Nuovi progetti per colmare
vuoti urbani ed emotivi

Le esperienze di Roma, Bologna, Milano e Bergamo condividono la medesima spina dorsale: l’intenzione di dare vita a progetti che abbiano come protagonista principale il cinema, come destinatari i cittadini e i turisti e come obbiettivo fondamentale la rinascita e la rivalutazione di uno spazio pubblico.

Le esperienze di Roma, Bologna, Milano e Bergamo condividono la medesima spina dorsale: l’intenzione di dare vita a progetti che abbiano come protagonista principale il cinema, come destinatari i cittadini e i turisti e come obbiettivo fondamentale la rinascita e la rivalutazione di uno spazio pubblico.


*Quando si pensa ad una piazza, quale immagine affiora per prima alla mente? Un luogo vivo e brulicante di storie e persone, oppure uno spazio silenzioso e abbandonato?
È estremamente probabile che questi due scenari, così antitetici tra loro, affiorino contemporaneamente, riflettendo in questo modo un profondo cambiamento vissuto dalla società. Un tempo, la piazza corrispondeva alla più alta rappresentazione della socialità e del confronto, era il forum latino e l’agorà greca, era luogo di aggregazione e di cerimonie pubbliche ed era il corrispettivo fisico e materiale dello stare assieme. Il passare del tempo, ma soprattutto, la digitalizzazione delle relazioni e l’individualizzazione sempre maggiore, minacciano questo senso di coesione e di appartenenza, causando una perdita costante dei precedenti spazi pubblici realmente condivisi.
 Eppure, non tutto è perduto. Le nuove generazioni, spinte dal desiderio di ritrovare uno spirito di comunità, si rendono artefici di iniziative volte a far rinascere questi luoghi, restituendo nuovamente loro una centralità nella vita pubblica. Tra quelle più in voga e più rilevanti recentemente spicca il cinema nelle piazze: un progetto che, durante i mesi estivi, anima le piazze delle principali città italiane, attraverso proiezioni gratuite rivolte a tutti. Queste organizzazioni hanno recepito la necessità di far rivivere tessuti urbani ormai logorati, attraverso un’arte nata proprio per essere condivisa, sin dalle prime sperimentazioni dei fratelli Lumière.

La piazza torna a vivere. Un’immagine da Cinema in piazza a Roma (foto di Stefania Casellato).

Il comune denominatore di questi eventi è sia quello di riproporre retrospettive cinematografiche con proiezioni programmate, accompagnate talvolta dalla presenza di ospiti del settore, sia quello di ripopolare piazze deserte, riaccendere luci spente da tempo e riqualificare panorami dimenticati. L’atmosfera che si respira durante queste serate è ineguagliabile ed è differente da quella di una tradizionale sala cinematografica. Questa realtà si nutre del contesto architettonico e panoramico che la ospita, evocando un’immagine quasi impressionista, in cui si bilanciano perfettamente le luci e una vitalità dirompente. Le voci, le risate, i sussulti, i movimenti del pubblico diventano parte inscindibile dell’esperienza e la caricano di una bellezza ancora più mozzafiato.
Questo fenomeno affonda le sue radici in una tradizione ben consolidata, in cui emerge l’Estate romana, una manifestazione culturale organizzata dal comune di Roma dal 1977. L’intento ultimo è il medesimo di oggi: utilizzare eventi cinematografici, ma anche musicali e teatrali, per contrastare l’alienazione urbana e per spronare i cittadini a usufruire di spazi pubblici ormai finiti nell’oblio. Rimanendo nella capitale, ma avanzando lungo la linea del tempo, la manifestazione che ad oggi si carica di tali intenti politico-sociali è quella del Cinema in piazza, promossa dalla fondazione Piccolo America.
In esclusiva, Mario Dante – tra i protagonisti della fondazione – ci ha raccontato del processo che ha portato alla nascita e allo sviluppo dell’iniziativa:

