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di Stefano Iuliani

 

“Da qualsiasi prospettiva lo si guardi, il presente è senza via di uscita. Virtù di non poco conto. Chi si ostina a sperare viene privato di ogni appoggio. Chi pretende di avere una soluzione si contraddice da solo. Le cose possono solo peggiorare. Sotto il velo di un'ostentata normalità, la nostra epoca ha raggiunto il livello di consapevolezza dei primi punk: il futuro non ha un avvenire”.
Con queste parole comincia il libro intitolato L'insurrection qui vient, pubblicato in Francia nel 2007 da un Comité invisible. Nessuno conosce il nome reale degli autori, ma si tratta di un testo di cui si è discusso molto per via del cosiddetto Affaire de Tarnac. Tarnac è il nome del paese dove furono arrestati senza prove giudiziarie i membri di una comune di anarchici “sospettata” di aver sabotato alcune linee ferroviarie ad alta velocità nel novembre del 2008. In realtà, si dovrebbe affermare “sospettata di aver scritto un anno prima il libro L'insurrection qui vient, che tra le possibili soluzioni di resistenza sociale proponeva proprio il sabotaggio delle linee TAV. L'insurrection qui vient non è solo questo. Si tratta di un libro che mette in discussione in maniera estremamente lucida e interessante l'intera società contemporanea, dal precariato all'ecologia, proponendo delle soluzioni radicali e chiare.
La citazione è utile per introdurre il discorso sulla serie televisiva inglese Utopia. Allo stesso modo de L'insurrection qui vient, la trama di Utopia si basa su un libro rivelatore che mette a rischio chiunque entri in contatto con i contenuti che esprime. Come afferma uno dei protagonisti: “Utopia sembra voler aprire una porta su un altro mondo. Ma quello che non capite è che apre una porta sulla realtà”.

 

Ci troviamo nel Regno Unito dei giorni nostri. The Utopia Experiment è un graphic novel di successo tra gli amanti del genere. Parla di uno scienziato che fa un patto col diavolo per ottenere la conoscenza. Il diavolo appare sotto varie spoglie, ma è sempre un ibrido animale-uomo, in particolare un coniglio. L'autore si chiama Mark Dane. Era uno schizofrenico paranoico e delirante, rimasto due anni in una clinica psichiatrica di nome Shenley. Prima di uccidersi, scrisse un libro stracolmo di teorie del complotto su fatti realmente accaduti, come la mucca pazza e l'assassinio di Indira Ghandi.
Per rendersi conto del tono con cui vengono affrontate le teorie del complotto in Utopia, e di quali siano le conseguenze per chi mette in discussione le verità ufficiali, sono utili le parole di uno dei protagonisti della serie:
“La SARS ebbe inizio nel novembre del 2002. Durò precisamente 7 mesi. Nell'estate del 2003 non esisteva più. La pandemia. Ha colpito solo 8422 persone, e ne ha uccise 916. Sapete quanti morti ci sono ogni anno per comuni problemi respiratori? La SARS non è esistita. Perché lo hanno fatto? Non lo so. So solo che un mese dopo averlo denunciato, sono stato coinvolto in uno scandalo sessuale. Il professore depravato: cocaina e prostitute”.

 

The Utopia Experiment, quindi, è un graphic novel a sfondo cospirativo che intende fare luce su eventi importanti della nostra modernità. Ha una seconda parte mai pubblicata, di cui esiste solo l'originale che tutti vogliono perché potrebbe rivelare ulteriori verità occulte. La serie inizia proprio con le seguenti domande, poi ripetute ossessivamente durante tutti gli episodi: “Dov'è il manoscritto? Dov'è Jessica Hyde?”.
La scena iniziale fa capire subito allo spettatore qual è l'atmosfera dell'intera serie. Siamo all'interno del Doomsday Comics, un negozio di fumetti che sta per chiudere. Due criminali fanno irruzione alla ricerca di The Utopia Experiment Part II e di Jessica Hyde. Ottengono soltanto l'indirizzo della persona che aveva comprato la seconda parte e ammazzano i proprietari e gli ultimi clienti rimasti nel negozio, tra cui un bambino.
Quindici anni dopo “Chi ha ucciso Laura Palmer?”, si ripresenta una domanda destinata a diventare il tormentone dell'intera serie e a installarsi immediatamente nella testa di tutti gli spettatori: “Dov'è Jessica Hyde?”. Questa domanda esprime la caratteristica fondamentale di Utopia, ossia l'invisibilità. Tutti i personaggi in un modo o in un altro perseguono lo stesso obiettivo: 

 

“Ci vediamo qui domani alle 22:00. Prendi strade secondarie, evita le telecamere di sicurezza”.

 

“Fate tutto dalla porta del retro. Siate sempre pronti a partire in 60 secondi”.

