Anime dell’oltreumano: Neon Genesis Evangelion di Claudia Di Cresce

 


Ritornare a Dio, ricongiungersi a Dio, sostituirsi a Dio: sono questi gli obiettivi più o meno nobili dei diversi personaggi che mettono in moto la storia trascinandola verso il gran finale in cui il ricongiungimento a Dio e la trasformazione dell’Uomo in Dio diventano effettivamente possibili. (Questo basti, perché svelare il finale sarebbe decisamente imperdonabile…)

Angeli e uomini sembrano dunque muoversi spinti dal medesimo scopo: la conquista, in diverse forme, della divinità. Per questo si combatte, anche perché il raggiungimento della divinità per l’uno significherebbe l’annientamento totale per l’altro.

Ma nella storia c’è qualcuno che viene catapultato all’interno degli eventi per puro caso e contro la sua volontà: è il protagonista Shinji, quattordicenne ritrovatosi suo malgrado a pilotare i robot umanoidi Eva. Shinji non ha alcuna intenzione di avvicinarsi né di sostituirsi a Dio: è un ragazzino inconsapevole del disegno in cui si muove, incarna il lato più “umano” della serie. Umani sono i suoi sentimenti e le sue paure adolescenziali, ed appare assolutamente estraneo all’enorme meccanismo che viene costruito lentamente durante la serie attraverso l’intreccio di volontà molto più grandi di lui.

Ma sarà Shinji, alla fine, l’unico a cui sarà concesso di percorrere, attraverso le proprie esperienze, le tappe del cammino spirituale che passa attraverso le sefiroth, risalendo il percorso ascendente dell’Albero della Vita fino a conquistare quella divinità per cui tutti gli altri hanno combattuto.

Gli eventi precipiteranno a tal punto da sfiorare la fine del mondo, e sarà solo Shinji a poter decidere del futuro dell’umanità: il suo cammino di crescita potrà dirsi completo solo se si dimostrerà capace di gestire questa immane responsabilità.

Come si intuisce, si tratta di una storia insolita, profondamente intrisa di misticismo, che diverge dalle soluzioni che la science fiction classica ha proposto quando ha utilizzato l’immaginario religioso (come in Zelazny o nel Dick de La città sostituita). Un’operazione sofisticata che congiunge ciò che a prima vista appare inconciliabile: l’intrattenimento e la fantascienza da un lato, dall’altro l’insondabile trama dell’universo e l’intento di scucirne i segreti che i mistici osarono. Saldatura solo apparentemente spericolata, poiché l’immaginario di massa mira a regolamentare i disordinati abitanti/utenti del tempo libero e la mistica rappresenta il tentativo più sofisticato di disciplinare il sacro, tentativo vano, tant’è che Evangelion si svolge all’ombra di un’apocalisse e può essere letto anche come il fallimento definitivo di forzare il segreto del mondo: il sacro oggi si cela nelle armi high-tech dove può svelare la sua divina onnipotenza distruttiva. Il numinoso apparve a Hiroshima e risplende ancora in questa storia, che sorprende continuamente perché il meccanismo viene costruito con sapienza e intelligenza, lasciando intuire l’impianto mistico senza svelarlo del tutto fino alle ultime battute, trascinando poi la storia verso un finale epico in cui tutto ciò che è stato costruito fino a quel momento collassa in un’atmosfera apocalittica. A quel punto non potrete credere ai vostri occhi, ma sarebbe davvero imperdonabile svelarvi altro.

 

 

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