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I morti viventi nei ricordi custoditi dal Web
di Alessandra Micalizzi

ripNonostante il forte schiacciamento sul presente tipico della post-modernità, il bisogno di memoria – di essere ricordati e contemporaneamente di essere depositari della memoria altrui – rimane una dimensione molto importante per l’uomo. Ciò è ancora più vero quando ci si trova di fronte all’esperienza più spiazzante e meno giustificabile che siamo inevitabilmente tenuti a “vivere”: la morte. 
Se la morte rappresenta in sé la contraddizione più estrema in opposizione alla razionalità e alle progettualità umane, la memoria può essere considerata una delle possibili “cure”, uno di quei meccanismi difensivi contro il pensiero della propria fine, a cui si affida il “destino” della propria storia individuale. Ma essere nella memoria di altri significa innanzitutto essersi esposti allo sguardo di chi ci circonda e avere affidato agli altri la propria storia, i propri vissuti1
In altre parole essersi “tradotti” in narrazioni. Alla base della costruzione della memoria, dunque, vi è il processo narrativo e le logiche dello scambio e della condivisione di queste particolari storie biografiche.
I media sono sicuramente coinvolti nel processo di preservazione, costruzione e recupero della memoria collettiva delle società occidentali, poiché, come sostiene Chiara Giaccardi, essi sono una sorta di “impresa di memoria” in grado di raccontare “il passato, selezionando eventi degni di essere ricordati, e fissando le modalità del ricordo; (i media) rigenerano la memoria attraverso la costituzione di tempi rituali, si costituiscono essi stessi come archivi della memoria”2.
Fra i media di ultima generazione deputati alla memoria, non può essere sottovalutato il ruolo svolto da Internet. Oltre al suo potere mnemonico, connesso a una illimitata capacità di archiviazione, la Rete oggi rappresenta il meta-medium narrativo che stravolge le tradizionali regole di fruizione dei contenuti.
Grazie agli elevati livelli di interattività – sempre più potenziati dalle piattaforme di ultima generazione – il surfer non è semplicemente colui che fruisce dei contenuti presenti nel web, ma è diventato ad oggi il più importante “autore” di ciò che è proposto in versione digitale.
Al centro degli scambi e delle costruzioni dei net-user vi sono in genere piccole narrazioni, biografiche e autobiografiche, che trovano nel cyberspazio non solo il supporto fisico per la loro organizzazione cronologica e archiviazione, ma anche per la condivisione con gli altri abitanti della Rete. Inoltre, il Web definisce sempre di più un contesto di relazione più che un semplice strumento di comunicazione e ciò fa sì che gli spazi destinati allo scambio diventano spesso luoghi non fisici di incontro in cui si intessono interazioni e rapporti autentici.
Partendo da questi presupposti – l’importanza della memoria di fronte all’esperienza estrema della morte e la centralità giocata oggi dai media con particolare riferimento a Internet – ci siamo posti l’obiettivo di indagare se la Rete potesse costituire un nuovo contesto di socializzazione dell’esperienza di perdita della persona cara – oggi sempre più espropriata dagli spazi sociali e da momenti collettivi di elaborazione – con particolare riferimento alla dimensione della memoria.
Per rispondere a questo obiettivo conoscitivo abbiamo realizzato una ricerca empirica di carattere esplorativo all’interno del web, che ha visto l’analisi qualitativa del contenuto di oltre 250 link presenti in Rete e ottenuti attraverso apposite ricerche sul principale motore italiano. L’analisi è stata condotta attraverso una traccia di tipo narrativo che ha posto al centro del contenuto della singola narrazione – singolo post/pagina intera – il soggetto, l’oggetto, il referente e l’obiettivo, implicito o esplicito, della narrazione. Attraverso questa analisi, che ha abbracciato un arco temporale piuttosto ampio, abbiamo  individuato diverse tipologie di ricordi virtuali che abbiamo definito memorie, testimonianze, monumenti virtuali, epitaffi, ricordi e aggiornamenti, esperienze e commemorazioni.
Le memorie sono particolari racconti biografici, relativi alla vita di persone “comuni” che, in qualche modo,  sono anche tracce di specifici momenti del nostro non lontano passato. Sono storie di vita che si intrecciano più o meno inconsapevolmente con episodi che caratterizzano la memoria collettiva o sociale del gruppo di riferimento della persona scomparsa. I racconti sono solitamente rivolti agli altri naviganti, scritti da qualcuno particolarmente vicino al defunto, con lo scopo di tenere memoria della persona cara e della sua storia. 
