VISIONI / STANLEY KUBRICK'S NAPOLEON: THE GREATEST MOVIE NEVER MADE
a cura di Alison Castle / Taschen, Colonia, 2011 / pagine 1112, € 49,95
Io, Napoleone, sono leggenda
di Roberto Paura
“La leggenda di Napoleone mi par simile all’Apocalisse di San Giovanni: ognuno intuisce che vi è in essa un contenuto nascosto, ma nessuno sa quale.” Goethe, che pronunciò queste parole, si avvicinò forse inconsapevolmente più di tutti gli esegeti dell’epopea napoleonica a quella verità nascosta racchiusa nella straordinaria parabola di un uomo che, dal nulla, ebbe la forza di ergersi ad arbitro di “due secoli, l’un contro l’altro armati”. L’enigma di Napoleone ha affascinato, del resto, generazioni intere: dai personaggi di Stendhal che leggevano di nascosto, in piena Restaurazione, le pagine del
Memoriale di Sant’Elena, agli scrittori come Alexandre Dumas e Victor Hugo che non poterono evitare di confrontarsi con l’uomo del destino, restandone schiacciati, fino a un cineasta come Stanley Kubrick, innamoratosi della storia napoleonica al punto da perdere la testa, lasciando irrealizzato quello che egli dichiarò senza tema di smentita sarebbe stato “il più grande film mai realizzato”.
Probabilmente Napoleone avrebbe convenuto con lui. Egli stesso esclamò a Sant’Elena: “Che romanzo è stata la mia vita!”. Un romanzo, appunto, una fiction che a malapena sembra storia, che al termine della lettura lascia storditi, incerti se credere davvero che un uomo come quello sia mai davvero esistito. Una domanda che si pone lo stesso Kubrick dopo aver letto la biografia di Napoleone dello storico inglese Felix Markham. Fiction o realtà? Il regista era appena uscito dai fasti di 2001: Odissea nello spazio e dovette porsi quella domanda, tant’è che per prima cosa decise di farsi una cultura sull’argomento. Contattò l’autore di quel volume, lo trasse via dalle carte e dagli archivi, habitat consueto per uno storico di Oxford, e lo investì con una serie di domande per più di un anno, accumulando lettere e nastri di registrazione, nel tentativo di comprendere quanto reale fosse la storia da lui letta. Nasceva così Napoleon, “il più grande film mai realizzato”, come recita il sottotitolo del volume edito da Taschen Stanley Kubrick’s Napoleon: un tomo gigantesco edito finalmente in un’edizione ‘economica’, in tre lingue – inglese, francese e tedesco – che riassume l’enorme mole di materiale (88 scatoloni) accumulato da Kubrick nel corso di circa tre anni, dal 1968 al 1971, rincorrendo il mito di Napoleone. Un film che è diventato leggenda quanto la storia a cui s’ispira. Persa da tempo, la sceneggiatura definitiva – rifiutata dalla casa di produzione – fu ritrovata in una miniera di sale nel 1994, nel Kansas, tra i materiali d’archivio delle major cinematografiche che usavano quel luogo per proteggerli dal tempo. Circolò in giro, fu poi ritirata, diffusa illegalmente su Internet, infine pubblicata e resa disponibile al grande pubblico.
Perché Napoleone? È una domanda a cui Kubrick non seppe mai rispondere. Certo, l’interesse per i collegamenti con la storia contemporanea; certo, la riflessione sul potere, ripresa in Barry Lyndon; certo, la complessità del rapporto con Giuseppina, “una delle più grandi passioni ossessive di tutti i tempi”, come la definì in un’intervista (Gelmis, 1969). Ma sostanzialmente nessuna di queste risposte è quella definitiva. “Perché Napoleone?” è una di quelle domande, ricorrenti nei discorsi che riguardano l’imperatore dei francesi, destinate a restare senza risposta, come la famosissima manzoniana “Fu vera gloria?” e quella, quasi infastidita, che si è posta lo storico Giuseppe Galasso: “Ma perché – mi sono chiesto mille volte – questo culto o mito o leggenda e, comunque, seduzione e fascino irresistibile di Napoleone, del suo nome, delle sue vicende?” (Galasso, 2010). È il contenuto nascosto di cui parla Goethe, ugualmente irretito dal fascino di quell’uomo incontrato a Erfurt, al punto da non separarsi mai della croce della Legion d’onore di cui Napoleone (“il mio imperatore”) lo aveva insignito. Kubrick vuole sapere tutto di lui, con la sua maniacale attenzione al dettaglio che però ben presto travalica, diventa passione ossessiva, la stessa che egli attribuiva al rapporto di Napoleone con Giuseppina. Mette su una biblioteca personale di quasi 500 libri sull’argomento, praticamente tutto lo scibile disponibile in lingua inglese, oltre a qualcosa – poco in verità – in francese. Fa realizzare, grazie all’aiuto di un’équipe di studenti e dottorandi di Oxford guidata dal professor Markham, un enorme archivio diviso per personaggi e per anni, mesi e giorni, così da sapere tutto di ciascuno di loro, seguendoli quasi con la destrezza di un investigatore privato. Il grosso dell’archivio era naturalmente costituito da lui, Napoleone, indiziato numero uno. Iniziò persino a imitarlo: durante i pasti spizzicava dalle varie portate senza ordine o ritegno, e allo stupefatto Malcolm McDowell, sul set di Arancia meccanica, spiegò semplicemente: “Napoleone mangiava così” (Mason, 2000).
