William Gibson e il libro dei profeti virtuali: Mirrorshades
di Carmine Treanni

 

 

Accanto alla riflessione sulle conseguenze di una società sempre più tecnologica, i cyberpunk hanno esplorato molti altri temi di stringente attualità: la fusione della carne dell’uomo con marchingegni artificiali, l’economia delle multinazionali e le contraddizioni del globalismo, l’irruzione della simulazione della realtà (un tema già caro a Dick), le conseguenze economiche e sociali dell’informatizzazione della società e lo spaesamento dell’individualità di fronte a tutti questi mutamenti. Senza dimenticare la stretta relazione con la cultura pop.

I protagonisti delle loro storie, a cominciare dallo stesso Case di Neuromante, sono prostitute, biscazzieri, punk, trafficanti, ladri, pirati informatici, balordi, senza un lavoro e desiderosi solo di sperimentare nuove tecnologie o droghe che producano una effimera felicità. In altre parole, sono degli emarginati, eroi solitari, costretti a combattere contro le multinazionali senza scrupoli, semplicemente per sopravvivere. Fanno tutti parte di un gioco che, loro malgrado, li vede coinvolti fino alle estreme conseguenze.

William Gibson continua il suo personale viaggio nell’Immaginario collettivo postmoderno, facendo seguire a Neuromante altri due romanzi - Giù nel Ciberspazio (Count Zero, 1986), Monna Lisa Cyberpunk (Mona Lisa Overdrive, 1988) - che compongono la cosiddetta “Trilogia dello Sprawl”. Nel 1988 esce anche il romanzo La macchina della realtà (The Difference Engine, 1990), scritto con Bruce Sterling, dove pur essendo ancora la tecnologia informatica al centro della storia, è ambientato nell'Inghilterra vittoriana di metà Ottocento. Nel 1993 viene pubblicato Luce virtuale (Virtual Light) che riprende l'ambientazione della precedente trilogia, ma con toni più pacati ed un linguaggio più naturale. Gli stessi elementi ritornano anche in Aidoru (Idoru) del 1996 e nel suo seguito, il poco noto American Acropolis (All Tomorrow's Parties, 1999), in cui la trama diventa quasi inconsistente, vengono abbandonate anche le visionarie descrizioni dei viaggi nel ciberspazio e la Rete descritta è sorprendentemente simile a quella che conosciamo. In questo modo Gibson si sposta verso tematiche più umanistiche, con le sue riflessioni su cosa sia reale e cosa virtuale.

Sul piano strettamente letterario, il movimento cyberpunk, dunque, è stato l’ultimo a rinnovare, a elargire una boccata d’ossigeno a tutta la fantascienza, costituendo di fatto un vero e proprio fenomeno culturale che ha messo radici anche nel sociale e in altri mass-media.

Il cinema, ad esempio, ha intuito la portata innovativa dal punto di vista dell’Immaginario collettivo di questo tipo di narrativa, confezionando una serie di pellicole che sono state allo stesso tempo visioni di sorprendente, quando non stringente, attualità.

Se Blade Runner di Ridley Scott, tratto dal capolavoro di Philip K. Dick Do Androids Dream of Electric Sheeps e Tron di Steven Lisberger, entrambi del 1982, anticipano le tematiche cyberpunk - il primo per l’ambientazione e il secondo perché ci offre un colorito scorcio del cyberspazio -, altri film hanno impresso la realtà virtuale nelle menti degli spettatori di tutto il mondo. Tra questi vanno citati almeno Il Tagliaerbe (1993) di Brett Leonard), in cui la realtà virtuale e il cyberspazio vengono rappresentati per la prima volta con effetti speciali davvero notevoli; Johnny Mnemonic (1994) di Robert Longo, tratto dall’omonimo racconto di William Gibson; Nirvana (1996) di Gabriele Salvatores e, ovviamente, la trilogia di Matrix di Andy & Larry Wachowski.

 


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