Le testimonianze, invece, sono racconti auto-biografici, lasciati direttamente dalla persona che ne è protagonista, ma, come il caso precedente, riguardano storie di vita che si fanno testimoni del cambiamento storico e sociale vissuto dalle città e dai piccoli centri italiani. Il referente della narrazione continua ad essere la comunità della rete. Il lettore, sia nel caso delle memorie che delle testimonianze, assolve il compito del testimone, nell’accezione descritta da Paolo Jedlowski3, referente, custode e affidatario di quel particolare racconto. 
Il terzo gruppo di ricordi on-line individuato è quello dei monumenti virtuali4. Si tratta in prevalenza di pagine personali realizzate in maniera amatoriale, dai familiari del defunto, dedicate alla vita del soggetto ma soprattutto alle cause della sua morte, agli eventi che hanno determinato la sua scomparsa. 
L’oggetto della narrazione è, dunque, un particolare episodio che riguarda la vita del defunto e spesso tale avvenimento ha una rilevanza sociale e culturale. La grafica è utilizzata, pur nella sua semplicità, per sottolineare il tono luttuoso dei contenuti e per marcare il dolore che spesso accompagna la prematura scomparsa del soggetto, protagonista della narrazione. 
In questi casi emerge chiaramente il bisogno profondo di tenere memoria, di impedire che venga dimenticata quella che si vuole proporre come verità taciuta. 
I ricordi sono brevi narrazioni, spesso composte da poche righe, postate in prevalenza in quegli ambienti definiti cimiteri virtuali5. I pochi casi presenti sul web italiano hanno grosso modo le stesse caratteristiche: l’uso di terminologie tipicamente legate all’ambiente cimiteriale per indicare le varie sezioni del sito, un impianto grafico che evoca in maniera più o meno palese le iconografie e l’ambientazione del “classico” cimitero, la possibilità di costruire gratuitamente o a pagamento uno spazio dedicato alla memoria del caro estinto. Vi sono immagini o semplicemente raffigurazioni che richiamano la passione di Cristo, i classici lumini o le candele, dominano i colori scuri ed è spesso possibile vedere le fotografie opportunamente incorniciate del defunto.
Nel caso dei ricordi il vero referente della narrazione è il proprio caro, quasi a volere instaurare con lui un dialogo diretto e personale, superando i limiti della “distanza” fisica. La rete, lo strumento in grado di abbattere le frontiere spazio-temporali, sembra permettere di raggiungere anche chi “non c’è più”.  In questo caso l’obiettivo è quello di tenere traccia di un proprio pensiero, una dedica personale al ricordo di chi si ama, che lascia un segno concreto, non tangibile ma rileggibile nel tempo. Molto simili ai ricordi sono gli aggiornamenti, con cui indichiamo quei particolari messaggi direttamente rivolti alla persona estinta, che fanno riferimento all’immediato passato di cui lei non è più parte. Quasi al fine di metterlo al corrente degli avvenimenti che caratterizzano i suoi gruppi di appartenenza, chi frequenta questi spazi di interazione riporta fedelmente gli accadimenti più significativi della sua vita ed anche, possiamo dire, del contesto sociale. Un esempio è offerto da questo messaggio: “Il 6 ottobre si è laureato Marco con ottimi voti. È stata una giornata indimenticabile, abbiamo avuto la sensazione che anche tu fossi accanto a noi. Siamo certi che tu partecipi a questa grande gioia. Mamma e papà”. 
Gli epitaffi sono invece narrazioni biografiche legate a particolari interessi della persona scomparsa, solitamente pubblicati a seguito della morte o per ricordarne l’anniversario. 
Non sono dei siti ma delle pagine o sezioni presenti all’interno di spazi dedicati ad argomenti specifici, come ad esempio i siti delle associazioni, di enti pubblici o di corporazioni e albi. 
Il referente della narrazione è il “net-user specifico”, se così possiamo definirlo ovvero colui che frequenta intenzionalmente quel particolare sito. Al centro della narrazione vi è sì la biografia della persona scomparsa, ma riletta alla luce del suo impegno per una particolare attività, del suo interesse specifico o della sua professione. 
Le esperienze sono racconti particolari connessi proprio alla perdita e all’elaborazione del lutto. In questi casi si verifica la messa in comune di questo particolare vissuto traumatico attraverso la narrazione in rete del proprio dolore e soprattutto delle vicende che hanno riguardato la perdita.