“Il «Cinema in piazza» nasce come risposta allo sgombero di Cinema America. Il 3 settembre 2014 chiudono l’esperienza di spazio fisico del Cinema America, uno spazio che inizialmente doveva essere trasformato in un bingo, poi in parcheggi e appartamenti. Dopo due anni di gestione di ragazzi che di cinema sapevano poco, ma sapevano tanto di bisogno dei territori, prende un’altra forma. In quel momento sia la proprietà che l’amministrazione non hanno mantenuto promesse fatte, come quella di fornire un luogo di continuità, per far proseguire il nostro lavoro. Così abbiamo iniziato a girovagare per il quartiere, perché non volevamo che l’esperienza del Cinema America si chiudesse con l’ennesima sottrazione di uno spazio della collettività, e infatti la facemmo rivivere in estate con il cinema gratuito in piazza”.

L’iniziativa gode di un format, parzialmente affine a quello degli altri eventi simili, che prevede innanzitutto la selezione di luoghi che rispettino criteri qualitativi e normativi prestabiliti. Anche su questo fronte, è stato necessario un iter graduale e faticoso per poter arrivare all’assetto attuale. Mario Dante racconta: “Durante la prima edizione avevamo un piccolo schermo che montavamo e tiravamo giù ogni sera, con una singola proiezione offerta da un’attività commerciale del quartiere, che ci permetteva così di instaurare una continuità con il territorio. Stesso territorio che inizialmente ci aveva guardato con sospetto, ma che poi, avendoci conosciuto, ci ha accolto e adottato come parte del quartiere”.
È, poi, a partire dall’edizione del 2021, che sono stati individuati gli spazi di San Cosimato, Cervelletta e Monte Ciocci, ognuno, a modo proprio, ricco di simboli della città.

“Piazza San Cosimato – spiega Mario Dante – è sempre stata casa nostra. Prima dell’occupazione del Cinema America, portavamo avanti già tante attività, per esempio con i bambini. In questa piazza poi d’estate non si era mai fatto granché, non c’era mai stata un’offerta fissa per più di una settimana; quindi, la scelta di iniziare da lì è stata naturale.» Per quanto concerne gli altri due spazi, anche questi «rappresentano un’altra parte della nostra storia. La maggior parte del gruppo del Cinema America non viveva tutto al centro, e la decisione di portare il cinema in questi luoghi è stato un modo per restituire valore a quartieri che hanno visto crescere molti di noi. Alla Cervelletta, luogo sconosciuto e una delle ultime zone paludose di Roma, c’è un bellissimo castello che però sta cadendo in malora. Si tratta del parco dove tre o quattro dei nostri passava le domeniche e in cui, facendo delle passeggiate, riscontrava una serie di problematiche. Da qui l’idea di uno spazio che potesse essere valorizzato molto di più, portandovi ad esempio la nostra esperienza, cioè costruendo un’arena. Monte Ciocci, ugualmente, segue la volontà di restituire dignità a quei luoghi dove alcuni di noi erano soliti passeggiare la domenica assieme ai genitori quando erano piccoli. In questo modo, quel balconcino con l’iconica scritta da luogo di passaggio e di uscite diventa un luogo di cinema”. Perché, la volontà ultima –  ci tiene a sottolineare Mario Dante – è quella di “creare un’offerta culturale e sociale collettiva nella piazza, spinti anche da un forte bisogno di restituire qualcosa a territori in cui abbiamo sempre agito e a territori che si meritano di essere valorizzati, perché racchiudono un’importanza e una bellezza della città spesso ignorate”.

