Se davvero siamo indirizzati verso un futuro prossimo in cui la linea di confine tra uomo e macchina sarà via via più labile, la serie Netflix Love, Death & Robots (LD+R) ci ha offerto e ci offre tutt’oggi la possibilità di esprimere considerazioni sulle crisi dell’identità nell’epoca che viviamo. A partire dal 2019, con il Volume 1, questa serie antologica non ha mai perso l’occasione di portarci a fare riflessioni profonde, seppur ispirate da episodi anche molto brevi. I temi filosofici toccati sono tantissimi, a partire dal rapporto reale-illusorio (Beyond the Aquila Rift, dalla prima stagione), passando attraverso il tema dello scopo (Zima Blue, sempre dal Volume 1) e arrivando a temi come la libertà (Pop Squad, dal volume 2), la circolarità del tempo (The Witness, anch’esso dal Volume 1) o a qualcosa di diverso come le alternative storiche (Alternate Histories, ancora dalla prima eccellente stagione). Spesso, tuttavia, gli spettatori non hanno saputo cogliere del tutto il significato degli episodi (e dei racconti da cui essi sono tratti), rimanendo ancorati, semplicemente, alla dimensione di una ottima serie antologica ben animata. Gli spunti di riflessione, comunque, ci sono e assai validi, al punto che se ne potrebbe parlare dilungandosi non poco e si colgono diverse strizzatine d’occhio alle opere dei grandi pensatori della storia della filosofia. L’uscita del quarto volume, però, ha lasciato i fan per lo più interdetti: il livello delle stagioni passate non è stato del tutto eguagliato anche se, nonostante ciò, i temi filosofici non mancano. L’attenzione (filosoficamente) cade su un episodio in particolare, Spider Rose, che colpisce sia per l’impatto visivo che per la costruzione narrativa.
Il personaggio protagonista dell’episodio Spider Rose.
Lydia, ex militare che in una guerra spaziale ha perso suo marito, ucciso in un raid dei mutanti, decide di sottoporsi a un trattamento che la rende un cyborg, più macchina che donna, per potenziarsi e trovare la sua vendetta contro chi l’ha privata dei suoi affetti. Otto anni dopo, Spider Rose (questa la sua nuova identità) controlla una stazione spaziale a ragnatela, che utilizza come stazione spaziale dove svolge esperimenti, ma non ha smesso di cercare la sua vendetta: vuole un’arma in grado di distruggere una volta per tutto Jade, il capo dei mutanti che ha ucciso suo marito. Nel frattempo, la sua vita solitaria è perseguitata da flashback del giorno funesto, che Rose scaccia tramite delle iniezioni direttamente nel cranio. È durante una trattativa commerciale che Rose entra in possesso di un animaletto chiamato Poco Naso per gli Affari, che alcuni mercanti le lasciano in prova per un centinaio di giorni. Il rapporto col piccolo Naso e lo studio del suo organismo riporta parzialmente Rose sulla via dell’umanità e i due creano un rapporto di grande affetto, fino al giorno in cui Jade, l’odiato nemico, trova la stazione ragnatela. Il combattimento che segue provoca ingenti danni a tutto l’habitat di Lydia, che infine si troverà bloccata con il suo nuovo amico in una stanza minuscola e a corto d’aria.
Spider Rose e il suo strano compagno Poco Naso per gli Affari.
Oltre alla storia, che risulta coinvolgente e porta lo spettatore a empatizzare con la protagonista, quello che emerge con prepotenza è il sottotesto filosofico racchiuso in questi dieci minuti, partendo dalla storia personale di Lydia. La sua trasformazione fisica non è un semplice artificio fantascientifico, ma una vera e propria allegoria filosofica. Il post umanesimo tecnologico, l’esistenzialismo e le teorie dell’identità si intrecciano in questo corto, fornendo una base solida da cui partire per esplorare temi come il trauma, la memoria, e la volontà e l’influenza che essi hanno sulla soggettività e sull’identità personale. La carne, così, diventa teatro della battaglia interiore della protagonista e la macchina, da parte sua, assume il ruolo simbolico ambivalente di strumento di potenza e di vincolo oppressivo. L’unione tra le due sfere non è indolore, tantomeno priva di traumi. Lydia, l’umana, decide di diventare Spider Rose, la cyborg, e questo dice molto su come l’innesto delle parti robotiche abbia modificato la sua identità. Lydia è stata progressivamente disumanizzata, sia a livello fisico che interiormente, rendendola sempre più simile a uno strumento e sempre più dissimile da una persona. Anche a livello visivo il concetto traspare: il corpo della protagonista è quasi interamente ricoperto di metallo e protesi, e le iniezioni calmanti che Rose si somministra non fanno altro che alimentare il processo. Lydia è diventata un’altra persona, in tutti i sensi. Anche la sua memoria, il suo carattere e la sua empatia sono andati via via alterandosi, per venire smontati e ricostruiti secondo la nuova prospettiva della vendetta.
