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ASCOLTI / I LOST MY HEAD (THE CHRYSALIS YEARS 1975-1980)


di Gentle Giant / Emi, 2012


 

Il Gigante che visse dieci anni

di Antonio Apuzzo

Malgrado gli anni e un cambiamento radicale di tutta la scena artistica legata alla popular music, la musica dei Gentle Giant continua a suscitare un certo interesse. Prova ne sono le recenti ristampe, rimasterizzate, di due classici della band, Three Friends e Octopus e il cofanetto I Lost My Head che comprende l’ultima produzione di un gruppo che ha segnato il rock più innovativo e creativo degli anni Settanta, raccogliendo gli album Free Hand, Interview, The Missing Piece, il live Playing The Fool, Giant For A Day, Civilian, più le John Peel Session e le due facciate di un 7'' che includeva i brani Give It Back e I Lost My Head. E i suoni e le composizioni del Gigante Gentile rivivono ancora oggi, in forme diverse, anche attraverso le proposte di gruppi contemporanei, come i Three Friends degli ex Gary Green e Malcolm Mortimore, gli americani Gende’s Giant e gli italiani Ibrido Hot Six e l’Orchestra Contemporanea. Un’occasione quindi per ripercorrerne brevemente la storia.

Alla fine del 1969 Phil, Derek e Ray Shulman, chiusa l’esperienza pop-psichedelica con il gruppo Simon Duprèe & The Big Sound, decidono di dar vita a una formazione che sappia respirare l’aria nuova della scena britannica di quel periodo.

Ray (1949) suona il violino, il basso e la chitarra, Derek (1947) canta, mentre Phil (1937) padroneggia ance e ottoni.

Trovano come compagni di avventure Kerry Minnear (1948), tastierista e violoncellista con alle spalle studi di armonia, contrappunto e composizione, ed il chitarrista di estrazione blues Gary Green (1950), mentre la batteria viene affidata a Martin Smith (1946) già batterista con Simon Duprèe & The Big Sound. I Gentle Giant nascono nel febbraio del 1970 e iniziano il lavoro di prove nell’area compresa tra Portsmouth e Southampton.

Il primo concerto è datato 9 maggio 1970 e nell’agosto dello stesso anno registrano per la Vertigo, in due sole settimane (per un gruppo rock è un periodo molto breve per la realizzazione di un disco), il loro album d’esordio intitolato semplicemente Gentle Giant. È un disco immediato, d’impatto, estroverso, musica per il corpo composta da brani che il gruppo suona da mesi e che rappresentano e rappresenteranno gran parte del repertorio live dei primi due anni di vita dell’ensemble.

Giant, Alucard, Nothing At All e Why Not? sprigionano un’energia rock-blues con largo uso di riff e contrappunti vocali-strumentali in alcuni casi anche piuttosto arditi, con improvvise aperture sinfoniche e citazioni colte, passaggi da architetture rock ad arie rinascimentali e a improvvisazioni blues nell’ambito dello stesso brano senza soluzione di continuità.

L’anima gentile dell’opera è ben rappresentata da Isn’t It Quiet And Cold?, una delicata ballata dal vago sapore beatlesiano e Funny Ways, una delle composizioni più conosciute dell’intero catalogo dei Gentle Giant, inserita nel repertorio live del gruppo dal 1970 al 1977. Il disco, chiuso da una breve citazione dell’inno nazionale britannico, mette in risalto un altro aspetto tipico della band: il polistrumentismo e più in generale la particolare strumentazione adottata per i singoli brani.

