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ASCOLTI / A SIMPHONY OF AMARANTHS


di Neil Ardley / Dusk Fire, 2012


 

Lo swing dell'enciclopedista

di Gennaro Fucile

I bambini nonché studenti alle prime armi interessati ad approfondire le loro conoscenze di chimica, fisica, astronomia, storia naturale, insomma desiderosi di saperne di più sulle leggi della natura e dell’universo, ma anche sulle meraviglie della scienza e della tecnica, sul sapere scientifico, troveranno nei libri di Neil Ardley tutto quanto desiderano. Si immagini il manuale di Qui, Quo e Qua, quella miniera di notizie che i tre nipoti di Paperino consultano di continuo, moltiplicato per 101, e si otterrà l’esatta dimensione dell’enciclopedico lavoro di divulgazione scientifica portato avanti nel corso di oltre trent’anni da Ardley. Centouno libri, tanti sono quelli scritti dall’autore inglese, laureato in chimica nel 1959 alla Bristol University, che vanta anche un best seller come The Way Things Work, realizzato insieme all’illustratore americano David Macaulay. Tre milioni di copie vendute, compresa l’Italia dove il libro è uscito per Mondadori con il titolo Come funzionano le cose. Nella sua vasta produzione bibliografica non mancano manualetti dedicati alla musica, materia nella quale eccelleva questo singolare uomo dalla doppia vita, nato il 26 maggio 1937 a Wallington, Surrey, Inghilterra. Si appassionò alla materia sin dall’età di tredici anni iniziando a studiare prima il pianoforte, poi il sassofono, suonando entrambi gli strumenti all’università.

Ebbene, per quanto istruttivi siano i libri divulgativi che scrisse in materia, è preferibile l’ascolto della musica che compose e/o arrangiò, perché Ardley è stato uno degli artigiani più raffinati tra coloro che agivano nelle botteghe musicali fiorite oltremanica nel decennio compreso tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima del decennio successivo. In particolare, quanti si interessano alla musica con la emme maiuscola, troveranno diletto nell’ascoltare un gioiello recuperato dallo scrigno del tempo e tornato disponibile sia in formato digitale sia in vinile, grazie alla Dusk Records: A Symphony of Amaranths, originariamente pubblicato dalla Regal Zonophone/Emi nel 1971. Ardley aveva molto diradato la sua (non vasta) produzione musicale già da tempo, privilegiando la scrittura dei suoi libri per ragazzi, ma nel decennio succitato il suo interesse prevalente era la musica e quella che compose ha lasciato segni indelebili.

Infatti gli studenti, nonché giovani, oggi interessati ad approfondire le loro conoscenze intorno alla fiorente stagione della pop music che sul finire degli anni Sessanta maturò i vari generi di frontiera sconfinanti nel jazz e nel repertorio classico e barocco (in breve: il progressive), troveranno tutto quanto è necessario sapere su quegli esperimenti in un disco di riferimento assoluto: Valentyne Suite, il secondo album dei Colosseum, pubblicato nel 1969 dalla Vertigo. L’etichetta della spirale iniziò proprio con questo disco la sua avventura discografica, facendo centro appena l’anno dopo con l’esordio dei Black Sabbath. Il quintetto dei Colosseum ruotava intorno al batterista John Hiseman e al sassofonista Dick Heckstall-Smith, entrambi con diversi anni di militanza nelle formazioni di bluesman come John Mayall, Alexis Korner e Graham Bond. Ardley collaborò in due brani, Elegy e Butty’s Blues e per quest’ultimo scrisse anche l’arrangiamento del quartetto d’archi che si insinua nel sensuale battito del brano.

