| |
È il caso dei musei dedicati ai
grandi della cultura occidentale (Van Gogh,[6] Mozart,[7] Freud[8]…), dove
pannelli ed altre iscrizioni riportano la vita e le opere degli illustri
maestri. O ancora i musei che ripropongono antiche culture come Fort Malaya:
qui rivive la storia della Malesia attraverso la ricostruzione di un villaggio
che ripropone oggetti, consumi e usanze della civiltà. Fort Malaya potrebbe
essere considerato un vero e proprio museo di storia con valore didattico,
comprensivo di illustrazioni e didascaliche, monili, riproduzioni di armi da
guerra, e navi attraccate ai moli che rievocano la storia della antica Malesia
nella guerra civile americana. Nel villaggio sono inoltre ricostruite pietre
atte ai sacrifici ed acque dalle virtù magiche. Eppure un gran numero di musei
in questo universo sintetico non rivolge tanto il suo sguardo all’indietro, ma
verso il futuro, quasi come a ribadire che il mondo virtuale nell’immaginario
collettivo non può far riferimento solo a modelli del passato, ma deve
suggestionare con scenari futuribili e fantascientifici. La fantascienza non a caso è
ampiamente omaggiata nei in musei, come in quello dedicato a Jules Verne, dove
elementi rappresentativi della sua letteratura sono suggestivamente riprodotti:
una mongolfiera, un sommergibile, delle grotte sottomarine. Altro prodotto cult
del filone sci-fi qui abbondantemente riproposto è Star Trek. L’Imp Trek, lo Star Trek Museum Complex (un complesso di
strutture con pupazzi ed avie in
stile Star Trek), lo Star Trek Museum of Science (si visita la navicella
dell’Enterprise fedelmente riprodotta con tanto di postazioni alla guida della
navicella spaziale e gli immancabili teleport) sono solo alcuni esempi di come
il celeberrimo telefilm sia esaltato SL e di come forse questo abbia alimentato
il sogno verso il futuro. La tensione verso il futuro e la
tecnologia è molto presente nell’iconografia di SL, basti pensare
all’International SpaceFlight Museum Spaceport Alpha, un museo all’aperto che
“ospita imponenti modelli in scala dei razzi che hanno fatto la storia del volo
spaziale. A questi si aggiungono: un meccanismo che replica il modello del
sistema solare; un anfiteatro dove si tengono lezioni e spettacoli musicali; un
negozio di souvenir dove sono in vendita oggetti d’arte, abbigliamento e razzi
Archer funzionanti con tanto di scie di fumo e di fuoco.”[9] Perfettamente in linea con le
avanguardie del terzo millennio è anche il Museo dell’Iperformalismo dove i
lavori di Dan Coyote Antonelli (artista anche nella vita reale) sfruttano
appieno le potenzialità di SL, per creare paesaggi surreali che sfidano le
leggi gravitazionali e irrompono con la loro forza per sovvertire le regole
tradizionalmente conosciute dello
spazio. All’ingresso del Museum of
Hyperformalism un cartello fornisce indicazioni su come settare i controlli e
la visuale in Second Life. Il museo è interamente interattivo ed il mezzo di
trasporto per muoversi attraverso le opere che fluttuano nell’aria è un cubo
rosso che permette di trasportarsi da un piano all’altro, in una sensazione di
leggerezza e di grande libertà di movimento. Il cubo su cui ci si siede
volteggia nello spazio e conduce su pedane trasparenti sulle quali sono
adagiati quadri e sculture a carattere astratto. Ogni pedana (chiamata “node”)
è comprensiva di una scala trasparente in cima alla quale ad attenderci c’è il
cubo rosso, l’inusuale mezzo di locomozione su cui proseguire un altro viaggio.
Mentre ci si sposta da un luogo all’altro, le opere galleggiano eteree tra una
piazzola e l’altra. Figure geometriche scomposte e quadri dalle mille cromature
sono gli elementi che caratterizzano questo luogo che sfida le leggi della
fisica e che sembra di aver colto in pieno lo spirito audace di Second Life. In questa dimensione virtuale
chiamata SL arte “vecchia” e “nuova”, a carattere sacro (come il Grrr Museum) e
profano (come il gotico Neufreistadt Mola Art Museum), si confonde, e non è
raro trovare sotto il nome di “museum” una stanza che accoglie in
un’accozzaglia le opere più conosciute di Monet, Leonardo da Vinci, Frida Kahlo
e Van Gogh, così come è possibile trovare gallerie di artisti emergenti, opere innovative
e dal forte impatto visivo. Una per tutte è il Virtual Museum of Art in
Apfelland, un museo disturbante e scioccante. L’elemento ricorrente qui è il
volto. Visi bendati, sfigurati e coperti di colori, bambini dagli occhi chiusi
e all’apparenza deceduti, ritratti di feti,
sono i leit motiv di questo museo che mira a sorprendere il
cyberturista. Non mancano poi le
riproposizioni di musei esistenti nella “prima vita”, come la facciata del
Louvre (qui denominato Second Louvre perché al suo interno sono esposte le
opere più significative dell’arte prodotta con il tool fornito dalla Linden Lab) o il maestoso Dresden Museum, a
immagine e somiglianza dell’omonima struttura tedesca. Nel viaggio alla ricerca dei
musei più interessanti in Second Life è quasi impossibile non accorgersi di due
fenomeni: il senso di abbandono in cui sembrano versare quasi tutti questi
luoghi perlopiù disabitati e privi di visibilità mediatica ed il pesante lag che infligge al visitatore una
penosa sofferenza nel muoversi tra complesse strutture ed articolati prims (primitives, gli oggetti base di cui tutto il mondo è costruito). Nei 25 musei visitati in Second
Life permane un senso di lotta contro il tempo ed un anelare verso tempi
futuri. Se nella real life “la
fondamentale ragione d’essere di un luogo di memoria è di fermare il tempo, di
bloccare il lavorio dell’oblio, di fissare uno stato di cose, di rendere
immortale la morte”,[10] nella virtual life, ove l’imperativo è la
liquidità e il mutamento, sembra che gli spazi dedicati alla memoria strizzino
l’occhio al domani, al futuro, in un malinconico sguardo verso ciò che potrebbe
essere, verso realtà alternative o non ancora possibili, verso gli spazi
morbidi e mai definitivi, verso le linee non chiuse.
[6] Le più importanti opere di Van Gogh sono esposte
tridimensionalmente ed è possibile visitare alcuni suoi quadri “dall’interno”,
ovvero muovendosi tra gli oggetti che compongo l’opera.
[7] A Salzburg è presente un’infelice riproduzione
della casa di Mozart, ad esempio.
[8] A Vienna, precisamente al Wien Sigmund Freud
Museum, accanto ai pannelli con la storia in tedesco della sua vita è presente
uno strano labirinto di vetro dedicato al padre della psicanalisi,
probabilmente rappresenta la disposizione architettonica della sua casa.
[9] AA.VV., Second
Life. La guida ufficiale, Gruppo Editoriale l’Espresso, Roma, 2007.
[10] Nora Pierre, Le
Lieux de mémoire, La République,
Gallimard, 1984
| |
[1] (2) |