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di Andrea Carlo Cappi

 

You Know My Name, canta Chris Cornell nei titoli di testa di Casino Royale (2006). Certo, conosciamo il nome, conosciamo il numero. Ma chi è veramente James Bond, agente 007? Un personaggio della narrativa hardboiled applicato alla Guerra Fredda? Un super-eroe senza poteri ma dai molti gadget? Un detective-playboy ultracool? Un eroe dei nostri tempi? La definizione varia a seconda di quale James Bond si scelga: se quello dei libri originali, o le varianti degli autori che ne hanno proseguito le avventure (finora nove, da Kingsley Amis alias Robert Markham fino a Jeffery Deaver) o ancora quello incarnato da un attore piuttosto che un altro (otto in totale, da Barry Nelson a Daniel Craig).
Interpellata su quale sia il vero James Bond, la maggior parte delle persone risponderà “Per me James Bond è soltanto Sean Connery” e tra costoro qualcuno aggiungerà “Però preferisco Sean Connery quando non fa James Bond”. Per alcuni sarà anche un giudizio personale, per altri è ormai una frase fatta, al pari di “Non ci sono più le mezze stagioni”: benché siano passati decenni, esprimere un sottile disprezzo nei confronti dei film di 007 riesce ancora oggi a generare un alone da intellettuale impegnato che non si trastulla con scemenze come Bond.
Il suddetto intellettuale ignora che nel frattempo in Gran Bretagna i libri di Ian Fleming sono stati accettati come classici della narrativa del Novecento e che persino lui potrebbe leggerli senza timore di sporcarsi le mani. Timore che non avevano certo né Umberto Eco né Oreste Del Buono quando negli anni Sessanta si occuparono del “caso Bond”.
Pur calcolando che una persona su due su questo pianeta ha visto almeno un film di 007, dopo che Bond è arrivato anche nella Cina popolare nel 2006, è vero che fra tutti il più conosciuto e amato è quello dei primi film con l'attore scozzese, che giunto al terzo episodio sullo schermo (Goldfinger), alla fine del 1964 scatenò nel mondo occidentale la Bondmania e il rilancio dei libri di Fleming. Eppure nemmeno quei film, che hanno reso universalmente celebri il personaggio e il suo interprete, corrispondono al cento per cento a 007 come è stato concepito dal suo ideatore.

 

01_capoletteraEsiste allora un vero Bond? Qui si pone lo stesso problema di Batman, eroe noir e solitario nelle prime avventure di Bob Kane, poi adattato per assecondare i gusti del pubblico fino a diventare per un certo periodo un supereroe camp, anche se ancora oggi resta più affascinante nelle vesti di cavaliere oscuro. È, in fondo, il dilemma che devono affrontare gli eroi dalla lunga vita, come Sherlock Holmes, che in più di un secolo è stato investigatore intellettivo, personaggio di propaganda, detective da cappa e spada, parodia di se stesso e, ultimamente, brillante eroe steampunk. E potremmo andare ancora più indietro nel tempo, pensando alle innumerevoli riletture di Don Giovanni, Re Artù o Ulisse.
Nel 2012 James Bond compie “solo” sessant'anni come personaggio e cinquanta come icona cinematografica. Ma già a questa distanza è possibile fare una valutazione delle differenze principali tra l'eroe dei romanzi e quello, per quanto mutevole a seconda dei tempi, dei film. E la prima cosa da dire riguarda proprio il decennio di differenza tra la prima apparizione del personaggio sulla carta e sullo schermo. 
Se ne considerino le tappe principali.

 

1952: da una decina d'anni lo scozzese-londinese Ian Fleming, già businessman mancato per assenza di vocazione, giornalista, brillante stratega del servizio segreto della Royal Navy (tanto da diventare assistente dell'ammiraglio Godfrey e principale consulente dell'OSS, il servizio segreto americano che nasce durante la Seconda guerra mondiale grazie all'aiuto dei colleghi britannici) ha in mente “la storia di spie che porrà fine a tutte le storie di spie”. Finalmente, a partire dal 15 gennaio vi si dedica nella sua casa in Giamaica, per non pensare all'imminente matrimonio che lo aspetta dopo quarantaquattro anni da scapolo impenitente.

