Alfonso Amendola

Frammenti d’immagine

Liguori, Napoli, 2006

Pagg. 225

€ 15,50

 

 

 





 

Frammenti d'immagine di Alfonso Amendola

 

“Frammenti” non in termini di disgregazione, quanto di capacità di unire le parti delle varie estetiche ed arti rispetto ad un progetto profondamente multimediale.    

Questo il percorso del teatro nel ‘900 – e in prospettiva nel III millennio – è fatto di sperimentazione, ricerca, rottura della sua pretesa sacralità e unicità.

Quindi anche di attenzione e contaminazioni con tutte le altre prospettive estetiche – in termini di discorsi, di scuole, di media – che hanno popolato il XX secolo.

La storia del teatro, nella sua necessità di confrontarsi con gli altri linguaggi espressivi della Modernità parte quindi dalla lezione delle avanguardie storiche, per intrecciarsi necessariamente con lo sviluppo del cinema, della musica, delle arti grafiche – e, cosa fondamentale, con gli sviluppi delle tecnologie della riproduzione del suono e dell’immagine.

Il libro di Alfonso Amendola affronta questo tema, cruciale per la comprensione non solo dei percorsi e degli approdi dell’arte “sperimentale”, ma di tutta la cultura di massa e dell’immaginario novecentesco, pensando ad un asse che parte da Benjamin e Artaud per toccare Cage, Welles, Beckett, Bene.

Scelta che potremmo pensare obbligata, ma che comunque implica una presa di posizione precisa perché elettiva nei confronti delle opzioni di fondo dei maestri citati: la consapevolezza della necessità di mescolare i linguaggi e i canali, i contesti e i mezzi di comunicazione.

Al centro di tutto, comunque percepiamo con chiarezza nel discorso dello studioso il riconoscimento (e forse la rivendicazione) della centralità del cinema come medium cruciale per lo sviluppo dell’immaginario del ‘900 e delle tecnologie connesse ai discorsi e ai linguaggi espressivi.

Ancora, anche se non emerge in maniera esplicita, sotto traccia si avverte l’utilità del testo di Amendola anche per chi si trova a riflettere sugli sviluppi della cultura di massa e dei suoi prodotti, a partire dall’esperienza delle avanguardie storiche, e della loro attenzione alla necessità di confrontarsi anche – o prima di tutto, nella Modernità? – con i linguaggi triviali, bassi, legati alla serialità e al largo consumo. Basti pensare a quanto sia nei fatti tributaria la science fiction nei confronti di tutti i discorsi estetici legati alla esaltazione (i Futuristi) della tecnologia, o al suo uso concreto nella produzione di oggetti estetici (per tutte, le videoinstallazioni).

Le rotture con la tradizione e l’accademia di cui sono stati artefici e alfieri gli artisti dell’avanguardia e della sperimentazione teatrale – o coloro, come Welles, che non hanno voluto dimenticare la loro origine – aprono ad altre rotture e ad altre prese di coscienza, che riguardano tutto l’universo della “merce estetica” nella Modernità.

Ricchissima anche la bibliografia, ottimo punto di riferimento per chi voglia approfondire i temi trattati.


 

     Recensione di a.f.