Ardley conosceva Hiseman da quando, terminata l’università, si trasferì a Londra, dove iniziò a fare pratica musicale come pianista nella Big Band del baritonista John Williams, arrangiando e scrivendo alcuni brani per l’orchestra. Partono da qui le vite parallele di Neil Ardley, che dal 1962 inizia a collaborare con la redazione inglese allestita dall’editore americano per realizzare un’edizione internazionale della World Book Encyclopedia. Si impadronisce così del mestiere di divulgatore, iniziando a macinare titoli su titoli, con una singolare predilezione per i libri dedicati agli uccelli: Birds and Birdwatching, Guide to Birds, Find out About Birds, Birds, Birds of Britain and Europe, Birdwatching, Let’s Look at Birds, Birds of Coasts, Lakes and Rivers, Birds of the Country, Birds of Towns, How Birds Behave… Nel 1964 diventa direttore della New Jazz Orchestra, una formazione costituita nel dicembre del 1963 e composta da giovani e promettenti musicisti jazz residenti a Londra. Molti di quelli che incontra diventeranno amici di lunga data, in particolare Ian Carr, Barbara Thompson, Dave Gelly, Michael Gibbs, Don Rendell, Trevor Tomkins e Jon Hiseman, appunto. Nel 1965 la NJO pubblica il suo primo disco, Western Reunion London 1965, album dove si paga inevitabilmente dazio ai maestri americani, dagli arrangiamenti ancora sotto il segno di Gil Evans alla scaletta dei brani che include composizioni di Miles Davis, Gerry Mulligan, John Lewis del Modern Jazz Quartet ecc. Ciononostante, i solisti mostrano capacità e virtù in abbondanza, soprattutto l’incredibile swing sfoggiato da Hiseman. Tutto lascia ben sperare, anche se nulla prelude all’esplosione del jazz britannico nelle sue varie declinazioni che avverrà di lì a poco. Solo tre anni dopo la scena inglese si è già notevolmente modificata. Nel 1967, Graham Collier, titolare di un’altra manifattura musicale che impiega talenti promettenti, ottiene un finanziamento dall’Arts Council per la realizzazione di una composizione (Workpoints). È il primo jazzista inglese a conseguire un risultato del genere, fino ad allora il jazz era stato escluso da ogni forma di contributo di matrice governativa, dall’Arts Council of Great Britain alle Regional Art Associations. L’anno successivo la NJO pubblica il suo secondo album, Dejeneur sur l’herbe (tuttora assente in formato digitale) evidenziando la crescita dei suoi membri come compositori e come solisti, capaci di bilanciare perfettamente le parti scritte e le improvvisazioni. Rispetto all’album precedente si nota la presenza di un nuovo bassista, all’epoca già membro del primo supergruppo rock, i Cream: Jack Bruce.

La copertina dell’album riporta l’omonimo lavoro di Édouard Manet e non è un caso. L’interesse per la pittura, la poesia, la narrativa, il teatro, il balletto e la scultura, accomuna tutta quella generazione di musicisti, supportandone il desiderio di liberare la creatività dai confini formali che separavano i generi musicali e le arti tra di loro. Collier ama e cita la pittura astratta e dalle arti visive proviene il compositore e bandleader Mike Westbrook. Il titolo della citata composizione di Collier, Workpoints, arriva da Justine, primo romanzo del Quartetto d’Alessandria, la quadrilogia di Lawrence Durrell, così come in seguito l’album The Day of The Dead (1978) nasce dalle suggestioni sull’autore delle opera di un altro romanziere britannico, Malcom Lowry. Westbrook tornerà a più riprese sull’opera poetica di William Blake e metterà in musica anche i versi di altri poeti da Garcia Lorca a Gioacchino Belli. Prima ancora, già nel 1963, quello che è il decano del jazz inglese, il pianista Stan Tracey, dedica un album al poema di Dylan Thomas Under Milk Wood e l’anno successivo sforna un eloquente Alice in Jazzland mentre Ian Carr renderà omaggio a William Shakespeare in diverse occasioni. In precedenza, con il quintetto co-diretto con Don Rendell aveva tratto ispirazione da William B. Yeats, Thomas Hardy, François Villon e lo scrittore bramino Chauras. Ancora, Lol Coxhill si occuperà di teatro e cinema (e nel teatro di strada gli farà compagnia Westbrook), mentre i Soft Machine prendono a prestito il nome dall’omonimo romanzo di William Burroughs e Hugh Hopper, il bassista del quartetto, intitolerà il suo primo album solista 1984. Il trombettista canadese Kenny Wheeler, trasferitosi a Londra giovanissimo, esordisce con un album (Windmill Tilter, 1969) ispirato al Don Chisciotte; Keith Tippett chiamerà un suo album A Loose Kite In A Gentle Wind Floating With Only My Will For An Anchor (1986), pescando dal libro di Maya Angelou “I Know Why The Caged Bird Songs”.

