VISIONI / PROTO ANIME CUT


a cura di Stefan Riekeles e David d’Heilly / Espace Cultural Caja Madrid / Barcellona, 8/2/2012 : 8/4/2012


japan_book2Alla prese con
un’elettrica profezia

di Fabio Bartoli

 

La mostra itinerante Proto Anime Cut. Spaces and Visions in Japanese Animation, curata da Stefan Riekeles e David d’Heilly, è un progetto dell’associazione Les Jardin des Pilotes (Berlino) in collaborazione con 2dk (Tokyo) e co-prodotto dalla Obra Social Caja Madrid. Il suo scopo è dichiarato nella Prefazione al catalogo Proto Anime Cut Archive – pubblicato nel 2011 dall’editore tedesco Kehrer e curato dallo stesso Riekeles – firmata dal presidente dell’associazione promotrice Andreas Broeckmann: “Con Proto Anime Cut siamo orgogliosi di presentare una pubblicazione e una mostra che renderanno accessibile al pubblico il lavoro degli artisti dell’animazione giapponese in catalogo, qui esposti per la prima volta in assoluto – anche in Giappone molte delle opere non sono state ancora presentate al pubblico” (Riekeles, a cura di, 2011). Entra dunque nello specifico Riekeles, nella sua Introduzione: “Proto Anime Cut è un progetto che include una pubblicazione e una mostra, focalizzato, a partire dallo sviluppo del concept e dalle immagini di background, sui disegni originali di alcuni dei più influenti anime di fantascienza realizzati a partire dagli anni Novanta, l’epoca d’oro del genere” (ibidem).
La mostra ha vissuto il suo primo atto il 20 gennaio 2011 alla Künstlerhaus Bethanien a Kreuzberg, storico quartiere della controcultura berlinese, in cui erano presenti anche due degli artisti in catalogo, Koji Morimoto e Hiromasa Ogura, i quali non hanno lesinato firme a profusione sulle locandine per la gioia dei fan accorsi all’inaugurazione. All’esibizione berlinese (21 gennaio-6 marzo) è seguita quella di Dortmund sempre nel 2011 (9 luglio-9 ottobre), prima dell’attuale anno spagnolo segnato dalle esposizioni di Barcellona (8 febbraio-8 aprile) e da quella in programma a Madrid (5 luglio-6 settembre). Non sono attualmente previste, ma nemmeno escluse, date italiane; nel frattempo, tutti gli appassionati di Anime con la A maiuscola possono comunque fruire e godere delle opere collezionate grazie al citato catalogo Proto Anime Cut Archive, la cui consultazione è resa meno ostica dalla traduzione in inglese che accompagna la versione originale tedesca.

 

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Il catalogo Proto Anime Cut Archive,
a cura di Stefan Riekeles, Kehrer Verlag,
Heidelberg 2011, pagine 234, € 40.

