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di Mario Pireddu

 

Ha, ha, ha, ha, ha, I must neds laughe in my selfe,
The wise men of Gotum are risen againe.

Misogonus, 1560

Tutto inizia in Crime Alley. Più precisamente, tutto inizia in Park Row, che prenderà in seguito il nome di Crime Alley. “The Park Row Tragedy”, così come emerge dai resoconti giornalistici, è l’evento che segna la vita del giovane Bruce Wayne, e per certi versi anche la vita della città in cui è cresciuto. Il pilot di Gotham, nei primi minuti della serie, ci mostra l’omicidio di Thomas e Martha Wayne attraverso lo sguardo di una giovanissima Selina Kyle, la futura Catwoman. Una delle scene più conosciute di tutta la storia del fumetto, rievocata sul grande schermo da Tim Burton in Batman (1989) e da Christopher Nolan in Batman Begins (2005), diventa l’apertura del crime-drama del 2014 ideato e prodotto da Bruno Heller e Danny Cannon per la Fox. La scena termina con il dolore straziante del giovane Bruce, in ginocchio accanto ai cadaveri dei genitori e solo al mondo.
Il protagonista della serie non è però Bruce Wayne, come ci viene fatto capire sin dai primi trailer, ma un giovane James Gordon che muove i primi passi all’interno del Gotham City Police Department. Un poliziotto onesto e idealista alle prese con un sistema corrotto e marcio: un plot noto e ben poco originale, se non fosse che il reale protagonista di Gotham non è uno dei personaggi interpretati dagli attori, ma la città stessa. La timeline di Gotham scorre raccontandoci il mondo di Batman prima di Batman. Come aveva già fatto in Rome, serie televisiva realizzata tra il 2005 e il 2007 per BBC, HBO e RaiFiction, Bruno Heller utilizza qui le vicende dei personaggi per raccontare l’anima di una città: in una intervista a Entertainment Weekly del 2014, dichiara testualmente: “Gotham in sé mi affascina molto più dello stesso Batman. […] Si tratta in questo caso di un mondo che più avanti diventerà il mondo di Batman che conosciamo, ma che qui è ancora altro, è ancora in fase embrionale”. Non si tratta di una scelta eccentrica: leggendo i fumetti di Batman, infatti, si ha spesso l’impressione che al centro di ogni racconto vi sia il cuore oscuro della metropoli. Le ricerche fatte da Heller per la preparazione di Gotham lo hanno portato a parlare, oltre che di analogie tra il mondo lì rappresentato e le mitologie greca e romana, di persone e violenza duri quanto la città. Un luogo, dunque, in cui la posta in gioco è spesso l’alternativa tra la vita e la morte. L’ispirazione, per Buno Heller e Danny Cannon, viene dalla New York violenta degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta: sono gli anni in cui i due autori e produttori inglesi si stabiliscono nella città americana. “Ecco che tipo di Gotham è questa”, afferma Heller, “intesamente visiva e tridimensionale; e, ancora, stratificata, audace, sporca, sexy, pericolosa”.
Heller e Cannon non sono i primi autori britannici ad aver contribuito nel tempo a riplasmare l’universo creato dalla DC: The Dark Knight Trilogy, opera di maggior successo commerciale nella storia del brand Batman, è stata realizzata dal londinese Cristopher Nolan; The Killing Joke, uno dei graphic novel più apprezzati di sempre, è stato scritto dal britannico Alan Moore. Gotham City, tra tutte le città del fumetto supereroistico statunitense, è sicuramente quella che mantiene con l’Inghilterra e con l’Europa un legame del tutto particolare. Per Danny Cannon lavorare alla serie Gotham ha significato la creazione di un tipo di mondo “romantico, gotico, dickensiano” ( www.ign.com/articles/2014/07/03/gotham-creators-discuss-their-version-of-the-history-of-batman): 

“Doveva quindi trattarsi [di un mondo] vero; il che vuol dire un clima vero, una vera esperienza viscerale del posto. Per questo abbiamo usato così tanto spesso vapore e pioggia… La cosa più importante era che tutto l’insieme doveva sembrare perfettamente realistico, senza dare segno di artificialità alcuna. Feci così una ripresa dall’elicottero, tenendo ben a mente i disegni. Aggirando un po’ le regole, riuscii, a New York, a realizzare tutte le riprese di cui avevo bisogno. Tutto quello che restava da fare, ora, era togliere qualche pezzo di palazzo qui e lì ed aggiungervene altri; e lo facemmo «rubando» elementi da fotografie reali, da fonti documentarie reali: cattedrali, edifici gotici, Londra, Parigi, Barcellona – è tutto lì dentro. Il che vuole dire che Gotham è in effetti un pout-pourri di tante grandi città” (ibidem).