Percussioni varie, bassi, chitarre, tastiere e sintetizzatori, sassofoni, trombe, flauti diritti, violino e violoncello, tre diverse voci soliste e impasti vocali a quattro voci, tutti ingredienti tipici della ricca tavolozza timbrica dei Gentle Giant. Intanto il gruppo continua a suonare in tutta la Gran Bretagna e all’inizio del 1971 entra di nuovo in sala per registrare il secondo disco. Se Gentle Giant è musica per il corpo, Acquiring The Taste è musica per la mente, una sorte di visione sinfonica, un disco insuperabile in tutti i sensi. “Il nostro obiettivo è espandere i confini della popular music contemporanea, a rischio di essere molto impopolari. Abbiamo registrato ogni composizione con un unico pensiero – che fosse unica, avventurosa e affascinante”, scrivono nelle note di copertina gli stessi Gentle Giant.

L’album, a distanza di anni, continua a rappresentare il meglio della poetica musicale del gruppo. “È la capacità compositiva l’arma vincente del lavoro. L’abilità nel saper intrecciare i vari materiali, miscelando in modo naturale la frammentazione della forma canzone, il blues, la fuga, echi di musica colta (rinascimentale e contemporanea), articolando il tutto nel linguaggio del rock: il linguaggio che ha il compito di far coagulare insieme tutti i diversi elementi” (Apuzzo, 2010).

Diversi elementi che vengono dosati con eleganza e un gusto cameristico come nel caso di Edge Of Twilight, Black Cat e la stessa Acquiring The Taste, oppure plasmati in maniera più energica e dialettica, vedi The House, The Street, The Room, Pantagruel’s Nativity e Wreck.

L’uscita del nuovo disco segna anche il primo importante cambiamento nella storia del gruppo, l’abbandono del batterista Martin Smith, subito rimpiazzato dal giovanissimo Malcom Mortimore (1953). L’anno si chiude con l’inizio del primo tour europeo e la registrazione del terzo lavoro discografico, Three Friends. Il tema del disco è basato sulla vicenda umana di tre persone, amici a scuola, ma inevitabilmente divise nel corso della vita da occasioni, capacità e destino. Un concept album che mette insieme la fisicità del primo disco e la complessità del secondo, con un felice inserimento del nuovo batterista, che mette in mostra elasticità e precisione. Ogni brano è scritto in funzione del racconto, a partire da Prologue, una sorta di ouverture elettrica che introduce la storia dei tre amici.

Schooldays, forte di suggestivi intrecci vocali, rimanda ai ricordi scolastici attraverso una scrittura musicale ricca di cambiamenti ritmici ed armonici mentre Working All Day, Peel The Paint e Mister Class And Quality? sono costruite intorno alle figure adulte dei tre personaggi, diventati rispettivamente operaio, artista e dirigente. Colpisce l’assoluta adesione musicale ai tre ritratti sociali proposti, in particolare Working All Day così meccanico e ripetitivo con una sezione di sassofoni irrobustita da un cavernoso baritono.

Chiude Three Friends, un brano dal carattere maestoso in cui viene esposto un corale a tre voci su una linea melodica di basso e chitarra ripresa da Mister Class And Quality? e variata nell’agogica.

Il 1972 si apre con un intenso e faticoso tour europeo in compagnia dei Jethro Tull, tour che segnala un dato poi costante nella storia del gruppo: un buon successo continentale (Italia e Germania dell’Ovest su tutte, con Three Friends che arriverà sino al terzo posto nella classifica degli dischi più venduti in Italia) e un seguito modesto in Gran Bretagna. A marzo un brutto incidente motociclistico blocca Malcom Mortimore e costringe il gruppo a cercare un sostituto, proprio nel momento in cui i Gentle Giant avevano trovato un assetto stabile e funzionale sia in studio che dal vivo. Al posto di Mortimore subentra quindi John Paul Weathers (1946), percussionista di origine gallese: il rinnovato sestetto registra all’inizio di agosto il nuovo disco intitolato Octopus. L’album è composto da otto composizioni, otto storie diverse per un disco che molti considerano il più maturo della produzione discografica della band. The Advent Of Panurge si ricollega idealmente a Pantagruel’s Nativity e narra l’incontro tra Pantagruele e il suo amico fraterno Panurge. Ancora una volta l’opera di François Rabelais ispira un brano estremamente suggestivo, più asciutto del precedente ma ugualmente vario e cangiante.

