Totem e tribù musicali di Gennaro Fucile

 


In Senza tempo nel tempo Antonio Testa suona, percuotendolo, un organo di stalagmite.

Alan Lamb in Primal Image/The Beauty, agisce su cavi telefonici abbandonati nel deserto, spazzati dal vento, catturandone energia sonora di impressionante potenza.

Otto arpe eoliche poste su una scogliera e lasciate risuonare catturandone il suono con una serie di microfoni e pick up. L’esecutore è il vento e Roger Winfield l’ideatore del concerto. Il risultato è Windsongs. Le arpe a vento sono strumenti usati anche da Mario Cicciòli.

Lui si chiama Steve Gibbons, ma si firma Lilith e i suoi strumenti musicali sono le pietre risuonanti. Abissale, sentire Redwing per credere.

Jacques Dudon suona un sintetizzatore fotosonico autocostruito. Funziona così: una sorgente di luce colpisce un disco trasparente cosparso di incisioni. La luce vi si immerge viene filtrata e inviata a una cellula fotoelettrica che la converte in segnali elettrici e un amplificatore dedicato trasforma i segnali in suoni. Documentato in Lumieres audibles.

John Duncan è un performer multimediale. Tra i vari esperimenti con le più disparate fonti sonore, non poteva mancare l’acqua, eseguita in Crucible. Quella catturata da Duncan è acqua di sorgente, ma l’acqua è sicuramente l’elemento più impiegato, da frotte di musicisti sparsi in tutto il mondo.

Dieci anni di registrazioni sono dietro Within Earreach: Sonic Journeys di Richard Lerman, suoni raccolti sul campi da Bali alla Nuova Zelanda, dal Cile al Giappone. Suoni raccolti medianti microfoni autocostruiti di piccole dimensioni, per catturare le sollecitazioni acustiche dei corpi monitorati, dalle superficie di metallo al bamboo, la pioggia, il vento, le rane, gli insetti, le foglie. Ai confini della realtà.

Insetti sono poi i players di Insect Musicians realizzato da Grame Revell allora mente degli SPK e poi diventato autore di colonne sonore per il grande cinema. Cicale, mosche, api, registrate in volo, in fase larvale, in cattività, immagazzinandone poi i suoni nelle apparecchiature elettroniche di Revell. Alieno.

 Energia del corpo, invece, viene prelevata dall’Hafler Trio per due minisuite, Masturbatorium e Fuck e qui non c’è bisogno di spiegare la provenienza dei suoni originali.

 Sempre il corpo, ma nella condizione più estrema in On The Way di RIP Hayman, dove l’autore ricostruisce la sua esperienza N.D.E. (Near Death Experience), ovvero lo stato di pre-morte in cui si è personalmente trovato, essendo stato per lungo tempo in coma.

Ancora più in giù e si arriva alla musica molecolare di Susan Alexjander che in Sequencia, mini opera per sintetizzatore, violino, violoncello, voce e tabla, ha accordato gli strumenti sulla base dei rapporti molecalori esistenti tra le 4 basi del DNA.

Opere concettuali che a valle risultano quasi sempre indistinguibili dai lavori realizzati direttamente con suoni elettronici e qui sta il punto: tutta la musica elettronica dall’ambient più quieto al rumorismo oltranzista, dall’acquerello sonoro al tecnoritmo ossessivo, fa risuonare il mistero, evoca il prima e dopo l’umano, svolge l’ufficio che fu delle fughe per organo, delle cantate, dei requiem. Stuoli di tecnosciamani in azione per dare voce alla natura della natura. Il suono delle macchine e quello della natura congiunti risuonano in nuove cattedrali dove si esegue la musica sacra senza religioso, le rovine della civiltà industriale o luoghi che ne conservano le vestigia: ex fabbriche o musei. Infine l’elettronica del silenzio, un invito all’ascolto dello spazio interno. Ancora una pattuglia di musicisti tedeschi in prima fila, da Thomas Köner a Gunther Bernardt, affiancati da giapponesi come Ryoji Ikeda.

Sarà che un volto terrificante del sacro apparve una sessantina d’anni fa, prima sui cieli di Germania e poi su quelli di Nagasaki ed Hiroshima?

Fluttuiamo nel tempo, nell’oscurità e nella luce. Siamo fatti di tempo, di un’enorme quantità di tempo. La nostra galassia ruota come una gigantesca isola, come un gioiello volante. É dove viviamo ed è fatta di 200 miliardi di stelle. Ma la galassia è fatta di tempo e ci sono altre galassie, miliardi. Non siamo parte di questo, siamo fatti di stelle che nascono e di stelle che muoiono. Siamo i bambini che guardano meravigliati. Noi siamo la forma del tempo.

Coyote Oldman, note di copertina dell’album Shape Of Time

 

 

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