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Ci siamo, sta per iniziare…

Come ci si appresta a guardare una partita di calcio? L’interrogativo è cruciale e ineludibile,

poiché dalle scelte dipenderà non soltanto il godimento pieno dello spettacolo al quale stiamo

per assistere, ma anche come l’interpreteremo, la lettura dei fatti che ne faremo.

Vale per il commento a caldo, l’arbitraggio, gli errori dei singoli calciatori e tutto il resto, ma incide anche sulle riflessioni nel lungo periodo; in altri termini, la rilettura del gioco del calcio in chiave antropologica e/o sociologica dei suoi rituali, dei processi identitari che sommuove, dei racconti

che fabbrica e qualsivoglia altra riflessione teorica più o meno azzeccata o azzardata.

Va da sé che condizioni sfavorevoli, inadeguate per non dire avverse, stando così le cose, vanno rigorosamente evitate. A tutt’oggi il criterio insuperato resta quello codificato da Paolo Villaggio

ne Il secondo tragico Fantozzi, il film con la celebre considerazione critica su La corazzata Kotiomkin, caso più unico che raro di remake immaginario nel vasto mondo delle pseudo opere

(cfr. www.quadernidaltritempi.eu/numero55). Che cosa suggeriva il ragionier Fantozzi? 

“Calze, mutande, vestaglione di flanella, tavolinetto di fronte al televisore,

frittatona di cipolle […], familiare di Peroni gelata, tifo indiavolato e rutto libero!”‬. 

In questo numero speciale di Quaderni d’altri tempi però non si parla di calcio, ma di serie televisive, a loro volta altrettanto in grado di suscitare sensazioni forti e riflessioni profonde. Nel fare la nostra selezione si è preferito privilegiare un episodio, eleggendolo a testimone della serie in quanto veicolo di senso complessivo e si è stabilito di non arretrare nel tempo oltre Twin Peaks (volutamente esclusa).

È tutto riguardo ai discutibili criteri sottostanti l’ammissione a questo numero. Quanto agli intenti, qui non si ambisce a essere esaustivi sull’offerta di un quarto di secolo di serialità televisiva. Si troveranno soltanto degli inviti alla visione e alla riflessione su quelle che probabilmente sono nel complesso le narrazioni più all’altezza dei tempi che viviamo, almeno nell’ambito della fiction classicamente intesa. Proprio per questo tornerà allora utile riformulare la domanda di partenza: come ci si appresta a guardare una puntata di una serie televisiva? Quali accorgimenti adottare? Che cosa evitare o al contrario a cosa non rinunciare? Le indicazioni fantozziane sono inadeguate, è ovvio: diverso il genere, differente la predisposizione alla visione. 

Senza tediare il lettore con scrupolose e dettagliate avvertenze, ci limiteremo a poche indicazioni essenziali, anche se non stringate, come invece si addice alla battuta cinematografica. Anche perché… sta per iniziare…

 

Prima regola. Fare massima attenzione all’alimentazione. Non si tratta di mangiar sano vs trasgressione (come il ragioniere), ma di consumare cibi il più possibile in linea con il tempo e il luogo, la civiltà materiale dentro cui si colloca la vicenda della serie che state seguendo. Sembra facile, in alcuni casi lo è, ma in altri le cose si complicano maledettamente. Prendiamo le serie considerate in questo numero. Se guardate Gomorra, sarà sufficiente una pizza margherita o meglio l’accoppiata salsicce e friarielli e il gioco è fatto. Le cose si complicano quando si passa a una serie come Penny Dreadful. La cucina vittoriana non è il massimo e poi bisogna ingegnarsi a cucinare pietanze come i Pigeons à la Duchesse, piccioni disossati sommersi da una besciamella tutta burro, impanati e fritti. Eppure si deve cercare di rispettare questa regola, perché mangiare in sintonia con il resto della vita è sempre un buon principio e poi chi ha detto che il metodo Stanislavskij non si addice allo spettatore?