Ma Kubrick evidentemente ignorava quella maledizione che incombe sul cinema napoleonico, e che ha impedito, fino a oggi, di produrre un film definitivo sull’argomento. Il fallimento di Kubrick ha radici profonde. Non fu soltanto dettato dal fatto che, come brutalmente concluse la MGM bocciando il progetto, “il film sarebbe costato 40 milioni di dollari (una cifra allora impensabile) e agli americani non importa nulla di Napoleone” (cit. in Aragno, 1999). Nel 1971 era uscito al cinema Waterloo di Sergej Bondarčuk, kolossal co-prodotto dall’Unione sovietica e dall’Italia, erede dei fasti di Guerra e Pace dello stesso regista (1965), con Rod Steiger nella parte di Napoleone. Era storicamente corretto, inusualmente realistico, solo un po’ troppo enfatico nella recitazione di Steiger, che pure fisicamente era perfetto per il ruolo. Fu un fiasco (e non piacque nemmeno a Kubrick, che lo definì una scemenza). In realtà, tutti i film napoleonici sono stati un fiasco. Perché? È questa la domanda a cui, diversamente dalle altre, si vuole qui dare una risposta. Dopo tutto, si è chiesto Jean Tulard, il più grande storico francese di Napoleone: “Non è stato Napoleone stesso a creare la sua stessa immagine sullo schermo? Il basso cappello, la redingote grigia, il ciuffo, la mano nel gilè: un personaggio facile da identificare al primo sguardo. Immediatamente riconoscibile su un campo di battaglia e destinata a galvanizzare il morale delle sue truppe, l’immagine di Napoleone rende possibile a qualsiasi attore recitare il suo ruolo.” (Tulard, 2011).
Ma è esattamente il rischio della banalizzazione a incombere su pressoché tutti i film incentrati sul personaggio. Dopotutto, se ne sono realizzati a centinaia, e nessuno ha davvero lasciato il segno nella memoria. Che Kubrick ne fosse convinto lo testimonia questo importante scambio di battute tra il regista e il critico cinematografico Michel Ciment:
“Gli feci notare che quel tema aveva già ispirato vari registi, e mi chiedevo il perché del suo desiderio di aggiungere un nuovo titolo a una filmografia già così abbondante. Mi sfidò allora a citargli un titolo che mi avesse veramente soddisfatto. Gli risposi come avrebbe fatto qualunque cinéphile che si rispetti: il Napoléon di Abel Gance. Mi ribatté così: «Ma pensa che un Marat che si spidocchia e un Robespierre incipriato diano un'idea di ciò che è stata la Rivoluzione francese, quel film le ha fatto capire perché mai Napoleone sia stato il più grande stratega di tutti i tempi?»” (Ciment, 1999).
Eppure, con Abel Gance, Kubrick aveva più di un elemento in comune. Come nota Paolo De Marco, anche “Gance s’identificava con il suo eroe, ma non in termini politici quanto artistici, perché lui stesso aspirava a esercitare la stessa volontà di potenza che attribuiva a Napoleone, nella sua attività di regista demiurgo e stratega, sia pure solo nell’ambito del cinema” (De Marco, 2011). I due progetti cinematografici, quello di Gance del 1927 e quello di Kubrick, erano ugualmente colossali, impegnando un numero enorme di comparse, non badando a spese e finendo per naufragare di fronte all’impossibilità del compito: Gance realizzò solo il primo dei 6 capitoli che avrebbero ricostruito l’epopea napoleonica, un primo capitolo della durata variabile tra le 3 e le 7 ore, qualcosa di inimmaginabile. Tornò sull’argomento più volte, prima nel 1937 per realizzarne una versione con l’aggiunta del sonoro, poi nel 1960 girando il kolossal Austerlitz, recuperando parte dei materiali del suo ciclo incompiuto, infine editando ancora il suo primo Napoléon e restaurandolo nella sua versione quasi integrale (330 minuti) nel 1971 con Bonaparte et la révolution. Kubrick prese senz’altro molti spunti dal Napoléon di Sacha Guitry del 1955, ancora oggi il miglior film “moderno” sul personaggio. La scelta di sostenere l’intero film con una voce narrante è ripresa proprio da Guitry, che nella sua pellicola affidava a Talleyrand il compito di narrare la vicenda napoleonica “fuori campo”. Ma in realtà Kubrick non accoglierà la scelta singolare di Guitry di approfondire l’aspetto politico di Napoleone, preferendo per la sua sceneggiatura il Napoleone dalla carriera ambiziosa, il generale e l’Imperatore, glissando con una breve scena sul Consolato e approfondendo piuttosto la grandiosa caduta del personaggio e soprattutto le vicende intime del suo rapporto con Giuseppina.