 

1953: il romanzo Casino Royale (La benda nera e poi Casinò Royal – senza la e – nelle versioni italiane) esce in Gran Bretagna, più che altro dietro raccomandazione: il fratello maggiore di Ian, Peter Fleming, è già un autore affermato. Il libro di Ian vendicchia, ma giusto qualche migliaio di copie, pochissimo per il mercato anglosassone di quell'epoca. Il protagonista si chiama James Bond, nome sottratto a un noto ornitologo, autore di una guida al birdwatching di cui Fleming tiene una copia sulla scrivania in Giamaica. Il numero di codice è 007.

Il romanzo, benché al limite del fiasco, entusiasma però il grande autore noir Raymond Chandler, creatore del celebre detective Philip Marlowe, il che apre a Fleming le porte del più vasto mercato statunitense. In effetti Casino Royale ha la straordinaria originalità di coniugare le atmosfere della Guerra Fredda alle esperienze personali dell'autore nello spionaggio, ma anche di inserire una storia hardboiled in un contesto internazionale che a quel tempo era ancora poco visitato dalla letteratura.

 

1954: Fleming vende i diritti cinematografici del suo primo romanzo, che resteranno fermi per anni, e quelli televisivi, che diventano un one-hour show realizzato in diretta. Nonostante la riduzione in sessanta minuti (pubblicità compresa) e l'americanissimo interprete Barry Nelson, che lasciano poco spazio allo sviluppo psicologico del protagonista, il programma riesce a catturare alcuni degli elementi essenziali del libro: un noir in cui al posto dei gangster ci sono le spie e la posta in gioco si alza a livello politico. Il detective – ora agente segreto – rischia la pelle (fino alla tortura, in una scena molto mitigata rispetto al libro ma quasi azzardata per la tv dell'epoca) ma non solo per risolvere un caso, bensì per difendere il mondo libero.

 

1962: dopo anni di progetti per film e serie televisive, tutti naufragati, finalmente intervengono i produttori Harry Saltzman (canadese) e Albert R. Broccoli (statunitense), che hanno fondato in Gran Bretagna la EON Production con l'unico obiettivo di realizzare una serie di film basati sui romanzi di Fleming. Per motivi di copyright non è possibile partire dal primo episodio, Casinò Royale, i cui diritti resteranno vincolati per decenni; né dalla prima storia scritta appositamente per il cinema, Thunderball, il cui copyright è legato al produttore Kevin McClory, che non è riuscito a realizzare il film, ma ha richiesto la comproprietà del trattamento originale con Ian Fleming (il quale nel frattempo ne ha tratto un romanzo).

 

È stato scelto allora il soggetto nato per una serie tv da girare in Giamaica, James Bond of the Secret Service, divenuto nel frattempo il romanzo Dr. No del 1957. Così il 16 gennaio 1962, a quasi dieci anni esatti dal giorno in cui Fleming cominciò a scrivere il suo primo libro, il regista Terence Young gira – su una spiaggia a pochi passi dalla casa dello scrittore in Giamaica – la prima scena con gli attori principali del film che in Italia sarà conosciuto come Agente 007-Licenza di uccidere.
La differenza è legata appunto al decennio che intercorre tra il primo romanzo e il primo film. Nel 1952 il secondo conflitto mondiale è un fatto recente, Fleming ha ancora nelle orecchie il frastuono dei bombardamenti su Londra e negli occhi il volto di una donna amata, colpita da una scheggia letale, di cui ha dovuto riconoscere il cadavere all'obitorio. La continua ricerca di amanti da parte di Fleming e di Bond, e il fatto che quest'ultimo perda spesso le donne di cui si innamora, anche in modo tragico, derivano da quell'esperienza.
Inoltre, sotto sotto, Fleming prova un certo imbarazzo per avere passato buona parte della guerra dietro a una scrivania: varie volte si era offerto per missioni da lui stesso concepite, ma gli è stato proibito perché sapeva troppo e non poteva rischiare di cadere in mani nemiche. Il suo compito era inventare operazioni, non viverle in prima persona. Gli è rimasto addosso il desiderio di avventura.
La guerra intanto è diventata fredda, nondimeno nel mondo delle spie si combatte con gli stessi espedienti del decennio precedente: è cambiato il nemico, ma la Russia di Stalin non è molto diversa nei metodi dalla Germania di Hitler. Non che lo scrittore sia annebbiato da un anticomunismo generico e propagandistico: è perfettamente in grado di distinguere tra l'ideologia di base e il regime che se n'è appropriato.
Come giornalista, Fleming denuncia infatti il fanatismo anticomunista del senatore McCarthy e della caccia alle streghe negli USA. Come narratore, in Casino Royale fa persino venire a James Bond qualche dubbio sul fatto che il modello capitalista si possa davvero considerare superiore al modello socialista; e, nel racconto Quantum of Solace, quando 007 deve boicottare i rivoluzionari di Fidel Castro per proteggere interessi economici britannici nei Caraibi, lo fa malvolentieri e nel modo più incruento possibile, perché simpatizza per i ribelli. Infine, per evitare alla lunga lo stereotipo del «russo cattivo», Fleming si inventa un nuovo avversario per 007: la SPECTRE, prima multinazionale del crimine, che appare nella trilogia Thunderball, On Her Majesty's Secret Service, You Only Live Twice.