Ma in ogni caso, come recita il sottotitolo di un progetto incentrato sugli spazi e le visioni nell’animazione giapponese, è l’immagine e non la parola destinata a catturare l’occhio che non potrà che lasciarsi incantare dal prodigio che gli si materializza davanti. Prodigio che scaturisce dalla sorgente stessa della fonte creativa, offrendo allo spettatore una fruizione in cui lo stupore viaggia di pari passo con la scomposizione razionale di tutte le fasi che conducono alla contemplazione estatica che si materializza sul grande schermo. Scrive nell’altra Prefazione al volume, per conto dell’Obra Caja Social Madrid, il direttore de La Casa Encendida José Guirao Cabrera: “La complessità dei film di animazione, e in particolar modo degli anime, è difficile da apprezzare durante la visione della loro fluida resa finale. Ma dietro ogni frame c’è un duro lavoro concernente la definizione dello spazio, la creazione dei personaggi, il design architetturale, la scrittura dello storyboard ecc. In un’arte virtuale come l’animazione, il lavoro puramente manuale all’inizio del processo è il punto d’avvio a partire dal quale creare i mondi paralleli in cui le storie hanno luogo. Questa dualità si riflette sia nella mostra sia nel catalogo che l’accompagna attraverso i disegni, i collage e le fotografie che i curatori hanno selezionato tra l’infinita quantità di documentazione esistente. Essa rappresenta un’opportunità unica per comprendere il processo della creazione artistica e per godere della vera essenza di questi eccezionali «disegni preparatori»” (ibidem).
Il percorso che porta alla realizzazione di un anime è lungo e complesso e si avvale della sapiente opera di tanti artisti spesso misconosciuti ai quali un progetto del genere vuole rendere una sacrosanta giustizia. Se infatti registi come Hideaki Anno e Mamoru Oshii sono ormai famosi e acclamati in tutto il mondo, altrettanto riconoscimento meritano i professionisti il cui lavoro contribuisce parimenti al successo internazionale dell’animazione giapponese. Tutti artisti che, come il catalogo rimarca, si sono formati nell’epoca in cui l’animazione era realizzata quasi esclusivamente a mano, conseguendo una finissima abilità che anche in questi ultimi lustri costituisce la base fondamentale dei loro capolavori che pure includono un legittimo e oculato ricorso alla computer graphic. Per celebrare questa maestria tutta nipponica i curatori hanno selezionato sette film tra i più rappresentativi degli ultimi venticinque anni e sei degli artisti che, in varie configurazioni, hanno collaborato alla loro realizzazione. Gli artisti inclusi sono: Hideaki Anno, regista e animatore; Hiromasa Ogura, art director e designer;  Takaeshi Watabe, layout e concept designer; Koji Morimoto, regista e animatore; Haruiko Higami, concept photografer; Mamoru Oshii, regista.  I film a cui essi hanno lavorato sono: Le ali di Honneamise (1987); Akira (1988); Patlabor – The Movie (1989); Magnetic Rose (1995); Ghost in the Shell (1995) e il suo sequel Ghost in the Shell 2: L’attacco dei cyborg (2004); la saga di Evangelion (1995 – tuttora in corso). A questi artisti e (tra le altre) a queste opere si deve l’ormai inconfondibile cifra stilistica e contenutistica degli anime, che contribuisce insieme a tanti altri elementi della pop culture dagli occhi a mandorla a rendere quello nipponico il paese cool per eccellenza (cfr. Kelts, 2006; Pellitteri, 2008): “A partire dal successo di Akira e Ghost in the Shell, i film d’animazione giapponesi sono entrati di diritto tra le pietre miliari della pop culture globale. Gli anime esercitano una profonda influenza culturale in Giappone e conquistano una sempre maggiore audience a livello internazionale. Il cinema, la musica e la moda fanno continui riferimenti ai loro personaggi e alle loro storie. Ogni mese in ogni parte del mondo hanno luogo eventi a essi dedicati, grandi raduni che coinvolgono migliaia di fan alcuni dei quali vestiti come i loro personaggi preferiti. Negli ultimi decenni l’animazione giapponese si è affermata come un attendibile medium per creare, catalizzare e fondere un’ampia gamma di tendenze nel novero della pop culture” (Riekeles, a cura di, 2011).  
Il Giappone è il paese della fascinazione e delle contraddizioni, dove il futuro è sempre prossimo e quindi anticipato e tematizzato attraverso la lente di un passato che continua a permearlo di sé; l’Arcipelago in cui, al di là di ogni orientalismo di sorta, tradizione e (post)modernità concorrono nel ridefinire i confini di un umano sempre più sfuggenti e meno soggetti alle categorie dicotomiche del pensiero occidentale, dove organico e inorganico contribuiscono con pari dignità alla ridefinizione di un’identità che – nel solco delle credenze shintoiste e  buddiste – può trovare la sua componente spirituale in ogni anfratto della materia. Il Giappone avamposto dell’Asia dalle proporzioni infinite e dalle città sconfinate, dove l’essere umano si perde per poi ritrovarsi e rispecchiarsi in un groviglio interconnesso di energia e informazione, proprio come nella Rete, a cui si deve l’implosione di un mondo in cui i concetti di tempo e spazio svaniscono risucchiati nel vortice dell’istantaneità. Il Giappone terra della profezia che si avvera là dove sorge il sole, il remoto Oriente dove le visioni si compiono nella loro realizzazione più estrema. 
Il Giappone luogo di spazi e visioni, soprattutto spazi che diventano visioni, originate dalle multiformi prospettive della metropoli, la vera protagonista di Proto Anime Cut. A catturarle è dapprima Haruhiko Higami, cacciatore di ambientazioni per i film di Mamoru Oshii, sia che esse debbano fare da sfondo alle vicende del realistico Patlabor – The Movie o del futuristico Ghost in the Shell. Nel primo caso, l’occhio si intrufola negli interstizi decadenti e retrò di una Tokyo in cui piccole case tradizionali, umili e dismesse, fanno da timido contrappunto ai grattacieli che si innalzano fin nel regno della dea del cielo Amaterasu, per poi perdersi a pelo d’acqua dietro le dinamiche evoluzioni dei ponti di Odaiba; nel secondo, si lascia sedurre dalle vie commerciali di Hong Kong, dove insegne sfavillanti e luci rifratte colorano una profana quotidianità punteggiata da un sacro che riemerge nelle tradizionali processioni che solcano le strade dell’Estremo Oriente, all’origine della celebre sequenza della parata di Ghost in the Shell 2, tra le clip proiettate nella mostra (è esposto anche lo storyboard originale del film!).