 

Seconda regola. Non ritrovarsi in compagnia, altrimenti sono guai (il ragioniere ne sa qualcosa). La visione solitaria evita non tanto i commenti fuori luogo, disturbanti e fuorvianti, quanto la rovina profonda dei rapporti tra i presenti. Una serie emoziona, coinvolge, ci porta a schierarci, a prendere le parti di un personaggio e ad avversarne un altro. Emergono i caratteri, i tipi psicologici junghiani, con inevitabili contrapposizioni anche frontali. Si potrebbe ovviare stando ben attenti al quadro zodiacale (all’uopo si può ricorrere a qualsivoglia scienza inesatta), valutando se in quel giorno, essendo nati sotto il segno della Bilancia sarà meglio non disturbare un Toro, piuttosto che non incalzare un Leone, ma se si è Acquario potrebbe risultare fatale essere severi con un Gemelli o prendere sottogamba un Capricorno. Nel far di conto a tutte le possibili implicazioni e contro indicazioni si rischia di perder la testa e anche la puntata.

Meglio rimanere soli e se non è stato possibile, ricorrete al replay digitale in tutte le sue declinazioni. Una seconda chance è alla portata di tutti ormai.

 

Terza regola. Non fatevi sedurre e tantomeno non innamoratevi mai di un personaggio, perché è garantito che un giorno vi lascerà.

Se cercate legami duraturi puntate sulle soap. Il distacco sarà quanto mai doloroso, l’amore fa soffrire, ci ha ricordato non più di due anni fa la sociologa Eva Illouz. Inoltre, l’amore si fa tossico nell’abitudine e la serialità di per sé induce a vedere di nuovo: è coazione a ripetersi. È un punto spinosissimo: come si fa a restare indifferenti di fronte a personaggi che hanno fascino da vendere, o simpatia in abbondanza? Una mano ce la danno proprio gli autori delle serie della post modernità, che mettono in scena figure senza scrupoli e scopi, prive di morale, tormenta(n)ti, mosse solo dal potere, violente, sfumate mai troppo fetenti, ma neppure troppo innocenti.

Ciò nonostante, personaggi come Rust Cohle (interpretato da Matthew McConaughey) nella prima stagione di True detective, oppure Frank Underwood (interpretato da Kevin Spacey) di House of Cards, per restare alle serie incluse in questo numero, ci attraggono inesorabilmente, fatalmente. Che fare? Seguite due o più serie in parallelo (ma non in contemporanea, beninteso), evitando di stabilire legami profondi, senza perdere in intensità. La monogamia e la fedeltà, se vi stanno a cuore, tutelatele altrove.

 

Quarta regola. Mettetevi comodi. A rigor di logica per l’abbigliamento si dovrebbe mantenere il medesimo approccio suggerito per il cibo, ma seppure siamo da soli davanti allo schermo, l’effetto Carnevale o la deriva cosplay non possono non turbarci, quantomeno. Possiamo tranquillamente vestirci come lo sfigatissimo Louie (l’attore Louis C.K), ma le cose si complicano se ci appassiona, per esempio, The Flash. Meglio quindi assecondare la moda del momento (anche le serie tv in qualche modo sono moda), la stagionalità, i colori che vanno per la maggiore. La vera differenza la fa la stagione, non quella della serie, ma quella astronomica. 

Sta iniziando…

Limitiamoci all’estate. Meglio l’unisex e una T-shirt è inevitabile. C’è di che scegliere: tinte dark, scritte gotiche, con fantasia floreale o stampa di soggetti vari, sottile, di cotone pregiato, con scollo ampio e stondato, maniche corte, quasi accennate. 

Il bermuda è un altro capo essenziale; in vista delle vacanze, ha anche il vantaggio di essere in giro da qualche parte per casa.

Saranno  da scegliere in tessuto, bianchi, neri, o nei colori pastello per abbinarli alla T-shirt. Da prendere in considerazione anche quelli a fantasia floreale e a righe. Sempre per entrambi: ciabatte stile piscina, ormai incluse anche nelle collezioni prêt-à-porter in versione riveduta e corretta. Insomma, un po’ pasticciato ma comodo, come il vestaglione di flanella del ragioniere.

È già iniziata…

 

Quinta e ultima regola. Guai a perdere l’inizio del nuovo episodio!
Quindi, non perdete tempo a distribuire consigli su come apprestarsi a guardare le serie televisive, mentre sta per cominciare la nuova puntata. Si rischia di accorgersi in ritardo che… è già iniziata… 

e da un pezzo…

 


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