Un pezzo tra l’altro che entrerà per molti anni nel repertorio live del gruppo con un arrangiamento che includeva nella parte centrale un quartetto di flauti diritti, particolarmente adatto a restituire un’immagine sonora rinascimentale idealmente ricollegabile ai racconti di Rabelais. Raconteur, Troubadour rappresenta nelle intenzioni dell’ensemble un modo per catturare l’atmosfera della poesia musicale dei trovatori inglesi; il brano, elegantemente costruito su intrecci melodici tra voce, violino e tromba, coniuga uno spirito antico con stranianti costruzioni ritmiche alla Igor Strawinsky.

A Cry For Everyone, ispirato agli scritti di Albert Camus, corre via tra cambi metrici, riff e assoli di sintetizzatori, mentre con The Boys In The Band, intricato brano strumentale (il secondo, dopo il breve Acquiring The Taste), i Gentle Giant regalano una dedica a se stessi e a Martin Rushant, tecnico del suono.

Dog’s Life, un omaggio ironico ai roadies, è una composizione dove la voce teatrale di Phil Shulman dialoga con un quartetto d’archi e un regale, antico organo portatile ad ancia semplice, mentre Think Of Me With Kindness è una ballad per la voce di Kerry Minnear, impreziosita dall’intervento al mellophon di Phil Shulman. Infine il brano che chiude il disco, River, è un’occasione per utilizzare nel processo compositivo i dispositivi elettronici presenti nello studio di registrazione.

Un discorso a parte merita Knots, un brano che gli stessi autori presentano come un’idea a metà tra un madrigale moderno e un puzzle musicale. Il pezzo, influenzato dal lavoro dello psicologo Ronald D. Laing, ha un’architettura piuttosto complessa in cui brillano particolarmente gli inserti vocali a cappella. Dopo la registrazione di Octopus il gruppo parte finalmente per il Nord America per un lungo tour negli Stati Uniti in cui apre i concerti di vari gruppi (Black Sabbath, Yes, Jethro Tull ed Eagles) e qualche data, in solitudine, in Canada. Il 1973 inizia con una serie di concerti in Italia in cui finalmente, visto il successo dell’anno precedente, i Gentle Giant hanno l’onore di essere il gruppo principale della serata con gli Area che suonano da spalla. Ma alla fine del piccolo tour si chiude anche la prima parte della vita del Gigante Gentile.

Phil Shulman, uno dei membri fondatori, polistrumentista, voce solista, autore della gran parte dei testi e supervisore di tutta l’attività creativa del Gigante, decide improvvisamente di lasciare il gruppo e abbandonare l’attività musicale, almeno dal punto di vista professionale.

La decisione di Phil provoca una crisi interna talmente forte che si arriva ad un passo dallo scioglimento definitivo del gruppo.

Ma Derek, Ray, Kerry, Gary e John reagiscono in qualche modo e decidono di andare avanti in quintetto. I primi tre anni della vita artistica del gruppo si chiudono nel segno di una ricerca musicale assolutamente originale cui non corrisponde ancora un accettabile successo commerciale.

Forse tutto questo avrà avuto un peso nella decisione di Phil Shulman che, complice un’età piuttosto avanzata per un musicista rock (36 anni), ritorna alla prima attività di docente.

La seconda parte della produzione dei Gentle Giant si apre con un secondo tour in America che consolida la loro popolarità, mettendoli a confronto tra l’altro con gruppi come i King Crimson e la Mahavishnu Orchestra.

A luglio registrano il primo disco senza Phil, un lavoro di transizione che restituisce l’immagine di un gruppo alla ricerca di una nuova via da seguire.

In A Glass House è un album segnato dalla frammentarietà: brani come The Runaway, Way Of Life, Experience e In A Glass House contengono melodie, ritmi, soluzioni armoniche assolutamente riconducibili all’originale linguaggio creato dal Gigante, ma scorrono via con qualche affanno e senza la necessaria fluidità.

