Le cose sull’origine del mondo svelate dal  Signore della Luce di Roberto Paura

 


Sam, uno dei Primi che si è ribellato alla Teocrazia dei suoi antichi compagni, è un Accelerazionista: desidera che le enormi conoscenze scientifiche e tecnologiche di cui godono gli Dei siano messe a disposizione dei comuni mortali, desidera che la Teocrazia cessi di scoraggiare il progresso scientifico cancellando sistematicamente dal mondo ogni nuova invenzione che si sviluppa (dal tornio da stampa al gabinetto), e scenda dal soglio divino che si è costruito per unirsi ai suoi simili e figli in un rapporto di parità e uguaglianza. Stagnazione sociale e religione Indù si sposano in effetti quasi alla perfezione, come Zelazny ci fa intuire nelle pagine della sua opera e come possiamo capire anche noi ragionando sull’idea alla base dell’Induismo: «Anche se i cicli cosmici dell’induismo sono suddivisi in quattro yuga o ere… esse si susseguono l’un l’altra in un flusso temporale apparentemente senza fine. La ruota di nascita, morte, reincarnazione comprende l’individuo, le specie, la struttura sociale, i pianeti, gli dei, l’universo: è la scansione temporale della Natura stessa. Infiniti, irreversibili, inestinguibili sono i processi di alterazione e mutamento»[5].

È l’eterno ritorno nietzschiano, la ripetizione infinita di uno stesso ciclo che non può essere spezzato. Se è vero, come ha scritto Dave Bukowski in un suo saggio, che per Zelazny «la meta dell’umanità è quella della crescita psicologica, un processo catalizzato dalle esperienze della vita e dai brevi lampi di intuizione che forniscono visioni di questa meta»[6], allora è chiaro che l’Induismo e la sua versione sui generis in Signore della Luce impediscono tutto ciò, imbrigliano il processo creativo umano e rendono statica e immutabile la società. In questo contesto Sam è il Buddha perché incarna le istanze di rinnovamento che il Buddhismo storicamente ha portato con sé: «Buddha trovò l’Induismo statico e corrotto… insensibile all’uomo comune e troppo complesso per essere compreso. Sam trova che il sistema Indù del romanzo abbia gli stessi problemi… Entrambi sono persone del cambiamento»[7].

La società che Sam tenta di rovesciare è una società in cui l’idea della separazione fisica e metafisica tra sfera del sacro e sfera del profano che, come ha teorizzato Durkheim[8], è alla base della religione stessa, sopravvive solo nella sua accezione fisica. Gli Dei vivono separati dal resto del mondo sulla vetta dei monti più alti del pianeta, nella Città Celestiale governata dalla Trimurti che una volta era semplicemente Prima Base (il primo avamposto dei coloni terrestri), ed entrano in contatto con gli uomini attraverso i Templi nelle principali città. Ma in realtà il contatto tra le due sfere può avvenire in qualunque momento. I sacerdoti entrano in comunicazione con gli Dei attraverso particolari videotelefoni che permettono loro di vedere e sentire la divinità fisicamente dar loro ordini. Inoltre nulla vieta agli Dei di scendere nel mondo profano, come avviene varie volte nel romanzo, e addirittura combattere con gli stessi uomini contro altri uomini. Ciò accadeva, in effetti, anche nella mitologia greca come elaborata da Omero, ma in Signore della Luce gli Dei sfruttano le loro formidabili invenzioni distruttive ammantate da aloni mitici per sconfiggere i nemici in battaglia. La ierofania, la manifestazione del sacro, si esplica in Zelazny negli Attribuiti che gli Dei indù impugnano quando scendono nel mondo e si rivelano ai mortali; perde il suo carattere di sacralità e indeterminatezza e diventa chiara, evidente, manifesta. Non c’è niente di sacro nemmeno nel processo di accumulazione di karma positivo e karma negativo, perché i fedeli possono astenersi dall’agire probamente in vista di una maggiore beatitudine nella vita successiva e rivolgersi a un “ricevitore di devozione a gettone”. È nient’altro che una nuova forma tecnico-mistica della vecchia pratica delle indulgenze, tramite la quale il fedele inserisce il denaro nella macchinetta (o magari fa addirittura un abbonamento) e si garantisca l’espiazione indolore del karma negativo e l’accumulo di elementi positivi in favore di una più conveniente reincarnazione. La corruzione e la stagnazione che ne deriva dà chiaramente ragione a Max Weber quando indicava nell’etica protestante il motore del progresso sociale e scientifico della civiltà capitalista[9]: è nell’ignorare il proprio destino dopo la morte a invogliare l’uomo credente a comportarsi degnamente e a non cadere nella perdizione e nel lusso, ma a gettarsi nel lavoro e nel progresso del mondo e di sé in vista della salvezza eterna.

L’Induismo rappresentato in Signore della Luce differisce dalla sua versione tradizionale non solo per l’assenza di sottigliezza mistica ma soprattutto per la supremazia che nel pantheon della Città Celeste hanno le divinità della morte. In primis Yama, il Dio della Morte appunto che è l’unico tra gli dei a non indulgere nei piaceri fisici e a non ricercare un corpo giovane per ospitare il suo atman. Primo tra gli oppositori all’Accelerazionismo di Sam, finisce per diventare il suo più fedele alleato dopo aver aperto gli occhi sulla superiorità che nei sentimenti divini ha la bramosia del potere rispetto a qualsiasi passione più elevata. Segue la dea Kali, signora della distruzione e promessa sposa a Yama, che poi sacrifica un amore mai provato per reincarnarsi in Brahma e assumere il potere nella Trimurti. Shiva, che brandisce come Attributo un tridente grazie al quale può uccidere e distruggere tutto e tutti. Vishnu, custode della tradizione e dell’ortodossia. Agni, il dio del fuoco, che può bruciare e distruggere tutto ciò che tocca. Gli altri dei sono tutti forze minori, Zelazny vuole accentuare questo aspetto di negatività, oscurantismo e anti-umanismo dell’Induismo sui generis di Signore della Luce.

 


 

[5] Arthur Cotterell, Dizionario di Mitologia, Mondadori, 1991.

[6] Dave Bukowski, Sviluppo del personaggio e crescita psicologica: il ‘Grande Tema’ di Roger Zelazny, in http://www.intercom.publinet.it/Zelazny2.htm.

[7] Ibidem.

[8] Emile Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa, ed. Meltemi 2005.

[9] Max Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, ed. Rizzoli 1991.

 

    [1] (2) [3]