Passo successivo nella creazione dell’evento è quello di individuare film, saghe e retrospettive da proporre, tenendo conto anche di anniversari e successi recenti. L’edizione in corso ha celebrato, infatti, gli ottant’anni di Roma città aperta di Roberto Rossellini, proponendolo nella sede di San Cosimato lo scorso 2 giugno e un’altra importante ricorrenza sabato 5 luglio, a Monte Ciocci, con la proiezione di Spellbound di Alfred Hitchcock, anche questo realizzato nel 1945. Ma, protagoniste di questa tipologia di evento sono le rassegne tematiche continuative, quest’anno dedicate a Charlie Chaplin e Buster Keaton, Franca Valeri, Roald Dahl, Judd Apatow e altri ancora. L’attuale edizione è l’undicesima, con programmazioni dal 1° giugno al 13 luglio, con tutti gli eventi a ingresso libero e gratuito senza prenotazione.
Cifra stilistica propria del progetto è la partecipazione, durante alcune serate, di ospiti di rilievo che, con una forma di intervista, presentano il film in programmazione, al quale sono legati per motivi professionali. Per l’edizione di quest’anno, gli organizzatori hanno deciso di lusingare il pubblico invitando Riccardo Scamarcio per Tre metri sopra il cielo, Fabio e Damiano D’Innocento per Dostoevskij, Margherita Vicario per Gloria!, Brady Corbet per Angst e molti altri. Si tratta di appuntamenti tra i più apprezzati dal pubblico, che in queste occasioni ha l’opportunità di conoscere retroscena inediti, approfondire aspetti della pellicola e vivere un’esperienza di visione maggiormente consapevole. Negli scorsi anni, l’iniziativa ha riscosso grande successo, con piazze stracolme e un pubblico di ogni età; anche quest’anno si è registrata la medesima linea di apprezzamento.

Nel cartellone di Cinema in piazza proposto quest’anno Gloria! di Margherita Vicario, che è stata ospite della manifestazione.

La chiave del successo risiede nell’essere stati capace di restituire al cinema la sua funzione primitiva e la sua più alta essenza: quella di viverlo come esperienza collettiva, come occasione di incontro e condivisione, perché è nella simultaneità delle reazioni che si cela la sua essenza più profonda. La forza del progetto è quella di sfidare ciò che Richard Sennet definisce “l’illusione centrale del XIX secolo” (Sennet, 2006): una vita pubblica inautentica rispetto a quella privata. In questo senso, l’iniziativa ha saputo riportare nuovamente l’individuo a confidare nello spazio pubblico come luogo autentico ed emotivo, contrastando una visione intimistica dell’esistenza.
In un mondo sociale sempre più impersonale, in cui si fatica a trovare un significato personale nell’ambito pubblico, questa tipologia di eventi rende meno contorta la ricerca di un senso condiviso. Anzi, riporta in auge ciò che Cicerone definiva come l’istinto naturale dell’uomo, cioè la tendenza ad associarsi, poiché, per natura, l’uomo non è incline a vivere separato dagli altri.
Valerio Carocci, presidente della Fondazione Piccolo America, durante una proiezione a Monte Ciocci dell’edizione in corso, ha richiamato l’attenzione sulla legge 171, che rischia di far sparire gli spazi culturali e sociali delle città.
La Fondazione Piccolo America è in prima linea anche nella difesa delle sale cinematografiche e, rievocando la “battaglia” che stanno portando avanti da dodici anni, Carocci ha precisato che il loro obbiettivo non è “volto esclusivamente a vedere i film sul grande schermo”, ma anche, e soprattutto, “a riaprire gli spazi culturali e sociali della nostra città”. Tra le fondamenta del progetto risiede, infatti, l’ambizione di generare un impatto concreto a livello sociale, correggendo la concezione distorta della società contemporanea e riaffermando la vera essenza del cinema, cioè quella di essere un’arte fondata per essere vista e vissuta in maniera collettiva. Questa natura autentica condivisa è stata però progressivamente compromessa anche dall’avvento delle nuove tecnologie, a partire dal VHS fino all’attuale streaming, che stanno profondamente trasformando l’esperienza cinematografica, incentivando una dimensione spettatoriale sempre più individuale.

Presenti a Cinema in piazza per presentera il loro Dostoevskij, anche i registi Fabio e Damiano D’Innocento.

