VISIONI / MICHELANGELO PISTOLETTO: DA UNO A MOLTI, 1956-1974 E CITTADELLARTE


di Carlos Basualdo / MAXXI / Roma


L'ego cum di Pistoletto:
arte, critica, didattica, pubblico

di Antonello Tolve*


La compartecipazione (est)etica, la coesistenza e la condivisione di un destino o, quantomeno, di un progetto comune. Attorno a queste figure Michelangelo Pistoletto (nato a Biella nel 1933), tra i massimi esponenti dell'arte italiana e internazionale del secondo Novecento, ha costruito, sin dai suoi esordi, un discorso fluido che dall'arte ha sempre guardato il sociale per tessere trame linguistiche la cui eleganza e il cui Pflichtgefühl (che in italiano potremmo tradurre come “senso del dovere”, ndr) hanno dato luogo non solo ad una filosofia di vita ma anche – e soprattutto – ad un necessario percorso educativo. Ad un viaggio progettuale aperto all'orizzonte di una riflessione in cui l'ego sum cartesiano si fa ego cum per concepire un vocabolario in cui "la singolarità di ciascuno", suggerirebbe Jean-Luc Nancy, "è indissociabile dal suo essere-con-tanti" (Nancy, 1996).

La riflessione che segue nasce da una serie di eventi dedicati a Pistoletto nel corso del 2011. Da una parte le eleganti manovre del MAXXI (Roma), con Da uno a molti, 1956-1974 e Cittadellarte (uno straordinario catalogo Electa), dall'altra due ulteriori eventi esclusivi. Il primo, alla Serpentine Gallery (London), Michelangelo Pistoletto. The Mirror of Judgement (che propone, tra l'altro, un favoloso catalogo con interviste di Julia Peyton-Jones, Hans Urlich Obrist e Germano Celant), il secondo, Michelangelo Pistoletto, presso la Simon Lee Gallery (London).

Figlio unico di una generazione che ha attraversato la disputa tra astrazione e figurazione, il discorso dopo l'informale, la PopArt e le sue varie declinazioni, i Gruppi gestaltici e l'Arte Povera (movimento a cui ha aderito, pur mantenendo una forte autonomia creativa e teorica), Pistoletto è stato, e continua ad essere, padre di un pensiero creativo in continua metamorfosi. Di un pensiero teso ad elaborare "una pratica artistica che intende il lavoro estetico come atto di collaborazione" (cfr. Anna Mattirolo, in Basualdo 2011), come discorso civile, come funzione plurale. Dove plurale indica non solo lo spazio della collaborazione o il territorio di rispetto, il vuoto necessario tra le cose e tra le persone (Pistoletto, 1968), ma anche il giardino planetario (Pistoletto, 2010) e il pascolo felice (Platone) in cui l'ente e l'esente convivono e condividono un progetto concreto, comune.

Legato al presente e alle presenze, il cammino di Michelangelo Pistoletto trasforma la singolarità in pluralità, la solitudine dell'uomo moderno in felice comunione e condivisione, in necessaria parabola attraverso la quale preservare l'unicità (Pistoletto, 2010) e creare, contemporaneamente, condivisione, incontro, lavoro di squadra e di gruppo.

Dopo i vari esperimenti visivi effettuati con tecniche e materiali di varia estrazione e natura [Autoritratto (1956), Esperimento (1959), Autoritratto argento (1960), Autoritratto oro (1960) Autoritratto bronzo (1961), Il presente / Autoritratto in camicia (1961) e Il presente / Uomo di schiena (1961), per citarne alcuni] in cui si evince una rilettura personale dell'opera di Francis Bacon, Pistoletto mette a punto, tra il 1961 e il 1962, i primi Quadri specchianti per elaborare, poco a poco, un discorso che assume il tempo come strumento e materia primaria del lavoro. Stimolato dalle ricerche prospettiche di alcuni maestri dell'arte italiana – Piero della Francesca in primis, ma anche, a noi pare, Paolo Caliari (il Veronese) – Pistoletto ribalta i canoni della prospettiva tradizionale per costruire opere dialogiche in grado di assimilare lo spettatore e trasformare positivamente il sociale con una prassi creativa che oppone il reale al reale e mette sotto uno stesso cielo l'opera, l'artista e il pubblico.

