Fahrenheit
451 (Fahrenheit
451, 1966) di François
Truffaut Con
Oskar Werner, Julie Christie, Cyril Cusack, Bee Duffel.
Montag (Werner) è un pompiere
che, come tutti gli altri, invece di spegnere gli incendi li appicca,
usando come combustibile i libri, la cui lettura è proibita dal regime.
Sua moglie Linda (Christie), tipica rappresentante di un mondo
narcotizzato, passa le giornate davanti allo schermo televisivo
interagendo con la “Grande Famiglia” di cui tutti i telespettatori
sono parte. Quando un giorno Linda ha uno shock causato
dall’ingestione di una dose eccessiva di stimolanti, qualcosa cambia
in Montag. Spronato dall’eccentrica giovane vicina di casa, Clarissa (sempre
la Christie),
Montag inizia a leggere un libro sottratto da una retata, David Copperfield di Dickens. Presto si rende conto di tutte le
menzogne costruite intorno a lui, e si convince che c’è un’unica
possibilità: fuggire e unirsi agli Uomini-libro che custodiscono il
sapere di una civiltà ormai alienata. Con questo film suggestivo ed
estremamente simbolico Truffaut ha realizzato la più perfetta
rappresentazione di una società totalitaria: una società dove regna
l’ordine e la tranquillità, ma dove il controllo è capillare e la
massa priva di qualsiasi volontà. Linda e Clarissa, interpretate dalla
stessa attrice con acconciature differenti, sono i due estremi di questa
società: la prima è completamente schiava del sistema, non si rende
conto che le risposte che dà alla televisione che interagisce con lei
sono in verità programmate, è assuefatta agli stimolanti e totalmente
priva di ricordi a lungo termine (quando Montag le chiede di ricordare
la prima volta che si sono conosciuti, lei non riesce a rispondere: il
passato in questa società è inconsciamente cancellato). La seconda
incarna la ribellione agli schemi, è giovane e piena di vita, ride,
piange, si emoziona, è una lettrice convinta ma per le sue idee verrà
cacciata dalla scuola dove insegna e privata dell’affetto dei suoi
piccoli allievi che prima l’amavano e ora fuggono alla sua vista.
Montag è diviso tra queste due donne, e sceglie idealmente la seconda:
la televisione, che già prima odiava, comincia lentamente ad essere
sostituita dai libri, che diventano “la sua famiglia”. La ribellione
scoppierà infine quando Montag e i suoi colleghi scoprono nella casa di
un’anziana signora un’enorme biblioteca; la donna rifiuta di
abbandonare i suoi libri, arde insieme a loro, e così arde
simbolicamente Montag, di odio verso una società così cinica e sorda.
Trionfo di cinismo è il discorso del suo capitano (Cusack), che davanti
alle migliaia di volumi dà la sua versione della lettura: “La
filosofia non è che una moda, come le gonne corte”; “Biografie!
Libri su persone morte!”; “Romanzi! Storie di cose mai accadute, e
la gente vorrebbe che accadessero, ma ciò non è possibile”. Eppure
Montag crede sia invece possibile. Crede sia ancora possibile
commuoversi per delle storie mai accadute, e lo dimostra leggendo alle
vacue amiche di Linda un passo di David Copperfield che fa scoppiare in lacrime una delle donne.
Quando infine i pompieri arriveranno in casa sua per ardere i libri,
dopo la segnalazione di Linda ormai esasperata, Montag sembra prima
cedere ma poi dà sfogo alla sua volontà. Brucia il letto matrimoniale,
freddo simulacro di un amore ormai scomparso, brucia il televisore,
colpevole di aver alienato sua moglie; e brucia infine il suo capitano,
quando questi cerca di sottrargli l’ultimo volume che gli è rimasto.
E mentre la “grande famiglia” mostra ai cittadini la sequenza della
morte di Montag, braccato e infine ucciso dalla polizia, il vero Montag
più vivo che mai giunge al capolinea di un binario morto e incontra gli
Uomini-Libro, dove si è rifugiata anche Clarissa. Il suo scopo sarà
ora quello di imparare a memoria I
racconti del mistero e dell’immaginazione di Poe; imparare per non
dimenticare. Nel film c’è un sottile filo di speranza che aleggia: in
una società dove le parole scritte sono cancellate, in cui i giornali
sono fatti di sole vignette senza fumetti, gli incartamenti sono
composti da sole foto, i bambini imparano solo le tabelline, le
etichette dei medicinali sono solo numeri, e addirittura il film al
posto dei titoli di testa dà a una voce impersonale il compito di
sciorinare i nomi dei produttori, sceneggiatori ecc., in questa società
è singolare che sia Montag sia il suo capitano riescano a leggere senza
troppe difficoltà le parole dei libri. Il simbolo, forse, di una
piccola luce che la società oscurantista non è riuscita a soffocare.
Come disse lo stesso Truffaut: «Il vero orrore è quello di un mondo in
cui è proibito leggere, dunque è proibito conoscere, amare, ricordare». François Truffaut (1932-1984)
inizia il suo rapporto con il cinema come critico della rivista Cahiérs
du Cinema. Il suo esordio come regista è con 400
colpi (1959) che viene acclamato come un autentico capolavoro.
Seguiranno tra gli altri Jules e
Jim (1962) Baci rubati (1969), Effetto
notte (1973), La camera verde (1978),
L’ultimo metrò (1980). |