Eppure, iniziative come queste dimostrano che il cinema, rispetto ad altri media, conserva una forza così tanto veemente in grado di farlo sopravvivere ai cambiamenti tecnologici e di continuare a generare forme di condivisione che lo identificano fin da quando esso è nato come arte pubblica. La Fondazione Piccolo America ha dimostrato lungimiranza nel riconoscere questa forza, nel valorizzarla e nel tradurla in azioni concrete ed efficaci. Ancora Mario Dante dichiara che loro di Piccolo America credono “nell’importanza della visione collettiva, perché questa impone compagnia, confronto, empatia e una vicinanza che passa solo attraverso uno sguardo, una risata, una chiacchiera a inizio o fine film. Si tratta di ritornare ad una dimensione collettiva che aiuti a dare vita ad una crescita intergenerazionale, dove l’incontro non è altro che il perno fondamentale della proiezione. La visione collettiva conferisce quel qualcosa in più, crea una connessione diversa tra gli spettatori, che la visione a casa davanti ad uno schermo sicuramente non da”. Questi valori e queste modalità di organizzazione sono le medesime di altri progetti culturali simili dislocati sul territorio nazionale.

Sotto le stelle del cinema a Bologna
La città di Bologna, in particolare, ha saputo dar vita a un’iniziativa cinematografica che, nel corso del tempo, ha conquistato una tale celebrità e un così vasto apprezzamento dal pubblico, che oggi risulta impensabile immaginare l’estate bolognese senza tale appuntamento. Questa storica iniziativa, denominata Sotto le stelle del cinema, è promossa dalla Cineteca di Bologna, che ogni estate porta il cinema in Piazza Maggiore, luogo distintivo del capoluogo emiliano. Giunta quest’anno alla 39a edizione, l’evento prevede ben 56 sere d’estate, dal 16 giugno al 14 agosto, durante le quali il pubblico, composto da cittadini e turisti, può godere di una vasta e variegata selezione di film. Come dichiarò in un’intervista del 2023 il direttore della Cineteca, Gian Luca Farinelli, il programma “punta tutto sul piacere della visione, mostrando sia film molto antichi, a volte muti e accompagnati dal vivo dall’orchestra del teatro comunale, sia da grandi restauri, presentati in prima mondiale”.

La piazza come luogo d’incontro
È dunque chiaro come quest’iniziativa rispecchi del tutto la vocazione storica della Cineteca, che unisce conservazione archivistica e restauro alla diffusione del cinema e dell’audiovisivo e alla formazione e alla ricerca. Sempre Farinelli delucida anche quale sia l’invito e lo scopo di queste serate: “ritrovare il piacere di essere una comunità che si trova in un luogo meraviglioso per godere di un’arte sublime”. L’intento rimane quello di rendere nuovamente la piazza un luogo d’incontro, offrendo al vasto pubblico la possibilità di sperimentare l’emozione unica di una visione collettiva, ospitata in uno spazio architettonico esclusivo e dotata di una qualità di proiezione ineguagliabile.
 Nel programma di quest’anno si distinguono le serate riservate ad eventi speciali, con omaggi a personalità rilevanti del cinema, come quelli dedicati a Jonathan Glazer, con La zona d’interesse e a Joshua Oppenheimer con The look of silence. Emergono inoltre i cosiddetti “ritrovati e restaurati”, che conferiscono all’iniziativa un forte e importante impatto anche a livello internazionale. Tra questi figurano A History of Violence di Cronemberg, Viale del tramonto di Wilder, Qualcuno volò sul nido del cuculo di Forman e molti altri. Anche qui, le serate sono arricchite dalla partecipazione di ospiti di rilievo, chiamati a introdurre le proiezioni e a compiere disamine sul film proposto. Tra questi Francesca Comencini, chiamata nella serata inaugurale a presentare Le avventure di Pinocchio, capolavoro del padre, ma anche Brady Corbet, Matteo Garrone, Alice Rohrwacher e tanti altri ancora. Invece, caratteristica distintiva dell’edizione in corso è l’abbinamento delle proiezioni serali con quelle pomeridiane al Cinema Modernissimo, che si attiene alle medesime linee guida, proponendo omaggi e film restaurati.

Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini a Sotto le stelle del cinema presentato dalla figlia del regista, Francesca Comencini.