Ghost e Shell: identità e persona
Emerge da questa condizione la dicotomia tra le due identità della protagonista, rinforzata dal trauma del cambiamento che viene, a sua volta, innescato dal desiderio di rivalsa. Il cyborg post umanista che si fa chiamare Spider Rose non è più un umano ma non è totalmente una macchina, e ciò ha ripercussioni inevitabili su quella che è la sua identità personale. Dove finisce una cosa e ne inizia un’altra? Lydia esiste ancora come persona, o la sua identità è stata cancellata e sovrascritta? Non possiamo limitarci in questo caso a parlare di post umanità in termini ottimisti: non è superamento della umanità biologica, ma sua fratturazione, intrusione per mano della tecnologia e del trauma del lutto, intervento corporeo. Il corpo di Lydia incarna perfettamente il concetto di arena caro, tra gli altri, a Friederich Nietzsche (cfr. Nietzsche, 1977; 1981;1997). Esso diventa, in Spider, un vero campo di battaglia, un’arena interiore in cui la ragazza combatte ogni giorno con entrambe le sue identità. Il corpo trascende così la materialità per divenire un locus simbolico dello strazio che Lydia/Rose vive costantemente. Il nuovo corpo è il corpo di Spider Rose, in cui Lydia vive ancora, ma in una sorta di esilio soggettivo. Tratti della sua personalità forse permangono (come suggeriscono i frequenti flashback della sua vita passata) ma vivono in una carne, anzi in una macchina che ormai non le appartiene più. Il corpo di Lydia non supporta più la sua identità, ma la sopprime in favore della nuova persona in cui si è trasformata, rendendola, di fatto, una passeggera all’interno di una macchina che non può più controllare.

A ciò si arriva, come accennato già sopra, tramite il percorso della vendetta. È la vendetta che spinge Lydia a diventare un’arma, è la vendetta che risponde presente al trauma e alla perdita. Ciò che, idealmente, la vendetta dovrebbe fare è riequilibrare le cose; in questo caso, però, non fa altro che sbilanciare ancora di più i pesi, e in sfavore di Spider. Il sentiero che ha intrapreso può solo portarla a una maggiore depersonalizzazione, a una discesa ancora più profonda nella mente del cyborg e a una distanza sempre più grande da ciò che era Lydia. I ricordi del marito vanno via via sbiadendosi, le esperienze della sua vita da umana si perdono nella nebbia della rabbia e l’oblio si fa strada subdolamente. Lydia ha perso ciò che era nel giorno in cui è diventata Spider Rose, e i pochi rimasugli di ciò che era la tormentano al punto da costringerla a iniettarsi dei calmanti. La memoria che vacilla, e che lei continua a reprimere, non fa altro che portare con sé, andandosene, gli ultimi brandelli di quella che era la vera Lydia biologica: lo spazio nel corpo post umano del cyborg è troppo stretto per Lydia e Rose insieme, e la seconda sta piano piano spingendo fuori la prima.
Spider Rose e Sonnie: due tipi di trauma, due tipi di identità
Per i conoscitori di LD+R è impossibile non fare un paragone tra Spider Rose e un’altra protagonista della serie, Sonnie dell’episodio Il vantaggio di Sonnie (titolo originale: Sonnie’s Edge). In una sorta di ciclo che unisce la prima stagione con l’ultima, Sonnie e Spider si richiamano tra loro, viaggiando su percorsi paralleli. Entrambi gli episodi raccontano la storia di una donna, e lo fanno attraverso la lente d’ingrandimento filosofica dell’identità personale. Entrambi gli episodi raccontano di donne che cercano il proprio spazio in un mondo maschile avverso, che hanno subito perdite e traumi che hanno lasciato solchi profondi, e che ogni giorno lottano per affermare ciò che sono. Partendo senz’altro dalle prospettive legate alla corporeità e al suo rapporto con la tecnologia. Lydia diventa Spider Rose per sua volontà, per perseguire il suo scopo; Sonnie “diventa” Khanivore per necessità, rimane attaccata alla vita con tutte le sue forze. Nonostante le diverse motivazioni, entrambe le protagoniste si trasformano, trovando una nuova identità grazie alla (o per colpa della?) tecnologia. È sempre l’elemento tecnologico che porta perturbazione nell’animo umano, incidendo cicatrici nelle identità personali. Ciò che per Rose è allegorico, tuttavia, per Sonnie è reale, concreto. L’arena non è il suo corpo, ma una vera area fisica, in cui Sonnie/Khanivore mette a repentaglio la propria stessa vita ogni volta. È un locus in cui vivono altre identità, con cui essa si misura costantemente e che, finora, ha sempre soppresso con la brutalità e la violenza fisica. Ciò che mette in moto gli eventi è invece piuttosto simile. La vendetta che ispira Rose domina, in un certo senso, anche Sonnie, ma è una vendetta diversa. Mentre la vendetta di Spider è un sentimento dettato dell’odio cieco per il nemico, quella di Sonnie è dettata dall’amore, l’amore per sé stessa e la propria libertà.