 

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Fleming è ricco di famiglia, mentre Bond è un impiegato statale dotato di un certo gusto, che può godere soltanto di qualche risparmio e del rimborso spese di Sua Maestà. Ma su di lui lo scrittore proietta le proprie passioni, i propri gusti, i propri sogni: dal gioco d'azzardo al golf, dalle immersioni all'alcool, dall'eleganza alle donne. Bond non ama il lusso di per sé, ama però disperatamente la bella vita. Le sue automobili non sono uno status symbol: gli piacciono per l'emozione della velocità e il piacere di un motore che gira a dovere.
Quando arriva in un luogo esotico non si comporta né come un colonizzatore britannico che ovunque nel mondo pretende il tè delle cinque (Bond odia il tè) né come un moderno turista globalizzato, bensì da autentico viaggiatore: può fare colazione in un albergo elegante come mangiare e bere in un campo di zingari alle porte di Istanbul, rispettoso delle loro usanze. E questo gusto della vita e della scoperta di nuove esperienze è il “quantum di consolazione” per un uomo a cui spesso viene chiesto di uccidere, che rischia la vita e più di una volta è catturato e torturato dai suoi avversari.

Il Bond che rinasce dieci anni dopo con il cinema entra in un mondo che sta già cambiando. Anche se il 1962 è l'anno della crisi dei missili di Cuba, ci sono stati e ci saranno di nuovo segnali di distensione tra le due superpotenze. I primi film di Bond tralasciano dunque la politica e adottano come avversario principale la SPECTRE, anche dove in origine non c'era, avvicinandola ai supercriminali e agli scienziati pazzi del cinema e dei fumetti.
Occasionalmente faranno capolino i cinesi, ma senza particolari sfumature ideologiche (Goldfinger, You Only Live Twice), e le tardive apparizioni dei russi saranno improntate a un gioco di rivalità che diventa persino alleanza contro un comune avversario (The Spy Who Loved Me). Negli anni Ottanta i film di 007 anticipano addirittura la perestrojka (Octopussy). Paradossalmente, ci sarà un maggiore contenuto politico nei film degli ultimi anni Novanta basati su soggetti originali (Tomorrow Never Dies, The World Is Not Enough), dove i cattivi sono capitalisti senza scrupoli.
In generale il mondo del Bond cinematografico è molto meno realistico rispetto a quello del suo alter ego letterario. All'inizio è l'universo fantastico degli anni Sessanta, gli anni della corsa allo spazio, in cui la tecnologia, quasi assente nei romanzi, assume un ruolo più determinante ed è spesso ciò che salva il protagonista in extremis. Una tecnologia spesso improbabile, dai risvolti umoristici, che sposta gradualmente anche il tono dei film.

Il Bond di Connery, l'unico che si sovrapponga in parte all'epoca in cui escono i romanzi, è un personaggio anni Sessanta, un agente segreto playboy, più cinico e spietato che nei libri, che uccide facendo battute ironiche anziché tormentarsi la coscienza come avveniva nei libri: basta confrontare le diverse reazioni alla morte del capungo in Goldfinger, tra il romanzo e il film. E non per questo Bond è cattivo, perché è buono per convenzione, riflettendo le ambizioni represse degli spettatori di quegli anni. È uno 007 del boom economico occidentale, che può permettersi qualche lusso e qualche cattiveria in più rispetto ai suoi fan, incarnandone le segrete aspirazioni. 

