ASCOLTI / MISE EN ABÎME


di Steve Lehman Octet / Pi Recordings, 2014


 

Jazz sulla soglia del jazz

di Elia Moretti

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L'osservazione analitica della realtà acustica si è costituita quale parte integrante dell'azione di molti compositori attivi dopo gli anni Cinquanta, la cui esperienza di musica elettronica ha modificato irreversibilmente il loro rapporto con il fenomeno del suono. In seno alla cosiddetta “scuola spettrale” francese questo atteggiamento divenne sistematico e, nonostante le poetiche divergenti dei singoli autori, l'elevazione del suono a modello formale delle loro opere si costituì come tratto comune. Inoltre, l'attitudine a osservare e analizzare fenomeni acustici trasformò l'iniziale rapporto con il suono in una questione sempre più articolata che abbraccia oggi una moltitudine di altri ambiti e coinvolge anche autori non direttamente collegati allo spettralismo, ma interessati a procedimenti e tecniche di formalizzazione, ovvero di trasposizione di proprietà formali di un determinato modello extramusicale nel contesto compositivo.

Steve Lehman, sassofonista e compositore, la cui attività di musicista è accompagnata da una produzione teorica e scientifica di carattere musicologico, ha pubblicato Mise en Abîme per il suo ottetto, già celebrato in Travail, Transformation, And Flow del 2009.

Laureato alla Wesleyan University, ottiene un dottorato alla Columbia University e recentemente un Doris Duke Artist Award. Grazie a una borsa di studio Fulbright, nel 2003 Lehman viene invitato al conservatorio nazionale di Parigi per curare l'insegnamento di un corso riguardo le attuali prospettive sulla musica improvvisata. Frequentare l'ambiente accademico gli ha permesso di indagare e spesso collaborare con maestri eccezionali quali Jackie McLean, Anthony Braxton, George Lewis e Tristan Murail.

Le aspettative di questo promettente ricercatore sono di combinare gli studi sulla percezione ritmica, l'armonia spettrale e l'improvvisazione afro-logica. Questi sono tre aspetti non riconducibili a un'estetica, o uno stile, bensì prospettive di pensiero, sono forme logiche di comportamento musicale.

Il contesto attraverso cui Lehman produce le sue composizioni è quello che si può ricondurre al concetto antropologico di soglia, limite o confine. In antropologia la soglia rappresenta l'ambiguità o il disorientamento che è provocato dallo stadio intermedio di un rituale, quando il soggetto partecipante al rito non è più in possesso del suo stato precedente ma neanche di quello che sarà al completamento del processo. Per cui si tratta di un momento transitorio e misterioso in cui l'identità e il tempo sono sospesi nel dubbio. La distruzione dell'ordine durante questa fase di passaggio della soglia crea una situazione fluida che permette di stabilire nuove corrispondenze, nuove regole.

Steve Lehman indaga la soglia che sussiste fra la composizione e l'improvvisazione, fra suono e rumore, e fra le varie possibilità di percezione del ritmo. Non a caso il confine è l’elemento concettualmente fondamentale della musica spettrale: la linea fra timbro e armonia, tono e rumore, elettronico e acustico e ritmo e durata. Si tratta di una ricerca radicale, che probabilmente segue il monito di Fred Lerdahl: “La musica del futuro emergerà da nuova conoscenza della struttura della percezione musicale e della sua consapevolezza, piuttosto che dalle estetiche progressiste del ventesimo secolo” (Lerdahl, 1988).

Lehman è un compositore che ricerca un linguaggio contemporaneo, che sappia coniugare insegnamenti di ambiti distanti e ricavarne una sintesi proficua, si rivolge all’individuazione di spazi acustici nuovi e ulteriori approcci del tempo musicale, che si dilatano ai limiti della percezione, mediati tramite l’improvvisazione di matrice afro-logica.

Nonostante questo, a volte sembra che lo stereotipo dell'incomunicabilità fra musica afroamericana e musica classica occidentale sia ancora presente, ovvero, benché la società sia globalizzata, la creatività rimarrebbe confinata a un solo ambito geografico, sociale e culturale. Invece la realtà è che Braxton è un grande appassionato di Karl-Heinz Stockhausen, così come Charlie Parker voleva studiare con Edgard Varése. Bisognerebbe ricordarsi che Arnold Schönberg e Igor Stravinskij, compositori rivoluzionari, che con il Pierrot Lunaire e la Sagra della Primavera definirono una cesura nella storia della musica occidentale, negli anni trenta si spostarono negli Stati Uniti, ottenendo cattedre di composizione nelle università, lasciandosi influenzare e plasmando le generazioni a venire.