Come la città che lo ospita, lo stesso Batman può essere considerato una fusione riuscita di diversi archetipi: l’eroe mascherato, il detective, il vampiro. Più nel dettaglio: l’eroe mascherato è Zorro, il detective è Sherlock Holmes, il vampiro è Dracula.
In diverse versioni della nascita di Batman, The Mark of Zorro (Il segno di Zorro, 1920) – il film che porta al cinema il personaggio apparso per la prima volta nelle pagine di The Curse of Capistrano, racconto scritto da Johnston McCulley nel 1919 – è il film che la famiglia Wayne vede al cinema poco prima della tragedia in Crime Alley. Le analogie con il Cavaliere Oscuro sono evidenti: la mascherina viene sostituita da cappuccio e mantello (rimarrà invece per Robin), ma resta la figura del nobile dall’identità segreta, vestito di scuro, astuto e preciso nel combattimento, che nasconde il suo cavallo nero in un antro inaccessibile, combatte le ingiustizie con il nome di un animale (zorro in spagnolo è “volpe”) e lascia il proprio marchio inconfondibile. Potrebbe apparire la componente più americana del personaggio, ma lo stesso personaggio di Zorro viene ricollegato solitamente – oltre che ad altri Californios – a figure europee più antiche e misteriose come Robin Hood e Reynard The Fox, o il vittoriano Spring Heeled Jack. 
La rappresentazione nell’immaginario vittoriano da penny dreadful di quest’ultima figura – una sorta di essere diabolico avvistato a Londra, a Liverpool, nelle Midlands e in Scozia – ha prodotto un prototipo di spaventoso personaggio steampunk armato di artigli metallici e occhi fiammeggianti, vestito con un mantello nero e un elmetto, in grado di compiere eccezionali acrobazie, dotato di grande abilità nel combattimento e identificato anche come Rossian Bear. La leggenda di Jack il Saltatore – noto per l’abitudine di scolpire la lettera S sui muri con la spada o l’artiglio, e identificato intorno al 1840 da alcuni testimoni con il Marchese di Waterford – per alcuni autori avrebbe funzionato anche da ispirazione per i casi di Jack lo Squartatore. 
Una diabolica figura della notte, in alcuni racconti non priva di caratteristiche nobili, proprio come il Dracula di Bram Stoker, pubblicato nel 1897 e tra gli ultimi grandi romanzi gotici. Il Vampiro di Stoker è un nobile transilvano, ma il set di buona parte del romanzo è la Londra di fine Ottocento: una metropoli cupa che si rivela terra d’elezione per la creatura oscura immortale capace di scomparire e riapparire altrove, o di trasformarsi in nebbia, lupo e pipistrello. La sagoma di Batman nel nero della notte rimanda deliberatamente all’immagine di questo chirottero, da sempre così potentemente associato all’oscurità e al terrore: è lo stesso Bruce Wayne a dirlo, nel numero 22 di Detective Comics del novembre 1939, nelle vignette che seguono la prima rappresentazione dell’uccisione dei coniugi Wayne. Se l’obiettivo è vendicare l’omicidio dei propri genitori iniziando una guerra spietata contro il crimine, quale è il modo migliore per incutere terrore ai criminali stessi? “I criminali sono per la maggior parte vigliacchi e superstiziosi”, afferma Wayne, dunque la maschera scelta deve essere in grado di provocare una reazione di orrore violenta, quasi primaria: “il mio camuffamento dovrà riuscire a suscitare terrore nei loro cuori”. Nella maggior parte delle rappresentazioni un pipistrello entra in casa Wayne dalla finestra suggerendo a Bruce il tipo di camuffamento da adottare: è così nel numero 22 di Detective Comics del 1939, è così nella miniserie Batman: Year One del 1987 (Batman: Anno Uno) di Frank Miller e David Mazzucchelli, ed è così anche nel Batman Begins (2005) di Nolan.

