Comicopera
di Robert Wyatt
Domino

 

 

 

 

 

 

 





 

 

 

Comicopera di Robert Wyatt

 

 

Riecco Robert Wyatt, mente geniale dei Soft Machine e dei Matching Mole (vedi Quaderni d’Altri Tempi n.9), che dopo un terribile incidente si dedicò unicamente alla carriera solistica. Troppo lungo sarebbe ripercorrerla. Qui basti dire che annovera uno dei capolavori della musica degli ultimi quarant’anni, “Rock Bottom”. Robert Wyatt ritorna quattro anni dopo “Cuckooland”, e anche in questo disco lo ritroviamo in bella compagnia (Brian Eno, Paul Weller, Phil Manzanera, Annie Whitehead, Gilad Atzmon tra gli altri).

Come la Gallia secondo Giulio Cesare, anche “Comicopera” est omnis divisa in partes tres: Lost in Noise, The Here and The Now e Away with the Fairies. Tre atti distinti per forma e contenuto, ma che la personalità straripante di Wyatt amalgama sapientemente. Il primo atto indaga i misteri della vita interiore. La musica non è certo solare, quasi a vestire i panni dell’ombra che sempre ci accompagna. Nel secondo atto, invece, i suoni si illuminano, ma i testi si fanno cupi, duri, denunciano la scelleratezza della guerra. È una precisa presa di posizione, quella di Wyatt, che chiude con la lingua inglese cantando: “hai piantato il tuo odio imperituro nel mio cuore” in Out of The Blue. Il terzo atto, infatti, è una riproposta di due pezzi cantati in spagnolo e uno in italiano comparsi su antologie e qui sottoposti a leggere modifiche (ma significative), un brano strumentale e uno fatto di campionamenti dalla seconda traccia, Just As You Are. Sedici brani, sedici emozioni, queste:

Act One

Stay Tuned. Cover di un brano di Anja Garbarek (dall’album”Smiling & Waving”), impreziosita da un sapiente impasto di fiati. Ombroso e ammaliante.

Just as You Are. È una deliziosa ballata pop, tra le perle dell’album. Wyatt duetta con Monica Vasconcelos, prima lei espone il suo punto di vista, poi lui felpato conclude. Magistrale soluzione dell’antica questione: cos’è l’amore?

You You. Ancora un’intima riflessione sentimentale con un bell’intervento al clarinetto di Atzmon, spezie mediorientali a far da malinconico intermezzo strumentale.

A.W.O.L. C’è David Sinclair al piano e un eccellente Yaron Stavi al contrabbasso. Uno di quei motivi che solo Wyatt riesce a tenere in piedi e condurre in porto.

Anachronist. Strumentale, introdotto dalla Whitehead e da Atzmon che si intendono a meraviglia. Qui la voce avvolgente gioca tutto sulle atmosfere prima di sfumare in un nuovo cantabile intreccio tra i fiati (tromba di Wyatt compresa).

Act Two

A Beautiful Place. Classica ballad acustica, aggraziata, cantabile, dopo un po’ non ci se ne libera più. Un modo gentile e poetico di raccontare il quotidiano.

Be Serious. Irresistibile swing. “… È la semplicità che è difficile a farsi”, scrisse Bertold Brecht, e qui in meno di tre minuti si capisce che cosa intendesse dire.

On the Town Squame. Un altro strumentale, deliziosa marcetta, festosa e sgangherata, Johnannesburg è dietro l’angolo. In bella evidenza Atzmon al tenore.

Mob Rule. Interludio tutto affidato alla voce di Wyatt sovraincisa, tra canto e recitativo, un altro esercizio di equilibrio reso possibile solo dall’incredibile timbro di Wyatt.

A Beautiful War. Ovvero prima di bombardare, ritornello accattivante e condizione esistenziale agghiacciante. Wyatt si accompagna al piano e si fa accompagnare dalla voce campionata di Karen Mantler (un karenotron).

Out of the Blue. Terribile soggettiva di un bombardato, di quelli a cui la democrazia è arrivata dal cielo, d’altra parte l’urna è un simbolo della democrazia, pazienza se non è quella elettorale. Cupissimo, avvolgente. Protagoniste tastiere e voci (compreso un enotron, voce campionata di Eno). Epica sommessa e quel terribile You’ve planted your everlasting hatred in my heart reiterato in chiusura.

Act Three

Del Mondo. Arriva dall’omaggio italiano a Wyatt, “The Different You. Robert Wyatt e noi”. Questo era il brano in cui l’omaggiato omaggiava la lingua italiana prima di lasciare la parola a Giovanni Lindo Ferretti, qui tagliato. Spiazzante ri-ascoltarlo cantare in italiano riassumendo come vanno le cose al mondo. La naturale dialettica vita/morte, gioventù/vecchiaia, inizio/fine.

Cancion de Julieta. Il brano più lungo dell’album ripreso da un album omaggio: “Federico Garcia Lorca - De Granada a La Luna”. Tormentatissimo e il gran lavoro di Chucho Merchan al contrabasso ne sottolinea il pathos. Discesa in un maelstrom iberico, in un “mar de sueno”.

Pastafari. Spettacolare solo al vibrafono Orphy Robinson disturbato dalle interferenze elettriche di Wyatt e Jamie Johnson. Lunare.

Fragment. Un minuto e trentotto secondi ripresi da Just As You Are. Il campionamento secondo Wyatt.

Hasta Siempre Comandante. Tra inno e requiem il brano è arcinoto, ma Wyatt riesce a cavarci dell’ispano-jazz e commuovere. Ripreso da “Nostra patria il mondo intero” di Maurizio Camardi.

Concludendo, un signor disco, l’ennesimo firmato Robert Wyatt. Hasta Siempre.

     Recensione di g.f.