“E copriti che fai schifo”. A pronunciare questa frase è Ampio, un anziano esploratore, padre di Fino e Chiaro. Chiaro presenta tutte le caratteristiche corporee adatte per entrare a far parte del gruppo degli esemplari. Il padre, Ampio, decide dunque di presentarlo in tutta la sua nudità a una commissione di esemplari al fine della sua inclusione nel gruppo della Torre. Battezzato Stiv, gli viene concesso di attraversare il confine.
È un mondo distopico quello in cui si tesse la vicenda di Chiaro. In un tempo antecedente, un equipaggio sbarca su un’isola sconosciuta e qui decide di stabilirsi. Parte di esso, gli esploratori, si allontana per una supervisione e viene contaminata. La contaminazione consiste in mutazioni fisiche e il senso di vergogna che da esse scaturisce, porta chi le subisce a coprire il corpo al fine di celarle. Il resto dell’equipaggio, per preservare la forma originaria, decide di rinchiudersi nella Torre dove il Motore garantisce la protezione dalla contaminazione. Gli esploratori rimasti all’esterno fondano una colonia. Da quel tempo originario, la collocazione di ogni individuo dipende dall’analisi del corpo al fine di individuare eventuali deformazioni: chi non ne possiede è un esemplare e ha il diritto di vivere nella Torre; gli altri, vivono oltre il confine e devono provvedere alla sopravvivenza degli esemplari. A inclinare l’ordine stabilito è l’arrivo di Figura, portata da Meri, un esemplare ribelle che molti anni prima decide di lasciare l’isola per scoprire l’ignoto. Figura ha la capacità di assumere diverse sembianze, in base alla volontà di chi le sta accanto e nonostante venga etichettata come “intrinsecamente irregolare”, il capitano della Torre decide che può esserle concesso l’accesso.
Dei temi affrontati e di altre riflessioni
La forma che mi hai dato, la nuova graphic novel di Lorenzo Ghetti, è un condensato di temi importanti, primo fra tutti il valore dell’identità attraverso il binomio del dentro/fuori e del noi/loro. Un confine cromatico traccia la separazione tra il medesimo e l’altro, tra gli esploratori e gli esemplari. Ma come i border studies insegnano, i confini agiscono come dispositivi d’attraversamento, come dighe e meccanismi di filtraggio che creano inclusioni differenziali (Mezzadra, 2006). Nessuno è veramente dentro e nessuno è veramente fuori. Siamo tutti attraversati dal confine.
“We don’t cross the border, the border crossed us”
(Machete, 2010).
Gli esploratori, che apparentemente godono di una condizione privilegiata, abitanti della torre d’avorio contro cui muove ogni idea di giustizia (vedi John Rawls e la sua teoria della giustizia, Rawls, 1982), vivono in realtà una condizione di prigionia finalizzata al mantenimento di una forma originaria. La memoria e la necessità di preservarla divengono, dunque, strumenti di disciplinamento. La consapevolezza della condizione di subalternità degli esploratori parte proprio da questa constatazione:
“Siamo schiavi di un gruppo di prigionieri. Prigionieri padroni della loro stessa prigione”.
Le identità così violentemente disegnano entrambi i gruppi attraverso la definizione di caratteri distintivi.
“Le attribuzioni assegnate possono contenere in sé due distorsioni distinte ma correlate: la rappresentazione distorta di persone appartenenti a una categoria presa di mira e l’insistenza sul fatto che quelle caratteristiche distorte siano i soli aspetti rilevanti dell’identità della persona presa di mira”
(Sen, 2009).
Accanto ai sottili dispositivi della memoria e del legame col passato, troviamo poi la violenza delle procedure: la raffigurazione di identità, una sorta di censimento grafico che stabilisce le identità degli esemplari; l’attribuzione del nome: mentre agli esemplari viene dato uno dei nomi dell’equipaggio originario, altro strumento per il mantenimento della memoria, agli esploratori viene attribuito un nome che descrive una caratteristica fisica peculiare, richiamando dunque la precedente citazione di Amartya Sen per cui la caratteristica distorta diventa rappresentativa dell’identità così violentemente attribuita. La rivolta di Fino inizia proprio da qui. Fino, a differenza degli altri esploratori, rifiuta di coprirsi poiché non nutre vergogna nei confronti delle sue caratteristiche fisiche “deformate”.
“E copriti che fai schifo”.

Ampio, il padre di Fino è uno dei personaggi che partecipa al mantenimento dello status quo e quindi al suo ruolo di subalterno, trascorrendo le notti ad osservare l’orizzonte, al fine di garantire la sicurezza degli esemplari da eventuali minacce provenienti dal mare. Chiaro, ribattezzato Stiv, vive su di sé la violenza del cambiamento identitario: fuori era diverso perché aveva il corpo di un esemplare, dentro è diverso poiché proveniente da oltre il confine. Alle linee dritte e angolari dei dialoghi degli esemplari, contrappone le sue linee ondulate e insicure. Dopo il primo gesto d’insubordinazione di Fino, Stiv decide da che parte stare e abbraccia anch’egli lo stile angolare degli esemplari. L’arrivo di Figura e lo srotolarsi progressivo della vicenda di Meri, mettono poi in luce l’altro importante tema del libro: la paura dell’altro. Divenire intoccabile, scindendosi con ciò che di se stessa abbraccia il cambiamento, è l’unico modo per Meri di aprirsi all’alterità. Lei diviene testimone. Testimone di un’alterità sconosciuta. La necessità del mantenimento della memoria nasconde in realtà la paura di ciò che non è noto ed è proprio grazie a tale paura che il rapporto dicotomico dentro/fuori e noi/loro ha modo di persistere.