L'alterità, centrale in tutto il lavoro dello specchio, è, nel suo progetto evolutivo, movens privilegiato per portare l'arte ai bordi della vita (Pistoletto, 1967) e creare una sorta di phénoménologie du reflet (così la chiama Giovanni Lista, 1998) attraverso la quale rompere gli argini della bidimensionalità ed entrare nello spazio del mondo per mostrare "l'affacciarsi prepotente della fluidità del vivere" (Trimarco, 1988). Il mondo della vita [Lebenswelt], la sua instancabile dinamicità, non entra soltanto nell'arte come durata reale, ma si fa esso stesso parte integrante dell'opera mediante comunioni, azioni creative che portano l'artista a sperimentare altre vie aggregative e ad aprire il proprio discorso ad una teatralizzazione dell'arte necessaria a creare una breccia tra la fissità dell'opera e l'instancabile divenire della sfera biologica.

Dalle varie azioni realizzate in spazi non deputati (che partono il 6 marzo 1967 con La fine di Pistoletto) all'apertura del proprio studio alla creatività altrui (dal gennaio 1968), per giungere, via via, agli esperimenti condotti (tra il maggio del 1968 e l'ottobre 1970) con Lo Zoo – un gruppo da lui fondato per ripensare il teatro e riportare l'arte (seguendo la lezione di Antonin Artaud, di Jerzy Grotowski, di Allan Kaprow, del Living Theatre e del movimento Gutai) nei brani del quotidiano, Pistoletto sottolinea una inclinazione a fare e trasformare l'arte in qualcosa di polifonico, plurale, partecipativo. Il Manifesto della collaborazione pubblicato nel 1968 (in occasione della XXXIV Biennale di Venezia) rappresenta un ulteriore invito all'azione partecipativa. Ad una partecipazione che è per l'artista, “un rapporto umano non competitivo ma di intesa sensibile e percettiva”. Perché l'opera d'arte è “cedere una parte di me stesso a chi desidera cedere una parte di se stesso” (Pistoletto, 1968).

Azione e reazione, compartecipazione aggregativa, libera interpretazione di ruoli, comportamento alternativo (Bonito Oliva, 1971), educazione estetica e comunitarismo. Ma anche multiculturalismo e rispetto per l'altro, sostenibilità umana e ambientale. Mosso da un senso di responsabilità fuori dal comune, Pistoletto ha costruito negli anni – fino alla recente retrospettiva che gli è stata dedicata al MAXXI di Roma il cui titolo è Da uno a molti (con opere dal 1956 al 1974) – un esempio creativo in cui l'etico e l'estetico, il politico e il religioso si mescolano per riflettere sui modelli di vita offerti dal tempo.

Convinto che l'arte sia, prima d'ogni cosa, luogo di confronto e di condivisione, l'artista propone un atteggiamento linguistico di natura civica, educativa e formativa per trasformare ancora una volta l'arte in azione, dibattito e costruzione. Non a caso nel 1994, con Progetto Arte, Pistoletto rivolge la propria riflessione ai paesaggi della differenza e dell'accoglienza per dar vita ad un nuovo ed esclusivo programma che trasforma i problemi del globale in indispensabili esercizi di convivenza per eliminare le distanze mantenendo le differenze. “Progetto Arte”, suggerisce l'artista, “si fonda sull'idea che l'arte è l'espressione più sensibile ed integrale del pensiero e del tempo che l'artista prenda su di sé la responsabilità di porre in comunicazione ogni altra attività umana, dall'economia alla politica, dalla scienza alla religione, dall'educazione al comportamento, in breve tutte le istanze del tessuto sociale” (Pistoletto, 1994).