Bologna è una città che non si è mai sottratta alla volontà di riconoscere al cinema la rilevanza culturale che si merita, e con quest’iniziativa conferma in modo ancora più evidente questa sua vocazione. Promuovere il cinema, creare una comunità attorno ad esso e conferire nuova luce alle piazze sono tappe fondamentali del suo piano d’azione. Si è pienamente consapevoli della magia che si sprigiona nel momento in cui “scende la notte e si accende la luna rettangolare sotto le stelle del cinema che illumina Bologna” (Alessandro Bergonzoni), un’atmosfera capace di far vivere a tutti i presenti un’esperienza indimenticabile. Cinema, luogo pubblico e partecipazione collettiva rappresentano il connubio perfetto per riaccendere la fiamma, oramai spenta da tempo, del senso di comunità, dell’incontro intergenerazionale e della piazza come luogo di aggregazione. È infatti grazie alla partecipazione a questi eventi che si può sperimentare la vera essenza e i reali benefici dei legami sociali e del tessuto comunitario. Il sito della cineteca di Bologna presenta, infatti, l’iniziativa affermando che, nell’attualmente “epoca dei non-luoghi”, la presenza di uno schermo in uno spazio, come quello di Piazza Maggiore, rappresenta “un’emozione che nessun multiplex, nessuna proiezione a casa, nessun telefonino potranno mai restituire”. Questo perché si tratta di un’esperienza che deriva da una visione collettiva, che unisce persone estranee in uno stesso ambiente, con la piazza che torna ad essere uno spazio comunitario e con la città che torna ad essere viva.

Milano propone Il mare nello schermo
È proprio su quest’ultimo punto che si concentra un’ulteriore iniziativa, questa volta lombarda, inserita nel programma Milano è viva, che punta a diffondere in tutta la città cinema, teatro, musica, laboratori e incontri. Anche qui si tratta di una programmazione cinematografica en plein air, dal nome Arianteo, che, quest’anno, si svolge dal 31 maggio al 28 settembre in luoghi emblematici di Milano: Palazzo Reale, Fabbrica del Vapore, Citylife e Chiostro dell’Incoronata. In questo caso la partecipazione alle proiezioni è a pagamento, a differenza delle due esperienze precedenti, completamente gratuite e con ingresso libero. L’evento è organizzato da Anteo in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e prevede la programmazione dei film che hanno riscosso maggiore successo nella stagione autunnale e invernale, per offrire al pubblico nuove occasioni per rivederli o recuperarli in un contesto unico.
 L’Anteo viene fondato nel 1979 e nasce come luogo polivalente, con sale cinematografiche, sale video, palchi, biblioteche, e per questo viene inizialmente nominato MusiCineTeatro. Fin dalle sue origini si pone l’obiettivo di promuovere una proposta culturale alternativa, un’intenzione che, con il tempo, viene pienamente realizzata, grazie all’ampliamento delle sue iniziative e al crescente impatto che riesce ad avere sulla società. Quest’ultimo aspetto è estremamente evidente con il cinema itinerante, portato in alcuni luoghi emblematici della città.

Queer di Luca Guadagnino è tra i film in cartellone a CityLife a Milano.

Il manifesto dell’attuale edizione del cinema all’aperto, che porta il nome di Il mare nello schermo, rappresenta un omaggio a Maurizio Ballabio, tra i fondatori di Anteo, recentemente scomparso. Il titolo richiama al suo sogno mai realizzato di fare una crociera, per svegliarsi sul ponte della nave e contemplare l’orizzonte, e dunque l’infinito. Un’immagine profonda e poetica che può simboleggiare anche l’idea del cinema come finestra aperta sul mondo, che iniziative di questo genere non fanno altro che marcare. Quest’iniziativa, ma in generale tutte quelle organizzate dall’Anteo, sono animate da una forte volontà di creare luoghi di aggregazione, di partecipazione e di crescita collettiva, per contrastare la sempre più diffusa fruizione isolata e digitale. Un’altra nota caratteristica dell’evento milanese è il differente approccio adottato nelle diverse arene. Al Chiostro dell’Incoronata tutte le sere si tengono contemporaneamente due diverse proiezioni su due schermi differenti, reso possibile anche grazie all’impiego di cuffie wireless. Nella piazza di CityLife si è voluto proporre un’esperienza moderna e innovativa, in linea con il contesto e lo skyline circostante.

Il maestro e Margherita di Michail Lokšin nel programma di Il mare nello schermo.

