Dalla Terra alla Luna a bordo di uno shaker

 

di Adolfo Fattori

 

Quando nella notte del 21 luglio 1969 – solo un anno dopo l’uscita nelle sale di 2001 Odissea nello spazio[1] – i telespettatori di tutto il mondo assistono allo sbarco dei primi esseri umani della storia sulla Luna, e ascoltano Neil Armstrong che, realizzando il sogno di tanti lettori di science fiction, ponendo il piede sul suolo lunare afferma “Questo è un piccolo passo per un uomo, un gigantesco balzo per l’umanità”, si chiude un cerchio, di cui potremmo trovare l’origine addirittura nel 1492, l’anno in cui Colombo sbarca in quella che diventerà l’America.

La Luna è perfetta da questo punto di vista, è la vera nuova frontiera, ed è la porta per il cosmo, le nuove “Colonne d’Ercole”. Potrebbe essere la dimostrazione della “verità” della fantascienza e delle visioni di quegli scienziati – e visionari – che avevano ipotizzato e studiato la possibilità di lasciare il nostro pianeta.

Solo che, poi, l’esplorazione dell’universo – almeno quella con gli umani – si ferma lì, non prosegue. Costa troppo e allora non ne vale la pena.

Ma, alla fine di questa fase, con il suo portato di immaginario di avventure, di ricerca scientifica e di disvelamento e mondanizzazione progressiva delle cose del pianeta, tutto è ormai noto, non c’è più niente da esplorare… E gli uomini dove andranno, per soddisfare il loro desiderio di avventure, di scoperte, di ricerca, di sfruttamento?

 
















Attendere il caricamento. Quando lo schermo diventa nero, per vedere il video passarci sopra con il mouse

Finisce insomma un periodo di espansione, di esplorazione – di conquista e sfruttamento – durata cinque secoli, che ha riguardato l’intero pianeta partendo dall’Europa, e che ha prodotto da una parte la conoscenza dell’intero mondo – e per inciso, la prova provata della sua sfericità – dall’altro lato, il viaggio verso il capitalismo e la Modernità.

Il “gigantesco balzo” non sarà verso l’esterno, ma di nuovo sulla Terra. Da un’epoca ad un’altra.

È così che l’umanità entra nella postmodernità.

In realtà, i suoi effetti già li ha avuti, e su molti piani. Sul piano della ricerca tecnologica, prima di tutto: moltissimi degli oggetti ad alta tecnologia che usiamo oggi sono il frutto di sperimentazioni, ricerche e investimenti fatti allora, specialmente nel campo della comunicazione.

Sul piano dei media: la notte dello sbarco fu una delle prime occasioni per una diretta televisiva pressoché mondiale; è in quell’occasione che nasce il tempo reale. Sul piano di un ulteriore passo verso il disincanto del mondo;[2] violata la Luna, cade uno dei pilastri dell’immaginario arcaico: un oggetto dalla natura radicalmente ambigua, visibile ma irraggiungibile, indecifrabile e non esperibile se non con gli occhi, un’immagine, ma quanto corrispondente a un oggetto reale?

L’intero immaginario della storia umana viene incrinato, segnando il definitivo transito verso la tarda modernità. [3] Il secondo millennio, alla fin fine, si chiude in quella notte del luglio 1969.

Insomma, con lo sbarco sulla Luna, si raggiunge l’ultima meta possibile. Ma questo non vuol dire che con questo traguardo finisca il senso del viaggio. Anzi, ci si può guardare indietro con occhi nuovi, e riportare l’attenzione sulla Terra. Dove, a differenza di quanto dichiara la maestra di Truman Burbank, c’è ancora tanto da esplorare. Basta guardare le cose con occhi nuovi.

E già, da almeno una quindicina d’anni, c’era chi ce lo indicava.

Nel 1953, infatti, viene pubblicata da Ian Fleming la prima avventura di James Bond, l’agente 007 del Servizio segreto britannico, Casino Royale.

Spregiudicato gentiluomo e affascinate seduttore, Bond comunque è anche uno spietato killer, fortunatamente al servizio del “mondo libero”. Il suo “lavoro” lo porta in giro per il mondo della “guerra fredda”, a contatto con quelli che si confermavano o si affermavano come i luoghi del jet set internazionale e del turismo d’élite. L’erede se si vuole di quelle versioni del dandy ottocentesco che avevano interpretavano lo spleen come ansia di avventura. Phileas Fogg da un lato, Yanez de Gomera dall’altro. I protagonisti di quell’immaginario avventuroso romantico che aveva fatto da contraltare culturale del colonialismo. Prototipo perfetto dell’avventuriero postbellico, diventa subito il modello di riferimento per tutti gli scapoli della seconda metà del secolo e per le loro illusioni di avventure esotico-salottiere. Un’anticipazione delle avventure in rete. [4]



[1] S. Kubrick, 2001 Odissea nello spazio, USA, 1968.

[2] M. Gauchet, Il disincanto del mondo, Einaudi, Torino, 1992.

[3] Una discussione più approfondita su questo punto e sulla relazione fra viaggi spaziali e science fiction è in A. Fattori, Memorie dal futuro Spazio tempo e identità nella science fiction, Ipermedium, Napoli, 2001, pagg. 21 – 34.

[4] Sui modelli maschili novecenteschi nutriti a musica, esotismo e avventura cfr. il ricchissimo F. Adinolfi, Mondo Exotica, Einaudi, Torino, 2000, in particolare le pagg. 298 – 318.

 

 

    (1) [2]