 

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Una delle foto di Haruhiko Higami inserite nel catalogo
e utilizzate da Hiromasa Ogura per i concept
dei background dipinti a mano per i film di Mamoru Oshii.
Background for Extra, Koji Morimoto, 1994. Copyright by Studio 4°C,
R&S Records and Sony Music. Immagine da cui è tratta
la locandina della mostra di Barcellona.

 

Le foto di Higami forniscono il concept dei background dipinti a mano da Hiromasa Ogura, i cui colori brillanti e le ferme pennellate non possono che destare la meraviglia dei visitatori. Il verde e l’azzurro così sapientemente regalati agli sfondi di Ghost in the Shell, e specialmente alla sequenza dello scontro finale, comunicano una serenità quasi paradossale se estrapolati dal dinamico contesto per il quale sono stati concepiti. 
Mentre le ipnotiche note di Kenji Kawai vengono diffuse per tutta la sala, vediamo così il ginoide Maggiore Motoko Kusanagi, vagabonda sotto una pioggia bladerunneriana e persa nella città di matrice hongkonghese, interrogarsi sulla sua identità, su ciò che le appartiene della  memoria che ne è a fondamento, datale in dotazione, al pari del suo corpo cibernetico, dalla Sezione 9. Tralasciando lo specifico della mostra, si parte dalle suggestioni offerte dal suo secondo Batou: “È proprio così: che si tratti di esperienza simulata o sogno, le informazioni sono al tempo stesso realtà e fantasia. In ogni caso tutti i dati che una persona accumula nel corso della sua vita non sono che una goccia nel mare” (Mamoru, 1995; T.d.A.). Riflette in seguito lo stesso Maggiore: “Vi sono innumerevoli elementi che formano il corpo e la mente degli esseri umani, come innumerevoli sono i componenti che fanno di me un individuo, con la mia propria personalità. Certo, ho una faccia e una voce che mi distinguono da tutti gli altri ma i miei pensieri e i miei ricordi appartengono unicamente a me e ho consapevolezza del mio destino. Ognuna di queste cose non è che una piccola parte del tutto. Io raccolgo dati che uso a modo mio e questo crea un miscuglio che mi dà forma come individuo e da cui emerge la mia coscienza. Mi sento prigioniera, libera di espandermi solo entro confini prestabilita” (ibidem). Quando allora cade il Velo di Maia che nasconde la realtà unificata dietro l’illusione dell’individualità, ecco che il Maggiore e Master of Puppets si fondono nel grande Mare della Rete, dove il Tutto si ricompatta e le memorie e le identità che fluttuano libere non più costrette tra gli angusti confini di un corpo. Si compie così la profezia lanciata da Marshall McLuhan nel 1964: “Oggi [...] abbiamo esteso il nostro stesso sistema nervoso centrale in un abbraccio globale che, almeno per quanto concerne il nostro pianeta, abolisce tanto il tempo quanto lo spazio. Ci stiamo rapidamente avvicinando alla fase finale dell’estensione dell’uomo: quella, cioè, in cui attraverso la simulazione tecnologica, il processo creativo di conoscenza verrà collettivamente esteso all’intera società umana, proprio come, tramite i vari media abbiamo esteso i nostri sensi e i nostri nervi”. (McLuhan, 2002) E ancora: “Uno dei fenomeni più significativi dell’era elettrica consiste nel creare una rete globale che ha molte delle caratteristiche del nostro sistema nervoso centrale, il quale non è soltanto una rete elettrica ma un campo unificato di esperienza” (ibidem).
Individuo, città, Rete: sistemi di informazione integrati che si rispecchiano e si sovrappongono negli spazi e nelle visioni dell’animazione giapponese. È informazione il DNA che costituisce i nostri corpi; è informazione l’algoritmo alla base dell’intelligenza artificiale; è informazione l’energia che alimenta il gigante metropolitano; è informazione l’ininterrotto scambio di bit che circola nel web. Scrive sempre McLuhan: “In quest’era elettrica ci vediamo tradotti sempre più nella forma dell’informazione e avanziamo verso l’estensione tecnologica della conoscenza. […] Inserendo con i media elettrici i nostri corpi fisici nei nostri sistemi nervosi estesi, istituiamo una dinamica mediante la quale tutte le tecnologie precedenti, che sono soltanto estensioni delle mani, dei piedi, dei denti e dei controlli termici del corpo – tutte queste estensioni, comprese le città – saranno tradotte in sistemi di informazione” (ibidem). In Neon Genesis Evangelion e nei film ispirati dalla serie (sono inclusi in catalogo i disegni originali del layout di Evangelion: 1.0 You Are [Not] Alone ed Evangelion: 2.0 You Can [Not] Advance) questo assunto si compie in maniera netta e inequivocabile e ciò si percepisce immediatamente osservando parte dell’archivio fotografico personale di Hideaki Anno esposto e catalogato. Le foto scattate dal regista, flâneur che vaga per Tokyo catturando immagini di tralicci, cavi di alimentazione e condutture, costituiscono i bozzetti preparatori per