VISIONI / MIRACOLO A MILANO


di Vittorio De Sica / 20th Century Fox Home Entertainment, 2011


Quando con la fantasia di De Sica
si volava alto

di Andrea Sanseverino

 

“Anche i poveri possono essere cattivi fino a questo punto? Certo, anche i poveri. Una volta per tutte vi dirò che l’uomo non va diviso come al solito nelle due categorie povero e ricco – bensì buono e cattivo. Ciò non toglie che i ricchi abbiano il dovere di non approfittare troppo di questa distinzione” (Zavattini, 1980). La doppia raccomandazione è tratta da Totò il buono, racconto al quale è ispirato Miracolo a Milano di Vittorio De Sica, film scritto dallo stesso regista e da Cesare Zavattini, insieme a Suso Cecchi D’Amico, Mario Chiara e Adolfo Franci. La pellicola esce nelle sale ben sessant’anni fa in un’Italia, quella del 1951, che canta Grazie dei fiori con Nilla Pizzi, ma che ascolta anche Achille Togliani e il duo Fasano, nel primo Festival della Canzone Italiana. Un’Italia che corre: in pista, dove sfrecciano l’Alfa Romeo guidata da Manuel Fangio e la Ferrari di Alberto Ascari, con l’argentino che precede il pilota milanese nel secondo campionato di Formula 1; su strada, dove Fiorenzo Magni vince il Giro, unico fra gli italiani a rompere il dualismo, ciclistico e non, fra Ginettaccio e l’Airone; sull’erba dei campi di calcio, dove il Milan dei Gre-No-Li vince un campionato in cui il neopromosso Napoli gioca le partite casalinghe allo stadio “Collana”, uno dei simboli della resistenza del popolo napoletano durante le drammatiche “quattro giornate”.

Ricordi, quelli bellici, non proprio lontani se, dalla Sicilia a Trieste, un concreto abbandono della minaccia delle armi non era ancora completato. È tuttavia un’Italia distante da quella del 1943, anno cruciale per le sorti dell’Italia durante il secondo conflitto mondiale, ma anche anno in cui lo scrittore di Luzzara pubblica il suo romanzo, “una storia che vi parla di petrolio, di angeli, di miracoli” (ibidem). Francesco Golisano, l’attore che interpreta il protagonista Totò, la definì, nel prolisso trailer dell’epoca, “una sorridente e spesso allegra favola moderna”. E che di favola si tratti ce lo dice sia l’immancabile, quanto rassicurante, “C’era una volta…”, accompagnato da una marcetta da giorno di fiera, sia, soprattutto, il fatto che Totò nasca al riparo dei cavoli dell’orto della signora Lolotta, solitaria anziana che lo alleva per essere poi da lui accudita fino in punto di morte. A Totò si aprono dunque le porte dell’orfanotrofio dalle quali, secondo un’ellissi che ricalca la stessa soluzione narrativa proposta da Zavattini nel testo, lo vediamo immediatamente uscire già grandicello, ma sempre in divisa da martinitt, come da tradizione meneghina. Per il protagonista inizia l’avventura in un mondo popolato da uomini, sia poveri che ricchi, privi del suo senso di bontà e di fiducia nel prossimo. Questo non gli impedisce di mettersi alla testa dei barboni che abitano l’accampamento in cui trova rifugio, aiutandoli, inizialmente a colpi di buona volontà, poi di veri prodigi, a contrastare il nuovo padrone del terreno, allettato dalla scoperta del petrolio e che vuole cacciarli via tutti. Ecco le due parole chiave che, nonostante l’atmosfera fiabesca, riportano lo spettatore del tempo alla realtà della vita quotidiana, o meglio, al dibattito politico, sociale e finanziario, ossia terra e petrolio. Da un lato, c’è un Paese che nel 1951 ha completato la spartizione, iniziata l’anno precedente, di circa 650 mila ettari di terreno fra le varie regioni italiane a favore dei contadini, per placare un movimento che ebbe forti episodi drammatici, ma che in realtà fu frenato da altre ragioni, quali l’inizio sia di massicce emigrazioni, sia di un rifiuto culturale nei confronti della società rurale di una volta (Galasso, 1982). Dall’altro, una nazione che ha sete di petrolio, come tutti i paesi industrializzati del secondo dopoguerra, e che con Enrico Mattei prometteva di intraprendere una strategia di Stato capace di destare l’attenzione, e non solo, del capitalismo petrolifero statunitense e delle Sette Sorelle, impegnate in quello stesso anno a contrastare gli effetti della nazionalizzazione del petrolio persiano.

