Ubik
(Ubik, 1969) di Philip K. Dick
- Io sono vivo,voi siete morti - Ubik, per tutte le evenienze, per tutte le esigenze. Innocuo
se usato secondo le istruzioni. Ubik, uno dei romanzi più visionari e maturi di Philip K. Dick.
Il romanzo in cui la fantascienza riscopre se stessa, tra espedienti
narrativi che rimescolano con originalità ed una certa ironia i cliché
classici della letteratura di genere, all’interno di una struttura
narrativa solida quanto complessa, in cui diversi piani di esistenza si
sovrappongono e si confondono, a descrivere quell’illusione che viene
chiamata realtà. Attraverso il genere fantascientifico, con Ubik,
Dick ci regala un’analisi della società del consumo in cui siamo
immersi, prodotto avariato del sogno americano. L’opera è scritta nel 1965 e
pubblicata nel 1969, al culmine dell’ondata psichedelica che ha
interessato un’intera generazione di cui l’autore stesso fa parte.
Di quest’ondata risente nell’accenno alle droghe e nell’atmosfera
allucinatoria che pervade il romanzo, in cui diversi livelli percettivi
si confondono, non lasciando trasparire alcun principio
unificatore sotto l’apparenza delle cose. Siamo nel 1992. Una pattuglia di
inerziali (individui dotati di anti-talenti in grado di neutralizzare i
poteri psi), alle dipendenze di Glen Runciter, titolare della maggior
organizzazione anti-spionaggio industriale psi del pianeta, si reca
sulla Luna per un grosso affare. Qui, però, scoprono di essere stati
attirati in un attentato, con il quale il proprietario della più
importante agenzia di spie psi, intende eliminare il suo avversario.
Runciter rimane ucciso, e viene trasportato dall’amico Joe Chip,
tecnico dell’organizzazione, in un moratorium,
centro specializzato per tenere i defunti non ancora completamente
trapassati in uno stato di sospensione (semi vita) dal quale possono
comunicare con i vivi, fino all’esaurimento delle proprie energie
vitali residue. La stessa moglie di Runciter, con la quale egli si
teneva costantemente in contatto per avere consigli sulle scelte
aziendali, è tenuta in sospensione nello stesso moratorium. Ma presto qualcosa di strano
comincia a succedere. Gli oggetti regrediscono: i videotelefoni si
trasformano in vecchi telefoni di bachelite, i moderni razzi diventano
aerei a elica, le automobili tornano agli anni ’30, le merci
deperiscono. Uno ad uno i membri della squadra cominciano a perire in
modi atroci e inspiegabili. Joe Chip e la sua squadra di inerziali si
ritrovano così, tra episodi surreali e grotteschi, a dover combattere
per la sopravvivenza, in un mondo pervaso da una misteriosa e paurosa
pulsione di morte. Nella realtà circostante iniziano a comparire
segnali della presenza di Runciter (come ad es. l’ immagine del suo
volto sulle monete), e la situazione diviene sempre più incerta,
finché Chip si rende conto di essere morto e di trovarsi, come gli
altri membri della squadra, in un moratorium in animazione sospesa,
mentre Runciter, unico vero superstite (e qui i piani di realtà si
ribaltano) sta tentando di aiutarlo guidandolo verso Ubik, sostanza
rigeneratrice, essenza di vita, che compare volta per volta sotto la
forma di diversi prodotti di consumo. Ubik è l’unica cosa che può
donargli energia vitale ed evitarne la scomparsa definitiva. In una realtà che si sgretola,
in cui arrivare ad Ubik è reso sempre più difficile da una forza
maligna che si nutre dell’energia vitale altrui, la storia sembra
giungere, attraverso una serie di colpi di scena, in un crescendo di
suspense e di terrore genuinamente metafisico, finalmente ad una
conclusione. Ma l’ ultimo capitolo rimette tutto in discussione,
quando Glen Runciter si ritrova in tasca del denaro fuori produzione, su
cui scorge, a sorpresa, il profilo di Chip. La fantasia e la creatività del
miglior Dick emergono in “Ubik” dirompenti, e il lettore è tenuto
sempre a domandarsi su quello che sta leggendo e su cosa sia reale o
meno. Il rovesciamento di prospettive finale porta ad una conclusione
che preclude ogni certezza , rendendo la realtà, così come la vita e
la morte, solo un sogno bizzarro di cui non è possibile sapere il
senso. La speculazione metafisica di Dick non giunge alla formulazione
di alcuna teoria conclusiva, confermando lo gnosticismo che pervade la
sua produzione di questo periodo. Nell’ opera, emerge chiara la
critica all’ideologia capitalistica Americana, che erge la merce ad
unica e vera divinità e il consumo a scopo supremo della vita. Come
detto, infatti, Ubik compare volta per volta come un differente prodotto
di consumo. Un mero prodotto commerciale, il quale, però, contiene in sé un principio divino: Le capacità terapeutiche di Ubik,
unica salvezza per il povero everyman
di cui il nostro Joe Chip, squattrinato e insicuro, è emblema, rendono
la sua ricerca necessaria e il suo possesso e consumo l’unico vero
fine dell’esistenza. Ubik,
usando le parole di Carlo Pagetti, quindi, come quintessenza
della merce (una merce di cui non si può fare a meno)
e dunque il nucleo allo stato puro dell’ideologia capitalistica. In Ubik sono trattati i grandi temi che sono alla base della
speculazione e della narrativa di Dick: la realtà e la sua percezione;
l’esistenza di Dio, o almeno di un principio divino che dia
spiegazione e coerenza alle cose; l’analisi della società del nostro
tempo; la vita e la morte. Non a caso è considerato come una della
opere più mature ed emblematiche di un autore dalla produttività
narrativa vertiginosa: Philip K. Dik, nato nel 1928 e
morto nel 1982, ha al suo attivo più di trenta romanzi e quasi 200
racconti. Oggetto di una delle più notevoli rivalutazioni della storia
letteraria dei nostri tempi è non a caso, per la sua visionarietà e
per la forza evocativa delle immagini che le sue opere riescono a
creare, lo scrittore più affine al cinema di fantascienza degli ultimi
decenni. Dai suoi racconti e romanzi sono stati tratti, tra gli altri, Blade
Runner di Ridley Scott (da Do
Androidi Dream of Electric Sheep?), Minority
Report di Steven Spielberg, e il recentissimo A
Scanner Darkly, appena presentato a Cannes. |