Assumendo nel campo dell'arte l'educazione all'arte e con l'arte a tutte le istanze del tessuto sociale, Pistoletto formula, così, un nuovo ruolo dell'artista nella società contemporanea. Un ruolo che deve essere pedagogico, favorevole a ricostruire, con attenzione, un nuovo che avanza. Difatti, con la nascita di Cittadellarte (1998) l'artista concretizza, a Biella, il suo programma operativo – un programma che è farmaco indispensabile per un presente danneggiato dagli inquinamenti della nuova (in)civiltà del rumore (Dorfles, 2008) – un discorso parasociale e metasociale che trasforma la proposta teorica in pratica significativa, il pensiero in impegno reale.

Ad un – a volte fuorviante – nuovo a tutti i costi, tipico della modernità, l'artista predilige un atteggiamento responsabile che non solo guarda al passato ma anche (e soprattutto) alle necessità dell'oggi per trasformare l'utopia in eterotopia e costruire, con concretezza (e senza demagogie che infangano la politica e l'economia del governo mondiale), un presente radioso fatto di unione, di stare insieme e di indispensabili laboratori creativi adatti a costruire oggi la civiltà del futuro.

Anche la scelta del Terzo Paradiso – il segno e la cosa – nasce da questa propensione. Dalla necessità di riporre armonia sulla bilancia dell'esistenza. Dalla volontà di partecipare agli ideali concreti del mondo con “un'iniziativa che, partendo dalle creatività dell'arte, reagisce alle emergenze politiche in corso, congiunte alle gravi problematiche che coinvolgono ogni altro ambito del sociale” (Pistoletto, 2010). Perché è soltanto con l'arte che si può costruire, in un problematico e incosciente presente, un nuovo equilibrio perduto, una nuova era degli esseri umani (Pistoletto, 2010).

 

* L'autore desidera ringraziare Ilaria Maggi (Ufficio stampa Mondadori Electa) per la disponibilità mostrata.


LETTURE

× A.A.V.V., Michelangelo Pistoletto / Premio Bolaffi 1978, pubblicazione monografica allegata al Catalogo nazionale Bolaffi d'arte moderna n. 13, Giulio Bolaffi Editore, Torino, 1978.

× Bandini Mirella, 1972 / Arte Povera a Torino, Allemandi, Torino-Londra-Venezia, 2003.

× Basualdo Carlos (a cura di), Michelangelo Pistoletto. Da uno a molti, 1956-1974, Electa / MAXXI, Milano, 2011.

× Boatto Alberto, Pistoletto, dentro / fuori lo specchio, Fantini, Roma, 1969.

× Bonito Oliva Achille, Il territorio magico. Comportamenti alternativi dell'arte, Centro Di, Firenze 1971.

× Celant Germano (a cura di), Pistoletto, Electa, Milano 1976.

× Celant Germano (a cura di), Pistoletto, Electa Firenze, Firenze, 1984.

× Dorfles Gillo, Horror Pleni. La (in)civiltà del rumore, Castelvecchi, Roma, 2008.

× Lista Giovanni, La Phénoménologie du reflet, in Ligea. Dossier sur l'art, numero monografico dedicato all'Arte Povera, anno X, numeri 25-26-27-28, Parigi, ottobre1998 – giugno 1999 (ora anche in Lista Giovanni, Arte Povera. Interviste curate e raccolte da Giovanni Lista, Abscondita, Milano, 2011).

× Nancy Jean-Luc, Être singulier pluriel, Galilée, Parigi, 1996.

× Pistoletto Michelangelo, Il Terzo Paradiso, Marsilio, Venezia, 2010.

× Pistoletto Michelangelo, Le ultime parole famose, originariamente pubblicato in proprio dall’artista, Torino, 1967.

× Pistoletto Michelangelo, L'uomo nero, il lato insopportabile, Rumma Editore, Salerno, 1970.

× Pistoletto Michelangelo, Manifesto per la XXXIV Biennale di Venezia, Torino – 2 aprile 1968 (manifesto

× Trimarco Angelo, Michelangelo Pistoletto, in Il Mattino, 5 marzo 1988 (ora anche in Trimarco Angelo, Napoli ad Arte 1985/2000, Editoriale Modo, Milano, 1999).