logo [ torna al servizio ]

stampa
LA VOLONTÀ DI VEDERE IL CORPO
di 
Alfredo Milanaccio

corpo.jpg Nel 1543 Andrea Vesalio, un medico fiammingo operante a Padova, fece disegnare e incidere ben trecento tavole anatomiche e le pubblicò in un poderoso trattato (De humani corporis fabrica). Da quel momento l’interno del corpo umano fu rivelato, il segreto del corpo fu svelato, e il corpo divenne pubblico, quanto meno per lo sguardo dei medici. Naturalmente, Vesalio fu in grado di far disegnare e incidere quelle tavole soltanto dopo che la proibizione (religiosa) della dissezione dei cadaveri era, almeno in parte, caduta ma, a sua volta, la proibizione religiosa della dissezione dei cadaveri era in parte caduta perché si stava facendo strada un altro modello culturale che la cultura occidentale di quel tempo andava elaborando su se stessa, sul corpo e la sua cura, sul mondo. Un’immagine laica, scientifica e moderna.
In alcune tavole sono ancora rappresentati preti, frati e simboli religiosi ma essi stanno sullo sfondo, piccoli e lontani rispetto ai primi piani che ritraggono i corpi sezionati, cioè piccoli e lontani rispetto alla emergente conoscenza scientifica dei corpi stessi e, con essi, del mondo intero. Non è certo un caso che, esattamente nello stesso anno, l’astronomo polacco Nicolò Copernico pubblichi la sua opera principale (De revolutionibus orbium caelestium) nella quale la Terra è rimossa dal centro dell’universo e ruota, insieme ad altri pianeti, intorno al Sole. Con il declassamento della Terra, da centro dell’universo a piccolo pianeta che ruota intorno ad una piccola stella, inizia a declinare tutta la cultura – specialmente, ma non solo, religiosa – fondata sulla tradizione, sull’autorità indiscussa degli antichi maestri e, soprattutto, sull’interpretazione della rivelazione divina. Invece, la cultura che si sta facendo strada in quel periodo fonda le proprie affermazioni sul metodo sperimentale (per questo è scientifica) e mette in discussione o rifiuta apertamente quelle che non si basano su di esso (per questo è laica ed è un pilastro portante della cultura della modernità nascente). Con l’affermazione del metodo sperimentale il corpo viene de-sacralizzato, perde il suo carattere di sacralità. Ma la parola sacro non ha necessariamente a che fare con la religione, specialmente con le religioni istituzionalizzate. Essa condivide la sua radice etimologica con la parola segreto e, dunque, sacro è qualcosa che resterà sempre, almeno in parte, segreto cioè inaccessibile anche alla più attrezzata e avanzata conoscenza scientifica.
Da sempre il corpo, in tutti i suoi modi essere, di sentire e di agire (la salute e la malattia, la fame e la sazietà, il piacere e il dolore), è al centro dell’interesse e dell’attenzione di tutti gli esseri umani, da prima ancora di nascere e fino alla loro morte. Da sempre, tutti gli esseri umani guardano i corpi, il proprio e quello degli altri, e questi sguardi sono ottici, visuali, ma sono anche cognitivi, mentali, psichici, e sensuali, sono sguardi agìti ed esperiti con tutti gli altri sensi. Da poco più di un secolo, questi sguardi, oltre che ottici, cognitivi e sensuali, sono anche, e sempre di più, tecnologici. Il XX secolo espande in modo straordinario, e in forme e direzioni impensabili, questa capacità/potenzialità di guardare i corpi e di guardare ai corpi: ma espande anche in modo straordinario e impensabile il potere dello sguardo dei corpi, nei corpi e sui corpi. Lo sguardo tecnologico nei corpi, dentro i corpi, è soprattutto lo sguardo della biomedicina e inizia proprio alla fine del XIX secolo: un fisico tedesco, Richard Röntgen, nel 1895 comunicò per la prima volta in modo formale la scoperta di un nuovo tipo di sguardo, a cui diede il nome di Raggi X, che permetteva di vedere con sufficiente chiarezza le parti dure del nostro corpo (le ossa, le cartilagini e simili) e che da decenni fa parte della nostra vita (quasi) quotidiana ma che ha oggi applicazioni molto più ampie, dall’astronomia al controllo degli alimenti inscatolati o imballati. Ma da tempo lo sguardo della biomedicina ci permette ormai di vedere, con la scannerizzazione, la tomografia a emissione di positroni, la risonanza magnetica e altro, l’interno del nostro stesso corpo ben vivo e attivo. E non ci importa granché sapere che quelle immagini del nostro corpo non sono vere riproduzioni, come le fotografie e i filmati, ma sono “ricostruzioni” grafiche e visuali a partire da dati numerici, ed evidenziate con coloranti, dei nostri organi mentre sono in piena funzione, ben vivi e attivi. Quel che ci importa, che ci affascina e un poco anche ci inquieta, è che oggi noi possiamo vedere il nostro stesso pensiero mentre pensiamo di guardare il nostro pensiero, attraverso la visione di immagini colorate delle attività bioelettriche interne del nostro cervello, ricostruite a partire da dati numerici e proiettate su uno schermo (quello che noi stessi stiamo guardando…). Dalle tavole di Vesalio, rappresentazioni a due dimensioni di cadaveri, di