Una maggiore coerenza mostrano invece A Reunion, una ballata per voce, chitarra e quartetto d’archi, e la particolarissima An Inmates Lullaby per voci e un quartetto di percussioni formato da vibrafono, marimba, glockenspiel e timpani.

Dopo una breve tournèe in Europa i nostri decidono di ritornare in sala di registrazione tra la fine del 1973 e il 1974 per fissare su disco una linea di ricerca più chiara rispetto all’incisione precedente. The Power And The Glory è un concept album sulla degenerazione del potere politico che, sul piano musicale, ha il pregio di essere diretto ed equilibrato nello stesso tempo.

Il sound generale del gruppo è complessivamente più rock rispetto ai dischi precedenti, ma il livello generale delle composizioni si mantiene piuttosto alto, a conferma di una ritrovata creatività.

Colpisce la ricerca poliritmica e polimetrica di Cogs In Cogs dove nella parte centrale la pulsazione in 3/4 si trasforma, attraverso un gioco di accenti, in 12/8 mentre la chitarra suona contro in 15/8; si fa notare Aspirations per la bella linea melodica, mentre The Face è costruita per il violino di Ray Shulman. Da segnalare anche il mascheramento di Valedictory, brano conclusivo che in realtà è una variazione di Proclamation, brano d’apertura. Il pezzo più originale è però So Sincere, ricco di contrappunti vocali e strumentali, in cui spiccano gli intrecci tra sax alto, violino e violoncello.

Il 1974 è un anno particolarmente importante per la band con un tour in Europa e Nord America, dove il gruppo comincia a riscuotere un discreto successo, soprattutto in Canada.

Da segnalare alcuni concerti negli Stati Uniti in cui aprono per Frank Zappa e i Return to Forever di Chick Corea. Da segnalare anche una curiosa coincidenza: The Power And The Glory esce negli Usa durante lo scandalo del Watergate.

Il 1975 vede i Gentle sempre più presenti in America ed Europa con concerti, apparizioni televisive e registrazioni radiofoniche; tutto è pronto per un nuovo disco che viene realizzato in aprile con il nome di Free Hand. Il nuovo lavoro viene generalmente considerato uno dei più rappresentativi dell’intera produzione discografica dei Gentle Giant, di certo è l’opera più matura della seconda fase di attività del gruppo. Kerry Minnear e Ray Shulman (gli autori delle musiche) confermano le loro capacità compositive realizzando sette nuove composizioni.

Premesso che tutti i pezzi evidenziano motivi d’interesse, spiccano in particolare le belle linee vocali di His Last Voyage con una parte centrale dal mood jazzistico, lo strumentale Talybont scritto per un film (peraltro mai realizzato) su Robin Hood e il groove potente e contagioso di Just The Same. Ma il vero capolavoro dell’album è On Reflection, una vera perla sotto tutti i punti di vista!

Il brano è basato su due temi: il primo è una fuga a quattro voci con tanto di soggetto (l’idea tematica principale), risposta (l’imitazione del tema) e controsoggetto (l’elemento contrappuntistico). Il secondo tema è invece una struggente e delicata melodia in tempo ternario cantata da Kerry Minnear.

Singolare è l’arrangiamento che il gruppo proporrà dal vivo con l’inversione dei due temi: il primo viene affidato in forma strumentale (un quartetto formato da flauto dolce soprano, violino, violoncello e glockenspiel) alla melodia che nella versione in studio rappresenta il nucleo fondamentale del secondo tema, ora affidato alla fuga.

