Le relazioni non pericolose tra video e gioco, probabilmente

 

di Dario De Notaris



In uno dei suoi saggi, Sherry Turkle sostiene: La tecnologia genera mutamenti non solo in ciò che facciamo ma anche nel nostro modo di pensare; cambia l’immagine che gli uomini hanno di se stessi, degli altri, della propria relazione col mondo. [1]

In teatro viene definito “stile Stanislavskij”, in psicologia “tecnica dello psicodramma di Moreno”[2], nelle tribù antiche è associabile alla “reincarnazione”, nella dimensione informatica è conosciuto come “avatar”: il gioco, quel processo fondamentale nella costruzione dell’essere umano, nel quale l’uno immagina di essere l’altro e, a volte, un terzo. Dal fingersi indiani o cowboys, a poliziotti o astronauti, a supereroi o famosi personaggi dello sport. Un tempo immaginari comuni.

Oggi, al gioco si aggiunge la dimensione video che muta profondamente, sul piano fisico soprattutto, il senso di immedesimazione. Com’è cambiato il panorama ludico grazie alle nuove tecnologie? Perché è diminuito, se non del tutto scomparso, il gioco del nascondersi e rincorrersi per le stradine della propria città o all’interno delle proprie mura domestiche, lasciando il posto alla ricostruzione grafica e virtuale di questi luoghi? Il virtuale, che più che mai si avvicina al reale, quasi infrangendolo, quasi mischiandosi ad esso.

La modalità di relazione ludica con gli altri è evidentemente, come tutte le cose, mutata in seguito alla tecnologia (o, volendo rientrare nel determinismo sociale, è la tecnologia che ha dovuto tenere il passo con le nuove esperienze di gioco). La parola videogioco è costituita da due termini che tenteremo di analizzare separatamente per poi ricongiungerli in una considerazione panoptica.

 

Sul video

Guardando a circa una decina di anni fa, noteremo come la radicale evoluzione tecnologica abbia apportato numerosi cambiamenti al nostro stile di vita e al modo di relazionarci con gli altri: possiamo fare molte cose senza uscire dal nostro appartamento, con un semplice click: il mondo a portata di mouse. Il rapporto con il mondo di oggi passa attraverso l’estensione dei nostri occhi: non più miseri occhiali a medio campo, o costosi binocoli per le medie/lunghe – ma sempre finite – distanze: no, oggi l’estensione della nostra vista passa attraverso uno schermo, meglio attraverso l’insieme di tanti punti luminosi, i pixel; dopotutto anche l’occhio umano è costituito da tante piccole particelle sensibili alla luce. La tecnologia oggi è sempre più estensione del corpo umano: i mezzi di trasporto, estensione delle nostre gambe, auricolari, lettori mp3 e microfoni, estensione del nostro orecchio e della nostra voce. Si cerca sempre più di estendere anche la nostra mente e relativi processi: l’hyperlinking è un tentativo di ricreare i collegamenti che facciamo automaticamente nella nostra mente; ma non basta. Allora si è passati alla realizzazione di database online, in grado di contenere tutte le informazioni che vogliamo. Ma la macchina non è ancora legata psichicamente con la nostra mente: non è in grado di restituirci il risultato effettivo di quanto cerchiamo. Dobbiamo sempre accontentarci, come capita quando effettuiamo una ricerca su Google: raramente il risultato che otteniamo è effettivamente e totalmente quello desiderato. Troviamo delle informazioni che, in mancanza di un risultato migliore, ci possono andare bene, ma sicuramente non ci soddisfano. Per tentare di mettere una pezza a questa approssimazione si tenta in questi anni di corredare le informazioni di para-informazioni, di singoli elementi, “parole-chiave”, tag, che descrivano il più possibile il contenuto di quell’informazione. L’esempio più semplice può essere la descrizione di una foto: mettiamo il caso che noi volessimo trovare la foto di una persona in riva al mare, con il cielo in tramonto rosso, con un mare calmo... Oggi non riusciremmo a trovare con facilità una foto del genere: potremmo trovare un tramonto, una persona in riva al mare … insomma, parti della nostra ricerca. Attraverso i tag invece potremmo essere in grado, un giorno, di ottenere il risultato ottimale: la foto, caricata sul web, viene corredata da molteplici informazioni (c’è un tramonto, è rosso, c’è una persona, di spalle, in riva al mare, il mare è calmo).

 



[1] S. Tukle, Il secondo io (1985), cit. in G. Pecchinenda, Videogiochi e cultura della simulazione. La nascita dell’ ‘homo game’ , Laterza, Roma-Bari, 2004.

[2] J. L. Moreno, Manuale di psicodramma. Il teatro come terapia, Astrolabio-Ubaldini, Roma, 1985.

 

    (1) [2] [3]