“In che modo posso farlo?”, si chiede il Bruce Wayne di Frank Miller, “Cosa posso usare…per mettere loro paura?”. “Un simbolo…”, risponde il Bruce Wayne di Nolan, “qualcosa di primordiale…qualcosa di terrificante”.

Il ragionamento del futuro eroe è di tipo scientifico: per diventare Batman, infatti, Bruce Wayne segue un lungo percorso di studio ed esercizio. Studia le più disparate tecniche di combattimento e arti marziali, e allo stesso tempo studia e allena la mente fino a diventare “il Più Grande Detective del Mondo”. A Zorro e Dracula si aggiunge Sherlock Holmes: il Detective e la scienza contro la superstizione. Logica e ordine sono le armi di Bruce Wayne, le uniche in grado di aiutarlo a sopravvivere in una Gotham che coincide con caos e corruzione, una città infetta fin dalle sue fondamenta. Le radici europee e decadenti della città si mostrano nel procedere di detective stories che diventano via via sempre più noir. Se è vero che il primo racconto poliziesco della storia della letteratura, I delitti della Rue Morgue (1841), si deve a Edgar Allan Poe, è vero anche che lo stesso Poe aveva studiato in Inghilterra e che decise di ambientare il racconto a Parigi. Lo scozzese Conan Doyle farà preferire a Sherlock Holmes il primato dell’intelletto sulla forza fisica, mentre Bruce Wayne è un personaggio che sceglie – per combattere il crimine e risolvere i propri casi – di spingere all’estremo sia la mente che il corpo (caratteristica peraltro condivisa dallo Sherlock Holmes cinematografico di Guy Ritchie del 2009, interpretato da Robert Downey Jr, che in alcune scene di lotta sembra agire e combattere ricalcando il Bruce Wayne di Gotham by Gaslight del 1989). Naturalmente, le fonti di ispirazione per il personaggio di Batman possono essere ritrovate anche in altri pulp heroes come Dick Tracy, Doc Savage, The Shadow, e via di questo passo, così come quelle per il Joker possono essere rintracciate persino in film come L’uomo che ride (The Man Who Laughs, 1928), adattamento da Victor Hugo del regista espressionista tedesco Paul Leni. Vale qui la pena di ricordare che l’ideatore della serie tv Gotham, oltre ad aver prodotto una serie sulla più celebre delle metropoli corrotte dell’antichità, ha anche prodotto la serie The Mentalist, che ha per protagonista quello che è stato definito “un detective ispirato a Sherlock Holmes”.
Il gioco di rimandi letterari tra Vecchio e Nuovo Mondo produce nel fumetto popolare quella che nel tempo diventa la metropoli più scura e avvelenata di sempre, specchio rovesciato della solare Metropolis di Clark Kent, così congeniale all’idea di sogno americano e ai suoi valori. Si attribuisce sia a Frank Miller che a John Byrne la frase “Metropolis è New York di giorno. Gotham City è New York di notte”, che rende perfettamente l’idea archetipica della dicotomia tra le due città nel DC Universe e nell’immaginario contemporaneo. Bruce Wayne non ama la luminosità e la rotondità degli edifici di Metropolis (un “incubo Art Deco”), così come Clark Kent non si trova a suo agio tra i vecchi edifici di Gotham (un “incubo fatto di metallo e pietra”). Con le parole di Dannis O’Neil, a lungo Group Editor di Batman per la DC: “Gotham è Manhattan al di sotto della 14a strada alle 3 di note del 28 novembre di un anno freddo. Metropolis è Mahattan tra la 14a e la 110a nel più luminoso e assolato giorno di luglio”.
Gotham è una città gotica, fatta di guglie e gargoyle, una città dall’anima ancora ottocentesca eppure proiettata nel suo presente a suo modo ipertecnologico. Il legame con la Londra vittoriana e l’Europa è reso ancora più esplicito in storie come Gotham by Gaslight (1989): qui gli autori Brian Augustyn e Michael Mignola danno vita a una Gotham steampunk in cui un misterioso uomo-pipistrello viene collegato ad alcuni omicidi e alla figura di Jack lo Squartatore. Lo stesso Bruce Wayne viene incarcerato con l’accusa di essere Jack lo Squartatore. Tra le pagine si legge: “Gotham City è un frutto troppo maturo... Grasso, fetido e pronto a esplodere. Come Londra, è una mostruosità brulicante, sudaticcia e rumorosa. Un miasma corrotto e decadente riempie l’aria”.