L’elenco rende l’idea e come si vedrà vi è incluso a pieno merito anche Neil Ardley. Intanto, The Times They Are A Changin’… a Londra si concentrano tutte le menti migliori di quella generazione di jazzisti. Sarà un Big Bang. Da Canterbury si sposta “un gruppo di amici originariamente membri di un complessino chiamato Wilde Flowers. Ora sono due gruppi e si chiamano Soft Machine e Caravan. Da Bristol giunge il giovane pianista Keith Tippett. Gli amici non gli mancano: Marc Charig, Nick Evans e Elton Dean. A Londra John Stevens si insedia nel Little Theatre Club vicino a Trafalgar Square e inizia a sperimentare in compagnia di due amici conosciuti durante il servizio militare nella RAF, Paul Rutherford (poi anche nella NJO, ndr) e Trevor Watts. La formazione è aperta e si denomina Spontaneous Music Ensemble. Attira presto altri nomi destinati a essere primi attori della scena: Evan Parker, Derek Bailey, Barry Guy e Kenny Wheeler. Nello SME avviene qualcosa di determinante: ai musicisti coinvolti non basta più neanche il free jazz. La musica improvvisata viene da qui e si accentua nella prima versione della Music Improvisation Company (poi solo Company) l’altra opera aperta ruotante intorno a Bailey e Oxley, i duri del Joseph Holbrooke Trio. A Londra arriva una formazione jazz dal Sudafrica, i Blue Notes: Johnny Dyani, Louis Moholo, Chris McGregor, Dudu Pukwana, Mongezi Feza. A Londra risiede già un musicista sudafricano di valore, Harry Miller. Tutti insieme si ritrovano a suonare all’Old Place” (Bonomi e Fucile, 2005).