Dei sette film del primo decennio solo cinque – uno dei quali interpretato dal più vulnerabile George Lazenby, On Her Majesty's Secret Service, 1969 – sono ragionevolmente fedeli ai romanzi di origine. Ma negli ultimi due con Sean Connery, l'improbabile You Only Live Twice (1967, poco più serio del Casino Royale in versione umoristica che esce lo stesso anno da un produttore concorrente che deteneva ancora i diritti ceduti da Fleming) e Diamonds Are Forever (1971, e già di gusto nettamente anni Settanta) dei romanzi conservano quasi esclusivamente i titoli e sono più carichi di humour oltre che di fantascienza. Il Bond del cinema ha recuperato la tradizione dei serial d'avventura degli anni Trenta e Quaranta, come Dick Tracy, e gli stunt spettacolari che punteggiavano i film comico-avventurosi di Buster Keaton.

Roger Moore, reduce dal cocktail di thriller e commedia dei telefilm The Saint e The Persuaders, è l'attore che segue Bond più a lungo nel tempo, ininterrottamente dal 1973 al 1985. Con lui si raggiunge il culmine della fantascienza e della comicità fuori luogo con Moonraker, laddove il romanzo era invece uno dei migliori di Fleming. Ma paradossalmente, come i primi tradimenti sono cominciati con Connery, così con Moore c'è un parziale ritorno alle origini: ogni tanto si nota che gli sceneggiatori hanno riletto uno dei libri e ne riprendono qua e là qualche situazione (For Your Eyes Only, Octopussy). Tutto sommato è un gradevole ritorno anche quello di Connery nella produzione concorrenziale di McClory di Never Say Never Again, remake di Thunderball che nel 1983 occhieggia al romanzo oltre che ai primi film.

Seguendo questa tendenza, alla fine degli anni Ottanta ci sono due tentativi di riportare Bond nelle vicinanze del modello letterario, con i due film interpretati da Timothy Dalton (The Living Daylights, Licence to Kill), parzialmente basati su alcuni racconti di Fleming. Intanto il Bond dei romanzi è tenuto in vita con risultati discontinui dallo scrittore John Gardner, in cui nel tempo il personaggio però si diluisce, perdendo le caratteristiche che avevano reso unico l'eroe originale.
Dopo un lungo intervallo, da metà anni Novanta il cinema si riappropria di 007 con quattro film interpretati da Pierce Brosnan, che riunisce tutte le caratteristiche dei suoi predecessori in sceneggiature che mescolano riferimenti interessanti alla realtà del periodo a occasionali spunti di sapore fleminghiano (le torture subite da Bond in The World Is Not Enough e Die Another Day, per esempio). Ma siamo ancora di fronte a pellicole che cercano di imitare i successi degli anni Sessanta in un mondo che nel frattempo conosce l'11 settembre 2001: un film di 007 in diretta tv e senza lieto fine. È molto più originale il lavoro dello scrittore Raymond Benson che nei suoi romanzi, pur avendo ordine di imitare lo stile dei film, riesce in realtà a far rivivere lo 007 di Fleming.
I tempi sono maturi per un cambio di rotta anche a livello cinematografico, favorito dall'acquisizione dopo mezzo secolo dei diritti di Casino Royale da parte della EON. Da qui l'idea di ripartire da zero con una nuova serie e un nuovo interprete, Daniel Craig, e la geniale trasposizione della trama del romanzo (che riappare molto fedele nella seconda parte del film) negli anni Duemila. Il Casino Royale del 2006, anche se per molti “James Bond è soltanto Sean Connery”, resta uno dei migliori film dell'intera storia cinematografica di 007, in cui il personaggio ricalca le problematiche dell'eroe di Fleming pur vivendo in un'epoca completamente diversa e muovendosi in una storia ricchissima di azione, per non deludere lo standard spettacolare a cui il pubblico associa il nome di James Bond.
Il sequel Quantum of Solace soffre di una sceneggiatura fortemente tagliata che ne fa il più breve film di 007 sul grande schermo, forse sperando di aumentare i guadagni con un numero di proiezioni maggiore rispetto al precedente, che invece era il più lungo. Nel novembre 2012 è previsto Skyfall, che confermerà se il Bond del nuovo millennio possa o meno assomigliare davvero al personaggio ideato da Fleming sessant'anni fa, quando per la prima volta riprodusse i suoi sogni avventurosi sui tasti di una macchina da scrivere Royal. Chi si è emozionato con le avventure del primo, vero Bond lo spera ardentemente.

 


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