Anche qui agli spettatori vengono fornite delle cuffie audio, sia per garantire loro una percezione differente e più immersiva, sia per ridurre al minimo i disagi a chi non partecipa alla proiezione. AriAnteo Fabbrica del Vapore ha invece optato per programmazioni tematiche, inserite nel progetto Revolution is woman, con storie femminili di grande e straordinaria forza, come ad esempio C’è ancora domani di Paola Cortellesi. Anche in questo caso non mancano eventi speciali e ospiti, che contribuiscono a rendere ancora più stimolante e travolgente l’esperienza cinematografica. A CityLife, ad esempio, lo scorso 5 giugno i Manetti Bross hanno presentato il loro ultimo progetto, U.S. Palmese. Mentre, sempre in questa arena, alcune proiezioni, come Queer di Luca Guadagnino, si inseriscono nel progetto di Cinema LGBTQ+ e sono precedute da presentazioni a cura di MiX Festival. Molte sono anche le prime visioni, come La trama fenicia di Wes Anderson, Fuori di Mario Martone e Il maestro e Margherita di Michail Lokšin.

Esterno Notte di Bergamo
Un’altra significativa esperienza lombarda da annoverare è Esterno Notte di Bergamo che, con le sue proiezioni, rianima il cortile della biblioteca Caversazzi di via Tasso. Come le precedenti, si tratta di un’iniziativa il cui cuore pulsante è il cinema, esaltato attraverso serate dedicate dal 12 giugno al 7 settembre. Ogni sera si ha l’opportunità di godere della visione sul grande schermo di alcuni tra i successi della stagione appena trascorsa, come Follemente di Paolo Genovese e Conclave di Edward Berger, ma anche dei grandi classici, come La corazzata Potëmkin di Sergej Ejzenštejn e Rashomon di Akira Kurosawa. A tirare le fila dell’intero progetto è Lab80, da anni partner dello storico Bergamo Film Meeting, festival oramai parte della tradizione cittadina. Come la precedente esperienza, sua conterranea, anche qui la partecipazione prevede un biglietto di ingresso dal costo ridotto, pensato per rimanere accessibile alla maggioranza e incentivare quanto più la condivisione culturale.
Le esperienze di Roma, Bologna, Milano e Bergamo condividono la medesima spina dorsale: l’intenzione di dare vita a progetti che abbiano come protagonista principale il cinema, come destinatari i cittadini e i turisti e come obbiettivo fondamentale la rinascita e la rivalutazione di uno spazio pubblico. La proiezione dei film rappresenta, contemporaneamente, sia il fine, cioè permettere al pubblico di sperimentare l’arte cinematografica e di avvicinarsi a questa, sia il mezzo, attraverso il quale si vuole riportare l’individuo a sentirsi parte di una collettività e a riconnettersi con una dimensione collettiva.

Rilanciare il vero valore dello stare assieme
Ideare, realizzare e condurre al successo iniziative di questo tipo, nell’attuale contesto, è un’impresa quasi titanica. La società contemporanea, infatti, è attraversata sempre più da processi di individualizzazione, mentre progetti come questi sono volti a rinsaldare i legami comunitari. Viviamo immersi in un flusso di continui e numerosi stimoli esterni, quello che Georg Simmel definisce “intensificazione della vita nervosa” (Simmel, 2013), dal quale, però, non sempre l’individuo riesce ad emergere, rischiando, così, di perdere completamente la propria dimensione relazionale. La tecnologia, le varie piattaforme digitali e gli schermi personali hanno permesso di fruire della cultura, compreso il cinema, in maniera solitaria, indebolendo la sua funzione primitiva di condivisione e confronto. Si tende sempre più a costruire bolle personali, nidi di protezione, che limitano al massimo l’incontro, il dialogo e il confronto con gli altri. Questi momenti non sono più considerati opportunità di crescita, ma si caricano del rischio di condannare l’individuo a un forte malessere e alla perdita della propria identità. Schiacciati da una società sempre più rarefatta, gli individui si trovano dinanzi a un bivio: accettare passivamente questa condizione di isolamento, continuando a condurre una vita priva di contatti reali e profondi con l’altro, oppure impegnarsi attivamente per ribaltare nuovamente la situazione e restituire dignità alla città intesa come civitas. È proprio questa seconda strada quella percorsa e tracciata dalla Fondazione Piccolo America, dalla Cineteca di Bologna dall’Anteo e da Lab80, le cui iniziative hanno saputo rilanciare il vero valore dello stare assieme.