La serie di Bruno Heller e Danny Cannon è girata a New York, con l’ausilio mirato di effetti in fase di postproduzione e di precise scelte estetiche e architettoniche. Da un articolo del Guardian:
“Generalmente evitiamo le belle giornate di sole piene di luce”, dice lo scenografo della serie, Doug Kraner. “E se proprio dobbiamo filmare in un giorno di sole con il cielo azzurro terso, nella fase di post-produzione quel cielo verrà rimosso e al suo posto verranno messe le nuvole. […] Abbiamo ovviamente fin da subito previsto di girare a New York City, che è il posto perfetto per questo lavoro. Dovevamo quindi riflettere su quali parti di New York fossero più in linea con quella visione precisa che avevamo davanti a noi sulle story boards, e su come «aumentare» la città così da renderla il più possibile somigliante a Gotham. [...] Quel che non volevamo era realizzare una versione contemporanea e ultra-realistica di questo mondo – e così abbiamo deciso di abbandonare completamente tutto ciò che c’è di contemporaneo nella città: dall’architettura, alle automobili, ai telefoni cellulari” ( www.theguardian.com/tv-and-radio/2014/oct/06/designing-gotham-production-designer-doug-kraner)
La sede del commissariato di polizia appare come un open space dall’architettura mista: per il luogo di lavoro di James Gordon e Harvey Bullock i designer della serie si sono ispirati alle cattedrali e alle grandi stazioni storiche come la Old Penn Station di New York e la London St Pancras. 
Che città è dunque Gotham? Nonostante il lavoro scenografico di Tim Burton e le numerose riprese a Chicago di Christopher Nolan, Gotham sembra essere in definitiva, come si è visto, una versione cupa e imputridita di New York con echi europei. Bill Finger, cocreatore di Batman con Bob Kane, ha dichiarato che la scelta del nome della città si deve a un consulto casuale dell’elenco telefonico di New York: dopo l’abbandono di proposte come Civic City, Capital City e Coast City, l’occhio di Finger cadde sulla scritta Gotham Jewelers, e da lì la decisione di chiamare Gotham City la città di Batman. Ma quel “Gotham Jewelers” si trovava nell’elenco perché Gotham è uno dei nomi attribuiti nel tempo alla città di New York sin dal diciannovesimo secolo: nel novembre del 1807, lo scrittore statunitense Washington Irving associò i due nomi in uno dei suoi testi satirici pubblicati nei Salmagundi Papers. Il riferimento esplicito è alla cittadina inglese di Gotham: gli abitanti di questo piccolo borgo del Nottinghamshire (una delle regioni tradizionalmente ricondotte alla figura di Robin Hood) sono infatti al centro di racconti del folklore britannico per la loro presunta stupidità o follia. Le storie più condivise rimandano al medioevo (per la precisione ai tempi di King John, noto in Italia come Giovanni Senzaterra), e raccontano dell’ostilità degli abitanti di Gotham verso le decisioni reali in materia di strade e caccia, ostilità che conduce a una sorta di dissimulazione collettiva. Gli abitanti di Gotham, all’arrivo dei messaggeri di King John, si fanno trovare impegnati in attività del tutto assurde e senza senso, il che induce lo stesso re – spaventato da un possibile contagio della follia – a desistere e a tenersi alla larga da quel luogo. Nel racconto popolare The Fools of Gotham sono quindi allo stesso tempo “i saggi di Gotham” (“the wise men of Gotham”), ambiguità celebrata anche da una antica nursery rhyme inglese (nel 2000 poi richiamata sulle pagine dei comics perché recitata dal Joker in The Batman of Arkham di Alan Grant e Enrique Alcatena):

“Three Wise Men of Gotham
Went to sea in a bowl.
If the bowl had been stronger
My tale had been longer”.

“Tre saggi di Gotham
si misero in mare in una scodella.
Se la scodella a galla restava,
qui la storiella non terminava”.

