CSI, dove l’occhio freddo scende

 

di Maria D'Ambrosio



«L’audiovisivo è un prodotto significante,

finalizzato a scambi comunicativi,

che è normalmente definito dai sensi dell’uomo

implicati direttamente nella sua fruizione»

Gianfranco Bettetini L’audiovisivo

 

CSI - Crime Scene Investigation[1] è la serie TV americana di successo, approdata anche in Italia, e in onda in prima serata su Italia 1 già da qualche stagione.

Siamo sulla scena del delitto. Il crimine è già stato consumato a discapito della vittima che ora occupa inerte quella scena, su cui si accendono i riflettori della polizia scientifica americana. Pare sia una delle tante scene cui ciascuno può dire d’aver assistito nella propria lunga carriera di telespettatori di serialità d’oltreoceano. Ma non è così. Sin da subito la telecamera diventa bisturi, microscopio, potente lente che si insinua dovunque per far luce sulla storia di cui si vogliono conoscere colpevole e movente. Inoltre, al gioco ‘intrusivo’ della telecamera si accompagna anche una grammatica e uno stile quasi da videoclip, che, complice una buona ‘colonna sonora’ insieme a numerosi flashback e altre forme stilistiche tipiche di una narrazione non lineare, irretisce lo spettatore e lo coinvolge nella trame di una storia che si ripete. L’occhio, lo sguardo, si abituano a guardare sotto la superficie, cercano il più piccolo dettaglio per ricostruire fatti, circostanze, indizi e prove. Il ritmo è molto serrato eppure non succede nulla. Si scava solo in profondità, e a ogni episodio ci si sente sempre più pronti a vincere le resistenze di tessuti, organi, materiali organici e inorganici, e a vivisezionarne ogni piccola parte che possa ricondurre alla soluzione del ‘caso’. Il mood della serie CSI coincide con il mood dei suoi spettatori, coltivati a una televisione di ‘quarta generazione’: la generazione delle immagini digitali, della produzione su cui imperano le grammatiche della postproduzione e quindi dell’editing più cinematografico che televisivo, degli effetti visivi più che della ‘trasparenza’ del telefilm, del documentario o della testualità televisiva in generale.

Formati televisivi come CSI rappresentano una certa tendenza e capacità dell’industria televisiva attuale di contaminare e farsi contaminare da altri linguaggi (il cinema[2], la musica, il teatro, la grafica digitale, i videogame, il fumetto, …), così da sperimentare, a costi relativamente bassi, prodotti le cui soluzioni narrative e stilistiche siano sempre più in grado di incontrare un certo pubblico, fidelizzato al ‘genere’ ma soprattutto a certe scelte estetiche (derivanti da prodotti come X-files, Minority Report, E.R.) e pronto a seguire, più che gli eroi e i personaggi, il loro modo di conoscere: in maniera intrusiva, ma a distanza. Un modo quasi asettico, eppure così profondo, per dominare crimini e criminali di ogni tipo. Interessante, infatti, quanto queste tribù di spettatori siano le stesse (per una parte per lo meno) che hanno interiorizzato un certo uso intrusivo della telecamera, lo stesso che domina Il Grande Fratello e gli altri reality televisivi. In questi casi, gli spettatori trovano nella regia televisiva la legittimazione di certe pratiche della rappresentazione e della manipolazione della ‘realtà’ (mutuate da: lo zoom, la messa a fuoco, la computer graphics, la tomografia, la risonanza magnetica, la radiografia, la scansione digitale, la laparoscopia, l’ecografia, …), prima di esclusivo e solo dominio di pochi: artisti, scienziati e medici. Nel caso dell’occhio-telecamera puntato da Il Grande Fratello, il vedere è motivato dalla stessa logica che muove gli investigatori sulla scena del crimine, così da lasciare lo spettatore in attesa che il ‘delitto’, o il misfatto, la lite, la congiura, si compiano.

Sono occhi puntati a scrutare la nuda e vuota realtà in attesa che questa possa trasformarsi in materiale vivo per una storia che di lì a poco si farà pulp e andrà divorata! Dai bulimici televisivi, ma anche dai raffinati palati di amanti della fiction d’autore.


[1] www.csi-italia.com è il sito italiano ufficiale della serie televisiva arrivata alla sua sesta serie (le prime ambientate a Las Vegas, poi a Miami e ora a New York). Regia, produttori e sceneggiatori variano a seconda delle puntate. Va ricordato l’episodio scritto da Quentin Tarantino (Sepolto vivo).

 

[2] Ricordiamo l’episodio di CSI ‘Sepolto vivo’ firmato da Quentin Tarantino.