Il 1975 è senza dubbio un buon anno per il gruppo, il nuovo tour in America e il successo commerciale di Free Hand sembrano essere finalmente l’inizio di una definitiva affermazione a livello internazionale. Ma il 1976 non si rivela del tutto positivo: malgrado gli sforzi, il grande salto di qualità non avviene, la band sente inoltre di non avere alcun profilo in Gran Bretagna e per questo decide di concentrare tutte le energie in Europa e Nord America. A questo si aggiunge la realizzazione di un nuovo lavoro, Interview, non particolarmente riuscito e senza dubbio non all’altezza del precedente. Tra i brani spiccano comunque I Lost My Head e soprattutto Design, una composizione per voci e percussioni molto vicina al linguaggio della musica colta contemporanea.

Il 1976 è però anche l’anno di un bel tour in Europa da cui vengono tratte le registrazioni che andranno a formare il primo live ufficiale del gruppo, dal titolo Playing The Fool, che uscirà all’inizio del 1977. Il disco, che contiene cinque brani del periodo in sestetto, otto del nuovo corso in quintetto e una divertente rilettura violinistica di Sweet Georgia Brown, mette in luce tutte le qualità vocali e strumentali di una band in grado di coniugare energia e precisione e di sfoderare un superbo interplay. Con Playing The Fool si chiude di fatto la seconda fase della vita del Gigante Gentile.

Il 1977 è un anno di grandi cambiamenti, il movimento legato al progressive rock, già in crisi da un paio di anni, è ormai ridotto ai minimi termini: molti gruppi hanno deciso di smettere, i Gentle Giant con caparbietà e passione decidono invece di andare avanti, ma per vivere (o per meglio dire sopravvivere) devono cambiare definitivamente pelle.

È cosi che prende forma la terza e conclusiva fase dell’attività della band, che si inaugura con un nuovo lavoro: The Missing Piece. Il disco è segnato dalla scelta di semplificare tutto: l’organizzazione complessiva dei brani, sia dal punto di vista della composizione che dell’arrangiamento, risulta per la prima volta sostanzialmente anonima, viene proposto un rock di routine e anche la scelta di utilizzare una strumentazione standard (voce/i, tastiere, chitarra, basso e batteria) conferma uno smarrimento generale. Si segnala comunque la bella melodia di Memories Of Old Days, che dal vivo contiene un curioso inserto in cui tutti suonano la chitarra, e l’energia antica di For Nobody.

Dal vivo i Gentle Giant continuano però a regalare momenti dell’antico splendore: il 5 gennaio del 1978 registrano un concerto per la BBC, che sarà anche l’ultimo concerto dato in Gran Bretagna e in Europa. Il Gigante si sveglia, ma dura poco: il 1978 è un anno di profonda crisi, in cui il gruppo registra un mediocre disco pop, Giant For A Day, e annullano qualsiasi attività concertistica rifiutando anche un invito al festival jazz di Montreux.

Nella seconda metà del 1979 decidono di lasciare l’Europa e provare un estremo tentativo di rinascita trasferendosi negli Stati Uniti, in California, dove dopo alcuni mesi di prove registrano Civilian, il loro ultimo ellepì. Il disco risulta più convincente del precedente, ha un suono rock piuttosto deciso, ma l’impressione rimane sempre la stessa: i Gentle Giant si sono definitivamente smarriti.

Nel 1980 riprendono l’attività concertistica e organizzano l’ultimo tour americano. Il 16 giugno al Roxy in California suonano per l’ultima volta insieme e sulle note di un vecchio cavallo di battaglia, The Advent Of Panurge, il Gigante Gentile si spegne dolcemente all’età di dieci anni.

 


 

ASCOLTI

Gli album dei Gentle Giant non inclusi nel box I Lost My Head:
Gentle Giant, Repertoire, 2004.
Acquiring The Taste, Repertoire, 2005.
Octopus, Repertoire, 2006.
Three Friends, Repertoire, 2008.
In A Glass House, Alucard, 2010.
The Power And The Glory, Alucard, 2009.

 

LETTURE

Apuzzo Antonio, Gentle Giant. I giganti del prog-rock, Stampa Alternativa, Viterbo, 2010.
www.blazemonger.com/GG/ (sito ufficiale dei Gentle Giant)