I “folli di Gotham” (“foles of Gotham”) sono menzionati anche tra i Wakefield Mystery Plays, serie di trentadue misteri appartenenti a un genere teatrale medievale codificato, basati sulla Bibbia e verosimilmente rappresentati durante i riti del Corpus Domini. Dal sedicesimo al diciannovesimo secolo alcuni elenchi di storie e gesta degli abitanti di Gotham vengono dati alle stampe con i titoli Merrie Tales of the Mad Men of Gotham e Merrie Tales of the Wise Men of Gotham. Three Wise Men of Gotham è anche un racconto breve di Lyman Frank Baum, contenuto nella raccolta Mother Goose in Prose del 1897.  
La correlazione tra Gotham City e Gotham è stata esplicitata nei fumetti DC soltanto in Batman Chronicles n. 6 (1996): in Cityscape di Dennis O’Neill si fa riferimento alle origini di Gotham City, inizialmente concepito come luogo per un ospedale psichiatrico costruito poco lontano dalla città di Blüdhaven, e definito Gotham per l’associazione con la cittadina inglese in cui tutti sono “privi del loro ingegno”. In My Dark Architect (Detective Comics n. 880), il Joker dice a Batman che Gotham è “un posto sicuro per le capre”, facendo riferimento all’etimologia del nome inglese della cittadina del Nottinghamshire. Il nome viene infatti dall’unione di due parole della lingua inglese antica (Old English): gāt (goat) e hām (home), “luogo in cui si tengono le capre”, ed è pronunciato goat ’em. Neanche Bruce Wayne vive e agisce sin da subito a Gotham City: per qualche tempo – dal suo debutto nel 1939 su Detective Comics fino al Batman n. 4 del 1940 – la città di Batman è inizialmente una anonima “metropoli brulicante”, e in seguito è identificata come New York. Celebre e riutilizzata molte volte è anche la versione di Alan Moore, che in Swamp Thing n. 53 colloca la fondazione di Gotham – opera di un mercenario norvegese – nel 1635. In questa versione, Gotham sembra seguire quello che è stato il destino di molte altre città statunitensi, passate negli anni sotto il controllo di diverse fazioni e diversi eserciti in lotta, su tutti quello inglese. Durante la Guerra d’Indipendenza, Gotham City sarebbe stata però non soltanto il teatro di grandi battaglie, ma anche luogo di antichi riti occulti: città violenta, città dei folli, città oscura.
In Batman Begins, prima del macabro evento nel vicolo, la famiglia Wayne non esce da un cinema in cui si proietta The Mark of Zorro, ma da un teatro in cui viene rappresentato il Mefistofele di Arrigo Boito (1868), ispirato al Faust di Wolfgang Goethe. Il giovane Bruce Wayne rimane sconvolto dalla visione della seconda scena del secondo atto, il Sabba delle Streghe in cui Mefistofele conduce Faust al grido di “Rampiamo, rampiamo, che il tempo ci gabba [...] È notte fatale”: le attrici che impersonificano le streghe, vestite con costumi mostruosi da pipistrello, spaventano Bruce fino a spingerlo a uscire dal teatro con i genitori al seguito.
In merito al suo Batman, il regista Tim Burton ha definito il film e l’intera mitologia del personaggio “a complete duel of the freaks”: una lotta tra due persone disturbate, che incarnano in modi diversi il lato oscuro della libertà. Gotham è in questo senso la città ideale per una figura come il Joker: un uomo completamente libero di fare quel che desidera, così come qualsiasi personaggio che si trova a operare ai margini della società. Per Burton Gotham è la città dei folli: la follia è, in qualche terribile modo, il massimo della libertà che si può avere, perché non si è soggetti alle leggi della società.

Si tratta della stessa Gotham City che vediamo rappresentata in Gotham? Dell’idea di metropoli di Heller e Cannon si è detto, così come del loro considerare la città del giovane Bruce Wayne una sorta di embrione della Gotham di Batman. In sintesi, la Gotham della serie televisiva è in nuce la Gotham del Bruce Wayne adulto. In entrambi i casi i tratta di una metropoli violenta, corrotta, cupa, che marcisce dal di dentro: la più pericolosa delle città, metafora della degenerazione umana e del caos. Nella Gotham City del giovane detective Gordon esiste già l’Arkham Asylum, ma questo elemento non sembra sufficiente per considerarla a tutti gli effetti una città dei folli come la Gotham di Batman. Quel che manca sono i folli in costume: i vigilantes, i freaks, i criminali mascherati. In più di un albo, e in alcuni casi anche nelle versioni cinematografiche, Bruce Wayne si chiede se non sia stata la comparsa di Batman a far esplodere la follia della città in modo incontrollato. Se lo chiede anche in Death Mask, ormai celebre manga realizzato da Yoshinori Natsume e Katsushiro Otomo: 