Anthony Braxton è un maestro fondamentale per Steve Lehman ed è difficile classificare la sua musica, lui la definisce semplicemente “creative music”. Racconta Braxton “Negli ultimi venticinque anni ho negato di essere un musicista di jazz. Ma in ultima analisi, un afro-americano col sassofono? Ahh, è jazz!” (Gagne, 1993).

L'ottetto di Mise en Abîme è composto da Mark Shim al sassofono tenore, Jonathan Finlayson alla tromba, Tim Albright al trombone, Chris Dingman al vibrafono, Jose Davila al basso tuba, Drew Gress al contrabbasso, Tyshawn Sorey alla batteria e Lehman al sassofono contralto e computer. Il suono dell'ottetto è ipnotico. Il suo linguaggio, dominato dalla continuità e dalla staticità, si apre a saturazioni e interferenze, all'introduzione di brusche rotture nel flusso sonoro.

La musica è molto strutturata, il vibrafono tiene il ritmo armonico. Le forme sono lunghe e polimetriche, gli accordi hanno bisogno di essere esplicitamente articolati a seconda dell'armonia. Il suono del vibrafono si configura quindi come scheletro dell'articolazione formale, propone armonie brillanti grazie alla chiarezza del tono, nonostante procedimenti enarmonici, anche ottenuti tramite la diversa accordatura di determinate lamelle, proprio come Gerard Grisey aveva pensato per Vortex Temporum (1994). L'aspetto percussivo di vibrafono e batteria è anche importante per mascherare l'attacco della sezione degli ottoni. Non è l'impatto che interessa, ma lo spettro dinamico della risonanza. L'effetto finale dipende dall'estrema precisione di esecuzione delle altezze microtonali, dei ritmi con il loro tempo fluttuante e dei timbri.

Le strategie ritmiche impiegate da Lehman ritrovano quel concetto di soglia, la quale non si situa né nella reiterazione di una semplice pulsazione, né in un’ambiguità ritmica che perde la sensazione della pulsazione.

Olivier Messiaen considerava il ritmo la parte primordiale e forse essenziale della musica, addirittura credeva che il ritmo fosse verosimilmente esistito primo dell'armonia e della melodia. Questo nonostante i compositori classici ignorassero in buona sostanza la nozione musicale a lui più cara. Le meravigliose opere di Johann Sebastian Bach per esempio, considerate normalmente opere esemplari dal punto di vista ritmico, sono per Messiaen prive di questo elemento. Messiaen sostiene che “si sente in queste opere una successione ininterrotta di durate uguali che immergono l'uditore in uno stato di soddisfazione beata. Niente sbilancia la sua respirazione e i battiti cardiaci, è dunque molto tranquillo, non riceve alcuno choc, tutto questo gli sembrerà perfettamente ritmico” (Messiaen, 1999).

Una delle caratteristiche più diffuse di buona parte della musica contemporanea è stata quella di concepire il tempo musicale come discontinuo, fatto di punti e non di linee. La prospettiva temporale che accomuna la musica afro-logica è quella di generazioni che hanno assimilato il ritmo e la poliritmia con un senso positivo dell'esperienza, anche veicolato dalla danza. La rivoluzione dei compositori apparsi a cavallo degli anni Ottanta è proprio nella concezione del tempo. Pierre Boulez parlava di tempo liscio, Stockhausen speculava sull'istante, ma alla fine il risultato era ancora statico. Invece Gérard Grisey fa riferimento a un bergsoniano tempo essenziale, non un tempo cronometrico, ma il tempo psicologico e al suo valore relativo.

“A differenza dell'estremo rigore di pensiero e del nuovo trattamento del suono in cui Murail mette così tanto sforzo, io sto scoprendo in che misura sia il momento di aggiungere rapidità e rottura all'ossessione della lentezza e staticità. Sarà questa l'influenza della musica africana, o del jazz che ho scoperto durante il mio periodo in California?” (Grisey, 1987). Lehman propone quindi un tempo musicale molteplice, che sappia rendere conto del movimento e dell'arresto, del continuo e del discontinuo, della durata e dell'istante, di quello scarto quotidiano rispetto al tempo dell'orologio, fatto di accelerazioni, pause, sogni, malinconia ed entusiasmo.