 

O ancora:

 

- “A cosa ti serve tutta questa roba?”.

 

- “A cancellare ogni mia traccia dal Web. Io negli ultimi cinque anni ho usato svariate leggi internazionali, il Data Protection Act, e la mia conoscenza internet per cancellare ogni mia traccia dal mondo. Nessun conto in banca, nessuna fattura, patente, niente. E ogni indirizzo IP è mascherato e criptato per evitare di essere rintracciato. Sono Invisibile”.

 

Utopia è una realtà in cui occorre innanzitutto rendersi invisibili per sopravvivere e, in un certo senso, anche la realtà contemporanea costringe all'invisibilità se si intende preservare un minimo di riservatezza e originalità. Siamo spiati costantemente attraverso una rete di telecamere di videosorveglianza, di tracce che noi stessi lasciamo nei nuovi media, attraverso operazioni di profiling di tutto quanto ascoltiamo, vediamo, mangiamo, tocchiamo e sentiamo. In poche parole, i nostri sensi sono ininterrottamente analizzati nel tentativo di controllo totale da parte delle istituzioni che detengono il potere. Il concetto di invisibilità che sta alla base di Utopia si lega perfettamente, ancora una volta, all'idea centrale del libro citato poc'anzi:
“Essere visibili significa essere scoperti, dunque vulnerabili. […] Essere il nulla a livello sociale non è una condizione umiliante, né fonte di un tragico bisogno di riconoscimento. Essere riconosciuti: da chi? È al contrario la condizione della libertà di azione estrema. […] Occorre sottrarsi alla visibilità” (Comité invisible, 2007).
Utopia è una serie che terrorizza per la crudezza e la lucidità del linguaggio nel suo tentativo di decostruzione della realtà e di proposizione di un modello di vita alternativo, di resistenza al controllo e di bramosia della verità. La scelta del titolo stesso lo conferma. Cos'è un'utopia se non il desiderio di definizione della realtà? Non è forse una messa in discussione della possibilità stessa di conoscere la vera realtà? Non ha a che fare con il dubbio che possano esistere realtà parallele di cui non si sa nulla? Ecco, Utopia è una serie che colpisce proprio per questo, e si adatta perfettamente alle persone che vivono un'esistenza invasa dal dubbio. “O mio corpo, fa' sempre di me un uomo che si interroga”, affermava Frantz Fanon in Pelle nera, maschere bianche (Fanon, 1996). Utopia è per gli amanti del dubbio, per i paranoici, per chi crede che dietro i grandi accadimenti mondiali ci sia sempre del marcio e una verità che non conosceremo mai, per chi ha la forza di immaginare alternative possibili a una società che ci vuole sempre più alienati davanti a schermi impermeabili alla profondità, per chi crede che l'undici settembre 2001 sia tutta una messa in scena, per chi vive di cospirazioni. La ricchezza di Utopia, però, non risiede soltanto in questo perché, in fondo, si tratta di argomenti triti e ritriti che possono essere rintracciati in una miriade di serie televisive. L'eccellenza ed eccezionalità di Utopia risiedono nella straordinaria capacità di affrontare questioni inflazionate con una eleganza stilistica impressionante, e da una prospettiva interessante: e se chi gioca a fare l'eroe desiderando una realtà diversa finisse con il voler tornare indietro e vivere di pura normalità? I personaggi della serie, infatti, sono persone semplicemente normali che per diversi motivi si ritrovano a fare gli eroi.
Becky (Alexandra Roach) è una studentessa in procinto di diventare medico che a un certo punto decide di voltare pagina e chiedere un finanziamento per una ricerca su The Utopia Experiment. Suo padre è morto per una grave malattia degenerativa ed ereditaria chiamata Sindrome di Deel, che causa il collasso di tutto il corpo fino alla morte per soffocamento. Becky crede che The Utopia Experiment Part II nasconda qualche verità sulla malattia e un'eventuale cura. La sua utopia, quindi, è trovare una cura alla malattia ereditata.
Ian (Nathan Stewart-Jarrett) lavora come consulente informatico in un'impresa, considera il suo lavoro “così noioso che si caverebbe gli occhi”, pensa che lui e tutti i suoi colleghi siano degli imbecilli a continuare a lavorare davanti a un PC, ha ventotto anni e vive ancora con la madre. La sua utopia è dare una svolta alla propria vita fatta di noie e normalità, e per questo un giorno decide di entrare nella community di lettori di The Utopia Experiment.
Grant (Oliver Woollford) è un ragazzino di undici anni che marina sempre la scuola. Ha alle spalle una situazione familiare poco felice e sin da piccolo ha dovuto imparare a cavarsela da solo. È tra i personaggi più intriganti della serie per la sua capacità di lettura delle situazioni pericolose nonostante la giovane età. Nella community si spaccia per un operatore di borsa che ha la Porsche e una fidanzata fotomodella. La sua utopia è semplicemente trovare una stabilità mai avuta e uscire dai casini in cui si caccia.
Wilson Wilson (Adeel Akhtar) è il cospiratore per eccellenza. Ha cancellato ogni sua traccia dal Web e pensa che lo Tsunami del 2004 sia stato causato dalla sperimentazione di una bomba dell'esercito Usa piazzata strategicamente sul fondale marino. Non beve tè perché crede che la caffeina sia stata inventata dalla Cia, pensa che l'eroina afghana provochi la sterilità e si è costruito un rifugio antiatomico in casa. La sua utopia è dimostrare che le teorie del complotto in cui crede siano vere. Ne cita molte, tra cui il Disastro di Bhopal, il Disastro del lago Nyos e la mucca pazza.