corpi morti, passando attraverso le radiografie, rappresentazioni a due dimensioni di corpi (anche) vivi, per arrivare ai nostri giorni all’imaging a risonanza magnetica, rappresentazioni a tre dimensioni di corpi ben vivi e attivi, le straordinarie e impensabili trasformazioni tecnologiche dello sguardo dentro i corpi hanno trasformato radicalmente anche il modo di guardare i corpi. Il mutamento delle forme e degli strumenti della comunicazione trasforma le forme della conoscenza: allo stesso modo, il mutamento dello sguardo trasforma ciò che si guarda. Il mutamento dello sguardo verso il corpo trasforma radicalmente il corpo. Il XX secolo è il (primo) secolo della centralità sociale, culturale, psicologica, mediatica del corpo perché il XX secolo è anche il (primo) secolo di questa radicale trasformazione dello sguardo verso il corpo: per questo è stato anche definito come il secolo in cui nasce e si diffonde la pulsione scopica (da skopéo, guardare mirato). Ma quanto è stato detto per lo sguardo delle tecnologie della biomedicina vale anche, e forse anche di più, per lo sguardo dei media, a cominciare da quella sequenza di 24 fotogrammi al secondo, illuminati due volte, che chiamiamo cinema. E poi della televisione, di internet, dei nuovi media.
Mai, come nel XX secolo, il corpo è stato – per il meglio e per il peggio – al centro di pratiche sociali, e politiche, e delle riflessioni su di esse. Dallo sviluppo dei saperi biomedici alle tensioni fra i desideri dei corpi sessuati e le norme sociali e morali. Dalle immani distruzioni (innanzitutto) di corpi delle guerre, dei campi di sterminio, degli stupri di massa e delle catastrofi, ben poco naturali, al piacere offerto allo sguardo dai corpi del cinema, della televisione, dei nuovi media. Dalla pornografia mediatica di massa, che forma l’immaginario sessuale degli adolescenti, alle prestazioni, altrettanto pornografiche, perché irraggiungibili dai comuni mortali, degli atleti professionisti. Dalla visione, sullo schermo di casa, dei corpi agonizzanti, denutriti, disumanizzati dall’AIDS, dalla dissenteria o, semplicemente, dalla fame di diecine di milioni di uomini, di donne e di bambini, e che vietano a chiunque di dire “…io non sapevo, non potevo sapere!”, alla speculare epidemia globale dell’obesità, all’erotizzazione dei consumi di massa e, quindi, dell’economia globale e globalizzata. Il corpo è al centro del XX secolo perché nel XX secolo è radicalmente cambiato il modo di guardare il corpo.
La memoria delle tenebre infinite di Auschwitz ha fatto scrivere a Primo Levi “Il mio corpo non è più il mio corpo”. Oggi, il nostro paesaggio è disegnato dalle tecnologie dell’esplorazione visuale estrema del vivente; dai corpi virtuali; dalla progressiva caduta dei confini fra organico e inorganico, anzi dall’affermazione della superiorità del postumano; dalla replicazione dell’individualità corporea con la clonazione, ieri solo animale, domani (o forse già oggi, da qualche parte), anche umana; dalle agonie tecno-ideologiche che durano quasi seimiladuecento giorni, quasi diciassette anni.
Soprattutto, la dittatura del liberismo mediatico lascia intendere che il corpo sia diventato un progetto e un programma individuale, completamente nelle mani del desiderio e della responsabilità (e dell’ammontare del conto in banca) individuali. Le icone mediatiche di massa del nostro tempo sono, da un lato, Michael Jackson il quale, attraverso decine di interventi chirurgici, ha realizzato il proprio progetto e programma di diventare non tanto (come lui sostiene) un essere umano “globale” quanto un mostro postumano e, dall’altro, una bambola reale (Barbie) oppure un fantoccio virtuale (Lara Croft, in seguito incarnata nel corpo opportunamente ritoccato di Angelina Jolie) verso i quali decine di milioni di bambine, di ragazze, di donne si affannano per essere loro simili e non solo per compiacere il desiderio e l’immaginario maschile. Si pone, dunque e più che mai, il problema antropologico dell’umano, e dell’umanità, con una domanda che non sostituisce ma accompagna quella di Primo Levi: “Il mio corpo è ancora il mio corpo?” Nel tempo in cui il corpo non è più proprietà di Dio e dei suoi sedicenti rappresentanti sulla Terra, né è più dello Stato, sempre meno sovrano, ma neppure è proprietà dell’individuo libero e consapevole, anche se ci illudiamo che sia così, nessuno oggi può dire con certezza che cosa è il corpo. Oggi il corpo è ovunque e da nessuna parte.
Il nostro è il tempo della centralità sociale, politica, economica, mediatica, biotecnologica, medico-farmacologica del corpo: il nostro è il tempo del trionfo del corpo. E tuttavia restiamo ancora ben dentro il dualismo cartesiano: si è soltanto, e forse soltanto temporaneamente, spostato o rovesciato il baricentro. Prima, a svolgere il ruolo dell’auriga autoritario e castratore della metafora di Platone, era l’anima o la mente o la psiche. Oggi, a sentire la vulgata mercantile-mediatica, sembra essere il corpo. Ma il dualismo resta ben fermo, ben solido.