In questo caso, chi racconta è anche il protagonista della narrazione e attraverso il racconto di sé mantiene e condivide il ricordo dell’altro. Si tratta quasi sempre di narrazioni “aperte”, in fieri, che procedono di pari passo alle fasi dell’elaborazione del lutto. La forma scelta per la propria narrazione è la più varia: a seconda dell’urgenza emotiva che necessita di prendere forma, si assiste all’alternanza della narrazione organizzata e ordinata, con quella più frammentaria e impulsiva, fino ad arrivare alla “messa in poesia” dei propri vissuti.
Le commemorazioni rappresentano il gruppo più complesso, perché, a differenza dei precedenti, sono difficilmente catalogabili rispetto ai criteri individuati – soggetto, oggetto e referente della narrazione – dato che possono assumere forme e modi differenti. Ciò che caratterizza questa tipologia di ricordi è la spontaneità, se così possiamo definirla, rispetto al contesto e rispetto all’avvenimento particolare che ne determina la costituzione.
I pochi casi che abbiamo individuato sono caratterizzati dal fatto che l’autore di un particolare spazio della rete scompare improvvisamente e il suo ambiente virtuale diventa il luogo entro cui le persone che lo conoscevano si “incontrano” virtualmente e “scambiano” ricordi, memorie e vissuti condivisi con il defunto.
A nostro avviso è possibile accostare questi particolari casi ai luoghi fisici della memoria e della commemorazione. Questi siti, infatti, nati per tutt’altri scopi, divengono, a seguito della morte del loro autore e grazie alle attenzioni dei frequentatori, luoghi per custodire il ricordo e commemorare la persona scomparsa soprattutto in determinati momenti: compleanni, anniversari o date significative che univano il defunto all’autore del commento. 
La sostanziale differenza è che se nel luogo fisico si tende lentamente a perdere la “memoria” dell’accadimento che viene ricordato, la storia di quel particolare episodio, trasformandosi spesso in un ricordo del ricordo, nel caso della rete si ha la possibilità di tenere traccia di quanto è accaduto e dell’esatta successione temporale dei frammenti di storia data dai post.
Proponiamo qui una provocazione interpretativa per proporre una lettura trasversale di un fenomeno che, a nostro avviso, è destinato a crescere nel tempo: condividere la narrazione, propria o altrui, di carattere strettamente biografico o relativa a una perdita importante nella propria vita, non è altro che una “pratica digitale”, un’azione condivisa, che, nelle forme e nei modi che abbiamo descritto, presenta delle ricorsività di struttura, di ambienti, di modalità partecipative – meno di linguaggi condivisi. Queste azioni compiute individualmente – nell’intimità circoscritta del proprio monitor – hanno però un risvolto collettivo: sono espressione di una partecipazione al ricordo della persona scomparsa, rappresentano una modalità di preservare e onorare la memoria di chi non c’è più.
Alla luce di queste considerazioni riteniamo che nelle forme digitali di ricordi condivisi si possano intravedere i prodromi di una ritualità nuova che attende solo di essere legittimata.
Dietro all’urgenza narrativa di lasciare un messaggio digitale si potrebbe nascondere il bisogno antropologico di “fermare” in una traccia virtuale il proprio “essere nel mondo”, poiché:

Raccontare storie significa occuparsi del tempo, e esperire la nostra vita come tempo ha a che vedere col fatto che la nostra vita ha un termine, e che la vita dei nostri amici ne ha pure uno. L'angoscia di fronte a questo dover finire può essere tenuta a bada (...). Ciò che però non scompare è la tristezza per questa finitudine (...) la tendenza degli uomini alla tristezza li fa diventare narratori di storie6.


 

:: note ::


1. 
Paolo Jedlowski, Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana, Bruno Mondadori, Milano, 2002.

2C. Giaccardi, (1999) a cura di, Memorie del presente, in Comunicazioni sociali anno XXI, luglio- settembre 1999.

3P. Jedlowski, Il testimone e l’eroe. La socialità della memoria in Jedlowski P. Rampazi M., a cura di, Il senso del passato. Per una sociologia della memoria, Franco Angeli, Milano, 1991.

4www.duronia.com/ricordo.html 

5Cfr. Fiorenza Gamba, Simulazione ed emozione Lo strano caso dei cimiteri nel web,  in http://www.quadernidaltritempi.eu/rivista/numero16/03mappe/q16_simulazione01.htm 

6. Bichsel P., Il lettore, il narrare, Marcos y Marcos, Milano, 1992.