la realizzazione grafica di Neo Tokyo-3, avveniristica città-fortezza che spinge alle estreme conseguenze il discorso qui affrontato: “Nella sua prospettiva radicale la città appare quale summa totale di tutte le tecnologie oggi disponibili. Come ultima estensione dei sensi e degli organi dell’essere umano, essa è contemporaneamente sia artificiale sia organica. La Neo Tokyo-3 di Hideaki Anno è un cyborg” (Riekeles, cit.). L’artificiale Neo Tokyo-3, baluardo della difesa del genere umano, metafora delle difese che ognuno di noi erge nel suo rapporto con gli altri per non risultarne ferito, rappresenta l’estensione di noi stessi (al suo interno giostrano la NERV [sistema nervoso], la GEHIRN [cervello] e la SEELE [anima]) così come lo sviluppo degli esseri organici “umanoidi multifunzione Evangelion” procede di pari passo con il dispiegamento della nostra personalità. Fondamentale a tal proposito è l'incontro/scontro con gli Angeli, messaggeri dapprima apparentemente minacciosi ma in realtà benevoli, come possono appunto esserlo gli altri esseri umani provenienti dall’altrove remoto e prossimo che si staglia al di fuori della nostra prigione individuale, i quali permettono dialetticamente alla nostra anima di strutturarsi (cfr. Bartoli, 2011). 
Incontrarne uno, di angelo, è forse la speranza dei character di Koji Morimoto, artista a cui è affidato uno spazio particolare in virtù della sua ecletticità che lo porta a rivestire più ruoli in sede di produzione, della quale supervisiona ogni fase (sono infatti esposti suoi disegni riguardanti tutti gli step della realizzazione di un anime). Nella mostra sono proiettati Extra, videoclip dell’eponimo brano del dj techno Ken Ishii eletto MTV Dance Video of the Year nel 1996, e Dimension Bomb, cortometraggio incluso nell’opera collettanea dello Studio 4°C Genius Party Beyond. Scrive Riekeles nel catalogo: “La sorgente dei suoi film ruota sempre intorno a un tema visivo, un nucleo a partire dal quale si sviluppa interamente l’azione, spesso guidata dalla musica. Egli attribuisce scarsa importanza allo sviluppo narrativo dei protagonisti, preferendo sviluppare singole scene che combina associativamente per creare la storia del film. Per Koji Morimoto un’animazione è creata in primo luogo dalle immagini, non dalla storia. Il risultato è che spesso i suoi film sono senza dialoghi” (Riekeles, a cura di, 2011). Protagonisti siano essi umani, cyborg o robot abbandonati a se stessi in un contesto di anomia e violenza come avviene in Extra, costruito intorno alle sincopate evoluzioni elettroniche di Ishii, dove gli spazi si fanno angusti e le visioni si tramutano in incubi, oppure inglobati nella trasfigurata e metafisica apocalisse di Dimension Bomb, che sviluppa il crescendo musicale di Juno Reactor, della quale si possono apprezzare le iperdinamiche pagine dello storyboard che recano il ben visibile marchio dello Studio 4°C.
A riportare tutto in una razionale dimensione di cristallina imperturbabilità, al di sopra dei miasmi metropolitani dai quali Extra prende vita, sono i lavori esposti di Takashi Watabe. Che si tratti del concept e layout design per Evangelion: 2.0, del layout di Ghost in the Shell o del concept design di Ghost in the Shell 2, l’opera di Watabe è veicolo di sicura esaltazione per gli amanti del dettaglio, destinati a perdersi nel groviglio delle sue ambientazioni, disegnate con perfezione assoluta. Se queste rappresentano le estensioni di noi stessi, dei nostri organi e dei nostri sensi, Watabe sviluppa tutte le possibili analogie tra il nostro cervello e le sue proiezioni nelle intricate trame di cavi e condutture che riproducono le nostre sinapsi, a loro volta riprodotte dagli hub che smistano il traffico di input nella rete.
Quale esposizione delle opere originali di alcuni dei più grandi maestri dell’animazione giapponese degli ultimi lustri, celebrazione di un talento dal sapore antico alla base della creazione di un immaginario tutto post-moderno, Proto Anime Cut è un progetto che ha fatto e farà ancora la gioia dei tantissimi animefan in circolazione, col “rischio” feticizzazione sempre dietro l’angolo. Ma PAC non è “solo” questo, bensì molto di più: quale riflessione mediata dalla rappresentazione sul rapporto tra l’essere umano e l’attuale metropoli, nostra più totale estensione, essa ci invita a riconsiderare la nostra collocazione all’interno del mondo che noi stessi abbiamo creato. Presenti ed estranei al contempo nelle terre pionieristicamente conquistate e consacrate ai nostri artifici, decliniamo la nostra identità in rapporto alla frontiera da noi posta eppure a noi stessi ignota. Gli spazi e le visioni che gli anime presentano ai nostri occhi sono quindi quelli del futuro che ci attende e la loro sistematizzazione, esposizione e catalogazione costituisce uno dei meriti più encomiabili di Riekeles e d’Heilly.