Un senso di comunità che rinasce
Questi quattro soggetti hanno sperimentato un vero e proprio antidoto per combattere il dilagare di una visione intimistica della società. Spazi pubblici trascurati, piazze inanimate, luoghi simbolo delle città, tornano ad essere i prescelti per incontri, iniziative e organizzazioni collettive.
 I cittadini possono nuovamente sperimentare e avvertire il piacere di trovarsi in un’occasione pubblica di comunità, che possa in qualche modo arricchirli. In un mondo dominato da schermi personali, un maxischermo sotto le stelle come occasione per ritrovarsi corrisponde ad una vera e propria pietra miliare. Con il tempo, il significato puro e autentico della condivisione ha subito un ridimensionamento di notevole impatto, al punto da indurre la collettività a percepire questa condizione come naturale. Ma, la volontà di questi progetti è proprio quella di ribaltare nuovamente il punto di vista, riportare la socialità al centro e rendere queste occasioni non più un’eccezione, ma una consuetudine, sostenuta dall’apprezzamento del pubblico. Non a caso, tutte queste iniziative hanno riscosso negli anni un enorme e crescente successo, consentendo la realizzazione di edizioni sempre più solide e ricche di novità. Tale entusiasmo deriva anche dal contributo che queste serate offrono nel dare vita a relazioni sociali e ad un senso di comunità, seppur momentaneo. Il ritrovarsi tutti nello stesso luogo, alla stessa ora e con il medesimo obbiettivo permette di stabilire una connessione tra i partecipanti, che condividono non solo la visione della stessa pellicola, ma anche le stesse emozioni che questa suscita.

Luoghi vivi, pulsanti e ricchi di occasioni per la collettività
Vedere un film insieme implica anche sviluppare un ragionamento critico, che permette di instaurare un dialogo spontaneo tra sconosciuti uniti da una medesima esperienza. Con questo, la piazza inizia a scrollarsi di dosso la funzione che una società sempre più intimistica le aveva ingiustamente affidato, cioè quella di essere un luogo di passaggio e non più di sosta, per tornare, così, a rappresentare il cuore della socialità e dell’incontro. Nonostante i cambiamenti urbani e culturali, la piazza è stata capace di custodire uno dei suoi simboli più autentici: quello di essere un vero e proprio teatro di collettività, capace di generare esperienze condivise e relazioni spontanee. Queste iniziative sono soltanto la punta dell’iceberg di una volontà sempre più diffusa, soprattutto tra le nuove generazioni, di ritornare a vivere le piazze come luoghi vivi, pulsanti e ricchi di occasioni per la collettività. È un desiderio che punta a ricostruire un tessuto comunitario ormai logorato, ma non del tutto perduto, attraverso nuovi stimoli come il dialogo, il confronto e la partecipazione collettiva. Il cinema nelle piazze si nutre proprio di questi elementi, riuscendo, in questo modo, con il suo impeto travolgente, a introdurre nella comunità un nuovo modo di concepire e rapportarsi alla socialità. Con questo si apre la strada a un percorso che, se coltivato in maniera costante, può facilitare la nascita spontanea di legami più profondi e duraturi. Perché, in fondo, la città non è solo strade e strutture, ma è gente; quella stessa gente che costituisce la linfa vitale di queste iniziative e, in questo caso, del cinema.

*Questo articolo è l’esito di un lavoro di ricerca svolto all’interno del corso di “Storia e teoria dei media” tenuto da Antonio Rafele presso l’Università La Sapienza di Roma.

Letture
  • Richard Sennet, Il declino dell’uomo pubblico, Mondadori, Milano, 2006.
  • Georg Simmel, Le metropoli e la vita dello spirito, Armando Editore, Milano, 2013.