“La mia battaglia ha epurato il male da questa città?
Da quando sono comparso, una miriade di criminali in costume è emersa dall’anonimato… criminali che hanno provocato sofferenze a innumerevoli cittadini innocenti.
Alcuni ritengono che sia stata proprio la comparsa di Batman a generarli...come se fossi stato un faro per la loro follia.
Hanno ragione?
E se Batman non fosse Bruce Wayne che indossa una maschera?
E se esistesse come personalità completamente separata?
E se la vera maschera fosse Bruce Wayne?”.

La parte più tenebrosa del Cavaliere Oscuro, concepita per spaventare i criminali ordinari, ha finito con l’attrarre – forse persino con il produrre – le menti più instabili, supervillain del tutto singolari anche all’interno del variegato universo dei comics. La Gotham di Heller e Cannon è una città criminale e spietata, ma non è ancora una città delirante. È una città in cui, a detta degli autori, una delle figure più significative è il detective Harvey Bullock, un uomo che racchiude in sé l’ambivalenza morale e la “corruzione divertente” (“corrupt-but-fun quality”) tipiche di Gotham. Una città tutto sommato ancora quasi ordinaria nella sua violenza, controllata dalle famiglie rivali di Carmine Falcone e Salvatore Maroni, non ancora impazzita perché in uno stato di follia solo embrionale. Una città dunque diversa anche dal mondo post-vigilantes del The Dark Knight Returns di Frank Miller (1986): un mondo – caotico ma paradossalmente comprensibile – in cui un Bruce Wayne cinquantenne elimina alcuni dei suoi storici antagonisti e si trova alle prese con i mutanti, un nuovo soggetto sociale figlio di un’epoca pienamente televisiva e distopica.
Gotham è una serie che, memore della lezione di Nolan, riporta il mondo di Bruce Wayne a un realismo che spinge a chiedersi se non sia la città stessa ad aver prodotto – per necessità o per uno scherzo senza senso – il proprio vigilante mascherato: è stato annunciato di recente che nella seconda stagione della serie il giovane Bruce comincerà a sviluppare alcune delle qualità che caratterizzano il futuro Batman. In ogni caso, quel che viene presentato come protagonista della serie è l’emblema del fallimento di un sistema: lo spettatore sa sin dall’inizio che il detective James Gordon, futuro commissario, non riuscirà a correggere le storture di Gotham. Le vicende del giovane detective Jim Gordon sono raccolte in Gordon of Gotham (1998) di Dennis O'Neil e Dick Giordano, che funziona da prequel per Batman: Year One, e la conclusione sembra essere la stessa: proprio perché diventerà progressivamente una città delirante, Gordon per sopravvivere non potrà fare altro che abbracciarne la follia e trovare in essa un alleato. Un detective che è insieme soggetto razionale e ordinatore, ma anche persona dalla doppia personalità, vigilante folle e imprevedibile che si muove nella città vestito da animale, creatura della notte. Nella prima stagione della serie, il detective Gordon impara a sue spese che uno dei modi più efficaci per contrastare il crimine, in alcuni casi, è quello di diventare criminali (glielo fa capire quella perfetta “Gotham figure” che è il collega Bullock). È qui che emerge la sintonia con il più maturo Commissario Gordon, poliziotto costretto ad accettare quello che Alberto Abruzzese, in uno dei più lucidi testi sull’etica ordinatrice di Gotham City, chiama “oltrepassamento positivo della Giustizia” (Abruzzese, 2006). Per potersi confrontare con ciò che Gotham sta diventando, Gordon è costretto a vivere – con sofferenza – il doppio ruolo di artefice e vittima dell’Ordine, tra mascheramento e dissimulazione, tra legalità e illegalità, tra “deviazione barocca e meccanica linearità delle azioni di polizia” (ibidem).
L’unico vero dubbio che resta allo spettatore di Gotham riguarda la tragedia rappresentata nei primi minuti del pilot: Gordon riuscirà a capire chi e perché ha ucciso i genitori di Bruce Wayne? L’aver messo Jim Gordon sulle tracce dell’assassino dei coniugi Wayne è in fin dei conti la vera novità della serie creata da Heller e Cannon, al di là di tutte le riscritture sulla nascita dei vari villain. Christopher Nolan aveva tracciato sul grande schermo una prima connessione, mostrando il giovane poliziotto prendersi cura del piccolo Wayne subito dopo l’omicidio dei suoi genitori. Heller e Cannon costruiscono invece l’intera serie Gotham sull’indagine di Gordon in merito ai Wayne Murders, e sulla relazione tra il futuro commissario e il futuro vigilante. Con questa scelta continuano a dirci sommessamente che il vero protagonista della serie è la città, un’entità capace di produrre autonomamente i propri momenti di svolta e le proprie catastrofi. Una città folle, sull’orlo del baratro, che per salvarsi dalla propria mostruosità non potrà fare altro che generare un altro mostro.