 


 

LETTURE

Bartoli Fabio, Neon Genesis Evangelion e la Kabbalah: dal Tempo di Dolore al Tempo Benedetto, in “Manga Academica. Rivista di studi sul fumetto e sul cinema di animazione giapponese”, volume 4, novembre 2011.

Kelts Roland, Japanamerica: How Japanese Pop Culture Has Invaded the U.S., Palgrave Mcmillan, New York, 2006.

McLuhan Marshall, Gli strumenti del comunicare. Mass media e società moderna, Net, Milano, 2002.

Pellitteri Marco, Il Drago e la Saetta. Modelli, strategie e identità dell’immaginario giapponese, Tunué, Latina, 2008.

Riekeles Stefan (a cura di), Proto Anime Cut Archive, Kehrer, Heidelberg, 2011.

 

VISIONI

Anno Hideaki, Neon Genesis Evangelion, Gainax, 1995.

Anno Hideaki, Evangelion: 1.0 You Are (Not) Alone, Khara, 2007.

Anno Hideaki, Evangelion: 2.0 You Can (Not) Advance, Khara, 2009.

Morimoto Koji, Extra, 1996.

Morimoto Koji, Dimension Bomb, in Genius Party Beyond, Studio 4°C, 2008.

Oshii Mamoru, Pat Labor – The Movie, I&G e Tatsunoko, 1989.

Oshii Mamoru, Ghost in the Shell, Production I.G, 1995.

Oshii Mamoru, Ghost in the Shell 2: L’attacco dei cyborg, Production I.G, 2004.