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La storia in bianco… e nero, ovvero D. W. Griffith nel remix di Dj Spooky
di 
Beatrice Ferrara

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“Hai visto un fantasma?” – “Non ho visto nulla,

ma mi è come sembrato di ‘avvertire’

un qualcosa” – “Ecco. Un fantasma è proprio questo.”

Jean Rhys, Wide Sargasso Sea*

 

“È lo spettacolo della Storia scritta con il lampo!”. Tradizione vuole che sia questa la frase con cui, nel 1915, l’allora presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, reagì alla proiezione privata di Birth of a Nation (Nascita di una nazione) del regista americano David W. Griffith. Che l’aneddoto sia vero o meno, poco conta: fu davvero con la velocità e la potenza di un lampo che quella storia sulla nascita della nazione attraversò, nell’arco di pochi mesi, la mente di numerosi americani, spettatori del primo film kolossal dell’industria cinematografica hollywoodiana. Nella loro mente lasciò una scia, come il bagliore di una folgore che, illuminando un paesaggio denso e nebuloso, dagli occhi corse al pensiero, dal pensiero alla memoria, dalla memoria alla Storia. Gli Stati Uniti di Woodrow Wilson erano, nel 1915, usciti da circa cinquant’anni da un lungo conflitto intestino, la Guerra di Secessione, esplosione della complessa connessione di un mondo di geografie e di narrazioni intrecciate: il Sud ed il Nord, gli interessi dei latifondisti e quelli della nascente industria, le storie negate degli schiavi neri, l’Africa immaginata e quella vera, i proclami degli abolizionisti, le rotte commerciali bianche, le strade sotterranee nere che guidavano alla libertà, una libertà a lungo sognata e poi amaramente ingestibile, la politica inseguita e assediata dallo spettro del denaro, la nascita del Ku Klux Klan, la “liberazione” dei neri e la battaglia sul loro “voto” elettorale, la cronaca di guerra che rimbalzava sulle due sponde dell’Atlantico... Era questo il paesaggio denso e nebuloso in cui si muovevano gli spettatori americani di Nascita di una nazione, sospesi tra frammenti di storie e affamati di racconti. Questo era il paesaggio confuso che Griffith raccolse e osservò, comprendendo come, in un tale paesaggio, occorresse all’artista una nuova modalità, altrettanto complessa e intrecciata, di rivolgersi ad occhi e menti che non erano più gli stessi. Così, nella densità di storie a disposizione, Griffith selezionò alcuni elementi, li isolò, li cucì insieme… inventando la tecnica del taglio e quindi del montaggio cinematografico. Nascita di una nazione, raccontando la storia di due famiglie, una del Nord ed una del Sud, a cavallo della Guerra, intreccia più vicende ricomponendole in una sola storia, che culmina in un doppio matrimonio incrociato (fra Sud e Nord). Lo fa, appunto, passando da una vicenda all’altra secondo un procedimento narrativo cinematografico cui gli spettatori contemporanei sono abituati, ma che allora era nuovo, inedito, e sconvolgente. Costruendo ogni singola scena come un minuzioso quadretto, avvicinando la telecamera ai volti degli attori per catturare l’intensità delle espressioni, inglobando i movimenti delle danze, tagliando le riprese e poi risistemandole, Griffith si innestò direttamente sul modo di vedere-pensare degli spettatori: la mente stessa, infatti, seleziona, taglia, costruisce, delinea, linearizza… La mente (il corpo-mente) non riprende in modalità fissa, ma elabora: reale e artificiale sono la stessa cosa su gradi differenti. Così, nella pellicola di Griffith, la complessità delle narrazioni (le storie di due famiglie) è tenuta insieme attraverso i tagli e le riprese di diversi fili di racconto, avvolti intorno ad un’infra-storia principale (la guerra) cristallizzata in un solo nucleo: un solo mito delle origini, appunto come un lampo bianco in un cielo scuro. Quel mito muto recita che gli Stati Uniti nacquero dal matrimonio fra due territori separati, grazie all’azione di coraggiosi cavalieri bianchi, i membri del KKK, che sapevano come tenere a bada i neri, causa della guerra. I ritornelli narrativi di Griffith si ripetono nel montaggio secondo la stessa modalità con cui procede il pensiero e sussurrano alla coscienza dello spettatore americano del 1915 che “sì, è proprio così che è andata!”. Quel racconto diventò allora propaganda razzista, memoria, Storia; e della Storia prese l’autorevolezza e la magniloquenza. Le mille lingue, perse fra gli spazi e i tempi, ognuna a balbettare la propria versione del racconto, divennero mute, perché annodate insieme in una sola. Quella tecnica di costruzione della narrazione, il montaggio, cioè una fiction così fiction da essere reale, diventò il cinema di massa, nel senso di indagine in movimento su come si impara, collettivamente, a ricordare e a darsi una storia. Proviamo ora un salto, dal 1915 al 2008… Questa volta saremo guidati non dalla luce di un fulmine, ma dall’eco del fragore del tuono che venne dopo la folgore, e che scoppiò nel tumulto dei riots che seguirono l’uscita del film di Griffith, sulla scia delle proteste dall’NAACP (National Association for the Advancement of Colored People). Un tuono di reazioni a quella versione bianca della storia che si proponeva come l’unica e sola, il cui fragore rimbomba (anc)ora, oggi, nel remix dell’artista africano-americano Paul D. Miller aka Dj Spooky, Re-birth of a Nation (2008; cfr. anche recensione su Quaderni d’altri tempi, n.18).