Questi sono i quattro personaggi che per pura casualità un giorno si ritrovano nella chat di The Utopia Experiment. Vengono contattati da un certo Bejan che dichiara di aver trovato e letto la seconda parte del graphic novel e che gliela vuole mostrare. Dà il suo indirizzo di casa al gruppo ma Grant ha paura che si tratti di un maniaco e preferisce un pub. All'incontro vanno tutti tranne Grant che si reca a casa di Bejan, dove quest'ultimo viene bloccato da Arby e Lee, i due criminali che qualche ora prima avevano fatto irruzione nel Doomsday Comics. È così che Grant assiste all'uccisione di Bejan mentre riesce a rubare il manoscritto e darsi alla fuga.
Nel frattempo Michael Dugdale, segretario del Ministro della salute britannico, viene obbligato a portare a termine una missione dal magnaccia russo della prostituta che è rimasta incinta di lui. Dovrà far firmare al ministro il documento che ufficializza l'acquisto del vaccino per l'influenza russa. Michael è un personaggio fondamentale nella fitta trama di ricatti, tradimenti, promesse, torture e operazioni di spionaggio di cui è fatta Utopia.

Wilson Wilson viene scovato dai due criminali omicidi che lo torturano, mentre Becky e Ian vengono arrestati per pedo-pornografia e abuso sessuale in seguito al “presunto” ritrovamento delle loro tracce di DNA.

Quando i tre si ritrovano, capiscono di essere ricercati “solo” perché potrebbero sapere dov'è Jessica Hyde. Wilson Wilson infatti afferma:

 

“Niente ospedale, niente polizia. Ci troverebbero ovunque. Parti e basta o ci uccideranno. Continuavano a farmi la stessa domanda: dov'è Jessica Hyde?”.

 

Il primo episodio termina con una delle sequenze e uno dei dialoghi più interessanti di tutta la storia della serialità televisiva. Appena arrivati a casa di Becky si sente qualcuno bussare alla porta.

 

“Salve. Sono Jessica Hyde. Venite con me altrimenti morirete tutti. Le vostre vite, per come le conoscevate prima di oggi, non esistono più. Nelle prossime 48 ore dovrete abbandonare tutto quello che conoscevate, quello cui facevate affidamento, e adattarvi alla nuova realtà. Adattandovi, vivrete. In caso contrario, morirete”.

 

Inizia così a delinearsi il nucleo centrale di Utopia. C'è un'organizzazione nata in occidente negli anni Settanta come reazione al Programma russo Biopreparat per la guerra batteriologica. Si chiama The Network ed è stata creata da Marc Dane (il creatore di The Utopia Experiment) e da un certo Mr Rabbit, di cui nessuno conosce l'identità. L'organizzazione dà la caccia al manoscritto perché nasconde Janus, ossia l'ultimo progetto di Dane, e a Jessica Hyde, che è la figlia di Dane.

Tutti i personaggi condividono lo stesso scopo: trovare il manoscritto ma anche realizzare una propria utopia personale. Per questi motivi, il racconto è avvincente e pieno di colpi di scena. Utopia costringe alla fuga e alla diffidenza, alla delinquenza e all'immoralità. Non si riesce mai a capire di chi ci si possa fidare realmente. A riguardo, è esemplare questo breve dialogo tra Jessica Hyde e Ian:

 

“Ian: “È dalla nostra parte?

 

Jessica: “Non ci sono parti. Solo persone che aiutano e persone che non lo fanno”.