Tornando al film, lascia senza dubbio spiazzati questa pellicola che, col suo piglio grottesco, sembra sovvertire i canoni fondamentali del neorealismo e che, nella filmografia di De Sica, è collocata proprio tra Ladri di biciclette (2011a) e Umberto D. (2011c), ossia tra le opere che meglio illustrano i capisaldi di quell’indirizzo estetico nel quale una solida fatica documentaristica si coniugò con un altrettanto forte impegno critico della realtà (Rondolino, 1998). Proprio la costatazione di tale allontanamento formale fu uno dei perni su cui poggiò la critica di sinistra, mentre quella di destra si concentrò sul piano contenutistico, ponendo in evidenza sia il danno d’immagine alle forze dell’ordine, nel film asservite al ricco di turno, sia la vivace intraprendenza dei barboni contro il capitale. Va detto, però, che questo film spartì la sorte di quasi tutte le opere generate dal sodalizio tra De Sica e Zavattini, uno dei più longevi quanto prolifici del nostro cinema, dal momento che i due raramente incontrarono la benevolenza di critici e intellettuali delle ideologie dominanti, mentre al di fuori dei confini nazionali, in quello stesso anno, Miracolo a Milano vinceva la Palma d’oro al Festival di Cannes e veniva ritenuto il miglior film straniero secondo i critici newyorkesi.

Se la pellicola del 1951 è un capolavoro che ancora oggi è oggetto di attenzione da parte del mercato dell’home video – che in occasione dei suoi sessant’anni lo ripropone in edizione restaurata sia nel formato dvd sia in quello blue-ray – vederlo in televisione è tuttora un evento eccezionale. Minor fortuna editoriale ha, a sua volta, il testo di Zavattini; ed è un vero peccato: nel suo racconto, infatti, proprio la sua proverbiale tenacia descrittiva, che alimenterà quell’idea che venne ricordata come pedinamento del coinquilino (nota anche come l’estetica del buco della serratura), sposa il guizzo irruento della fantasia, complice quella potenzialità della scrittura incommensurabile rispetto a una cinematografia del tempo priva delle risorse dei nostri giorni, legate all’influenza dell’informatica nel cinema. A tale riguardo, rileggendo le pagine di Totò il buono, sarà sufficiente pensare alla battaglia tra le nuvole, che il vento plasma in antilopi, tori o vacche, sotto lo sguardo incitante dei baracchesi, come Zavattini li chiama nel libro. Totò il buono brulica di nomi: ci sono i De’ Sattas, gli Anselmis, i Tarvis, i Marellis, ossia il vicinato della signora Lolotta; c’è De Cantis, il padrone di casa dell’anziana che le aumenta la pigione non appena viene a conoscenza del maestoso spettacolo del sole che cala proprio dietro l’orto; ci sono il vecchio servo Ademaro, il dottor Ampellius, il segretario Carmelo, il sicario Annibale e il capitano Gero, tutti satelliti che ruotano attorno al pezzo grosso Mobic (Mobbi nella pellicola di De Sica); ci sono, soprattutto, Eleuterio, Rec, Flamb, Bip, Min, Mec, il rinnegato Rap, i litigiosi Ceroboamo e Stocc, ossia coloro che non posseggono nulla se non quello che trovano tra gli scarti lasciati dai ricchi della città di Bamba (che gli autori trasformano in Milano nel film) e che lottano tra loro per accaparrarsi un raro spicchio di sole, perché “su quell’isola luminosa si sentivano certi del domani mentre i loro compagni intorno stavano naufragando nel grigio” (Zavattini, 1980).