spazio In Re-birth of a Nation, un esperimento iniziato live nel 2004 e dal 4 novembre del 2008 disponibile in versione DVD, Spooky, artista concettuale e Dj di Washington D.C., decostruisce e manipola il film di Griffith, applicando alle immagini le tecniche di taglio e mix della cultura dj contemporanea. Qui non c’è più alcun lampo che illumini, ma un fragore intenso e potente. Spooky riparte proprio dall’intuizione geniale di Griffith sulla tecnica di costruzione delle storie e sul modo in cui la mente le seleziona e ricompone con la rapidità di un fulmine. Dj Spooky, tuttavia, traspone questa tecnica, che nasce dalla complessità, e la riporta in un mondo ancora più connesso e denso quale quello dell’età globale contemporanea, aggiornandola. Muovendosi verso il futuro, il remix di Dj Spooky incontra Birth of a Nation di Griffith, una storia che si è messa in cammino più di un secolo fa, ad un incrocio. È l’incrocio, appunto, fra storia e cultura. E, come cantano tanti pezzi blues, ad un incrocio può succedere di tutto. Questa volta infatti il ‘taglio’ è circolare, interno al film di Griffith e alla memoria collettiva degli Stati Uniti, ed opera sui codici. Operando una decodifica ed una trasformazione in digitale del film del 1915, che viene appunto remixato nelle scene e dotato di una colonna sonora, Dj Spooky spinge al massimo la riflessione sulla nostra relazione con le tecnologie che costruiscono la nostra memoria collettiva. È in questo senso che Dj Spooky ritrova, nella tecnica di Griffith, lo stesso intreccio tra flussi, frammenti e fratture che sta al cuore della dj culture: selezionare e mescolare storie per raccontare altre storie, selezionare impulsi per generare pensieri e azioni, moltiplicare i sensi possibili, tracciare linee fra i tempi e gli spazi. Allo stesso tempo, però, Dj Spooky mette in bella vista i propri strumenti di lavoro e non li nasconde nell’opera, facendo inceppare così il meccanismo che aveva consentito alla fiction di Griffith di sembrare ‘un oggetto naturale’. Dj Spooky, infatti, smontando il montaggio, lascia che l’autorevole Storia di Griffith si incagli ed inizi a balbettare, sciogliendosi in un processo, una serie di possibili storie irrisolte. ‘Verità’ e ‘conoscenza’ sono messe in questione, quando la traiettoria del lampo viene ad essere intersecata da una miriade di altre linee narrative: condensando la narrazione in meno della metà del tempo originale (il remix è molto più breve del film del 1915), Dj Spooky fa, delle scene manipolate, un grumo di intensità. I disegni e i diagrammi sovraimpressi alle scene del film, così come la colonna sonora che Spooky dona al film muto, disorientano il senso stabilito dal montaggio di Griffith e rivelano l’inevitabile parzialità che sta nella necessità della mente di selezionare degli elementi da un continuum di intensità. Le campiture che circondano ora un personaggio, ora l’altro, spostano l’attenzione dello spettatore e la disseminano lungo l’intero spazio dello schermo percettivo. Le campiture ed i diagrammi generati al computer, e dal computer, partendo dall’immagine iniziale sono una decodifica ed una traduzione in un diverso ordine dei personaggi stessi del film. La cinepresa di Griffith riprendeva infatti dei corpi, il diagramma virtuale attivato da Spooky complica i confini del corpo e traccia i pattern ritmici delle relazioni fra corpi.