Sulle storie d’amore di Napoleone il cinema era già tornato a più riprese, concentrandosi a turno su Maria Walewska, l’amante polacca, su Giuseppina stessa, o su Desirée, la prima fiamma, poi regina di Svezia dopo il matrimonio con Bernadotte, che Hollywood trasformò in eroina nell’omonimo film del 1954 di Henry Koster, noto per l’ingombrante presenza di Marlon Brando nei panni di Napoleone. Singolarmente, nella sceneggiatura di Kubrick non c’è spazio né per Desirée né per Maria Walewska, nemmeno fugacemente citate. Il Napoleon di Kubrick esplora piuttosto la tematica del tradimento. Napoleone vi viene presentato come un uomo dominato da grandi passioni, costantemente disattese: per Giuseppina, che invece lo tradisce con il capitano Charles nei primi anni del matrimonio; per Alessandro, lo zar di Russia, di cui Napoleone era un po’ innamorato, tant’è che Kubrick riprende la sua celebre frase “Se non fossi un uomo ne sarei invaghito”; per Maria Luisa, la seconda moglie austriaca, che subito dopo la caduta lo tradirà con il conte Neipperg; per gli uomini che aveva elevato fino al cielo e che poi gli voltarono le spalle – Marmont, Murat, lo stesso fratello Giuseppe. Non a caso Kubrick insiste sulle scene erotiche in cui prima Giuseppina, poi Maria Luisa tradiscono Napoleone (ma anche in quelle, interessanti, in cui Napoleone cerca consolazione in fugaci avventure con scialbe amanti) e realizza forse la scena più personale e inedita nell’incontro tra Giuseppina e Alessandro dopo l’esilio all’Elba, suggerendo un’intesa anche sentimentale tra i due, i grandi traditori della fiducia dell’imperatore caduto.
Al di là delle vicende personali, la ricostruzione di Kubrick non è fiction, è documentario. Egli sceglie di affidare il grosso della narrazione a una didascalica voce fuori campo, lasciando poco spazio ai dialoghi. È l’abdicazione del regista alla superiorità della storia: dopo aver letto tutto quello che c’era da leggere su Napoleone, Kubrick riconosce di non poter aggiungere nient’altro di personale a una vicenda già di per sé perfetta, e viene sconfitto dalla stessa “maledizione” che già impedì ad altri cineasti – tra cui Charlie Chaplin – di girare “il più grande film mai realizzato”. La sconfitta del grande cinema di fronte alla grandiosità della vicenda storica è inevitabile. Napoleone ci appare fiction perché è sostanzialmente la realizzazione del vecchio topos dell’uomo qualunque che, favorito dalle circostanze o dal destino, realizza tutti i suoi sogni. Le sue gesta apparvero impossibili tanto più allora, quando la Rivoluzione francese aveva da pochissimo rotto i vincoli che trattenevano la forza creativa dell’umanità, imbrigliata dai lacci e lacciuoli dell’Ancien régime. Le promesse della Rivoluzione, la realizzazione del sogno rousseauiano dell’uguaglianza per nascita di tutti gli uomini, ne favorirono l’irresistibile carriera. La Rivoluzione francese fu un sogno a occhi aperti, dimostrando al mondo per la prima volta cos’erano in grado di diventare gli uomini se solo fossero diventati padroni del proprio destino: partorì i Danton e i Robespierre, ma anche i tanti giovanissimi generali che a poco più di vent’anni salvarono la Francia dalla minaccia di eserciti guidati dalle più antiche potenze d’Europa. Uno di essi, Murat, diventò re di Napoli. Un altro, Bernadotte, re di Svezia. Napoleone stesso divenne Imperatore dei Francesi e allargò il suo potere a mezza Europa, umiliando e piegando al suo volere a più riprese l’Austria, la Spagna, la Prussia e la Russia, liquidando su due piedi la millenaria Repubblica di Venezia, l’antichissimo Sacro Romano Impero, azzerando il Papato e deportando il pontefice in Francia, come fosse un reuccio qualsiasi. Non c’è da stupirsi che Napoleone dichiarasse a più riprese, non di rappresentare, ma di essere la Rivoluzione francese. E lui stesso a Sant’Elena racchiuse gli ideali rivoluzionari e il senso della sua fantastica avventura parlando delle sue origini: “Tutti nascono anonimi come me, in una anonima Ajaccio, in un'anonima isola, in un anonimo 15 Agosto di un anonimo 1769, da due anonimi Carlo e Letizia Ramolino; solo dopo diventano qualcuno.”