 

Jessica Hyde (Fiona O'Shaughnessy) è uno dei personaggi più riusciti degli ultimi anni. È in fuga dall'età di quattro anni, vive di furti e occupa le case della gente che è in vacanza. Vuole il manoscritto perché è la sola cosa che resta di suo padre. È un po' donna, un po' cyborg. La scelta di una recitazione robotica conferisce al personaggio un'aura di impermeabilità e forza rintracciabile solo nei replicanti di Blade Runner di Ridley Scott (1982). Appare e compare quasi non esistesse veramente. Risulta difficile trovare nell'intera storia del cinema e della serialità un personaggio femminile così accattivante. Per l'originalità delle sue idee e l'apparente mancanza di punti deboli la si potrebbe considerare come la versione femminile di Tyler Durden in Fight Club di David Fincher (1999).
La serie, ideata da Dennis Kelly, diretta da Marc Munden, è stata trasmessa in prima visione su Channel 4 nel 2013, ed è composta di due stagioni con sei episodi ciascuna. Colpisce, come si è detto, per la perfezione stilistica. La fotografia esalta i colori primari, su tutti il giallo, e tende a saturarne le caratteristiche. Proprio questa impostazione tecnica conferisce uno stile fumettistico alla serie. Buona parte delle riprese è stata effettuata in ampi spazi rurali o in luoghi abbandonati nei dintorni di Liverpool. La colonna sonora è realizzata da Cristobal Tapia de Veer, e contribuisce al clima carico di tensione che si avverte durante la visione. È possibile trovare colonne sonore di uno spessore simile solo nel capolavoro di Badalamenti in Twin Peaks (1990), e in quello dei  Mogwai in Les Revenants. Infine, per gli spettatori di Utopia che amano anche il mondo dei fumetti e dei graphic novel, non è difficile individuare dei parallelismi con alcune opere dei giorni nostri, in particolare, alle serie a fumetti di Grant Morrison (The Invisibles, The Filth) e di Mike Carey (Neverwhere). E i “cattivi”? Da chi è composta The Network? E perché vogliono scoprire a tutti i costi cos'è Janus? In Utopia i riferimenti espliciti a opere del passato sono quasi pari a zero. L'unico capolavoro citato è Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij, ed è l'unico che permette di individuare un parallelismo con The Network. L'organizzazione, infatti, può essere paragonata al protagonista del romanzo. Rodion Romanovič Raskol'nikov desidera ardentemente il potere di dare la vita o la morte. Uccide perché pensa che un omicidio possa essere giustificato in nome di un ideale più alto. L'utopia di The Network è proprio questa: utilizzare ogni mezzo possibile in nome di un ideale più alto, ossia il progetto Janus. Se The Network rappresenta il potere, lo scopo ultimo di chi detiene il potere non può che essere preservare il potere stesso di fronte a qualsiasi tipo di minaccia. Ricorda molto il pamphlet Una modesta proposta di Jonathan Swift, in cui l'autore affronta in maniera ironica il problema della sovrappopolazione tra i cattolici irlandesi dei suoi tempi. La proposta dell'autore consiste nell'ingrassare i bambini denutriti e farne cibo per i ricchi proprietari terrieri anglo-irlandesi. I figli dei poveri potrebbero essere venduti in un mercato della carne per combattere anche il problema della disoccupazione. Si tratta di una proposta evidentemente indecente ma che potrebbe davvero risolvere il problema. Gli intenti di The Network in Utopia sono dettati dalla stessa necessità e la paradossale proposta farà rabbrividire anche il meno sensibile degli spettatori. La soluzione perseguita dall'organizzazione è disarmante, estremamente attuale e contribuisce a rendere la serie tra le migliori degli ultimi anni.  È fatale concludere questa analisi con le parole che uno dei membri dell'organizzazione rivolge al gruppo di Jessica Hyde. Di fronte alla minaccia di una catastrofe mondiale imminente afferma:

 

“Quale sarebbe la vostra soluzione? Le lampadine a risparmio energetico?”.

 


 

ASCOLTI

  Angelo Badalamenti, Twin Peaks OST, Warner Bros. Records, 1990.
  Mogwai, Les Revenants OST, Rock Action Record, 2013.
  Cristobal Tapia de Veer, Utopia OST, Silva Screen Record, 2013.

 


 

LETTURE

  Mike Carey, Neverwhere, Vertigo Imprint, New York City, 2007.
  Comité Invisible, L'insurrection qui vient, La Fabrique, Parigi, 2007.
  Fëdor Dostoevskij, Delitto e castigo, Einaudi, Torino, 2005.
  Frantz Fanon, Pelle nera, maschere bianche, Marco Tropea Editore, Milano, 1996.
  Grant Morrison, The Filth, Vertigo Imprint, New York City, 2002.
  Grant Morrison, The Invisibles, Vertigo Imprint, New York City, 1994.
  Jonathan Swift, Una modesta proposta, Cantagalli, Siena, 2010.

 


 

VISIONI

  David Fincher, Fight Club, 20 Century Fox, 2013 (home video).
  Ridley Scott, Blade Runner, The final cut, Warner Bros., 2007 (home video).