 

spazio Allo stesso modo, i suoni di Re-birth of a Nation spaziano dalla tradizione ai suoni del futuro, ed evocano non i personaggi che vediamo in scena, ma un intero paesaggio di relazioni, di cui i personaggi stessi non sono che una parte. I ripetuti colpi sonori delle basi hip-hop, l’allusiva ironia blues di Robert Johnson, gli archi e i violoncelli, suonano nell’interfaccia potenziale tra memoria e tecnologia, contrappuntando la versione bianca del racconto delle origini degli Stati Uniti. Lungo il tracciato di quella narrazione lineare e fulminea, una serie di figurazioni nascoste si mette a danzare confondendo le tracce, tracciando altri diagrammi sulla pellicola. Questa danza chiede: “Chi ha deciso in che direzione stavamo andando? Questa Storia è la Storia di chi?”. Esperimento di esplorazione della relazione fra il corpo-mente ed il suo ambiente, che riporta anche lo spettatore a relazionarsi con un intero ecosistema di rimembranza, dimenticanza ed azione, i diagrammi visivi e sonori di Rebirth of a Nation complicano la stessa possibilità di rappresentazione di classe e razza, declinando la Storia in molteplici direzioni. Il remix taglia di traverso queste categorie e, passando da un codice all’altro, sconvolge la rappresentabilità e riattiva la materialità. In molte delle scene, riprendendo ed aggiornando una vecchia tecnica di distorsione del campo visivo, il quadro come materia digitale è occupato per metà da un’immagine e per l’altra metà dalla versione speculare dell’immagine stessa, come se uno specchio fosse stato posto sulla linea mediana che taglia l’inquadratura. Tuttavia, i personaggi, pur se posti davanti ad uno specchio, non si raddoppiano semplicemente, ma, poiché la linea speculare li attraversa a metà, cambiano forma. Ogni personaggio è già una relazione. Inseguendo questo desiderio di relazionalità trasformativa, il lavoro di Dj Spooky dispone il materiale visivo e sonoro, storico e artistico, su uno stesso orizzonte creativo. La superficie dello schermo diventa così un campo di relazioni che procedono per strati. L’operazione tra codici che attraversa Re-birth of a Nation gioca appunto fra gli strati e le relazioni fra essi, rendendo visibili e udibili i livelli. È una riflessione, questa, che indica anche una possibile traiettoria futura che attraversa la pellicola di Griffith e la storia contemporanea e le spinge verso territori ancora da tracciare. Tradizione e trasformazione globale, località e planetarietà sono gli ambienti che il remix attraversa confondendo i tempi e gli spazi. Lo fa, appunto, operando fra gli strati e lavorando sulla loro percettibilità. Re-birth of a Nation invita, infatti, a provare a percepire gli strati nascosti nel film, per tentare di esercitare la mente a percepire anche altri movimenti invisibili che attraversano l’ambiente urbano globale. È così che Storia e memoria non rimandano più soltanto a strati di civiltà sovrapposti, a monumenti affiancati o cresciuti l’uno dai resti dell’altro, a significati sociali. Per Dj Spooky si tratta soprattutto di pensare la cultura oltre i propri monumenti fissi, verso la relazione con un intero ambiente di interazioni: il ricordare, il costruire, il tentare, il pensare, il desiderare  come ecosistemi dell’incontro. La radice (le origini bianche, le origini nere) è così disseminata e trasportata, moltiplicata e connessa. Questo tipo di esercizio, che sonda il mondo contemporaneo e le sue tecnologie attraverso la ripetizione come evocazione della differenza, invita a pensare, a riaprire gli archivi rivelandone potenzialità nascoste. Alterando le variabili costituitive di Birth of a Nation, Dj Spooky attiva nuovi circuiti di pensiero sopiti nel film di Griffith. La “rinascita” indicata dal titolo del remix potrebbe così essere proprio l’emersione di altri pensieri attraverso la ripetizione come differenza: la vita come un continuum; o, ‘avvertire’ un fantasma nella vita di ogni giorno. Il remix invita così a chiedersi non solo: “Come funziona quello che vedo? Come funziona quello che sento?”, ma anche: “E se provassi a cambiare qualcosa?”, e spinge a giocare tra funzione e disfunzione. La Storia come archivio del passato quindi … Ma anche come arca del futuro. Ogni (im)possibile cambio di trama è sempre ancora possibile.


(*) traduzione dell’autrice


 

:: letture ::

- Miller, Paul D. aka Dj Spooky that Subliminal Kid, 2004a, Dépasser les limites. Entrien avec RoseLee Goldberg, disponibile all’indirizzo http://www.djspooky.com/art/rebirth_roseleegoldberg.html (consultato il 16/11/2008).

- Miller, Paul D. aka Dj Spooky that Subliminal Kid, 2004b, Rhythm Science, Cambridge MA, MIT.

- Miller, Paul D. aka Dj Spooky that Subliminal Kid, Notes for Paul D. Miller Rebirth of a Nation, disponibile on-line all’indirizzo  http://djspooky.com/art/rebirth.php (consultato il 26/01/2009).

 


 

:: visioni ::

- Griffith, David W., Birth of a Nation, 1915, La nascita di una nazione, Exa Cinema, 2009.

- Miller, Paul D. aka Dj Spooky that Subliminal Kid, Re-birth of a Nation, Starz/Anchor Bay, 2008.