ma anche, soprattutto, attenta alle prerogative sociali. Nel concreto, rimanete comunque nel letto con vostra moglie.

 

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Non è questo, però, il caso del dottor Antonio e dei suoi fantasmi sessuali che, come il detonatore di una bomba ad orologeria, provocano un’esplosione che lascia dietro di sé consistenti macerie nel controllo sociale e nelle difese personali. Per il nostro protagonista, e per l’etica per cui si batte a spada tratta, qualsiasi riferimento all’Eros è fonte di infamia. È d’altronde sul richiamo alla pudicizia che egli può far valere la supremazia della sua appartenenza sociale e religiosa. Affermando il valore della morigeratezza dei costumi egli conferma e perpetua un dominio.

Ma, ora che l’ossessione erotica per la donna del manifesto si esplicita in forme deliranti, tutto cade in rovina. La perfezione morale, l’insegnamento religioso, la purezza dei valori di ceto non riescono più a nascondere l’ipocrisia che li sorregge e tutto viene spazzato via. Tali realtà si svelano per quello che sono: costruzioni arbitrarie di cui si nutre un potere.

 

Curioso, poi, ma non del tutto illogico, che il richiamo a questa sorta di sedizione guidata dall’Eros provenga da una pubblicità. Guy Debord ha in fondo sostenuto che le immagini spettacolari rappresentano la forma estrema di alienazione e di separazione dalla realtà, la quale sparisce nelle rappresentazioni e nelle apparenze illusorie (1997). Tuttavia, in questo caso, pare proprio che nell’immaginario possa nascondersi un potenziale particolare: quello capace di mettere a repentaglio i vecchi assiomi sociali, per incentivare  l’ esperienza orfica e narcisistica del mondo cara a Herbert Marcuse (1964). Una liberazione, cioè, da un ordine repressivo che si fa forza della produttività, dall’efficientismo e dalla razionalità, al fine di incentivare valori sostanzialmente estetici. Eppure sono comunque quei fattori che poi, in effetti, porteranno negli anni, come contraltare forse poco edificante, alla compiuta realizzazione della società dei consumi; quasi a testimoniare l’ambivalenza di ogni trasformazione sociale.

Certo, il dottor Antonio è ora in disarmo. Lacerato nelle sue certezze e schiavo di un’ossessione irrealizzabile. Verrebbe spontaneo rincuorarlo con le parole di John Keats: “E tu, amante audace, non potrai mai baciare lei che ti è così vicino; ma non lamentarti se la gioia ti sfugge: lei non potrà mai sfuggire, e tu l’amerai per sempre, per sempre così bella”.

 

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LETTURE

Bifulco Luca, All’Ovest niente di nuovo. Immagini del tempo e pensiero sociale, Ipermedium libri, S. Maria C. V., 2011.
Debord Guy, La società dello spettacolo, Baldini & Castoldi, Milano, 1997.
Mann Heinrich, L’angelo azzurro, Newton Compton, Roma, 1995.
Marcuse Herbert, Eros e civiltà , Einaudi, Torino, 1964.
Pasini Willy, Crépault Claude e Galimberti Umberto, L’immaginario sessuale, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1987.
Sennett Richard, Autorità. Subordinazione e insubordinazione: l’ambiguo vincolo tra il forte e il debole,
Bruno Mondadori, Milano, 2006.

 


 

VISIONI

De Sica, Vittorio, Federico fellini, Mario Monicelli, Luchino Visconti,Boccaccio ’70, Cecchi Gori Home Video, 2013.