Se il ricco Mobbi pare ricalcare i potenti, e altrettanto cattivi, di Sciopero! di Sergej Ėjzenštejn (2011) e alcuni barboni appaiono i precursori di quelli che banchettano in Viridiana di Luis Buñuel (2011), Totò e l’amata Wanda (Brunella Bovo) non hanno l’arguzia di Charlot, né godono del sostegno delle certezze, poche ma incrollabili, di Chance, il giardiniere di Oltre il giardino (Ashby, 2011) o di Forrest Gump: i due appartengono a quel giardino dei semplici che hanno attraversato il cinema di casa nostra, tra i quali i felliniani Wanda (sempre la Bovo, guarda caso) de Lo sceicco bianco (2003a), Gelsomina de La strada (2007a), Giudizio de I vitelloni (2003b) e Amarcord (2007b), Frate Ciccillo e Frate Ninetto di Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini (2008), Maria, la donna scimmia di Marco Ferreri (2011) e il morettiano Edo di Bianca (2008), colui che “a suo modo è un genio, che fa un po’ di tutto, anche se tutto quello che fa è bello, ma inutile”. Nel film De Sica ricorse agli effetti speciali che fecero triplicare i costi di produzione, dal momento che fu indispensabile rivolgersi alle competenze statunitensi (Pecori, 1995), soluzioni tecniche che, confrontate con le attuali, strappano allo spettatore un sorriso; ma diventiamo immediatamente serie pensando che Miracolo a Milano ha ispirato perfino un genio indiscusso della science fiction come Steven Spielberg, nella realizzazione della scena dei bambini che attraversano il cielo in bicicletta in E. T. l’extrarrestre (2007).


ASCOLTI

× Pizzi Nilla, Grazie dei fior, Halidon, 2011.

× Togliani Achille, Le Grandi voci della canzone italiana, Replay, 2003.

 
LETTURE

× Galasso Giuseppe, Sud: i contadini occupano le terre, in AA. VV., Storia di una repubblica. Enciclopedia politica dell’Italia dal 1946 al 1980, L’Espresso, 1982.

× Pecori Franco, Vittorio De Sica, Il Castoro, Milano, 1995.

× Rondolino Gianni, Storia del Cinema, UTET, Torino, 1998.

× Zavattini Cesare, Totò il buono, in Zavattini C., Parliamo tanto di me. Totò Il buono, Euroclub, Bergamo, 1980.

 

VISIONI

× Ashby Hal, Being There, Oltre il giardino, Warner Home Video, 2011.

× Buñuel Luis, Viridiana, Dynamic Italia - DYNIT, 2011.

× Chaplin Charles, Il monello, 20th Century Fox Home Entertainment, 2011.

× De Sica Vittorio, Ladri di biciclette, 20th Century Fox Home Entertainment, 2011a.

× De Sica Vittorio, Miracolo a Milano, 20th Century Fox Home Entertainment, 2011b.

× De Sica Vittorio, Umberto D., Medusa Home Entertainment, 2011c.

× Ėjzenštejn Sergej Michajlovič, Sciopero!, Medusa Home Entertainment, 2011.

× Fellini Federico, La strada, Warner Home Video, 2007a.

× Fellini Federico, Amarcord, Warner Home Video, 2007b.

× Fellini Federico, Lo sceicco bianco, Medusa Home Entertainment, 2003a.

× Fellini Federico, I vitelloni, Medusa Home Entertainment, 2003b.

× Ferreri Marco, La donna scimmia, Cecchi Gori Home Video, 2011.

× Moretti Nanni, Bianca, Warner Home Video, 2008.

× Pasolini Pier Paolo, Uccellacci e uccellini, Medusa Home Entertainment, 2008

× Spielberg Steven, E. T. l’extra-terrestre, Universal Pictures, 2007.

× Zemeckis Robert, Forrest Gump, Universal Pictures, 2011.