I tempi della modernità
di Luca Bifulco

Editore
: Ipermedium, Napoli, 2007

Pagine
: 179,
Prezzo:
€ 13,50

 

 

 





 


I tempi della modernità
di Luca Bifulco

 

L’itinerario del Soggetto nella Modernità e i suoi esiti, determinati dal conflitto fra le promesse di un progresso considerato senza soste e araldo di un mondo sempre migliore e il rischio della spersonalizzazione e della artificializzazione dell’individuo e di tutta la vita quotidiana.

Questo il tema di fondo del saggio di Bifulco, che adopera come chiave per illustrare e spiegare la crisi del Soggetto contemporaneo alcuni dei film più significativi del Novecento, da Tempi Moderni a King Kong a Metropolis a L’orgoglio degli Amberson e altri ancora, quindi attraverso l’analisi di alcuni dei temi portanti della Modernità. La metropoli, prima di tutto (Metropolis, La folla), il contrasto fra cambiamento e tradizione (L’orgoglio degli Amberson), la guerra e la crisi economica (Niente di nuovo sul fronte occidentale, Furore). Ma prima di tutto il tempo, i cambiamenti nella sua organizzazione e nella sua percezione, a causa dell’industrializzazione, dell’accelerare della vita quotidiana, della spinta al futuro e delle resistenze del passato e della nostalgia per un mondo percepito come più semplice, più controllabile, più continuo.

Il tempo è una delle categorie fondamentali su cui edifichiamo la nostra percezione del mondo e la nostra identità: le sue trasformazioni incidono quindi sulla stessa definizione e autopercezione del , e nei momenti di frattura, di “rottura del continuum della Storia”, finiscono per creare sconcerto, disorientamento, perdita della propensione a definire e assegnare sensi e significati, direzioni e versi all’azione individuale e sociale.

L’autore mostra bene come, in realtà, gli stessi fenomeni di modernizzazione abbiano prodotto uno scontro cruciale fra visioni del mondo: quella che nasceva con l’era moderna – era della razionalità e della “strumentalità”, della programmazione e della spinta al futuro – e quelle preesistenti, della tradizione e della comunità, che sopravvivono e trovano nuove forme di espressione che suonano non solo come nostalgia per il passato, ma anche come ritorno a sistemi di valori giudicati più significativi, diventando a volte il nucleo su cui si è organizzata l’opposizione filosofica al rischio dell’annientamento del Soggetto e delle sue istanze.

E lo fa ricorrendo ai padri della sociologia: Max Weber, George Simmel, Werner Sombart, Karl Mannheim, ma anche Walter Benjamin e Karl Marx, oltre che a filosofi come Friedrich Nietszsche, Henry Bergson e Ernst Mach.

Dal punto di vista della capacità di sviluppare queste tematiche, è poi centrale l’importanza data al cinema, come linguaggio tipico e originale del Novecento, inestricabilmente legato allo sviluppo dell’immaginario moderno, dei tempi della vita metropolitana, dell’istituirsi della società di massa delle sue rappresentazioni sociali.

Un libro ottimo come accuratezza dell’analisi sviluppata, fluidità del discorso, qualità anche didattica della sua organizzazione nel sapersi riferire ai classici e ai concetti chiave del pensiero sociologico novecentesco, come strumenti da adoperare per ragionare sui film scelti e farne discendere le proprie riflessioni.


 

     Recensione di a.f.