“L’equipaggio non può uscire e protegge il nostro passato. Gli esploratori non possono entrare e proteggono l’equipaggio”.
Ma nonostante sia la testimonianza che proviene dall’esterno a liberare le energie per la rivolta, e dunque per la liberazione, il cuore del cambiamento è in un desiderio che nasce dall’interno: in Fino che non accetta la condizione di subalternità e in Cler, esemplare figlia del capitano della Torre, profondamente attratta dall’altro e dall’altrove. La stessa Meri scopre che il desiderio di alterità era profondamente nascosto dentro di essa:
“Per avere il coraggio di uscire mi sono resa intoccabile… e una volta uscita… non desideravo altro che essere toccata”.
La salvezza abita la strada della conoscenza e la conoscenza vive nell’apertura all’altro.
In dialogo con l’opera dell’autore
Lorenzo Ghetti ripropone in questo lavoro l’ambientazione di fantascienza che ritroviamo nelle sue precedenti opere Dove non sei tu e In Alto abbastanza, tutte edite da Coconino Press e che, con La forma che mi hai dato, compongono la Trilogia della soglia. La fantascienza, nel panorama editoriale italiano della graphic novel, si rivela essere un terreno fertile sin dagli anni 30 e come non citare, a tal proposito, Saturno contro la terra, una delle prime serie di fumetti italiane ideata da Cesare Zavettini nel 1936, che vede coinvolti due gruppi, saturniani e terrestri, in una lotta per il predominio della Terra (cfr. Zavattini, Pedrocchi, 2021). Lavoro singolare, purtroppo non molto noto e per questo meritevole di citazione, è poi La rivolta dei racchi (1967) di Guido Bozzelli il quale metteva al posto di comando i belli mentre i brutti venivano collocati in posizione di subalternità (Bozzelli, 2017). Il potere della preveggenza! È poi con le storie di Nathan Never ambientate nel cyberspazio di Michele Medda, Antonio Serra e Bepi Vigna (1991), che il distopico entra prepotentemente nel panorama italiano fantascientifico della graphic novel (cfr. Medda, Serra, Vigna, 2021), prendendo infatti ispirazione dal cult della distopia cinematografica, Blade Runner. Ghetti s’inserisce dunque a giusto titolo in questo fervente panorama editoriale con il suo importante contributo. Nella sua opera, l’altrove e la narrazione di mondi altri serve ancora una volta a riflettere sui pesi tutti umani che ci portiamo addosso: il bisogno di separazione al fine del predominio e della propria sopravvivenza a discapito di quella altrui. A ciò si contrappone l’urgenza, nell’opera di Ghetti come specchio della realtà che viviamo, di abbattere quei dispositivi del controllo così profondamente interiorizzati da esserne al contempo vittime e artefici.

Ricorrono poi i temi dell’amicizia e dell’appartenenza al gruppo che troviamo nei suoi precedenti lavori: Stiv troverà una sua collocazione nella Torre solo grazie alla vicinanza con Figura e Cler, al pari di Lido e Mobi, protagonisti di Dove sei tu i quali apprenderanno l’uno dall’altra a condividere il delicato equilibrio di presenze e assenze e ancora tra Ana e gli altri abitanti di Agate, la stazione spaziale su cui è ambientato In alto abbastanza. In quest’ultimo poi, ritroviamo il tema del conflitto dell’identità e del confine tra un dentro e un fuori che determina appartenenza ed esclusione dal gruppo eletto. Riconosciamo la penna di Lorenzo Ghetti nel dispiegarsi progressivo della storia, tratto tipico del suo capolavoro di webcomic To be continued. In questa nuova graphic novel, ogni nuovo paragrafo aggiunge una nuova linea alla figura fino a che il cerchio chiude il percorso narrativo. E ritorna il tema della giovinezza, l’età che tutto mette in discussione e che, tra difficoltà di auto-collocamento e riconoscimento identitario, apre percorsi di libertà.
“Dici così perché rimanere uguali è la cosa più facile”, dirà Fino al padre Ampio e in questa critica si cela l’invito dell’autore a prendere la nave, a varcare il confine di ciò che è noto e permettere alla contaminazione di liberare le nostre identità. Lasciarsi contaminare per riconoscere l’alterità che ci appartiene, su un’isola lontana come sul nostro vecchio e stanco pianeta.
- Sandro Mezzadra, Diritto di fuga. Migrazioni, cittadinanza, globalizzazione, Ombre corte, Verona, 2006.
- John Rawls, Una teoria della giustizia, Feltrinelli, Milano, 1982.
- Amartya Sen, Identità e violenza, Laterza, Bari, 2009.
- Guido Bozzelli, La rivolta dei racchi, in La Trilogia (La rivolta dei racchi, I labirinti, Zil Zelub), Coconino Press, Roma, 2017.
- Lorenzo Ghetti e Carlo Trimarchi, To be continued, webcomic, 2014.
- Lorenzo Ghetti, Dove non sei tu, Coconino Press, Roma, 2018.
- Lorenzo Ghetti, In alto abbastanza, Coconino Press, Roma, 2021.
- Michele Medda, Antonio Serra e Bepi Vigna, Nathan Never. Tre passi nel domani, Sergio Bonelli Editore, Milano, 1991.
- Robert Rodriguez e Ethan Maniqui, Machete, Lucky Red, 2010 (home video).
- Ridley Scott, Blade Runner. The Final Cut, Warner Home Video, 2016 (home video).
- Cesare Zavettini, Federico Pedrocchi, Saturno contro la terra, Excalibur, Milano, 2021.