A Londra arrivano Mike Westbrook da Plymouth dove ha studiato pittura, e l’eclettico Lol Coxhill da Portsmouth. Nel 1969 Ardley pubblica il primo capitolo di una trilogia musicale: The Greek Variations una suite in sei movimenti su una melodia popolare greca, che occupa la prima facciata dell’album Greek Variations & Other Aegean Exercises. Il secondo lato presenta tre composizioni di Ian Carr e quattro del sassofonista Don Rendell. Tra i due era in corso un divorzio poiché era ormai giunta alla fine l’esperienza del Don Rendell/Ian Carr Quintet, formazione tra le più brillanti del post bop britannico. Oltre a Carr, in Greek Variations & Other Aegean Exercises sono presenti Karl Jenkins, Brian Smith, Chris Spedding, Jeff Clyne e John Marshall. Qualche mese dopo si chiameranno Nucleus e la Vertigo pubblicherà nel gennaio 1970 il loro primo album: Elastic Rock. Inizia l’età dell’oro per il jazz britannico. “Copertina nera apribile, ritagliata al centro da cui irrompe un arancio fuoco. Aprendo l’album si scopre che si tratta di lava, di un’eruzione in corso. […] Già dal nome siamo lontani dalle denominazioni delle formazioni jazz che, in genere, prevedono il nome del bandleader scritto a chiare lettere. L’album brilla di luce propria distaccandosi nettamente dal canone jazz – tema/assoli/ritorno al tema – con magma sonori da cui si levano gli interventi solistici dei fiati sorretti da una decisa ritmica rock” (Bonomi e Fucile, 2005). L’eruzione andrà avanti per anni. Nel 1971 Ardley pubblica il secondo capitolo della trilogia: A Symphony of Amaranths. L’album vede la prima facciata interamente occupata dall’omonima composizione orchestrale dedicata ai suoi numi tutelari, gli immortali Gil Evans e Duke Ellington, ed è anche un omaggio al simbolo dell’immortalità che il fiore dell’amaranto incarna sin dai tempi di Esopo che ne trattò in La rosa e l’amaranto componimento incluso nelle Favole, tema poi ripreso da Plinio il Vecchio nella Storia naturale e da John Milton nel Paradiso perduto. In questo modo Ardley si inseriva tra i fautori dei rimandi letterari in compagnia, come si è visto, di molti altri jazzisti inglesi. L’orchestrazione è inimitabile: in campo scende la NJO con l’aggiunta di archi, arpe, di glockenspiel e legni. Le tonalità su cui è costruita la suite nelle sue quattro parti (DE – Re Mi e GE – Sol Mi) sono l’intimo omaggio musicale ai due giganti (si tratta delle iniziali dei due musicisti). Il primo movimento, Carillion, aperto da luccicanti saliscendi di glockenspiel e vibrafono, è dominato dagli interventi alla tromba di Harry Beckett e al trombone di Barbara Thompson. Segue Nocturne, dove a far da primattori sono il violinista (e anche co-direttore nell’occasione della NJO) Jack Rothstein e il trombettista Henry Lowther, mentre il tutto è carezzato dolcemente dalla sezione d’archi. Nel breve interludio, Entracte, è di scena un singolare quartetto: Frank Ricotti al vibrafono, Sidonie Goossens all’arpa (all’epoca settantenne, morirà a centouno anni), Stan Tracey al pianoforte e Dave Gelly al glockenspiel. I quattro si lanciano in un’improvvisazione melodica assolutamente spiazzante. La suite si conclude con Impromptu, che vede protagonisti i tenori di Don Rendell e Dick Heckstall-Smith. Quello che affascina è l’avvicendarsi di swing, gioia, romanticismo, densità armonica, e la melodia infusa in ogni passaggio. Ardley non riuscirà ad andare oltre nei suoi pur notevoli lavori successivi. Qui siamo in presenza di un autentico capolavoro e le sorprese continuano sulla side B, un diluvio di citazioni poetiche. Si parte con il poemetto di Edward Lear The Dong With A Luminous Nose (da Laughable Lyrics. A Fourth Book of Nonsense Poems, Songs, Botany, Music, & c. del 1877, che venne anche splendidamente illustrato da Edward Gorey nel 1969) affidato alla narrazione swingante di Ivor Cutler accompagnato da tastiere, arpa, vibrafono, violino e violoncello. Il vocione surreale di Cutler snocciola i versi senza senso di Lear insistendo ammaliante con un ineffabile ritornello: “The Dong! – The Dong! – The wandering Dong through the forest goes! – The Dong! The Dong! – The Dong with a luminous Nose!”. Segue un medley, Three Poems, che include tre brani cantati da Norma Winstone, a buon diritto soprannominabile The Voice del jazz inglese: After Long Silence, She Weeps Over Rahoon e Will You Walk A Little Faster? I testi sono rispettivamente di William Butler Yeats, di James Joyce e di Lewis Carroll. Poesia, poesia, poesia e jazz raffinatissimo, soprattutto il brano conclusivo tratto da Alice nel paese delle meraviglie ha tutto lo charme e il ritmo che avrebbero potuto farne anche un hit da classifica. Nella ristampa Dusk Fire, infine, è aggiunta una breve bonus track, dove l’inno inglese scivola velocemente in un tango.