La ricerca di Lehman sulla musica spettralista si sviluppa nell'arco degli ultimi tredici anni. Oltre la questione sulla soglia tra ritmo e durata, Lehman applica alle sue composizioni l'armonia spettrale.

La musica spettrale è una corrente che nasce in Francia a opera soprattutto di Gérard Grisey e Tristan Murail, due fra gli ultimi allievi di Olivier Messiaen al conservatorio di Parigi. Ai due si aggiunsero più tardi Roger Tessier, Michaël Levinas e Hugues Dufourt. Sarà poi un saggio di Dufourt del 1979 a far propendere il gruppo per la definizione della propria musica come spettrale, aggettivo al ballottaggio con liminale e differenziale.

Nato come reazione insieme estetica e generazionale alla musica contemporanea predominante, ovvero Pierre Boulez in Francia (da lì a poco verrà fondato l'IRCAM) e Stockhausen in Germania (o meglio i Ferienkurse di Darmstadt), il gruppo propone un nuovo suono, riscoperto e ridefinito dalla nuova scienza acustica e protesta contro una musica, come ad esempio quella seriale, che metteva al primo posto i virtuosismi della scrittura e non l'ascolto, la nota e non il suono. L'emancipazione del timbro iniziata con Claude Debussy, il suono organizzato di Varése, i Momente di Stockhausen, le tessiture micropolifoniche di Ligeti si aprivano a nuovi orizzonti: la sintesi strumentale e la rivoluzione dei suoni complessi.

Le tecniche spettrali sono importanti perché si basano su esperienze percettive poco conosciute nella pratica musicale occidentale di quel periodo. Le informazioni essenziali sono contenute nel timbro, che diventa la variabile principale. L'emancipazione del timbro quale elemento centrale del linguaggio musicale, infatti, aveva trascinato con sé altre questioni: nuove modalità di articolazione formale, una nuova concezione del tempo musicale, l'introduzione della liuteria elettronica e dell'informatica musicale in seno alla compagine tradizionale, e, più in generale, un nuovo rapporto con i concetti di suono e rumore, meglio un'indagine sulla soglia fra suono e rumore.

Il focus di questo lavoro non è al materiale in sé, pur molto convincente, ma agli interstizi, alla distanza tra l'istante percepito e il seguente. Luogo prediletto dell’improvvisazione, in cui il ruolo del compositore asseconda e privilegia una collaborazione, in cui lo scambio di idee con i musicisti coinvolti rappresenta una componente essenziale del processo compositivo. Infatti la scelta dei collaboratori è una scelta compositiva cruciale.

Un’attitudine rigorosa, formale e altrettanto spontanea. Si tratta dunque di un disco di jazz, probabilmente in una delle sue forme più attuali e innovatrici.

 


 

ASCOLTI

Gerard Grisey, Talea, Vortex temporum, Accord, 1999 (cd).
Steve Lehman Octet, Travail, Transformation And Flow, PI Recordings, 2009.
Tristan Murail, Gondwana, for orchestra, in Gondwana / Desintegrations / Time & Again, Disques Montaigne, 2004, (cd).

 

LETTURE

Simone Borghi, La casa e il cosmo – Il ritornello e la musica nel pensiero di Deleuze e Guattari, Ombre Corte, Verona, 2008.
Cole Gagne, ‪Soundpieces 2‬: ‪interviews with American composers‬, Volume 2, Scarecrow Press, University of Michigan, Usa, 1993.
Gérard Grisey, Tempus ex Machina: A Composer’s reflections on musical time, in Contemporary Music Review, vol. 2, 1987.
Stephen Lehman, I Love You With An Asterisk: African-American Experimental Music and the French Jazz Press, 1970-1980,
in Critical Studies in Improvisation, vol. 1, no. 2, 2005.
Stephen Lehman, Liminality as a Framework for Composition: Rhythmic Threshold, Spectral Harmonies and afrological Improvisation,
Submitted in Partial Fulfillment of the Requirements for the Degree of Doctoral of Music Arts in the Graduate School of Art and Sciences, Columbia University, 2012.
Fred Lerdahl, Cognitive Constraints on Compositional Systems, in John A. Sloboda, Generative Processes in Music: The Psychology of Performance,
Improvisation, and Composition, Clarendon Press, Oxford, 1988.
George Lewis, Improvised Music After 1950: Afrological and Eurological Perspectives, in Black Music Research Journal, vol. 16, no. 1, primavera 1996.
Olivier Messiaen, Technique de mon Langage Musical, Alphonse Leduc, Paris, 1999.