 


 

:: letture ::

- Adamo P., Il porno di massa, Raffaello Cortina, Milano, 2004.

- Anzieu D., Moi-peau, 1985, trad. it. L’Io-pelle, Borla, Roma, 1987.

- Bourdieu P., La domination masculine,1998, trad. it. Il dominio maschile, Feltrinelli, Milano, 1998.

- Coakley S. (a cura di), Religion and the Body, Cambridge University Press, Cambridge, 2000.

- Codeluppi V., Il biocapitalismo. Verso lo sfruttamento integrale di corpi, cervelli ed emozioni, Bollati Boringhieri, Torino, 2008.

- Connell R. W., Gender, 2002, Questioni di genere, Il Mulino, Bologna, 2006.

- Copernico N., De revolutionibus orbium caelestium, Einaudi, Torino, 1975.

- Gallagher S., How the Body Shapes the Mind, Clarendon Press, Oxford, 2005.

- Goguel d’Allondans T., Les sexualités initiatiques. La révolution sexuelle n’a pas eu lieu, Belin, Paris, 2005.

- Irigaray L., Ethique de la différence sexuelle, 1984, trad. it. Etica della differenza sessuale, Feltrinelli, Milano, 1985.

- Juvin H., Le triomphe du corps et l’économie de la rareté, 2006, trad. it. Il trionfo del corpo, Egea, Milano, 2006.

- Lauretis de T., Soggetti eccentrici, Feltrinelli, Milano, 1999.

- Law J., Big Pharma,2006, trad. it, Einaudi, Torino, 2006.

- Le Breton D., Anthropologie du corps et modernite, 1990, trad. it. Antropologia del corpo e modernità, Giuffré, Milano, 2007a.

- Le Breton D., La Saveur du monde. Une anthropologie des sens, 2006, trad. it. Il sapore del mondo. Un’antropologia dei sensi, Raffaello Cortina, Milano, 2007b.

- Levi P., Se questo è un uomo, Einaudi, Torino, 2005.

- Marzano M. (sous la direction de), Dictionnaire du corps, PUF, Paris, 2007.

- Marzano M., Rozier C., Alice au pays du porno. Ados.Leur nouveaux imaginaires sexuels, Ramsay, Paris, 2006.

- Milanaccio A., Corpi. Frammenti per una sociologia, Celid, Torino, 2009.

- Onfray M., Théorie du corps amoureux. Pour une érotique solare, 2000, trad. it. Teoria del corpo amoroso. Per un’erotica solare, Fazi, Roma, 2007.

- Vesalio A. De humani corporis fabbrica, Panini, Modena, 2001.