Prima di concludere la sua trilogia nel 1976 con Kaleidoscope of Rainbows, una composizione basata sulla scala pentatonica balinese, ricca di riff accattivanti e di melodie piacevoli, dove compaiono per la prima volta in organico i sintetizzatori, Ardley condivise prima un album con il compositore John Leach (Mediterranean Intrigue / Martenot, sempre nel 1971) e poi un doppio vinile nel 1974 con gli amici Ian Carr, Mike Gibbs e Stan Tracey: Will Power concepito come un omaggio a William Shakespeare. Da segnalare anche le sedute di registrazione del 1973, organizzate da Denis Preston, produttore di A Symphony of Amaranths, che videro protagonisti diversi musicisti del giro NJO riunitisi per ricordare un promettente musicista, Mike Taylor (scrisse tre brani assieme a Ginger Baker che poi li consacrò con i Cream), il cui corpo venne ritrovato nelle acque del Tamigi il 19 gennaio 1969. Aveva 31 anni. Si riunirono in studio, tra gli altri, Norma Winstone, Henry Lowther, Ian Carr, Barbara Thompson, Ray Warleigh, Stan Sulzmann, Jon Hiseman e Neil Ardley, lavorando su spartiti anche incompleti, abbozzati, ma il disco, Remembered, ha visto la luce soltanto nel 2007, sempre grazie alla Dusk Fire (titolo di un album del Rendell/Carr Quintet comprendente l’omonima composizione di Michael Garrick, un caso?). Il decennio volgeva al termine, Ardley realizzò ancora un album orchestrale Harmony of the Spheres, a suo modo un concept, perché ideato sull’antica idea che ogni pianeta produca una nota musicale in relazione alla sua orbita esprimendo un’armonia celestiale. Per dare man forte alla tesi chiamò in causa lo strumento del momento (all’epoca) il sintetizzatore e la passione per l’elettronica resterà fino al penultimo dei suoi dischi: Virtual Realities, realizzato nel 1991 con un quartetto chiamato Zyklus (titolo anche di una composizione di Karlheinz Stockhausen del 1959, un caso?) con ancora al suo fianco Ian Carr, ma dove a predominare sono le tastiere elettroniche. Compare uno straclassico debitamente destrutturato: Round Midnight, la celeberrima composizione di Thelonious Monk. Una dozzina d’anni di silenzio, dunque, e una valanga di libri, poi altri dieci anni di stop discografico. Inizia a frequentare la Bakewell Choral Society, ensemble vocale che conta circa ottanta membri. Lui è uno dei tenori, molti lo conoscono solo come Neil, ignorano i suoi trascorsi, ma a lui va bene così. Ora il suo grande interesse in musica è la vocalità. Scrive un lavoro corale, Creation Mass, strutturato come una classica messa in latino seguendo i medesimi passaggi (Gloria, Kyrie, Credo, Sanctus, Agnus Dei) con l’aggiunta di sei sezioni scritte ad hoc dal suo collaboratore Patrick Huddie. Tema: il Big Bang, la creazione dell’universo e della Terra, il destino di questa e un messaggio di amore universale. Convergenze parallele. Ecco che spuntano altri libri di Ardley, Exploring the Universe, The Inner Planets, The Outer Planets, Just Look at the Universe, Space, The World of the Atom, ma anche Sound, Music, Sound and Music, Musical Instruments, A Young Person’s Guide to Music, tutto per un attimo si guarda e si rispecchia, la doppia vita di Mr. Ardley si con/fonde, come nel finale del romanzo di Philip Dick, The Man in the High Castle, un universo alternativo si svela al protagonista, ma a tempo quasi scaduto. Si risentono i cinguettii degli uccelli o forse è il magico tintinnio del glockenspiel che apre l’immortale A Symphony of Amaranths. Tutto dura ancora un attimo, la presidentessa della società gli chiede di scrivere un brano per celebrare i venticinque anni della sua fondazione. Neil scrive Cantabile e il coro lo esegue il 26 giugno 2004, ma Neil è già andato via per sempre il 23 febbraio 2004.
L’amaranto non appassisce mai.

 


 

ASCOLTI

  Neil Ardley, Kaleidoscope Of Rainbows, Dusk Fire, 2005.
Neil Ardley, Harmony Of The Spheres, Esoteric Recordings, 2008.
Neil Ardley, Ian Carr e Don Rendell, Greek Variations & Other Aegean Exercises, Universal, 2004.
Neil Ardley, Ian Carr, Mike Gibbs e Stan Tracey, Will Power, Vocalion, 2005.
Neil Ardley, John Leach, Mediterranean Intrigue / Martenot, Kpm Music, 1971.
New Jazz Orchestra, Western Reunion. London 1965, Vocalion, 2006.
New Jazz Orchestra, Le Déjeuner sur l’Herbe, Verve 1969.
Mike Taylor, Remembered, Dusk Fire, 2007.
Zyklus, Virtual Realities, Amp Music, 1991.

 


 

LETTURE

  Bonomi Claudio e Fucile Gennaro, Elastic Jazz, Auditorium, Milano, 2005.