 


 

LETTURE

  Alberto Abruzzese, La grande scimmia. Mostri, vampiri, automi, mutanti. L'immaginario collettivo dalla letteratura al cinema e all'informazione,
  Luca Sossella Editore, Roma, 2008.
  Alberto Abruzzese, “Sfigurare il moderno”, in L'occhio di Joker. Cinema e modernità, Carocci, Roma, 2006.
  Les Daniel, Batman - The Complete History: The Life and Times of the Dark Knight, Chronicle Books, 1999.
  L. Frank Baum, Mother Goose in Prose, Dover, Usa, 2002.
  Fabio Giovannini, Marco Zatterin, Sherlock Holmes: indagine su un mito centenario, Dedalo, Bari, 1987.
  Wolfgang Goethe, Faust, Mondadori, Milano, 2012. 
  Johnston McCulley, The Curse of Capistrano, in All-Story Weekly, Usa, agosto-settembre 1919.
  Roberta E. Pearson, William Uricchio, The Many Lives of the Batman: Critical Approaches to a Superhero and His Media, Routledge, Londra, 1991.
  Edgar Allan Poe, I delitti della Rue Morgue, in (idem), I racconti, Einaudi, Torino, 2009. 
  Marcello Serra, La semiosfera de los comics de superhéroes, memoria para optar al grado de Doctor, Universidad Complutense de Madrid,
  Facultad de Ciencias de la Información, Departamento de Periodismo III (Teoría General de la Información), Madrid, 2011.
  Bram Stoker, Dracula, Rizzoli, Milano, 2012.  

 


 

VISIONI

  Arrigo Boito, Mefistofele, Dynamic, 2008 (home video). 
  Tim Burton, Batman, Warner Home Video, 2013 (home video).
  Bill Finger, Gardner Fox, Bob Kane, James Robinson, Sheldon Moldoff, Batman Chronicles, DC Comics, Usa, 2005.
  Alan Grant, Enrique Alcatena, The Batman of Arkham, DC Comics, Usa, 2000.
  Bruno Heller, John Milius, William J. Mcdonald, Rome, Bbc, Hbo, RaiFiction, 2005-2007.
  Bruno Heller, The Mentalist, (stagione 1), Warner Home Video, 2010 (home video).
  Paul Leni, L’uomo che ride, Cecchi Gori Home Video, 2014 (home video).
  Mike Mignola, Gotham by Gaslight e altre storie. Batman, Lion, Novara, 2012
  Frank Miller, The Dark Knight Returns, DC Comics, Usa, 1997.
  Frank Miller, David Mazzucchelli, Batman: Anno Uno, Lion, Novara, 2014. 
  Alan Moore, The Swamp Thing, DC Comics – Vertigo, Usa. 1971-1972.
  Alan Moore, The Killing Joke, DC Comics, 2008.
  Mike Niblo, Il segno di Zorro, United Artists, Usa, 1920.
  Christopher Nolan, Batman Begins, Warner Home Video, 2005 (home video).
  Christopher Nolan, The Dark Knight Trilogy, Faber & Faber, 2012.
  Dennis O’Neill, Cityscape, in Finger, Fox, Kane, Robinson, Sheldon Moldoff, Batman Chronicles, supra. 
  Dennis O'Neil e Dick Giordano, Gordon of Gotham, DC Comics, Usa, 1998.
  Guy Ritchie, Sherlock Holmes, Warner Home Video, 2010 (home video).
  Scot Snyder, My Dark Architect, in Detective Comics n. 880, DC Comics, Usa, 2011.