Nel Napoléon di Yves Simoneau (2002), apprezzata produzione televisiva franco-italiana, Christian Clavier (che veste i panni di Bonaparte) si affaccia dalla sua carrozza e interroga una mendicante chiedendole il nome. “Isabelle”, risponde la bambina. “Nelle favole di Natale le principesse si chiamano spesso Isabelle”, nota Napoleone, e la bambina replica: “Io non sono una principessa”. Al che Napoleone, di rimando: “Stanotte no, ma domani? Devi credere nell’avvenire”; e a Giuseppina, che lo rimprovera di riempirle la testa di strane idee, risponde: “Io voglio una Francia in cui nulla sarà impossibile, per chiunque”. La scena ha un triste epilogo: è la notte di Natale del 1800, e i realisti tentano di uccidere Napoleone facendo esplodere la famosa “macchina infernale”. Napoleone si salva, Isabelle muore. È il mondo che vogliono i realisti, che vogliono i Borboni, suggerisce il film, diverso dal mondo delle infinite possibilità voluto da Napoleone. Un sogno a occhi aperti, appunto, una fiaba che diventa realtà. Questa è stata l’epopea napoleonica, questo il segreto del suo fascino intramontabile. A differenza di Kubrick, Abel Gance riuscì a rispondere alla domanda fondamentale “perché Napoleone?”, sottolineando proprio quest’aspetto: “Ho girato Napoléon, perché egli era il parossismo di un’epoca che fu a sua volta un parossismo della storia” (cit. in De Marco).
La sentenza definitiva l’ha scritta la studiosa ed esperta di cinema Eva-Maria Magel: “It was a lost opportunity, but it became a legend.” Si riferiva al film di Kubrick o alla parabola di Napoleone? Tutto sommato, è la stessa cosa.
LETTURE
× Aragno R., Kubrick. Storia di un’amicizia, Schena Editore, Fasano, 1999.
× Ciment M., Stanley Kubrick, 1980; tr. it. Kubrick, Rizzoli, Milano, 2007.
× De Marco P., voce Cinema, in Mascilli Migliorini L. (a cura di), Italia napoleonica. Dizionario critico, UTET, Torino, 2011.
× Galasso G., Sulle orme di Napoleone, con amore e con fantasia, in Aa.Vv. Storia di una raccolta. Napoleone e una napoletana, Art’em, Napoli, 2010.
× Gelmis J., An Interview with Stanley Kubrick, 1969, http://www.visual-memory.co.uk/amk/doc/0069.html. Citazione tratta da Paolo Valassi, Napoleon, in Orizzonti Kubrickiani, http://www.orizzontikubrickiani.it/Napoleon.html.
× Magel A-M., Everything A Good Story Should Have – Stanley Kubrick and Napoleon, in Castle A. (a cura di), Stanley Kubrick’s “Napoleon”: the Greates Movie Never Made, Taschen, Colonia, 2011.
× Mason D., The greatest movie Stanley Kubrick never made, 4 ottobre 200, http://dir.salon.com/ent/movies/feature/2000/10/04/napoleon/index.html. Citazione tratta da Valassi, op. cit.
× Tulard J., Napoleon in Film, in Castle, op. cit.
VISIONI
× Bondarčuk S., Waterloo, URSS-Italia, 1969, FilmAuro, 2008.
× Bondarčuk S., Vojna i Mir, URSS, 1966, Guerra e Pace, Medusa Home Entertainment, 2005.
× Gance A. Austerlitz, Francia-Italia-Jugoslavia, 1960, it. La battaglia di Austerlitz, o anche Napoleone ad Austerlitz, Lux – Fonit Cetra Video.
× Gance A., Napoléon vu par Abel Gance, Francia, 1927.
× Guitry S., Napoléon, Francia-Italia, 1955, it. Napoleone Bonaparte.
× Koster H., Desirée, 20th Century Fox, Usa, 1954.
× Simoneau Y., Napoléon, Francia-Italia, 2002, Napoleone, Terminal Video, 2010.