Sonnie (al centro) personaggio protagonista dell’episodiodella prima stagione, Il vantaggio di Sonnie (Sonnie’s Edge).
Nel primo caso la vendetta assume un ruolo negativo, perturbativo e depersonalizzante: trasforma, in fin dei conti, Lydia in Rose, cambiandola totalmente a livello fisico e mentale e lasciando solo poche tracce dell’identità “biologica” originale. È un sentimento estroflesso, rivolto all’altro e al mondo circostante che, in ultima analisi, una volta portato a compimento lascia Rose completamente svuotata e con una nuova prospettiva della vita e del suo valore, rivista nell’ottica del rapporto con Poco Naso. La rivalsa di Spider Rose è un fuoco che arde bruciando tutto ciò che incontra, eliminando gli ostacoli dal percorso e lasciandole attorno terra bruciata. La isola, la costringe a vivere nel passato con la speranza di poter prevalere sul suo aguzzino in futuro. Nel caso di Sonnie, invece, il sentimento della vendetta è ribaltato. Non una vendetta estroflessa ma introspettiva, una spinta “non violenta” ad affermare ciò che si è. Vendetta rimane, chiaramente: gli abusi subiti dalla giovane qualche tempo prima hanno lasciato in lei un forte senso di impotenza, che ora lei ha sostituito con la forza fisica e la ferocia con cui la sua bestia combatte. O almeno questo appare agli spettatori. La realtà è che la vendetta di Sonnie si consuma in modo così lento e inesorabile proprio perché la espone in prima persona: contrariamente a Spider Rose, il fuoco che arde in Sonnie è un fuoco calmo e calcolato, che brucia lento e stabile e non vacilla, e permette dunque alla protagonista di rimanere umana. È proprio questa, forse, la contraddizione apparente insita nei due episodi: Spider Rose resta umana nella forma, ma ha perso la propria umanità interiore nel corso delle sue trasformazioni corporee e in conseguenza dei traumi che ha subito. Sonnie diventa un mostro, nel vero senso dell’espressione, e diventando Khanivore, paradossalmente, afferma tutta la sua umanità, il suo desiderio di vivere e la sua forza nell’imporre la propria identità.
L’interrogativo originario
A partire dal racconto di Bruce Sterling che ha ispirato Spider Rose, da cui siamo partiti nella nostra analisi, tornando indietro, poi, alla storia di Sonnie’s Edge (di Peter Hamilton) ci siamo addentrati un poco in quel ventaglio di interrogativi che la fantascienza, e ancora di più il genere cyberpunk, non manca mai di porre. Dagli albori del genere (e da capolavori letterari come il Neuromante di William Gibson), passando attraverso media come fumetti, manga e cartoni animati (tra tutti, ovviamente, il celebre Ghost in the Shell di Masamune Shirow), per arrivare alle opere più moderne (per esempio, Altered Carbon di Richard Morgan) e fino appunto a LD+R, le domande sul rapporto tra mente, corpo e tecnologia sono sempre stati le più stimolanti, sia a livello narrativo e grafico che a livello filosofico. Il rapporto, molto diverso, che Lydia e Sonnie hanno con la loro identità personale e corporea rappresenta un confronto su temi attuali, che diventeranno ancora più attuali col passare degli anni. In un futuro più o meno prossimo, entrambe le protagoniste affidano la propria “mente” a una “macchina”, nel senso più largo in cui uniscono la loro parte umana a una artificiale. Sono, forse, le loro diverse motivazioni e necessità a farle evolvere in modo così differente, l’una affogata nell’olio lubrificante dei nuovi muscoli cyborg, l’altra a suo agio nella carne sintetica di un super predatore.
L’interrogativo originario del cyberpunk rimane sospeso anche in questo caso: esiste un confine tra essere umano ed essere qualcos’altro? E ne emerge una questione forse ancora più spinosa: fino a che punto siamo disposti a giungere per affermare la nostra identità?
- William Gibson, Neuromante, in Autori vari, Cyberpunk. Antologia assoluta, Mondadori, Milano, 2021.
- Peter Hamilton, Sonnie’s Edge, in A Second Chance at Eden, Macmillan, Londra, 1998.
- Richard Morgan, La trilogia di Altered Carbon, Tea, Milano, 2020.
- Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male, Adelphi, Milano, 1977.
- Friedrich Nietzsche, Umano troppo umano, volume II, Adelphi, Milano, 1981.
- Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, Adelphi, Milano, 1997.
- Bruce Sterling, Spider Rose in La matrice spezzata, Editrice Nord, Milano, 1995.
- Autori vari, Love, Death & Robot, Quattro stagioni, Netflix, 2019 – in corso (streaming).
- Masamune Shirow, Ghost in the Shell, Star Comics, Bosco (Perugia) 2017.

